Una donna, vittima di un grave
incidente stradale, subisce una considerevole
deformazione dell’emibacino destro con impotenza
partoriendi e disturbi nella sfera sessuale. Tali
circostanze provocano, evidentemente, dei conseguenti
danni anche al marito, il quale non può più intrattenere
dei normali rapporti sessuali con la moglie.
I due coniugi, entrambi lesi
dall’incidente, decidono così di intraprendere la via
processuale. In primo grado viene riconosciuto il
risarcimento del danno sia alla donna (persona
direttamente offesa) sia al marito (prossimo congiunto
della persona offesa); in secondo grado si assiste al
risarcimento di tale voce di danno alla sola moglie, che
subisce direttamente l’incidente menomante; in ultimo,
in Cassazione, viene riconosciuto il risarcimento dei
danni anche al marito perchè leso in concreto. L’uomo,
infatti, vede ledere il suo diritto di intrattenere
rapporti sessuali con la moglie.
Ebbene, secondo un principio ormai
consolidato, il danno non patrimoniale da lesione alla
salute, ex artt. 32 Cost. e 2059 c.c., costituisce ‘’una
categoria ampia ed onnicomprensiva’’.
Pertanto, quando il giudice valuta
il risarcimento deve necessariamente tenere conto di
‘’tutti i pregiudizi’’ concretamente patiti a causa del
danno.
Ovviamente, sarà necessario ‘’non
duplicare il risarcimento’’ attraverso l’attribuzione di
nomi differenti a pregiudizi identici. In tal senso, si
evidenzia la mera funzione descrittiva delle
sottocategorie di danno individuate dalla dottrina e
giurisprudenza nel corso del tempo (cc.dd danno
biologico, danno morale, danno esistenziale).
L’art. 1223 c.c., rubricato
‘’risarcimento del danno’’, prevede (nella sua attuale
lettura interpretativa) una risarcibilità del danno
‘’estesa’’ e quindi ‘’ampia ed onnicomprensiva’’. La
risarcibilità del danno risulterebbe, secondo questa
nuova lettura, conseguenza normale dell’ illecito anche
nei confronti del coniuge, il quale vede ledere la sua
sfera sessuale.
Tale considerazione si basa su un
criterio ben preciso, cd. ‘’criterio della regolarità
causale’’. Infatti, ai prossimi congiunti di persona che
abbia subito lesioni personali spetta il risarcimento
del danno morale concretamente accertato in relazione ad
una particolare relazione affettiva con la vittima, non
essendo ostativo il disposto dell’art. 1223 c.c., in
quanto anche tale danno trova causa immediata e diretta
nel fatto dannoso; ne consegue che in tal caso il
congiunto è legittimato ad agire jure proprio contro il
responsabile.
L’evoluzione in materia è evidente.
La ”chiave di svolta” utilizzata
per affermare la risarcibilità dei danni ai prossimi
congiunti del soggetto che ha subito le lesioni
personali è costituita da una mera rivisitazione del
”nesso di causalità” ai fini dell’individuazione dei
danni risarcibili e dell’inquadramento del danno morale
sofferto dai prossimi congiunti del soggetto leso.
In tal senso, le recenti letture
interpretative rinviano alla comparata giurisprudenza
francese, la quale parla di danno riflesso o di
rimbalzo.
Il nesso di causalità fra il fatto
illecito e l’evento, quindi, può essere sia diretto ed
immediato che indiretto e mediato, purchè il danno si
presenti come effetto normale, secondo il principio
della regolarità causale o cd. causalità adeguata. Si
instaurerebbe una vera e propria ‘’propagazione
intersoggettiva’’ delle conseguenze del medesimo fatto
illecito.
La dottrina ha già chiarito che la
questione della causalità, di fatto, è regolata dagli
artt. 40, 41 c.p. e non dall’art. 1223 c.c., il quale
riguarda la ”selezione dei danni risarcibili e non
quello del nesso causale”.
Di recente, la Suprema Corte di
Cassazione, Sez. III civile, sentenza n. 13179 del 16
giugno 2011 (v. provvedimento), ha espressamente
affermato che: ‘’il fatto illecito dal quale è
conseguita la lesione del diritto alla salute
dell’attrice, si da impedirle normali rapporti sessuali
è, altresì, lesivo del diritto del marito ad
intrattenere rapporti sessuali con la moglie. La lesione
di tale diritto, che inerisce ad un aspetto fondamentale
della persona umana, comporta conseguenze dannose
risarcibili ex art. 2059 c.c.’’
Insomma, si parla sempre più spesso
di ”vittime primarie e secondarie” aventi diritto al
risarcimento del danno (nella varietà degli approcci!)…
ma la nuova lettura interpretativa, in materia di
risarcimento, tutela realmente ‘’con criterio’’ e
‘’completezza’’ le relazioni affettive più strette?
In effetti, la mera titolarità di
un rapporto familiare non può essere considerata
sufficiente a giustificare la pretesa risarcitoria del
prossimo congiunto dell’offeso, in termini di
automatismo, o anche solo di ‘’notorio’’, occorrendo di
volta in volta verificare ‘’l’intensità’’ del legame
affettivo.
Ma nessuno esclude che, molto
spesso, la sensibilità di un prossimo congiunto possa
spingersi fino ‘’ad una sorta di immedesimazione
concreta’’, considerata la sofferenza interiore e il
patema d’animo che, come tale, non può essere accertato
con metodi scientifici, né provato in modo diretto, se
non in casi eccezionali.
Sarebbe auspicabile che il giudice,
operatore nel caso concreto, selezionasse in maniera
strettamente simultanea ‘’i danni’’ cagionati dal fatto
dannoso e ‘’le relazioni affettive’’ con la vittima. Il
danno morale dei prossimi congiunti può essere accertato
anche sulla base di indizi che consentano di pervenire a
una sua prova presuntiva, per poi procedere ad una
liquidazione equitativa, ex art. 1226 c.c.
Solo seguendo un ragionamento
pratico-giuridico di di tale portata, a nostro avviso,
si delinerebbe una tutela reale e ‘’completa’’.
Pubblicato da Tiziano Solignani |