Abate Giuseppe Massimo
L’ordinanza è lo strumento con il
quale il Sindaco, nella sua funzione di capo
dell’amministrazione locale e di ufficiale di Governo,
fa sorgere, in capo a uno o più soggetti, un determinato
obbligo di fare o di non fare, pena l’applicazione delle
sanzioni in essa stessa previste, talvolta anche di
natura penale.
Tale potestà ordinatoria si
manifesta, pertanto, non solo con l’imposizione ai
destinatari di determinati comportamenti di comando o di
divieto, ma anche con l’adozione di particolari misure
che impongono obblighi non espressamente previsti
dall’ordinamento e che trovano il loro fondamento di
legittimità nei presupposti di necessità e di urgenza.
Tra le ordinanze previste e
disciplinate nel nostro sistema giuridico è possibile,
dunque, operare una distinzione in tre sottocategorie:
ordinanze normali: vengono
adottate dal Sindaco nell’esercizio di funzioni
attribuitegli dalla legge; l’obbligo di carattere
generale fissato da un provvedimento normativo è
applicabile al caso concreto: in questi casi vi è una
perfetta corrispondenza tra la potestà ordinatoria e il
principio di legalità;
ordinanze di urgenza: hanno un
contenuto predeterminato e, come le precedenti, sono in
linea con il principio di legalità; l’organo
amministrativo è difatti chiamato a provvedere in via
d’urgenza in occasione di alcuni precisi eventi già
preventivamente individuati dal legislatore (come
esempio in caso di calamità naturali, epidemie e frane
[…]);
ordinanze contingibili ed
urgenti: a differenza degli altri provvedimenti
esaminati non hanno un contenuto predeterminato dal
legislatore; hanno in comune con le precedenti il
presupposto dell’urgenza ma il tipo di azione da
realizzare è discrezionalmente determinata dall’autorità
pubblica.
Queste ultime, dette anche
ordinanze extra ordinem, trovano, oggi, il loro
fondamento normativo nel D. lgs. n. 267 del 2000 (Testo
unico degli Enti locali): l’art. 50 ai commi 4, 5 e 6
dispone in merito ai provvedimenti extra ordinem del
Sindaco nella sua qualità di capo dell’amministrazione
locale in caso di emergenze sanitarie o di igiene
pubblica; ma la disposizione va necessariamente
collegata con l’articolo 54 comma 4 che prende in
considerazione tali provvedimenti assunti dal sindaco
come ufficiale di Governo al fine di evitare gravi
pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la
sicurezza urbana.
Questa tipologia di provvedimenti
si è posta in contrasto con il principio di legalità
inteso come strumento che individua preventivamente gli
elementi dei poteri amministrativi e la tutela dei
destinatari dell’azione amministrativa, facendo da
sempre sorgere dubbi sulla propria legittimità
costituzionale: in questi casi, infatti, il margine di
discrezionalità lasciato alla pubblica amministrazione,
è sembrato troppo ampio, al punto tale da temere un
plausibile sconfinamento nell’arbitrio.
È bene precisare che le ordinanze
extra ordinem vanno comunque a svolgere una funzione
essenziale per l’ordinamento giuridico andando di fatto
a colmare le lacune che il sistema inevitabilmente
presenta. È per questo motivo che ad esse, infatti, è
consentito derogare, nel rispetto dei principi generali
dell’ordinamento giuridico, la normativa vigente (come
per esempio avviene in materia di protezione civile).
Ma è chiaro che tale potere
discrezionale deve necessariamente essere delimitato e
contenuto, per evitare, che se ne faccia un uso
illegittimo. Con la sentenza n. 2387 del 2003 il
Consiglio di Stato ha indicato i parametri ai quali deve
attenersi l’amministrazione nell’esercizio del potere
extra ordinem, in modo che il provvedimento possa andare
esente da vizi di legittimità. Tali presupposti sono i
seguenti:
stato di necessità: inteso come
situazione di fatto che rende improrogabile un
intervento immediato della Pubblica amministrazione,
anche in deroga alle ordinarie norme dell’ordinamento;
stato di urgenza: inteso come
impossibilità di posticipare l’intervento a causa
dell’inevitabilità della situazione di un pericolo
imminente;
contingibilità: impossibilità
di ricorrere ai mezzi ordinari messi a disposizione
dall’ordinamento giuridico; questo perche la situazione
di emergenza da fronteggiare è contingibile, ossia non
prevedibile: l’evento cioè deve essere per le sue stesse
caratteristiche, eccezionale, accidentale e
straordinario. Il concetto, strettamente connesso alla
necessità e all’urgenza, fa si che il Sindaco non possa
ricorrere a questo tipo di provvedimento per
fronteggiare una situazione di pericolo nota già da
tempo e per la quale sarebbe, dunque, possibile
utilizzare strumenti ordinari. D’altra parte è pur vero,
in linea di massima, che se un evento è prevedibile, non
vi sarebbe motivo giuridico valido che giustifichi un
provvedimento amministrativo adottato con un intervento
di tipo straordinario;
esigenza di tutelare un
interesse pubblico;
temporaneità degli effetti
limitata alla manifestazione dell’evento per cui si
provvede in via eccezionale;
proporzionalità dell’intervento
disposto: la P.A. deve bilanciare gli interessi dei
singoli e quelli pubblici, cercando di ottenere il minor
sacrificio per i privati ma raggiungendo al contempo
l’obiettivo principale di eliminare o limitare il
pericolo imminente;
adeguata istruttoria e
specifica motivazione: i terzi devono essere messi in
condizione di valutare l’operato dalla pubblica
amministrazione che si trova ad assumere determinati
provvedimenti. La motivazione trova il suo fondamento
nell’art. 97 della Costituzione che stabilisce i
principi di imparzialità e buon andamento dell’azione
amministrativa che proprio nella motivazione hanno una
delle loro applicazioni concrete più importanti. Ma
verso questo obbligo, che è strumento ormai
indispensabile per garantire il controllo sociale e
giurisdizionale sugli atti adottati dalla P.a.,
convergono anche i principi di trasparenza, affidamento
ed efficienza dell’amministrazione e i principi sanciti
dalla legge n. 241/90 e s.m.i.
Il Sindaco, pertanto, è legittimato
ad adottare un ordinanza extra ordinem in presenza di un
pericolo di danno imminente e imprevisto che coinvolga
uno o più interessi pubblici e che non sia
fronteggiabile con gli strumenti ordinari messi a
disposizione dall’ordinamento giuridico, sempreché
l’intervento in questione abbia efficacia temporanea,
provi a bilanciare la contrapposizione fra interessi
pubblici e privati, sia conforme ai principi
dell’ordinamento stesso e sia adeguatamente motivato.
Nell’ambito della classificazione
nel sistema delle fonti, la dottrina e la giurisprudenza
prevalenti hanno sostenuto il carattere amministrativo
di tali atti ponendo l’attenzione sul fatto che essi
incidono su situazioni specifiche e si rivolgono a
soggetti determinati. Una tesi minoritaria in dottrina
ha invece considerato le ordinanze contingibili ed
urgenti come atti normativi a tutti gli effetti avendo,
oltre ad un contenuto generale ed astratto, la
possibilità di derogare a norme di legge ed innovando
pertanto l’ordinamento. Considerate in questi termini le
ordinanze e.o. sarebbero atti sostanzialmente normativi
ma formalmente amministrativi, avendo la forza ma non il
valore di legge.
Questa diatriba è stata risolta dal
Consiglio di Stato1 che ha tracciato il percorso per la
corretta interpretazione: il Supremo Consiglio, infatti,
ha sostenuto come siffatte ordinanze abbiano natura
formalmente e sostanzialmente amministrativa e,
considerando l’astrattezza da un lato e la concretezza
dall’altro (visto che talvolta incidono verso soggetti
determinati), le ha definite come atti amministrativi
aticipi, dotati di particolare forza derogatoria
rispetto a talune norme dispositive di legge2.
Con la sentenza n. 4436 del 2008,
il Consiglio di Stato ha inoltre precisato e delimitato
il concetto di contingibilità ed urgenza ribadendo che
le ordinanze extra ordinem devono essere giustificate
dalla imprevedibilità dell’evento: situazione questa che
deviando dall’ordine naturale e regolare degli eventi
non può che essere affrontata che con strumenti
anch’essi irregolari, quali appunto solo le ordinanze in
questione.
Recentemente il Tribunale
amministrativo della Campania, con la sentenza n. 1668
del 24 marzo 2011, allineandosi a ormai consolidata
giurisprudenza, ha ribadito che presupposto per
l’adozione dell’ordinanza extra ordinem è il pericolo
per l’incolumità dotato del carattere di eccezionalità
tale da rendere indispensabile interventi immediati ed
indilazionabili.
Ma nel panorama delle più recenti
sentenze che si susseguono nella materia de qua, è bene
porre l’attenzione, a parere dello scrivente, alle
aperture che sembrano derivare da una pronuncia del Tar
dell’Abruzzo.
La recentissima sentenza n. 264 del
24 aprile 2011 chiarisce i limiti entro i quali il
Giudice amministrativo può sindacare le ordinanze
contingibili ed urgenti considerando l’entrata in vigore
del Codice del processo amministrativo.
L’articolo 134 del Codice, infatti,
non comprende più gli atti in questione fra quelli per i
quali la giurisdizione è estesa anche al merito.
L’esercizio del potere discrezionale del Sindaco, che
resta sempre vincolato alla ricorrenza di un pericolo
concreto ed attuale di danno grave ed imminente per la
salute pubblica, non è più sottoposto alla valutazione
di merito del Giudice amministrativo.
In definitiva, secondo il Tribunale
amministrativo abruzzese al Giudice non sarebbe più
consentito il sindacato nel merito dell’azione
amministrativa legato a scelte di opportunità e
convenienza. La sentenza sembra così aprire a nuovi
scenari in riferimento alla discrezionalità del Sindaco
nel ricorrere alle ordinanze extra ordinem, atteso che
un eventuale ricorso in sede giurisdizionale sarebbe
solamente volto ad una valutazione tecnica inerente i
profili di logicità e coerenza della motivazione, anche
in relazione alla veridicità dei presupposti di fatto
considerati.
È bene segnalare, concludendo, la
pronuncia della Corte Costituzionale n. 115 del 4 aprile
2011 che dichiara costituzionalmente illegittimo l’art.
54 comma 4 del D. Lgs. n. 267/00 nella parte del testo
inerente alla locuzione anche prima delle parole
contingibili ed urgenti. La pronuncia di illegittimità,
che interessa le ordinanze extra ordinem solo
indirettamente, ha ricondotto il potere di ordinanza dei
sindaci in materia di incolumità pubblica e sicurezza
urbana alle sole ordinanze contingibili ed urgenti,
considerato che di fatto le ordinanze ordinarie, pur non
potendo derogare a norme legislative o regolamentari
vigenti come le extra ordinem, si presentavano come
esercizio di una discrezionalità praticamente senza
alcun limite se non quello generico dato dall’esigenza
di prevenire ed eliminare gravi pericoli per
l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana.
La Corte Costituzionale ha
eliminato, pertanto, il suddetto potere sindacale in
quanto in palese contrasto con gli artt. 3, 23, 70, 76,
77, 97 e 117 della Costituzione laddove si esprimono i
principi costituzionali di uguaglianza, legalità,
tipicità, delimitazione della discrezionalità, buon
andamento e imparzialità. In base a questi principi una
disciplina che ammetta disposizioni derogatorie alle
norme vigenti sarebbe legittima solo in quanto configuri
una situazione di contingibilità ed urgenza quale
presupposto, condizione e limite per l’esercizio del
potere in questione.
Fonti
Corte Costituzionale, sent. n. 115
del 2011
Consiglio di Stato, sent. n. 2387
del 2003
Consiglio di Stato, sent. n. 4436
del 2008
Consiglio di Stato, sent. n. 1844
del 1999
Tribunale amministrativo regionale
– Abruzzo, sent. n. 264 del 2011
Tribunale amministrativo regionale
– Campania, sent. n. 1668 del 2011
D. Lgs. n. 267/2000
1 Consiglio di Stato, Sez. V, sent.
n. 1844/99
2 Già nel 1956 la Corte
Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla
legittimità costituzionale delle ordinanze extra
ordinem, aveva sostenuto nella sentenza n. 8, la natura
amministrativa di questo tipo di provvedimenti non
abilitate pertanto ad innovare l’ordinamento giuridico
come da più parti invece sostenuto. |