La
crisi economica del 2008-2009 ha inciso sul
mercato del lavoro colpendo soprattutto i
lavoratori giovani e i lavoratori con contratti
di tipo precario. La caduta dell’occupazione
complessiva (nella UEM -1,8%, in Italia -1,6%) è
stata di entità minore rispetto alle perdite in
termini di PIL (nella UEM -5,1%, in Italia
-5,1%), anche se con conseguenze non meno gravi
sulla situazione economica dei lavoratori.
Tra il 2008 e il 2009 il tasso di occupazione
della popolazione tra i 15 e i 64 anni nella UEM
è calato dal 65,9% al 64,6%; in Italia è invece
sceso dal 58,8% nel 2008 al 57,5% nel 2009 e nel
2010 si ritrova ad essere a livelli inferiori
rispetto al 2004. Dal secondo trimestre 2008
sino alla fine del 2010, le variazioni dei tassi
di occupazione rispetto ai trimestri
corrispondenti dell’anno precedente sono
negative, con le variazioni più accentuate tra
il secondo e il quarto trimestre del 2009 e più
fievoli nei primi tre trimestri del 2010; il
quarto trimestre del 2010 mostra invece un
leggero miglioramento congiunturale (Fig. 1).
FIGURA 1
L’Italia non ha subìto shock sull’occupazione
qualitativamente diversi da quelli sperimentati
per il complesso dei paesi UEM, sebbene in
termini generali si rilevi una maggiore
incidenza sui giovani e sul lavoro a tempo
determinato. La Fig. 2 illustra in modo molto
preciso come la crisi abbia colpito in modo
differenziato diverse tipologie di lavoratori,
sia in Italia che in Europa. Uno degli aspetti
che colpisce di più è la grave perdita subìta
dai giovani: -10,8% in Italia e -7,3% nella UEM.
Tra i giovani, quelli con contratti di lavoro a
tempo determinato hanno perso l’8,3% in Italia e
il 7,2% nella UEM. Quindi in Italia la perdita
di occupazione dei giovani con contratti di
lavoro dipendente a tempo determinato è cinque
volte la perdita dell’occupazione complessiva.
FIGURA 2
Date le peculiarità del mercato del lavoro
italiano, al fine di identificare i lavoratori
più deboli, si includono, oltre ai lavoratori a
tempo determinato, anche i lavoratori con
contratti di collaborazione coordinata e
continuativa (co.co.co.), a progetto (co.pro.) e
gli apprendisti. Queste tre categorie
identificano la categoria che in seguito viene
definita dei “lavoratori precari”, il cui
andamento nel tempo è riportato in Fig. 3. La
recessione ha colpito molto duramente questa
categoria di lavoratori che, proprio per il loro
carattere di flessibilità, ha anticipato in
termini di perdite occupazionali i lavoratori
non precari: i precari registrano, infatti,
variazioni occupazionali negative a partire dal
terzo trimestre 2008, mentre per il resto dei
lavoratori le riduzioni si verificano a partire
dal primo trimestre 2009.
FIGURA 3
La Tab. 1 propone il quadro generale delle
variazioni dell’occupazione secondo le
disaggregazioni per settore, sesso e tipologia
contrattuale relativamente ai due sotto-periodi
2008-2009 e 2009-20101. L’impatto
negativo della crisi ha colpito maggiormente i
precari, con una perdita occupazionale pari al
10,2%; ancora più accentuata la caduta di
occupazione per i precari in età 15-34, pari al
-12,6%. A livello settoriale, la caduta
dell’occupazione precaria durante la crisi è
stata particolarmente accentuata nell’industria
in senso stretto (-23,6% per il totale dei
precari e -23,5% per i precari giovani), seguita
da costruzioni e servizi (-10,7% e -11,8%
rispettivamente). Nel periodo 2009-2010 si
osserva ancora una riduzione dell’occupazione
precaria nell’industria in senso stretto, ma con
tassi di caduta inferiori al periodo precedente:
-3,6% per i precari e -7,8% per i precari più
giovani. Una riduzione più lieve si verifica
anche nel settore dei servizi, mentre nel
settore delle costruzioni i tassi di variazione
dell’occupazione precaria sono positivi. Queste
variazioni dell’occupazione per settore
confermano il carattere di flessibilità
dell’occupazione precaria che nel periodo
2009-2010 registra un forte rallentamento nei
tassi di caduta rispetto al periodo 2008-2009.
TABELLA 1
Da stime effettuate sui dati ISTAT della
Rilevazione Continua delle Forze di Lavoro sulla
probabilità di essere lavoratori precari in tre
sotto-periodi (“pre-crisi” 2004q1-2007q4,
“crisi” 2008q1-2009q2 e “ripresa” 2009q3-2010q3)
risulta che a causa della crisi economica il
mercato del lavoro ha subìto modificazioni
significative che non sono state ancora
completamente riassorbite2. Per gli
uomini la probabilità di occupazione si è
ridotta per tutte le tipologie di titolo di
studio; per le donne possedere una laurea si è
dimostrato un ammortizzatore, ma, in termini di
età, sono state colpite più duramente le donne
giovani. Per entrambi i sessi, la recessione ha
aumentato la probabilità di occupazione precaria
dei giovani, soprattutto delle donne. Inoltre i
soggetti più a rischio sono i giovanissimi
(15-24 anni), sia uomini che donne. Un risultato
di rilievo consiste nel fatto che avere un
titolo di studio elevato non ha aiutato durante
la crisi (la probabilità di essere precari è
rimasta immutata) e che l’unico titolo di studio
che contribuisce a ridurre il rischio di
precarietà è il diploma. Nel periodo di ripresa
la situazione torna a essere simile a quella
della fase precedente alla crisi per gli uomini,
mentre incrementano situazioni di svantaggio per
le donne. Infine la probabilità di lavoro
precario dipende anche dal tasso di variazione
del PIL (sul trimestre corrispondente) ritardato
di un trimestre. Questa variabile assume segno
positivo in tutti i periodi analizzati e per
entrambi i sessi, indicando che l’occupazione
precaria segue l’andamento del PIL, e che quindi
ha un forte carattere ciclico. In particolare il
segno positivo nel terzo periodo segnala che
l’occupazione precaria viene rapidamente
riassorbita dalla domanda di lavoro soprattutto
per il suo carattere di flessibilità che rende
il reintegro dei precari nel mercato del lavoro
più rapido rispetto al resto degli occupati.
* Una versione analoga di questo
articolo è presente su
http://www.sis-statistica.it/magazine/.
L’articolo sintetizza i principali risultati
contenuti in: Prometeia (2011), “L’occupazione
in Italia da prima della crisi alla fase attuale
di ripresa”, Rapporto di Previsione, cap. 11,
pagg. 171-179 (edizione di aprile). Le analisi
sono effettuate sui dati ISTAT della Rilevazione
Continua delle Forze di Lavoro (RCFL) per il
periodo 2004q1-2010q3.
1. I confronti 2008-2009 sono effettuati sulle
medie annue relative ai quattro trimestri,
mentre i confronti 2009-2010 sulle medie
relative ai primi tre trimestri di entrambi gli
anni.
2. Per maggiori dettagli si veda Prometeia
(2011), op. cit.
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