di Giuseppe Amato
Commette il reato di cui
all'articolo 167 del t.u. della privacy chi proceda ad
una registrazione audiovisiva di un colloquio
all'insaputa dell'interlocutore e indebitamente la
diffonda.
Assolutamente particolare è la
vicenda, che offre alla Corte di cassazione di fornire
un’interessante applicazione della disciplina di tutela
della privacy.
L’imputato, attraverso una penna in
cui erano stati incorporati un microfono e una
telecamera, aveva videoregistrato un colloquio avuto con
due militari della Guardia di finanza.
Sorpreso, gli era stato contestato
il reato di cui all’articolo 167 del t.u. della privacy
[decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196] e, per
l’effetto, gli era stata sequestrata la “penna”
modificata utilizzata per la registrazione.
Il tribunale del riesame rigettava
l’istanza di riesame e tale decisione è stata qui
sottoposta all’attenzione della Corte di cassazione, che
non ha accolto la prospettazione difensiva, ritenendo
non illegittimamente ravvisato il reato di cui
all’articolo 167.
La decisione merita condivisione.
Intanto, va ricordato che, secondo
la migliore lettura, la normativa sulla privacy è
estesa, dal punto di vista sanzionatorio, a tutti coloro
i quali apprendano e indebitamente diffondano “dati
sensibili” altrui, violandone così le esigenze di
riservatezza.
Quindi, “chiunque”, quindi anche un
soggetto privato in sé considerato, e non solo chi
svolga un compito “istituzionale” di depositario della
tenuta dei “dati sensibili” e delle loro modalità di
utilizzazione all’esterno, può essere chiamato a
rispondere del reato di cui all’articolo 167 del decreto
legislativo 30 giugno 2003 n. 196, se ed in quanto dia
indebita diffusione di un “dato sensibile” appartenente
ad altro soggetto.
Infatti, si è esattamente
osservato, il divieto di diffusione di dati sensibili
altrui riguarda tutti indistintamente i soggetti entrati
in possesso dei dati, i quali sono tenuti a rispettare
sacralmente la privacy altrui, al fine di assicurare un
corretto trattamento di quei dati senza arbitrii o
pericolose intrusioni [Cassazione, Sezione III, 17
febbraio 2011- 1° giugno 2011 n. 21839, R.].
Ciò detto, dal punto di vista
sostanziale, il reato sarebbe configurabile non certo
laddove ci si limitasse a registrare audiovisivamente un
colloquio con altri soggetti, pur a loro insaputa.
Una tale condotta sarebbe
penalmente irrilevante. Diventerebbe penalmente
rilevante ex articolo 167 del t.u. sulla privacy solo
laddove la registrazione fosse diffusa.
L’articolo 5 del t.u. sulla
privacy, al comma 3, precisa, infatti, che “il
trattamento di dati personali effettuato da persone
fisiche per fini esclusivamente personali è soggetto
all'applicazione del presente codice solo se i dati sono
destinati ad una comunicazione sistematica o alla
diffusione”.
Nella specie, a quanto è dato
capire, non vi era stata ancora alcuna diffusione
indebita. Ciò però non ha impedito alla Corte di
rigettare il ricorso, perché, vertendosi in ambito di
sequestro probatorio, adottato in corso di indagine, non
peregrinamente era stato ravvisato il fumus del reato,
sotto il profilo della diffusione potenziale a terzi
della registrazione.
Gli elementi acquisiti, in
definitiva, avevano portato il giudice della cautela a
ritenere, motivatamente e non arbitrariamente, che
l’attività svolta dall’indagato fosse indirizzata alla
diffusione a terzi dei dati indebitamente acquisiti.
E’ ovvio che il processo di merito
sarà aperto a tutte le possibili soluzioni.
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