Ricordate la sentenza n. 5974 resa
dalla Suprema Corte di Cassazione il 25 marzo 2004?
Oggetto della pronuncia era il distacco da parte del
singolo condomino dall’impianto di riscaldamento
centralizzato.
Che cosa dissero in quel caso gli
ermellini?
Ritennero che a determinate
condizioni la rinuncia all’uso (e quindi il distacco era
da considerarsi lecito). La motivazione della sentenza
pareva chiara. Si leggeva nel testo che “ la rinuncia
unilaterale al riscaldamento condominiale operata dal
singolo condomino mediante il distacco del proprio
impianto dalle diramazioni dell'impianto centralizzato è
legittima quando l'interessato dimostri che, dal suo
operato, non derivano né aggravi di spese per coloro che
continuano a fruire dell'impianto, né squilibri termici
pregiudizievoli per la erogazione del servizio” (Cass.
n. 5974/04).
Bene era questo il principio di
diritto cui la Corte d’appello alla quale era stato
rinviato il processo avrebbe dovuto attenersi. L’uso del
condizionale non è casuale in quanto la sentenza di
Cassazione n. 11857 dello scorso 27 maggio ha ad oggetto
quel giudizio di rinvio che, vedremo oltre, non ha
rispettato quanto detto nella sentenza n. 5974. Per
dirla fuori dallo stretto legalese: i giudici hanno
reinterpretato liberamente quel principio in relazione
al caso di specie. Ecco perché s’è detto in principio, a
volte ritornano.
Sostanzialmente la Corte d’appello
di Milano, chiamata a ripronunciarsi, aveva specificato
che “ lo squilibrio termico e l'aggravio di spese sono,
per cosi dire, due facce della stessa realtà, nel senso
che, per non determinare uno squilibrio termico, il
distacco dall'impianto centrale della (già riscaldata)
unità del singolo condomino deve comportare una
proporzionale riduzione delle spese di esercizio:
diversamente il distacco non potrà che incidere in senso
negativo, determinando uno squilibrio termico,
eliminabile solo con un aggravio di spese” (Corte
d’appello Milano in Cass. 11857/11). Secondo i giudici
del gravame il distacco aveva comportato uno squilibrio
visto che per l’uso dell’impianto alle stesse condizioni
antecedenti il più volte citato distacco s’era dovuta
aumentare la potenza del riscaldamento per mantenere gli
stessi standard qualitativi. Con aumento delle spese. Da
qui la dichiarata illegittimità della rinuncia all’uso
da parte del condomino.
Preso atto di tale decisione il
condominio la impugnava. Risultato? Nuova bocciatura di
questa presa di posizione. Il perché è scritto a chiare
lettere nella sentenza n. 11857. Dicono i giudici di
piazza Cavour, guardando al caso di specie, che “ quel
distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato
che questa S.C. ammette in linea di principio sarebbe
sempre da escludere in concreto, in quanto nell'ambito
di un condominio ogni unità immobiliare confina con
almeno un'altra unità immobiliare, per cui il distacco
dall'impianto centralizzato da parte di uno dei
condomini provocherebbe sempre quel tipo di squilibrio
termico al quale ha fatto riferimento la sentenza
impugnata e che comunque era stato implicitamente
considerato irrilevante da parte di questa S.C. nella
propria precedente sentenza, anche in considerazione che
la stessa situazione, senza che il condominio potesse
lamentarsi per lo squilibrio termico conseguente, si
sarebbe potuta verificare ove il S. avesse chiuso i
propri radiatori” (Cass. 27 maggio 2011 n. 11857).
In sostanza gli assestamenti che
sono fisiologici al distacco non devono essere tenuti in
considerazione.
Per la cronaca la sentenza è stata
cassata con rinvio. Il giudice d’appello questa volta
metterà davvero la parola fine? |