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Cortile: se gli atti d’acquisto non lo citano deve considerarsi bene condominiale ai sensi dell’art. 1117 c.c. di Alessandro Gallucci- CondominioWeb.com

 

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L’ordinanza n. 12221 resa dalla Corte di Cassazione lo scorso 6 giugno parla chiaro: il cortile adiacente un edificio in condominio deve essere considerato a tutti gli effetti parte comune ai sensi dell’art. 1117 c.c. se gli atti d’acquisto non ne riservano la proprietà a specifici soggetti.

 

Che cos’è un cortile. La definizione tecnico-giuridica e quella comune sostanzialmente coincidono. Secondo la Cassazione, “ il cortile, tecnicamente, è l’area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serve a dare aria e luce agli ambienti circostanti. Ma avuto riguardo all’ampia portata della parola e, soprattutto, alla funzione di dare aria e luce agli ambienti, che vi prospettano, nel termine cortile possono ritenersi compresi anche i vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell’edificio – quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, i distacchi, le intercapedini, i parcheggi – che, sebbene non menzionati espressamente nell’art. 1117 cod. civ., vanno ritenute comuni a norma della suddetta disposizione (Cass. 9 giugno 2000, n. 7889). Non solo. Sempre i Supremi giudici hanno specificato che sono equiparabili al cortile i così detti pozzi luce ossia quegli spazi “ di piccole o di piccolissime dimensioni, che serve prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari (bagni, gabinetti, disimpegni, servizi etc.) (Cass. 7 aprile 2000, n. 4350).

 

Ciò ha un riflesso ben chiaro in termini di proprietà di questo spazio. Nel caso di cortile di pertinenza di un edificio in condominio esso, salvo diversa indicazione, deve considerarsi parte di proprietà comune. Lo dice l’art. 1117 c.c. e lo conferma la Suprema Corte di Cassazione anche con riferimento al caso trattato nell’ordinanza n. 12221 in relazione al quale ha specificato “ che la natura condominiale è stata riconosciuta sulla base della considerazione che i cortili sono ricompresi tra le parti comuni del fabbricato ex art. 1117 c.c. e del fatto che dal primo atto di trasferimento dell'unità immobiliare all'interno dello stabile condominiale non risulta alcuna riserva di proprietà in favore dei costruttori” (Cass. 6 giugno 2011 n. 12221). Niente di nuovo, qualcuno potrebbe obiettare. Giusto, risponderemmo. La pronuncia, tuttavia, è importante in quanto dalle parole usate dagli ermellini si evince un dato: i beni elencato all’art. 1117 c.c. (e gli altri non inclusi che hanno le medesime caratteristiche, vale a dire essere funzionali al miglior godimento delle parti di proprietà esclusiva) sono di proprietà comune e non si presumono tali. Torna in auge in sostanza, sebbene molto spesso venga ignorata, la sentenza resa dalle Sezioni Unite nel lontano 1993, nella quale s’affermo che la norma dell’art. 1117 del codice civile stabilendo che:Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio, se il contrario non risulta dal titolo, le cose in essa elencate nei nn. 1, 2 e 3, non ha sancito una presunzione legale di comunione delle stesse, come erroneamente si è affermato in alcune sentenze di questa Corte, ma ha disposto che detti beni sono comuni a meno che non risultino di proprietà esclusiva in base a un titolo che può essere costituito o dal regolamento contrattuale o dal complesso degli atti di acquisto delle singole unità immobiliari o anche dall’usucapione” (Cass. SS.UU. 7 luglio 1993 n. 7449).

 

 

 

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