Art. 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011:
“Al fine di ridurre il numero delle pendenze giudiziarie
e quindi concentrare gli impegni amministrativi e le
risorse sulla proficua e spedita gestione del
procedimento di cui al comma 9 le liti fiscali di
valore non superiore a 20.000 euro in cui e' parte
l'Agenzia delle entrate, pendenti alla data del 1°
maggio 2011 dinanzi alle commissioni tributarie o al
giudice ordinario in ogni grado del giudizio e anche a
seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda
del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del
giudizio, con il pagamento delle somme determinate ai
sensi dell'articolo 16 della legge 27 dicembre 2002,
n. 289. A tale fine, si applicano le disposizioni di cui
al citato articolo 16, con le seguenti specificazioni:
a) le somme dovute ai sensi del presente comma sono
versate entro il 30 novembre 2011 in unica soluzione;
b) la domanda di definizione è presentata entro il 31
marzo 2012;
c) le liti fiscali che possono essere definite ai sensi
del presente comma sono sospese fino al 30 giugno
2012. Per le stesse sono altresì sospesi, sino al 30
giugno 2012 i termini per la proposizione di ricorsi,
appelli, controdeduzioni, ricorsi per cassazione,
controricorsi e ricorsi in riassunzione, compresi i
termini per la costituzione in giudizio;
d) gli uffici competenti trasmettono alle commissioni
tributarie, ai tribunali e alle corti di appello nonché
alla Corte di cassazione, entro il 15 luglio 2012, un
elenco delle liti pendenti per le quali è stata
presentata domanda di definizione. Tali liti sono
sospese fino al 30 settembre 2012. La comunicazione
degli uffici attestante la regolarità della domanda di
definizione ed il pagamento integrale di quanto dovuto
deve essere depositata entro il 30 settembre 2012. Entro
la stessa data deve essere comunicato e notificato
l'eventuale diniego della definizione;
e) restano comunque dovute per intero le somme relative
al recupero di aiuti di Stato illegittimi;
f) con uno o più provvedimenti del direttore
dell'agenzia delle entrate sono stabilite le modalità di
versamento, di presentazione della domanda di
definizione ed ogni altra disposizione applicativa del
presente comma”.
1. Premessa
Il decreto legge n. 98 del 6/07/2011 introduce, all'art.
39, comma 12, la possibilità di definire le liti fiscali
pendenti secondo un meccanismo che ricalca in buona
parte quello proprio dell’analogo istituto disciplinato
dall’art. 16 della legge n. 289/2002.
È infatti a quest’ultima norma che il legislatore della
manovra si richiama per la disciplina degli aspetti
fondamentali del nuovo istituto con eccetto alcune
modifiche o specificazioni di cui si tratterà nel corso
di questo lavoro.
Si esaminerà adesso funditus l’art. 39, comma 12,
del d.l. n. 98/2011 ponendo in evidenza soprattutto le
differenze con l’analogo istituto previsto dall’art. 16
della legge n. 289/2002 analizzando in particolare sia i
profili di criticità “ereditati” dal vecchio “condono”
sia le questioni afferenti strettamente il nuovo
istituto introdotto dalla Manovra correttiva 2011.
Fondamentale si rivela quindi, ai fini della
comprensione del nuovo istituto definitorio, la disamina
degli aspetti problematici sorti con riferimento alla
“Chiusura delle liti fiscali pendenti” previsto
dall’art. 16 della legge n. 289/2002.
2. Nozione di lite fiscale
Sono suscettibili di definizione le liti fiscali di
valore non superiore a 20.000 euro, pendenti alla
data del 1° maggio 2011 dinanzi alle Commissioni
tributarie o al giudice ordinario in ogni grado del
giudizio e anche a seguito di rinvio.
Per la definizione di “valore della lite” si deve
far riferimento all’art. 16, comma 3, lett. c) della
legge n. 289/2002 secondo cui si intende: “per valore
della lite, da assumere a base del calcolo per la
definizione, l'importo dell'imposta che ha formato
oggetto di contestazione in primo grado, al netto degli
interessi, delle indennità di mora e delle eventuali
sanzioni collegate al tributo, anche se irrogate con
separato provvedimento; in caso di liti relative alla
irrogazione di sanzioni non collegate al tributo, delle
stesse si tiene conto ai fini del valore della lite; il
valore della lite è determinato con riferimento a
ciascun atto introduttivo del giudizio,
indipendentemente dal numero di soggetti interessati e
dai tributi in esso indicati”.
La delimitazione del condono alle liti con valore non
superiore a 20.000 € rappresenta una novità rispetto
all’analogo istituto definitorio previsto dalla legge n.
289/2002, il quale al contrario permetteva la
condonabilità di qualsiasi lite a prescindere
dall’importo della stessa.
Il limite quantitativo alla condonabilità della lite
previsto dal nuovo istituto è da mettere in relazione
con lo scopo dello stesso istituto, che è quello di “ridurre
il numero delle pendenze giudiziarie e quindi
concentrare gli impegni amministrativi e le risorse
sulla proficua e spedita gestione del procedimento di
cui al comma 9”, vale a dire il procedimento di reclamo
e mediazione.
2.1 Nozione di lite pendente
Anche con riguardo alla nozione di lite pendente occorre
far riferimento all’art. 16, comma 3, della legge n.
289/2002 con la sola differenza che la data alla quale
riferire la “pendenza” è rappresentata dal 1° maggio
2011 e che la parte processuale avversa al
contribuente è costituita dall’Agenzia delle Entrate,
non già, come era nell’art. 16 cit., l’Amministrazione
finanziaria nel suo complesso (incluse quindi le altre
Agenzie fiscali: Agenzia del Demanio, Agenzia delle
Dogane, Agenzia del Territorio).
In questo senso, per lite pendente si intende “quella
in cui è parte [l’Agenzia delle Entrate] avente
ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di
irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di
imposizione, per i quali [al 1° maggio 2011], è
stato proposto l'atto introduttivo del giudizio, nonché
quella per la quale l'atto introduttivo sia stato
dichiarato inammissibile con pronuncia non passata in
giudicato”.
Si considerano perciò pendenti le liti per le quali:
a) alla data del 1° maggio 2011 sia stato proposto
l’atto introduttivo del giudizio. L’atto de quo
si considera “proposto” con la notifica dello stesso,
sebbene alla data del 1° maggio 2011 non sia stata
ancora effettuata la costituzione in giudizio.
Quest’ultima comunque deve necessariamente essere
effettuata nel termine di trenta giorni dalla notifica
del ricorso;
b) alla data del 1° maggio 2011 sia intervenuta una
pronuncia dell’organo giurisdizionale, anche di
inammissibilità e non siano ancora decorsi i termini per
impugnare la stessa;
c) alla data del 1° maggio 2011 via stata pendenza a
seguito di rinvio.
La possibilità di definizione è, ovviamente, esclusa nel
caso in cui sia intervenuto un giudicato sull'intera
controversia anche se il tributo non sia stato ancora
riscosso, mentre la formazione di un giudicato solo
parziale non preclude la chiusura della residua lite
ancora pendente.
Sono esclusi dall’ambito di applicazione del condono i
tributi relativi a liti in cui sono parti del giudizio i
Comuni, le Province e le Regioni.
Sono incluse invece le controversie riguardanti i
rapporti tributari di competenza dell'Agenzia delle
Entrate a prescindere dal fatto che il gettito del
tributo sia devoluto o meno allo Stato: quindi sono
condonabili non solo le liti relative a tutti i tributi
erariali, ma anche quelle relative all'IRAP e alle
addizionali comunali e regionali all'IRPEF (se la
competenza del relativo accertamento spetta all’Agenzia
delle Entrate).
3. Fattispecie comprese nella nozione di lite definibile
3.1 Definizione nei casi di parziale acquiescenza nei
confronti dell'atto impugnato
Nel caso in cui con un unico provvedimento o con
provvedimenti separati l'Ufficio abbia richiesto il
pagamento del tributo e delle sanzioni amministrative ad
esso collegate e il contribuente abbia prestato
acquiescenza in ordine al tributo richiesto, limitando
pertanto la contestazione in primo grado soltanto alle
sanzioni, per il calcolo dell'importo dovuto ai fini
della definizione occorre fare riferimento
esclusivamente alle sanzioni contestate.
Ciò sulla base di un'interpretazione conforme alla
ratio dell’art. 16 della legge n. 289/2002,
interpretazione che aveva permesso di estendere alla
fattispecie in esame il trattamento proprio delle
controversie riguardanti i provvedimenti di irrogazione
di sanzioni non collegate al tributo.
Nel caso, invece, di acquiescenza parziale sul tributo,
la chiusura può avvenire prendendo a base l'ammontare
del tributo in contestazione in primo grado, senza tener
conto delle sanzioni e degli interessi che allo stesso
si riferiscono.
3.2 Liti concernenti sanzioni amministrative collegate
al tributo
Sono condonabili anche le liti concernenti sanzioni
amministrative collegate al tributo. Ove con
provvedimento separato siano state irrogate sanzioni
collegate a un tributo non più in contestazione, perché,
ad esempio, la relativa controversia autonomamente
instaurata non è più pendente, è consentito, per le
stesse motivazioni esposte nel punto precedente,
chiudere la relativa lite avendo riguardo all'ammontare
delle sanzioni.
3.2 Liti concernenti sanzioni amministrative non
collegate al tributo
Come già detto, è possibile definire la lite che ha per
oggetto un atto di irrogazione delle sanzioni non
collegate al tributo. In tal caso il valore della lite
sarà determinato con riferimento all’importo delle
sanzioni de quibus.
4. Fattispecie escluse
4.1 Diniego e revoca di agevolazioni
Tra le prime vanno ricompresi il diniego e la revoca di
agevolazioni.
Qui la limitazione alla tendenziale onnicomprensività
della norma si desume dallo stesso meccanismo
definitorio: essendo esso basato sul valore della lite,
costituito «dall'importo dell'imposta (recte:
tributo) che ha formato oggetto di contestazione di
primo grado, al netto degli interessi, delle indennità
di mora e delle eventuali sanzioni collegate al tributo
(...)» e, in caso di irrogazione di sanzioni non
collegate al tributo, dall'importo delle sanzioni
stesse, sono escluse implicitamente le controversie
tributarie in cui non è dato rinvenire alcuna base di
commisurazione. Al riguardo, a proposito dell’art.
16 della legge n. 289/2002, la circolare n. 12/E del
2003 richiama, per esempio, le liti sui provvedimenti di
diniego o di revoca di agevolazioni in quanto «una
vertenza che riguardi esclusivamente la spettanza di una
agevolazione non può essere definita perché in essa non
si fa questione di un tributo preteso» La stessa
circolare, tuttavia, precisa che la lite è definibile
qualora l'Amministrazione abbia contestualmente
accertato e richiesto anche il tributo o un maggior
tributo, ovvero irrogato sanzioni.
4.2 Avvisi di liquidazione, ingiunzioni e ruoli
Atteso il rinvio all’art. 16, comma 3, lett. a) della
legge n. 289/2002, l’art. 27 esclude che siano
condonabili “gli altri atti di imposizione”. Tale
dizione è stata interpretata dalla circolare n. 12 del
2003 dell'Agenzia delle entrate come un richiamo agli
avvisi di liquidazione, ingiunzioni e ruoli.
Infatti l’Agenzia delle Entrate ha statuito che «non
sono definibili l'avviso di liquidazione, l'ingiunzione
e il ruolo in considerazione della natura di tali atti
non riconducibili nella categoria degli atti impositivi
in quanto finalizzati alla riscossione dei tributi e
degli accessori». Invece, ha soggiunto la stessa
Amministrazione, «si deroga a tale principio qualora uno
dei predetti atti assolve anche alla funzione di atto di
accertamento, oltre che di riscossione».
In altri termini, le liti relative ad avvisi di
liquidazione, le ingiunzioni e i ruoli possono essere
definite qualora i predetti atti costituiscano il primo
atto di manifestazione della pretesa impositiva.
Si pensi, per quest’ultima ipotesi, alle controversie
aventi ad oggetto le cartelle emesse a seguito di
controllo formale della dichiarazione ai sensi dell'art.
36-bis del D.P.R. n. 600/1973, eccetto la
iscrizione a ruolo per carente o omesso versamento.
Si deve evidenziare che la giurisprudenza di legittimità
ha riconosciuto, discostandosi dall’orientamento
dell’Agenzia delle Entrate, la definizione degli avvisi
di liquidazione delle imposte di successione facendoli
rientrare nel più ampio concetto di “atti di
imposizione”. Si fa riferimento a Cassazione n. 18840
del 30/08/2006 secondo la quale “In tema di
condono fiscale, esulano dal concetto normativo di lite
pendente, e quindi dalla possibilità di definizione
agevolata ai sensi dall'art. 16 della legge 27 dicembre
2002, n. 289, soltanto le controversie aventi ad oggetto
provvedimenti di mera liquidazione del tributo, emanati
senza il previo esercizio di un potere discrezionale
dell'Amministrazione, cioè senza accertamento o
rettifica e senza applicazione di sanzioni. Rientra
pertanto nell'ambito applicativo del beneficio
l'impugnazione dell'avviso di liquidazione dell'imposta
di successione, il quale comporta sempre una previa
valutazione, da parte dell'ufficio finanziario, della
congruità dei valori e dell'effettiva esistenza delle
passività dichiarate, dovendo esso ufficio, in caso di
dichiarazione incompleta o infedele, procedere alla
rettifica, ai sensi dell'art. 27, comma 3, del d.lgs. 31
ottobre 1990, n. 346; ciò implica che, allorquando alla
rettifica non si sia proceduto, non è affatto mancata la
valutazione, ma questa è consistita nel giudicare
congrui i valori dichiarati. L'avviso di liquidazione
dell'imposta di successione è quindi compreso fra gli
atti impositivi cui si riferisce l'art. 16 della legge
di condono, contenendo necessariamente una valutazione
di congruità, e non essendo finalizzato alla mera o
automatica liquidazione e riscossione dell'imposta, in
base a valori incontestati ed a parametri prestabiliti”.
4.3 Liti che hanno già usufruito di una precedente
definizione agevolata
Con riferimento all’art. 16 della legge n. 289/2002
l’Agenzia delle Entrate (circolare n. 12/2003) aveva
chiarito che non rientrano nell’ambito di applicazione
della chiusura delle liti fiscali pendenti le liti che
hanno usufruito di precedenti definizioni agevolate
nonché le liti connesse alla corretta applicazione delle
stesse, quali quelle concernenti il rigetto di una
precedente domanda di definizione agevolata ovvero
l’esatta determinazione delle somme dovute dal
contribuente ai fini della definizione agevolata. È
presumibile che le stesse considerazioni valgano per il
nuovo istituto introdotto dalla Manovra correttiva 2011
giusta l’interpretazione consolidata della
giurisprudenza di legittimità in relazione ad analoghi
istituti premiali (su tutte, Cassazione n. 6462 del 6
maggio 2002).
5. Sulla nozione di lite autonoma e di valore della lite
Ai sensi del comma 3, lett. b), dell'art. 16 per lite
autonoma si intende quella relativa ad ogni singolo
avviso di accertamento, a ogni provvedimento di
irrogazione delle sanzioni, a ogni altro atto di
imposizione e, comunque, quella relativa all'INVIM.
Nell'ipotesi in cui con il medesimo atto introduttivo
del giudizio siano stati impugnati più provvedimenti, il
valore della lite deve essere calcolato per ogni singolo
atto in contestazione. Inoltre, se nell'atto impositivo
è compresa l'INVIM, il valore di tale imposta o maggiore
imposta accertata costituisce oggetto di lite autonoma
rispetto agli altri tributi richiesti con il medesimo
atto (imposte di registro, ipotecaria e catastale, che
vanno sommate per determinare il valore della lite
relativa alle stesse).
Il valore della lite, che deve assumersi a base dei
calcoli per la definizione, è rappresentato, come si è
detto, dall'importo dell'imposta oggetto di
contestazione nel giudizio di primo grado. Ne
consegue che, qualora il contribuente abbia parzialmente
impugnato l'accertamento, non opponendosi a una parte
della pretesa dell'Ufficio, il valore della lite
corrisponde all'imposta in contestazione e non al
complessivo valore della maggiore imposta risultante
dall'avviso di accertamento.
È altresì irrilevante l'eventuale riunione di più
giudizi, in quanto il valore da considerare è sempre
quello relativo alla singola lite
instaurata.
La definizione ha per oggetto il contenuto complessivo
di ogni singola controversia e il valore della lite deve
essere calcolato con riferimento al totale delle imposte
oggetto di contestazione in primo grado.
È, quindi, possibile solo l'integrale definizione della
lite pendente e non anche la sua definizione parziale
limitatamente ad uno solo dei tributi accertati. Se,
quindi, la lite riguarda un avviso relativo sia ad IRPEF
che ad IRAP, non è possibile effettuare una definizione
parziale relativamente solo all'IRPEF o all'IRAP, ma
dovrà essere versata una quota del totale delle imposte
in contenzioso.
Solo le controversie relative all'INVIM, quand'anche
essa sia accertata con il medesimo atto contestualmente
all'imposta di registro, rappresentano liti autonome, il
cui valore è determinato distintamente dalle altre
imposte. Conseguentemente è possibile definire la lite
relativa all’Invim e non quella concernente altre
imposte ugualmente contestate con lo stesso atto.
6. Procedura
Per quel che riguarda il profilo procedurale, il decreto
legge n. 98/2011 stabilisce che i contribuenti
interessati alla chiusura delle liti fiscali pendenti
devono procedere prima al pagamento della somma dovuta
entro il 30 novembre 2011 e poi alla
presentazione della domanda di definizione entro il
31 marzo 2012.
Quest’ultima deve essere redatta in carta libera,
utilizzando l'apposito modello approvato con
provvedimento del direttore dell'Agenzia competente e
deve essere presentata mediante consegna diretta o con
plico raccomandato senza busta al competente Ufficio
locale dell'Agenzia (a seguito della ristrutturazione
dell’Agenzia delle Entrate l’istanza deve essere
presentata alla Direzione provinciale).
La domanda deve essere avanzata da parte del soggetto
che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio, mentre
è indifferente che la lite sia, al momento, coltivata
dal solo Ufficio finanziario (ad esempio, appellante
contro una sentenza che ha visto il contribuente
totalmente vittorioso in primo grado).
Una interpretazione coerente con il sistema del
contenzioso e con una razionale costruzione della norma
sul condono porta a ritenere che, qualora l'atto
introduttivo sia stato proposto unitariamente da più
soggetti (ad esempio, comproprietari acquirenti rispetto
all'accertamento dell'imposta di registro, o coeredi del
contribuente defunto), ciascuno di essi sia legittimato
a richiedere la definizione della lite; ugualmente la
lite può essere definita anche a domanda dei soggetti i
quali, pur non avendo proposto l'atto introduttivo del
giudizio, abbiano partecipato allo stesso in quanto
intervenuti volontariamente o chiamati in causa.
Non potrebbe, invece, valere la domanda di chiusura
della lite avanzata da soggetti diversi da quelli
partecipanti al giudizio stesso, ancorché abbiano
interesse in tal senso, come, ad esempio, un coobbligato
in solido rimasto estraneo alla causa.
7. Coobbligati
Relativamente alle controversie che riguardano una
pluralità di soggetti (ad esempio, alienante e
acquirente, coeredi, coniugi che hanno presentato
dichiarazione congiunta), in quanto interessati dallo
stesso atto impugnato o dalla stessa lite autonomamente
definibile, possono configurarsi i seguenti casi:
a. pendenza di un'unica lite nella quale siano
costituiti tutti gli interessati;
b. pendenza di distinte liti aventi ad oggetto lo stesso
atto, in ciascuna delle quali siano costituiti tutti gli
interessati;
c. presentazione di ricorso solo da parte di alcuni
degli interessati.
Nell'ipotesi sub a) si configura un'unica lite e,
pertanto, la regolarità della definizione da parte di
uno degli interessati produce automaticamente l'effetto
dell'estinzione della controversia anche nei confronti
degli altri soggetti.
Nell'ipotesi sub b), pur configurandosi più liti
fiscali, la regolarità della definizione da parte di uno
degli interessati produce l'effetto dell'estinzione
anche delle altre controversie. Ciò può accadere, ad
esempio, in materia di imposta di registro, nell'ipotesi
in cui l'avviso di rettifica avente ad oggetto lo stesso
contratto di cessione di azienda sia stato impugnato
separatamente da acquirente e venditore, con
l'instaurazione di separati giudizi pendenti.
Per quanto attiene all'aspetto processuale, l'Ufficio
tributario, che riceve la domanda prodotta da uno dei
soggetti interessati, nel trasmettere al giudice
l'elenco delle liti per le quali è stata chiesta la
definizione, avrà cura di comunicare la pendenza di
altre liti aventi ad oggetto il medesimo rapporto
tributario, specificandone la circostanza.
Una volta verificata la regolarità della chiusura della
lite, andrà richiesta l'estinzione del giudizio per
cessazione della materia del contendere anche con
riguardo alle altre controversie interessate dalla
medesima definizione.
Nell'ipotesi sub c) la pretesa
dell'Amministrazione finanziaria si è resa definitiva
soltanto nei confronti di uno o più dei soggetti
interessati dall'atto impugnato. In tal caso, l'effetto
definitorio dell'iniziativa assunta dal ricorrente
impedisce all'Amministrazione di esercitare ulteriori
azioni nei confronti degli altri soggetti interessati,
fermo restando che non si farà comunque luogo a rimborso
di somme già versate.
8. Somme dovute per la definizione
Per determinare le somme dovute per la definizione
occorre fare riferimento al comma 1 dell'art. 16 della
legge n. 289/2002 il quale prevede che la controversia
può essere definita, a domanda del soggetto che ha
proposto l'atto introduttivo del giudizio, con il
pagamento dei seguenti importi:
a) 150 euro, se il valore della lite non supera 2.000
euro;
b) qualora, invece, il valore della lite superi 2.000
euro:
1. 10% del valore della lite, in caso di
soccombenza dell'Agenzia delle Entrate nell'ultima o
unica pronuncia giurisdizionale non cautelare resa, sul
merito ovvero sull'ammissibilità dell'atto introduttivo
del giudizio, alla data di presentazione della domanda
di definizione della lite;
2. 50% del valore della lite, in caso di
soccombenza del contribuente nell'ultima o unica
pronuncia come sopra;
3. 30% del valore della lite nel caso in cui,
alla medesima data, la lite penda ancora nel primo grado
di giudizio e non sia stata già resa alcuna pronuncia
giurisdizionale non cautelare sul merito o
sull'ammissibilità dell'atto introduttivo del giudizio.
Risulta palese che sono rilevanti soltanto le sentenze
pronunciate sul merito della contesa, ovvero i decreti
di inammissibilità dei ricorsi assunti dal presidente
della sezione adita ai sensi dell'art. 27 del D.Lgs. n.
546/1992 mentre non ha alcun rilievo l'ordinanza di
accoglimento o di rigetto dell'istanza di sospensione
cautelare.
Ai sensi della lettera a) del comma 12 dell’art. 39 del
d.l. n. 98/2011, le predette somme devono essere versate
in un’unica soluzione entro il 30 novembre
2011; la domanda di definizione, invece, va
presentata entro il 31 marzo 2012, come prevede la
successiva lettera b). Naturalmente nel caso in cui le
somme versate precedentemente, in ottemperanza alle
disposizioni sulla riscossione in pendenza di giudizio,
risultino superiori a quelle dovute per la definizione,
questa si perfeziona con la sola presentazione della
domanda.
Nulla è espressamente previsto con riferimento al caso
in cui prima del deposito della sentenza l'Ufficio
eserciti il potere di autotutela annullando parzialmente
l'atto impugnato. In tal caso, infatti, occorrerà
stabilire se la parte dell'atto annullata spontaneamente
dall'Ufficio debba comunque essere presa a riferimento
dal contribuente per calcolare il 10% di riferimento
oppure possa essere ignorata. È opinione di chi scrive
che in caso di autotutela parziale il valore della lite
debba essere riferito al quantum ancora in
contestazione.
Qualora le somme già versate in pendenza di giudizio
siano di ammontare superiore rispetto a quanto dovuto
per la chiusura della lite, non spetta il rimborso
della differenza, salvo che l'Amministrazione
finanziaria sia soccombente nelle liti di valore
superiore a 2.000 euro. A tale conclusione si
perviene giusta il richiamo dell’art. 39, comma 12, del
d.l. n. 98/2011 alla disciplina dettata dall’art. 16
della legge n. 289/2002.
Ora, il secondo periodo del comma 5 dell’art. 16 della
legge n. 289/2002 prevede la restituzione delle somme
versate (prima della presentazione della domanda) per
effetto delle disposizioni in materia di riscossione in
pendenza di giudizio qualora le stesse non risultino più
dovute in conseguenza di pronuncia favorevole, in tutto
o in parte, al contribuente.
Il legislatore ha disposto il rimborso delle somme
versate in pendenza di giudizio nei "casi di
soccombenza dell'Amministrazione finanziaria dello Stato
previsti al comma 1, lettera b)", in tal modo
riferendosi esclusivamente alle liti il cui valore è
superiore a 2.000 euro ed escludendo, quindi, la
possibilità di ottenere il rimborso per le liti il cui
valore non supera il predetto importo, in quanto
trattate nella precedente lett. a).
Per meglio chiarire il meccanismo di applicazione della
norma disciplinante il rimborso di somme già versate si
riportano alcuni esempi pratici.
Esempio A):
a) il contribuente impugna avviso di accertamento
recante maggiore imposta per 10.000 €. A seguito di
iscrizione provvisoria, egli paga 5.000 € di imposta +
1.000 € di interessi;
b) il processo si svolge in primo grado e alla data di
presentazione della domanda di definizione non è
intervenuta alcuna pronuncia giurisdizionale;
c) il contribuente a seguito della definizione dovrebbe
pagare il 30% del valore della lite, cioè 3.000 €. Dal
momento che ha già versato 6.000 € a titolo di
iscrizione provvisoria, il contribuente risulta avere un
credito pari a € 3.000, derivante dalla scomputo delle
somme già versate in pendenza di giudizio a seguito di
iscrizione a ruolo provvisorio;
d) l’eccedenza de qua (3.000 €) non è in
alcun modo recuperabile visto che il comma 5 dell’art.
16 della legge n. 289/2002 (norma richiamata, in
mancanza di espressa deroga, dall’art. 39, comma 12, del
d.l. n. 98/2011) limita il rimborso ai casi di
soccombenza dell’Amministrazione finanziaria nelle liti
di valore superiore a 2.000 €.
Esempio B):
a) il contribuente impugna avviso di accertamento
recante maggiore imposta per 10.000. A seguito di
iscrizione provvisoria, egli paga 5.000 di imposta +
1.000 di interessi;
b) la sentenza della CTP dà torto al contribuente
confermando integralmente la pretesa dell’Agenzia delle
Entrate. Il contribuente decide di definire la lite ;
c) il contribuente a seguito della definizione dovrebbe
pagare il 50% del valore della lite, cioè 5.000 €. Dal
momento che ha già versato 6.000 € a titolo di
iscrizione provvisoria, il contribuente risulta avere un
credito pari a € 1.000, derivante dalla scomputo delle
somme già versate in pendenza di giudizio a seguito di
iscrizione a ruolo provvisorio.
d) l’eccedenza de qua (1.000 €) non è in
alcun modo recuperabile visto che il comma 5 dell’art.
16 della legge n. 289/2002 (norma richiamata, in
mancanza di espressa deroga, dall’art. 39, comma 12, del
d.l. n. 98/2011) limita il rimborso ai casi di
soccombenza dell’Amministrazione finanziaria nelle liti
di valore superiore a 2.000 €.
Esempio C):
a) il contribuente impugna avviso di accertamento
recante maggiore imposta per 10.000. A seguito di
iscrizione provvisoria, egli paga 5.000 di imposta +
1.000 di interessi;
b) la sentenza della CTP dà ragione al contribuente
annullando totalmente l’avviso di accertamento. Il
contribuente decide però di definire la lite;
e) il contribuente a seguito della definizione dovrebbe
pagare il 10% del valore della lite, cioè 1.000 €.
Tuttavia, dal momento che è risultato vincitore a
seguito della sentenza della CTP e dal momento che ha
già versato 6.000 € a titolo di iscrizione provvisoria,
il contribuente risulta avere un credito pari a € 5.000
derivante dalla liquidazione della sentenza (che gli
riconosce un credito per 6.000 € ex art. 68, comma 2,
del d. lgs. n. 546/1992) una volta scomputata dalle
somme pagate per la definizione (6.000 – 1.000 = 5.000
€);
f) l’eccedenza de qua (5.000 €) risulta
rimborsabile giusta il disposto del comma 5 dell’art. 16
della legge n. 289/2002.
9. Sospensione dei giudizi in corso
Ai sensi della lettera c) del comma 12 dell’art. 39 del
d.l. n. 98/2011 “le liti fiscali che possono essere
definite ai sensi del presente comma sono sospese fino
al 30 giugno 2012”.
L'ambito di applicazione della sospensione dei termini
viene poi esteso al termine per la proposizione di
ricorsi, appelli, controdeduzioni, ricorsi per
cassazione, controricorsi e ricorsi in riassunzione
nonché per la costituzione in giudizio.
La sospensione dei termini per le citate attività
processuali è prevista al fine di offrire al ricorrente
la possibilità di valutare l’opportunità di definire la
lite senza che scadano i relativi termini.
10. Estinzione del giudizio
Quanto alla chiusura definitiva del processo pendente è
previsto che gli Uffici trasmetteranno ai giudici
competenti entro il 15 luglio 2012 l'elenco delle
liti per le quali è stata presentata l'istanza di
definizione e tali liti resteranno sospese fino al 30
settembre 2012.
La comunicazione degli uffici attestante la regolarità
della domanda di definizione ed il pagamento integrale
di quanto dovuto deve essere depositata entro il 30
settembre 2012.
Tale comunicazione degli Uffici, stante il disposto del
comma 8 dell’art. 16 della legge n. 289/2002, determina
l'estinzione del giudizio per cessata materia del
contendere.
Si tratta, in altri termini, di un'ipotesi in cui, dopo
l'instaurazione del giudizio, si verifica una situazione
che elimina la posizione di contrasto tra le parti. In
tal caso le spese di lite restano a carico delle parti
che le hanno anticipate e il giudizio si estingue per il
venir meno del suo oggetto.
È opportuno evidenziare che il procedimento finalizzato
a far dichiarare l'estinzione del giudizio non è rimesso
all'impulso del contribuente, ma è gestito dagli Uffici
e dai giudici tributari.
11. Mancata definizione della lite pendente
La disciplina in esame prevede che, in caso di mancata
definizione, l'Ufficio che ha emesso l'atto di
accertamento debba comunicare il diniego alla segreteria
della Commissione tributaria o alla cancelleria del
Tribunale o Corte d'Appello presso i quali la lite è
pendente entro il 30 settembre 2012.
Si ritiene che il predetto diniego dovrà essere
notificato anche al contribuente, sempre entro il
termine del 30 settembre 2012, nel rispetto delle
modalità stabilite dall'art. 60 del D.P.R. n. 600/1973.
Secondo il comma 12, lett. d, dell’art. 39 del d.l. n.
98/2011, entro il 30/09/2012 “deve essere comunicato
e notificato l’eventuale diniego della definizione”.
L’art. 16, comma 8, della legge n. 289/2002, invece,
affermava che l'eventuale diniego della definizione, “oltre
ad essere comunicato alla segreteria della commissione o
alla cancelleria degli uffici giudiziari, viene
notificato, con le modalità di cui all'
articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica
29 settembre 1973, n. 600”.
Sebbene il d.l. n. 98/2011 non faccia riferimento alla
notifica del diniego di condono secondo i dettami
imposti dall’art. 60 del DPR n. 600/1973, si ritiene che
le con le medesime modalità debba essere notificato il
diniego alla nuovo istituto definitorio disciplinato
dalla Manovra correttiva.
È da ricordare che la norma in materia di impugnabilità
del provvedimento di diniego inserita nell’art. 16,
comma 8, della legge n. 289/2002 ha posto notevoli dubbi
applicativi dal momento che incardinava l'impugnativa
del diniego esclusivamente innanzi al giudice presso
il quale è pendente la lite. In tal modo si
prevedeva che il giudizio relativo alla condonabilità di
una lite pendente in terzo grado doveva essere svolto
innanzi alla Corte di cassazione, ossia al cospetto del
giudice di legittimità[1].
Oltretutto tale previsione si poneva in contrasto con
l'art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992, che elenca tra gli
atti impugnabili innanzi alla Commissione tributaria
provinciale il rigetto di domande di definizione
agevolata di rapporti tributari.
Anche la norma de qua, che come detto incardina
la controversia sul diniego di condono presso il giudice
innanzi al quale pende la lite principale, si ritiene
ragionevolmente applicabile all’istituto introdotto
dalla Manovra correttiva 2011, visto il richiamo
dell’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98 all’intero art.
16 della legge n. 289/2002.
Inoltre, è da sottolineare la mancanza di una deroga
espressa o comunque di una specificazione,
contrariamente a quanto avviene, ad esempio, per la
delimitazione delle liti condonabili (valore non
superiore a 20.000 € e parte resistente costituita dalla
sola Agenzie delle Entrate) e, ovviamente, per la
fissazione dei termini concernenti i vari passaggi che
scandiscono il perfezionamento del condono
(necessariamente diversi rispetto a quelli che
caratterizzavano il condono di cui alla legge n.
289/2002).
quadro sinottico esemplificativo
SOGGETTI
AMMESSI |
-
Tutti i contribuenti che hanno una lite
fiscale di valore non superiore a 20.000 €
pendente dinanzi alle Commissioni
Tributarie o al giudice ordinario in
ogni grado del giudizio, anche a seguito di
rinvio.
-
Per lite fiscale pendente si intende.
-
quella per la quale alla data
dell’01/05/2011 è stato proposto l’atto
introduttivo del giudizio;
-
quella per la quale l’atto introduttivo è
stato dichiarato inammissibile con pronuncia
non passata in giudicato alla data
dell’01/05/2011;
-
quella per la quale alla data dell’1/05/2011
sia intervenuta una qualsiasi altra
pronuncia giurisdizionale e non siano ancora
decorsi i termini per impugnare la stessa;
-
quella, alla data dell’1/05/2011,
pendente a seguito di rinvio.
|
TRIBUTI |
Tutti i tributi la cui competenza
all’accertamento spetta all’Agenzia delle
Entrate.
|
ANNI
OGGETTO
DEL CONDONO |
Tutti quelli in contestazione. |
ATTI
OGGETTO
DEL CONDONO |
-
Avvisi di accertamento.
-
Provvedimenti di irrogazione delle sanzioni.
-
Ogni altro atto di imposizione: in questa
categoria non rientrano avvisi di
liquidazione, ingiunzioni, ruoli eccetto il
caso in cui tali atti abbiano funzione di
accertamento e non solo di riscossione (si
pensi alla cartella di pagamento ex art. 36
bis del DPR n. 600/1973 o all’avviso di
liquidazione dell’imposta di successione)
|
IMPORTI DA PAGARE |
-
150 EURO,
se il valore della lite è di importo fino
a 2.000 euro;
-
Se il valore della lite è superiore a 2.000
€, si deve versare:
2) il 10% del valore della lite in
caso di soccombenza dell’Agenzia delle
Entrate nell’ultima o unica pronuncia
giurisdizionale non cautelare resa alla data di
presentazione della domanda di definizione della
lite;
3) il 50% del valore della lite in
caso di soccombenza del contribuente
nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale
non cautelare resa alla data di presentazione
della domanda di definizione della lite;
4)
il 30% del valore della lite nel caso in
cui alla data di presentazione della domanda di
definizione della lite, nono sia stata ancora
resa alcuna pronuncia giurisdizionale.
-
Per valore della lite si intende l’importo
dell’imposta in contestazione in primo
grado, al netto degli interessi e delle
sanzioni; per le liti aventi ad oggetto
le sole sanzioni, non
collegate al tributo, si tiene conto delle
stesse.
-
Il valore della lite è determinato con
riferimento a ciascun atto introduttivo
del giudizio, indipendentemente dal
numero di soggetti interessati e dai tributi
in esso indicati.
-
Quando le somme già versate per effetto
delle disposizioni in materia di riscossione
in pendenza di giudizio siano di ammontare
superiore rispetto a quanto dovuto per la
chiusura della lite, non spetta il
rimborso della differenza, salvo che
l’Amministrazione finanziaria sia
soccombente nelle liti di valore superiore a
2.000 €. Esempi:
Esempio A):
a) il contribuente impugna avviso di
accertamento recante maggiore imposta per 10.000
€. A seguito di iscrizione provvisoria, egli
paga 5.000 € di imposta + 1.000 € di interessi;
b) il processo si svolge in primo grado e alla
data di presentazione della domanda di
definizione non è intervenuta alcuna pronuncia
giurisdizionale;
c) il contribuente a seguito della definizione
dovrebbe pagare il 30% del valore della lite,
cioè 3.000 €. Dal momento che ha già versato
6.000 € a titolo di iscrizione provvisoria, il
contribuente risulta avere un credito pari a €
3.000, derivante dalla scomputo delle somme già
versate in pendenza di giudizio a seguito di
iscrizione a ruolo provvisorio;
d) l’eccedenza de qua (3.000 €) non
è in alcun modo recuperabile visto che il comma
5 dell’art. 16 della legge n. 289/2002 (norma
richiamata, in mancanza di espressa deroga,
dall’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011)
limita il rimborso ai casi di soccombenza
dell’Amministrazione finanziaria nelle liti di
valore superiore a 2.000 €.
Esempio B):
e) il contribuente impugna avviso di
accertamento recante maggiore imposta per
10.000. A seguito di iscrizione provvisoria,
egli paga 5.000 di imposta + 1.000 di interessi;
f) la sentenza della CTP dà torto al
contribuente confermando integralmente la
pretesa dell’Agenzia delle Entrate. Il
contribuente decide di definire la lite;
g) il contribuente a seguito della definizione
dovrebbe pagare il 50% del valore della lite,
cioè 5.000 €. Dal momento che ha già versato
6.000 € a titolo di iscrizione provvisoria, il
contribuente risulta avere un credito pari a €
1.000, derivante dalla scomputo delle somme già
versate in pendenza di giudizio a seguito di
iscrizione a ruolo provvisorio.
h) l’eccedenza de qua (1.000 €) non
è in alcun modo recuperabile visto che il comma
5 dell’art. 16 della legge n. 289/2002 (norma
richiamata, in mancanza di espressa deroga,
dall’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011)
limita il rimborso ai casi di soccombenza
dell’Amministrazione finanziaria nelle liti di
valore superiore a 2.000 €.
Esempio C):
c) il contribuente impugna avviso di
accertamento recante maggiore imposta per
10.000. A seguito di iscrizione provvisoria,
egli paga 5.000 di imposta + 1.000 di interessi;
d) la sentenza della CTP dà ragione al
contribuente annullando totalmente l’avviso di
accertamento. Il contribuente decide però di
definire la lite;
e) il contribuente a seguito della definizione
dovrebbe pagare il 10% del valore della lite,
cioè 1.000 €. Tuttavia, dal momento che è
risultato vincitore a seguito della sentenza
della CTP e dal momento che ha già versato 6.000
€ a titolo di iscrizione provvisoria, il
contribuente risulta avere un credito pari a €
5.000 derivante dalla liquidazione della
sentenza (che gli riconosce un credito per 6.000
€ ex art. 68, comma 2, del d. lgs. n. 546/1992)
una volta scomputata dalle somme pagate per la
definizione (6.000 – 1.000 = 5.000 €);
f) l’eccedenza de qua (5.000 €) risulta
rimborsabile giusta il disposto del comma 5
dell’art. 16 della legge n. 289/2002.
|
TERMINE PER I PAGAMENTI |
30/11/2011
- Le somme dovute devono essere versate in
unica soluzione. |
TERMINE PER LA
PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA |
31 marzo 2012 |
MODALITA’ DI PRESENTAZIONE |
Per ciascuna lite pendente deve essere
presentata una distinta domanda di
definizione in carta libera, secondo le
modalità stabilite con provvedimento del
direttore dell’Agenzia delle Entrate. |
EFFETTI
TRIBUTARI |
-
La definizione estingue la controversia per
cessata materia del contendere.
-
Le liti fiscali sono sospese sino al
30/06/2012.
-
Sono sospesi sino al 30/06/2012
i termini per la proposizione di ricorsi,
appelli, controdeduzioni, ricorsi per
cassazione, controricorsi, ricorsi in
riassunzione, compresi i termini per la
costituzione in giudizio.
-
L’estinzione del giudizio viene dichiarata a
seguito di comunicazione degli uffici, entro
il 30/09/2012, attestante la
regolarità della domanda di definizione ed
il pagamento integrale di quanto
dovuto.
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EFFETTI
PENALI
|
Non è previsto che la chiusura della lite
costituisca causa di esclusione della punibilità
ai fini penali |
COSA RIMANE
ESCLUSO DAL
CONDONO
|
-
Tutte le controversie nelle quali non
è parte l’Agenzia delle Entrate;
-
Dineghi o revoche di agevolazioni;
-
Dinieghi di rimborso;
-
Liti che hanno usufruito di precedenti
definizioni agevolate oppure connesse alla
corretta applicazione delle stesse, quali
quelle riguardanti il rigetto di una
precedente domanda di definizione ovvero
l’esatta determinazione delle somme dovute
dal contribuente ai fini della definizione
agevolata.
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