La giurisprudenza del Consiglio di
Stato ha recepito tale nozione di origine penalistica
anche ai fine di escludere la rilevanza della falsità
delle dichiarazioni non veritiere rese dai soggetti
partecipanti alle gare pubbliche ai sensi dell’art. 38
del D.Lgs 163 del 2006 (e prima ancora dell’art. 75 del
D.P.R. 554/99) tutte le volte che essa non abbia
prodotto alcun pregiudizio agli interessi presidiati
dalla norma che impone di attestare una determinata
circostanza (sia essa contenuta nella legge o nel bando)
e non abbia procurato all’impresa dichiarante alcun
vantaggio competitivo (Cons. Stato, V, 09 novembre 2010
n. 7967).
In particolare, è stato ritenuto un
falso innocuo l’omessa menzione degli amministratori o
direttori cessati dalla carica qualora tali soggetti
risultino penalmente incensurati e, pertanto, la loro
indicazione nella dichiarazione resa alla stazione
appaltante non avrebbe in alcun modo potuto incidere
sull’esito del giudizio sulla ammissibilità
dell’offerta.
E’ stata altresì ritenuta
irrilevante anche la mancata menzione di condanne
riportate da soci amministratori o direttori della
società offerente qualora il bando di gara richieda
genericamente una dichiarazione di insussistenza delle
cause di esclusione rimettendo, così, alla impresa
offerente la valutazione circa la gravità o non gravità
delle condotte dei propri rappresentanti (Cons. Stato,
VI,
4/08/2009 n. 4907).
Il medesimo Consiglio di Stato ha,
tuttavia, precisato che nell'ambito dei rapporti
amministrativi la valutazione del carattere innocuo del
falso deve essere compiuta "ex ante", con la conseguenza
che non può essere considerato innocuo il falso
potenzialmente in grado di incidere sulle determinazioni
dell'Amministrazione (Cons. Stato, VI, 8 luglio 2010 n.
4436).
Il Supremo consesso ha altresì
stabilito che qualora la lex specialis di gara richieda
all’impresa informazioni puntuali che non lascino spazio
a valutazioni in ordine alla rilevanza o meno di
determinate informazioni, la loro omissione costituisce
una legittima causa di esclusione (Cons. Stato, VI,
4907/09 cit.).
Tale è, appunto, la situazione che
ricorre nel caso di specie.
Il bando di gara richiedeva,
infatti, alle imprese offerenti di rilasciare una doppia
dichiarazione con riguardo: a) al fatto che nel triennio
precedente la data di pubblicazione del bando non fosse
cessato né fosse stato sostituito il titolare, il socio,
l’amministratore munito di poteri di rappresentanza o il
direttore tecnico; b) al fatto che i soggetti
eventualmente cessati non avessero riportato condanne
penali tali da incidere sulla affidabilità morale e
professionale.
La prima parte della prescrizione
della lex specialis non chiedeva, quindi, alle imprese
offerenti di indicare solo i soggetti cessati che
avessero riportato condanne incidenti sulla moralità
professionale, ma imponeva l’indicazione dei nominativi
di “tutti i soci, amministratori o direttori tecnici
cessati o sostituiti per consentire alla stazione
appaltante di effettuare, se del caso, i relativi
controlli.
L’omissione della menzione del
Direttore tecnico cessato non può, quindi considerarsi
un falso innocuo sia perché contrasta con una specifica
prescrizione disposta dalla lex specialis a pena della
esclusione, sia perché l’indicazione del soggetto
cessato non poteva ritenersi ex ante potenzialmente
inidonea ad incidere sulle determinazioni
dell'Amministrazione.
Infondato è altresì il secondo
motivo di ricorso.
E’ vero, infatti, che, eccettuati i
reati indicati testualmente dalla legge, per i restanti,
in assenza di parametri normativi fissi e
predeterminati, la verifica della loro incidenza sulla
moralità professionale attiene all'esercizio del potere
discrezionale della p.a. e deve essere operata
attraverso la disamina in concreto delle caratteristiche
dell'appalto, del tipo di condanna, della natura e delle
concrete modalità di commissione del reato (cfr., Cons.
St., sez. V, 12 aprile 2007 n. 1723).
Tuttavia, nella specie,
l'Amministrazione ha valutato tutti gli elementi
inerenti in concreto il reato commesso dal signor A_,
considerando che la sentenza penale, divenuta
definitiva, riguarda il reato di appropriazione indebita
continuata ed aggravata da egli dolosamente commesso
nell’esercizio della propria attività di imprenditore
edile a danno dei propri dipendenti.
Trattandosi di un reato connesso al
tipo di attività che il soggetto sarebbe chiamato a
svolgere, non risalente nel tempo, la cui gravità è
correlata alla circostanza che l'accertata condotta
consiste nella violazione di doveri inderogabili che
proteggono non solo il patrimonio astrattamente
considerato ma anche i lavoratori dell’impresa, appare
esente da censure la valutazione della Stazione
appaltante che la ha ritenuta contraria alla moralità
professionale, anche alla luce degli altri precedenti
penali di cui l’A_ risultava gravato.
Peraltro, la cessazione dalla
carica di direttore tecnico da parte del Sig. A_ e la
cessione delle sue partecipazioni della Ricorrente
Costruzioni S.r.L. non possono considerarsi idonee
misure di dissociazione della Società dalle condotte
penalmente sanzionate, non essendovi la prova che tali
eventi siano stati determinati dalla volontà di
allontanare dalla compagine sociale il predetto soggetto
a causa del reato da esso commesso.
La domanda di annullamento deve,
quindi, essere respinta.
E la stessa sorte merita anche la
domanda risarcitoria che, in difetto della illegittimità
dell’atto impugnato, risulta essere del tutto priva di
fondamento
Legge 19/5/1975 n. 151
NORME FINALI E TRANSITORIE Le
disposizioni della presente legge relative all'azione
per la dichiarazione giudiziale di paternità e
maternità, nonché alle azioni previste dall'articolo 279
del codice civile, si applicano anche ai figli nati o
concepiti prima della sua entrata in vigore. |