(Articolo del Prof. Mario Meucci)
Nell'antichità l'assistenza legale
era gratuita (mandatum = contratto gratuito), potendo
essere remunerata a titolo di mera gratitudine
(honorarium) . Salva diversa pattuizione scritta, oggi i
compensi degli avvocati - d'ufficio o di fiducia, non vi
è differenza alcuna - per i diritti e gli onorari sono
regolati per legge dalla Tariffa Professionale Forense
approvata con Decreto del Ministero della Giustizia 8
aprile 2004, n. 127; altri metodi di remunerazione sono
previsti dalla legge 248/2006 attuativa del cd. decreto
Bersani. Quest’ultima regolamentazione prevede che si
possa concordare tra legale e cliente un importo fisso
onnicomprensivo (a forfait), o variabile a seconda
dell'esito della vertenza (patto di quota lite).
Vi sono dunque tre sistemi di
tariffazione: a) a percentuale sull'esito della causa
(patto di quota lite); b) a forfait (sia come somma
unica ma anche come somma annuale); c)secondo la tariffa
forense.
In assenza di accordi si applica la
tariffa forense: le spese legali che possono essere
richieste dal legale prescelto variano tra un minimo ed
un massimo per ogni attività professionale resa
dall'avvocato, a seconda delle circostanze del caso
concreto (difficoltà, impegno richiesto, importanza,
condizioni patrimoniali dell'assistito, ecc.). L'entità
dei compensi, determinati secondo una tabella che fissa
un minimo ed un massimo per ogni attività svolta, nel
diritto civile dipende dal “valore della causa”, nel
diritto penale dall'autorità giudiziaria competente
(giudice di pace, tribunale corte di assise, ...). Le
principali voci di una parcella sono raggruppate in
diritti (remunerazione per l'attività materiale) ed
onorari (remunerazione per l'attività intellettuale);
così, ad esempio, l'avvocato che va in udienza può
chiedere sia la remunerazione per l'attività materiale
(partecipazione fisica) che per quella intellettuale
(cioè aver fatto valere le ragioni del cliente)...
Prof. Mario Meucci |