Iolanda Pansardi, Maurizio Villani
Il termine di permanenza degli
operatori del Fisco nella sede del contribuente va
inteso in senso continuativo e non, invece, frazionato,
per evitare lo stallo professionale e commerciale del
contribuente verificato.
Il periodo di 30 giorni
(prorogabili di altri 30) per la permanenza degli
operatori del Fisco nella sede del contribuente così
come previsto dall’art. 12, comma 5, legge n. 212/2000
va, pertanto, calcolato «come periodo continuativo di 30
giorni lavorativi che, iniziando da data certa abbia un
termine obiettivamente preventivabile altrettanto certo,
salvo ulteriore periodo di 30 giorni, unito al
precedente senza soluzione di continuità e
tempestivamente autorizzato in modo che non vi sia alcun
tempo di permanenza presso il domicilio del verificato
privo di autorizzazione». Una diversa lettura lascerebbe
nei fatti il contribuente alla mercè dei verificatori
«in una situazione di stallo professionale e
commerciale» anche per il fatto di non poter disporre
della documentazione contabile perché sigillata e messa
a disposizione degli operatori fiscali.
E’ quanto ha affermato la
Commissione tributaria regionale di Milano, con la
sentenza n. 71/14/11 dell’8 luglio scorso, la quale
esprime un principio di diritto in linea con quanto
stabilito, per mettere chiarezza in tale materia, dalle
Sezioni Unite della Suprema Corte con sentenza del 21
novembre 2002, n. 16424, sull’importanza del rispetto
delle norme previste a tutela del contribuente nel corso
della verifica, in quanto la relativa inosservanza
comporta l'inutilizzabilità delle prove irregolarmente
acquisite (Cass. n. 15230/2001; Cass. n. 20253/2005).
In particolare, la CTR Lombardia
respingeva quanto richiesto dall’ufficio tributario, che
in relazione ad un avviso di accertamento, in seguito a
PVC della G.d.F. per rettifica IRPEG, IRAP e IVA,
insisteva nel ritenere che la durata doveva essere
intesa in maniera frazionata e comprendere solo i giorni
di effettivo svolgimento dell'intervento laddove durante
il periodo della verifica, erano state disposte varie
giornate di sospensione dell'attività, compresi weekend
non lavorativi e festività di Pasqua. Secondo i Giudici
milanesi, confermando la perentorietà del termine, era
evidente la illegittimità della permanenza dei
verificatori in un arco di tempo protratto oltre i 30
giorni e, peraltro, non coperto da tempestiva
autorizzazione.
Giova ricordare a tal proposito, ai
sensi e per gli effetti dell'art. 52, D.P.R. n. 633/1972
e dell'art. 33, D.P.R. n. 600/1973, l'A.F. può disporre
l'accesso dei propri impiegati presso i locali destinati
all'esercizio d'attività commerciali, agricole,
artistiche o professionali per procedere ad ispezioni
documentali, verificazioni e ricerche e ad ogni altra
rilevazione ritenuta utile per l'accertamento
dell'imposta e per la repressione dell'evasione e delle
altre violazioni.
Va precisato che, nel panorama dei
controlli fiscali, l’accesso è quello più approfondito,
di solito svolto presso la sede dell'attività del
contribuente, che può durare diversi giorni, ma non
oltre i 30 lavorativi, e che può riguardare tutti gli
aspetti dell'attività aziendale rilevanti ai fini della
determinazione delle imposte dovute prorogabili per
ulteriori 30 giorni nei casi di particolare complessità
dell'indagine individuati e motivati dal dirigente
dell'ufficio.
A tutela dei diritti del
contribuente è posto lo Statuto del contribuente, le cui
disposizioni costituiscono il principale punto di
riferimento per gli stessi organi verificatori tenuti a
fornire il testo della legge al contribuente, in modo
che lo stesso sia informato sulle proprie possibilità di
difesa e consapevole che gli stessi sanno quali sono i
limiti e le regole ai quali deve essere informato il
loro operato. La particolare attenzione dimostrata dalla
norma è giustificata, infatti, dallo scopo di evitare
che un’eccessiva permanenza si traduca, di fatto, in un
eccessivo “disagio” per il contribuente ed in una
distrazione dell’attività di questi a seguito della
smisurata presenza in “casa propria” di soggetti
estranei al ciclo economico.
Ed è recentissima la legge n. 106
del 12 luglio scorso, che ha convertito in maniera
definitiva il D.L. Sviluppo (D.L. n. 70/2011) che - per
quanto riguarda la permanenza dei verificatori, che
attualmente non può superare i 30 giorni lavorativi
(prorogabile di altri 30 giorni) - prevede che, per le
imprese in contabilità semplificata e per i lavoratori
autonomi, il termine di permanenza, così come
l’eventuale proroga, non potranno superare i 15 giorni
lavorativi al massimo con cadenza semestrale e specifica
che il computo dei giorni va eseguito computando solo i
giorni di permanenza effettiva.
Si rinvia, sull’argomento, a
R.Fanelli, "", il Quotidiano IPSOA del 23 maggio 2011,
B.Biancaniello, “”, il Quotidiano IPSOA del 8 giugno
2011.
Il mancato rispetto di questo
termine costituisce una violazione ad una prescrizione
normativa e ad un diritto del contribuente, cui deve
conseguire la nullità dell'avviso di accertamento
successivamente emanato (Cass. 18 dicembre 2009, n.
26689 – cfr. M.Villani, P.Rizzelli, “”, il Quotidiano
IPSOA del 4 gennaio 2010).
Proprio in virtù di tale disposto,
sulla stessa linea interpretativa della CTP di Terni 16
dicembre 2009, n. 141; CTR Piemonte 7 maggio 2009, n.
26; CTR Lombardia 19 marzo 2008, n. 12, i giudici
milanesi, con la sentenza in commento, in pratica,
accolgono la tesi difensiva della contribuente nella
parte in cui lamentava, tra l'altro, l'eccessiva durata
del controllo fiscale.
(Commissione tributaria regionale
Lombardia, Sentenza, Sez. XIV, 08/07/2011, n. 71) |