L'Italia non è ancora spacciata. D'altra parte, le
attuali difficoltà italiane sono largamente frutto di
problematiche interne. E il tempo stringe perché il
mercato oggi percepisce elevati rischi di breve periodo.
Lo dimostrano i dati sull'andamento dei Cds. E allora
l'aggiustamento di bilancio non va realizzato nel 2013 e
nel 2014 come prevede la manovra, ma subito. Perché
domani potrebbe essere troppo tardi.
Supponete di avere acquistato titoli di debito di
un ipotetico paese, che chiameremo I, le cui debolezze
sono da tempo note e irrisolte: una produttività
stagnante, un elevato debito pubblico, una propensione
ai deficit di bilancio, un’evasione fiscale paragonabile
a quella dei paesi in via di sviluppo, un mercato del
lavoro duale che penalizza i giovani e le donne; scarsa
competizione nel mercato dei beni e nei servizi, imprese
piccole, che producono beni standardizzati low-tech,
scarsi investimenti in ricerca, una burocrazia
oppressiva e inefficiente, un’élite politica costosa,
incapace e corrotta, una potente criminalità
organizzata, una popolazione che invecchia. Immaginate
poi che nel susseguirsi di pochi giorni accadano tutti
insieme questi eventi:
-
Il governo di I approva l’attesa manovra correttiva
per il pareggio di bilancio, ma poi si scopre a) che
questa pospone i quattro quinti dei tagli al 2013 e
2014 – anni rispettivamente delle elezioni e del
nuovo esecutivo, b) che consiste per il 60 per cento
in aumenti delle tasse, e c) che non vi compaiono
quelle privatizzazioni liberalizzazioni di cui il
paese necessita;
-
Il ministro del Tesoro di I, l’artefice della
manovra, è pubblicamente contraddetto dal presidente
del Consiglio, la cui impresa nel frattempo è
condannata a pagare una multa di 560 milioni di euro
per una vicenda di corruzione;
-
Un ordine d’arresto per corruzione è emesso per un
vicino collaboratore del suddetto ministro, che si
ritrova a far le valigie in fretta e furia per
sloggiare dalla lussuosa casa del collaboratore
medesimo, nella quale, ammette con un certo
imbarazzo, risiede - quando si trova nella capitale
di I.
A questo punto chiedetevi: sareste disposti a rinnovare
i vostri titoli in scadenza di questo paese? Se avete
risposto “probabilmente no”, vi state comportando come
quegli “speculatori che stanno attaccando I”. E tenete
presente che la vostra risposta è in larga misura
indipendente da un’altra circostanza aggravante: il
paese fa parte di una “area valutaria sub-ottimale”
(Avs), caratterizzata da bassa mobilità del lavoro,
diffuse rigidità di prezzi e salari, shock asimmetrici
di competitività e crescita della produttività, mancanza
di una autorità fiscale centrale, inadeguate istituzioni
e organismi di vigilanza. Dunque, non può contare né su
svalutazione/inflazione, come spesso ha fatto in
passato, né può facilmente separare il suo destino da
quello degli altri membri dell’Avs, tre dei quali, detto
per inciso, sono già insolventi.
L’ITALIA È UNA CAUSA PERSA?
In un
recente articolo su
lavoce.info
abbiamo concluso che negli ultimi mesi il mercato
distingue maggiormente tra debitori europei più o meno
rischiosi. Utilizzando la medesima metodologia, la
figura 1 risponde alla seguente domanda: qual è il
contributo di Italia, Grecia e Germania all’andamento
comune degli spread dei Cds dell’Eurozona? La figura
mostra l’andamento giornaliero dei “fattori di carico”
italiani, greci e tedeschi nella componente principale
degli spread dei Cds a cinque anni dell’Eurozona,
dal 14 giugno del 2005 al 13 luglio 2011. I valori
misurano il contributo di ciascuno dei tre paesi alla
componente europea del rischio d’insolvenza. Se la
componente comune si muove esattamente insieme a quella
di un paese, il coefficiente del paese è uguale a uno,
mentre quando lo spread di un paese diventa ortogonale a
quello europeo, il suo coefficiente tende a zero, come
effettivamente avvenuto in Grecia negli ultimi mesi.
Questo non è avvenuto per Italia (e la Germania), come a
suggerire che l’Italia è sempre “ancorata” agli altri
paesi dell’Eurozona: sia nel bene, perché non è
ancora “perduta”, sia nel male, perché può influenzare
negativamente gli altri paesi.
È TUTTA COLPA DELLA CRISI EUROPEA?
La seconda evidenza empirica è presentata nella figura
2. La domanda a cui risponde è la seguente: quanto è
importante la dimensione europea nello spiegare
l’andamento del rischio d’insolvenza italiano? La
figura mostra la percentuale della varianza nei Cds a
cinque anni sull’Italia che può essere attribuita alla
componente di rischio comune all’Eurozona. Mostra che
negli scorsi due anni e mezzo - sebbene si registri
un’inversione recente - la frazione di varianza
attribuibile alla componente europea si è ridotta,
passando dal 98 per cento al 40 per cento dell’aprile
2011, per poi risalire al 60 per cento nelle scorse
settimane. Possiamo perciò trarre la conclusione che
sempre di più l’Italia è giudicata per i propri
(de)meriti e non di riflesso a una crisi europea.
Accusare la speculazione e chiamare in causa il contagio
europeo non solo è auto-assolutorio e patetico, ma è
soprattutto sbagliato.
QUANTO TEMPO ABBIAMO?
La figura 3 risponde alla seguente domanda: come si
evolve la percezione del rischio di default dell’Italia
a differenti orizzonti temporali? In una ricerca
tuttora in corso abbiamo calcolato un indice che
descrive, giorno per giorno, come il mercato dei Cds
valuti le probabilità di default nel tempo, se
cioè consideri che i maggiori rischi d’insolvenza siano
“lontani” o “vicini”. (1) Un valore
positivo/negativo del coefficiente indica che, in quel
particolare giorno, il mercato assegna una probabilità
di default crescente/decrescente nel tempo. Un
coefficiente negativo, in termini tecnici un’inversione
della struttura a termine delle probabilità di default,
è un segnale di pericolo. È quanto si è verificato in
Italia nelle ultime settimane. La figura 3 mostra che
attualmente il mercato comincia a considerare il rischio
d’insolvenza dell’Italia come
concentrato entro l’anno.
Il verdetto finale sull’Italia non è ancora arrivato, ma
il mercato oggi percepisce elevati rischi di breve
periodo. Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti dovrebbero
prenderne atto e realizzare l’aggiustamento di bilancio
da subito. Domani potrebbe essere troppo tardi.
(1)
Paolo Manasse e Giulio Trigilia, 2011, “Contagion in
Europe”, mimeo, Università di Bologna e Università di
Warwick.
Abbiamo inizialmente calcolato gli hazard rates
per il default italiano impliciti negli spread
dei Cds, che sono quotati ogni giorno a diverse
scadenze. L’hazard rate per le scadenze t
=1,…,10 è la probabilità che, ad esempio oggi, il
mercato assegna al default dell’Italia a t anni
da oggi, condizionata al fatto che l’insolvenza non sia
ancora avvenuta fino all’anno precedente. Per ogni
giorno, abbiamo regredito gli hazard rates per
scadenze da 1 a 10 anni su una dummy t=1,…,10.
(nel calcolo degli hazard rates assumiamo che il
tasso di recupero in caso di default sia il 40
percento). Questi coefficienti, stimati giorno per
giorno, sono riportati nella figura 3.
Fonte: calcolo degli autori su dati Datastream
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