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IL TEMPO (NON) È DALLA NOSTRA PARTE di Paolo Manasse e Giulio Trigilia  -La voce.info

 

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L'Italia non è ancora spacciata. D'altra parte, le attuali difficoltà italiane sono largamente frutto di problematiche interne. E il tempo stringe perché il mercato oggi percepisce elevati rischi di breve periodo. Lo dimostrano i dati sull'andamento dei Cds. E allora l'aggiustamento di bilancio non va realizzato nel 2013 e nel 2014 come prevede la manovra, ma subito. Perché domani potrebbe essere troppo tardi.

Supponete di avere acquistato titoli di debito di un ipotetico paese, che chiameremo I, le cui debolezze sono da tempo note e irrisolte: una produttività stagnante, un elevato debito pubblico, una propensione ai deficit di bilancio, un’evasione fiscale paragonabile a quella dei paesi in via di sviluppo, un mercato del lavoro duale che penalizza i giovani e le donne; scarsa competizione nel mercato dei beni e nei servizi, imprese piccole, che producono beni standardizzati low-tech, scarsi investimenti in ricerca, una burocrazia oppressiva e inefficiente, un’élite politica costosa, incapace e corrotta, una potente criminalità organizzata, una popolazione che invecchia. Immaginate poi che nel susseguirsi di pochi giorni accadano tutti insieme questi eventi:

  • Il governo di I approva l’attesa manovra correttiva per il pareggio di bilancio, ma poi si scopre a) che questa pospone i quattro quinti dei tagli al 2013 e 2014 – anni rispettivamente delle elezioni e del nuovo esecutivo, b) che consiste per il 60 per cento in aumenti delle tasse, e c) che non vi compaiono quelle privatizzazioni liberalizzazioni di cui il paese necessita;
  • Il ministro del Tesoro di I, l’artefice della manovra, è pubblicamente contraddetto dal presidente del Consiglio, la cui impresa nel frattempo è condannata a pagare una multa di 560 milioni di euro per una vicenda di corruzione;
  • Un ordine d’arresto per corruzione è emesso per un vicino collaboratore del suddetto ministro, che si ritrova a far le valigie in fretta e furia per sloggiare dalla lussuosa casa del collaboratore medesimo, nella quale, ammette con un certo imbarazzo, risiede - quando si trova nella capitale di I.

A questo punto chiedetevi: sareste disposti a rinnovare i vostri titoli in scadenza di questo paese? Se avete risposto “probabilmente no”, vi state comportando come quegli “speculatori che stanno attaccando I”. E tenete presente che la vostra risposta è in larga misura indipendente da un’altra circostanza aggravante: il paese fa parte di una “area valutaria sub-ottimale” (Avs), caratterizzata da bassa mobilità del lavoro, diffuse rigidità di prezzi e salari, shock asimmetrici di competitività e crescita della produttività, mancanza di una autorità fiscale centrale, inadeguate istituzioni e organismi di vigilanza. Dunque, non può contare né su svalutazione/inflazione, come spesso ha fatto in passato, né può facilmente separare il suo destino da quello degli altri membri dell’Avs, tre dei quali, detto per inciso, sono già insolventi.

L’ITALIA È UNA CAUSA PERSA?

In un recente articolo su lavoce.info abbiamo concluso che negli ultimi mesi il mercato distingue maggiormente tra debitori europei più o meno rischiosi. Utilizzando la medesima metodologia, la figura 1 risponde alla seguente domanda: qual è il contributo di Italia, Grecia e Germania all’andamento comune degli spread dei Cds dell’Eurozona? La figura mostra l’andamento giornaliero dei “fattori di carico” italiani, greci e tedeschi nella componente principale degli spread dei Cds a cinque anni dell’Eurozona, dal 14 giugno del 2005 al 13 luglio 2011. I valori misurano il contributo di ciascuno dei tre paesi alla componente europea del rischio d’insolvenza. Se la componente comune si muove esattamente insieme a quella di un paese, il coefficiente del paese è uguale a uno, mentre quando lo spread di un paese diventa ortogonale a quello europeo, il suo coefficiente tende a zero, come effettivamente avvenuto in Grecia negli ultimi mesi. Questo non è avvenuto per Italia (e la Germania), come a suggerire che l’Italia è sempre “ancorata” agli altri paesi dell’Eurozona: sia nel bene, perché non è ancora “perduta”, sia nel male, perché può influenzare negativamente gli altri paesi.


È TUTTA COLPA DELLA CRISI EUROPEA?


La seconda evidenza empirica è presentata nella figura 2. La domanda a cui risponde è la seguente: quanto è importante la dimensione europea nello spiegare l’andamento del rischio d’insolvenza italiano? La figura mostra la percentuale della varianza nei Cds a cinque anni sull’Italia che può essere attribuita alla componente di rischio comune all’Eurozona. Mostra che negli scorsi due anni e mezzo - sebbene si registri un’inversione recente - la frazione di varianza attribuibile alla componente europea si è ridotta, passando dal 98 per cento al 40 per cento dell’aprile 2011, per poi risalire al 60 per cento nelle scorse settimane. Possiamo perciò trarre la conclusione che sempre di più l’Italia è giudicata per i propri (de)meriti e non di riflesso a una crisi europea. Accusare la speculazione e chiamare in causa il contagio europeo non solo è auto-assolutorio e patetico, ma è soprattutto sbagliato.


QUANTO TEMPO ABBIAMO?


La figura 3 risponde alla seguente domanda: come si evolve la percezione del rischio di default dell’Italia a differenti orizzonti temporali? In una ricerca tuttora in corso abbiamo calcolato un indice che descrive, giorno per giorno, come il mercato dei Cds valuti le probabilità di default nel tempo, se cioè consideri che i maggiori rischi d’insolvenza siano “lontani” o “vicini”. (1) Un valore positivo/negativo del coefficiente indica che, in quel particolare giorno, il mercato assegna una probabilità di default crescente/decrescente nel tempo. Un coefficiente negativo, in termini tecnici un’inversione della struttura a termine delle probabilità di default, è un segnale di pericolo. È quanto si è verificato in Italia nelle ultime settimane. La figura 3 mostra che attualmente il mercato comincia a considerare il rischio d’insolvenza dell’Italia come
concentrato entro l’anno.
Il verdetto finale sull’Italia non è ancora arrivato, ma il mercato oggi percepisce elevati rischi di breve periodo. Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti dovrebbero prenderne atto e realizzare l’aggiustamento di bilancio da subito. Domani potrebbe essere troppo tardi.

(1) Paolo Manasse e Giulio Trigilia, 2011, “Contagion in Europe”, mimeo, Università di Bologna e Università di Warwick.

Abbiamo inizialmente calcolato gli hazard rates per il default italiano impliciti negli spread dei Cds, che sono quotati ogni giorno a diverse scadenze. L’hazard rate per le scadenze t =1,…,10 è la probabilità che, ad esempio oggi, il mercato assegna al default dell’Italia a t anni da oggi, condizionata al fatto che l’insolvenza non sia ancora avvenuta fino all’anno precedente. Per ogni giorno, abbiamo regredito gli hazard rates per scadenze da 1 a 10 anni su una dummy t=1,…,10. (nel calcolo degli hazard rates assumiamo che il tasso di recupero in caso di default sia il 40 percento). Questi coefficienti, stimati giorno per giorno, sono riportati nella figura 3.

 

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Fonte: calcolo degli autori su dati Datastream

 

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