di Alessio Scarcella
Il mancato utilizzo di un ponteggio
non conforme alle norme di sicurezza non esclude la
responsabilità penale del produttore ¿ venditore del
medesimo, in quanto la disciplina normativa non trova
applicazione nei confronti dell¿utilizzatore ma del
produttore, vietandogli di fabbricare e vendere
attrezzature di lavoro non conformi alle disposizioni di
sicurezza.
Interessante decisione della Corte
di Cassazione su un tema di indiscusso interesse
riguardante la responsabilità penale del produttore di
attrezzature di lavoro. Il caso affrontato dalla Corte
era particolare, in quanto i ponteggi, la cui difformità
rispetto alla disciplina antinfortunistica era stata
accertata in fase di ispezione da parte dell’organo di
vigilanza, al momento del controllo non erano utilizzati
da parte dei dipendenti dell’impresa che li aveva
installati all’interno di un capannone.
La Corte, nel disattendere i motivi
di ricorso prospettati dalla difesa dell’imputato,
titolare della società produttrice dei ponteggi (non a
norma in quanto privi di tavola fermapiede atta ad
impedire la caduta di oggetti dall’alto e di adeguati
correnti orizzontali tali da garantire la presenza di
un’apertura in senso verticale non superiore a 60 cm.
tra un corrente e l’altro), ha affermato il principio
enunciato nella massima che precede, considerando
assolutamente irrilevante la circostanza del mancato
utilizzo dei ponteggi non a norma al momento
dell’ispezione, tenuto conto della ratio sottesa alla
norma sanzionatoria.
Il fatto
La vicenda processuale da cui ha
tratto spunto la Cassazione per occuparsi della
questione giuridica in esame vedeva imputato il titolare
di una società produttrice di attrezzature di lavoro
(ponteggi) che era stato condannato alla pena di €
10.000,00 di ammenda, quale responsabile della
contravvenzione prevista dall’allora vigente d.lgs. n.
626 del 1994 (art. 6, comma 2 e art. 91), in particolare
per aver progettato, costruito e venduto ponteggi
movibili non conformi alla disposizioni legislative in
materia di sicurezza. In particolare i ponteggi
risultavano privi di adeguato parapetto e di tavola
fermapiede.
Secondo quanto emerso in sede di
merito, durante una visita ispettiva presso i locali di
una società, il personale di vigilanza aveva rinvenuto
all'interno del capannone di quest’ultima quattro
ponteggi movibili in metallo su ruote alti più di due
metri prodotti dalla società di cui l’imputato risultava
essere legale rappresentante. La denominazione del
prodotto e la sua fabbricazione ad opera della ditta
anzidetta erano comprovate indiscutibilmente
dall'etichetta autoadesiva apposta sui ponteggi.
Gli stessi, in particolare, erano
privi di tavola fermapiede atta ad impedire caduta di
oggetti dall'alto e di adeguati correnti orizzontali
tali da garantire la presenza di un'apertura in senso
verticale non superiore a 60 centimetri tra un corrente
e l'altro.
Sulla base di tale accertamento, il
giudice di merito aveva affermato la responsabilità del
titolare della ditta produttrice dei ponteggi, a nulla
rilevando che al momento dell'ispezione i ponteggi non
fossero utilizzati, giacchè la norma – come sostenuto
dal tribunale - non si riferisce all'utilizzatore, ma al
produttore e gli vieta di fabbricare e vendere prodotti
non conformi alle disposizioni di sicurezza.
Il ricorso
L’imputato contestava
l’affermazione della sua responsabilità penale,
affermando che i ponteggi, tecnicamente chiamati
"trabatelli", non erano utilizzati al momento
dell'ispezione e che, in ogni caso, la norma si
riferirebbe ai trabatelli superiori a metri due mentre
quello di produzione standard era inferiore a due metri.
Quelli con altezza superiore, secondo la difesa, vengono
forniti al cliente con tavola fermapiede e con barra di
ferro da montare trasversalmente.
La decisione della Cassazione
La Corte, nel rigettare il ricorso,
ha disatteso la prospettazione difensiva, affermando il
principio di diritto in precedenza richiamato. Ad un
attento esame del percorso motivazionale della sentenza,
ben si comprende il ragionamento dei giudici di
legittimità.
Ricordano i giudici di legittimità
come in base al d. lgs. n. 626 del 1994, art. 6, comma
2, vigente all'epoca del fatto (ed attualmente
sostituito dal d. lgs. n. 81 del 2008, art. 23), era
vietata la fabbricazione, la vendita ed il noleggio di
attrezzature da lavoro ed impianti non conformi alle
disposizioni legislative e regolamentari vigenti in
materia di sicurezza sul lavoro: i destinatari di tale
norma erano quindi i fabbricanti e non gli utilizzatori.
La disciplina non è mutata a
seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 81/2008
che, come precisato, prevede all’art. 23 (Obblighi dei
fabbricanti e dei fornitori) il divieto di
fabbricazione, vendita, noleggio e concessione in uso di
attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione
individuali ed impianti non rispondenti alle
disposizioni legislative e regolamentari vigenti in
materia di salute e sicurezza sul lavoro, precisando, al
comma 2, che in caso di locazione finanziaria di beni
assoggettati a procedure di attestazione alla
conformità, gli stessi debbono essere accompagnati, a
cura del concedente, dalla relativa documentazione.
Nella fattispecie, come ben
osservano i giudici di Piazza Cavour, si è accertato che
si trattava di ponteggi superiori a metri due non
corrispondenti ai requisiti previsti da norme
regolamentari. Il fabbricante, vendendo quel prodotto,
avrebbe dovuto dotarlo di tutti gli elementi necessari a
renderlo conforme alla legge o al regolamento. Il fatto,
poi, che l'acquirente potesse acquistare separatamente
correnti supplementari non esclude, secondo la Corte, il
reato anche perché tra gli accessori acquistabili
separatamente, come accertato dal giudice del merito,
non era prevista la barra fermapiede.
La decisione della Corte merita di
essere condivisa. Già in precedenza, del resto, la
Suprema Corte, sotto la vigenza dell’abrogato d.lgs. n.
626/1994, aveva avuto modo di delimitare l’ambito
applicativo del divieto di fabbricazione e vendita di
attrezzature di lavoro non conformi, affermando, ad
esempio, che tale divieto non potesse ritenersi limitato
agli industriali o commercianti che abitualmente
forniscono le macchine, attrezzature ed impianti,
dovendosi, infatti, estendere il medesimo a qualsiasi
soggetto che esegua anche una sola vendita o rivendita
(Cass. pen., Sez. 3, n. 10342 del 29/09/2000, P. ed
altro, in Ced Cass. 217456).
Inoltre, in una recentissima
decisione, la Corte ha avuto modo di precisare che la
responsabilità per l'illecito contravvenzionale, come
tale ascrivibile anche a titolo di colpa, del divieto di
vendita di macchine non conformi alle norme
antinfortunistiche grava anche sull'amministratore della
ditta al quale siano attribuite le fondamentali scelte
aziendali afferenti alla commercializzazione dei
prodotti (Cass. pen., Sez. 4, n. 3095 del 28/01/2011, K.
e altri, in Ced Cass. 249274, già commentata su questa
rivista con nota di Scarcella, Responsabilità del datore
di lavoro “di diritto” (anche se svolgeva “di fatto”
mansioni diverse) per la morte del lavoratore).
Il tema, anche se non affrontato
dalla Corte, è reso ancora più complesso dalla
previsione normativa, oggi contenuta nell’art. 18, comma
3-bis, d.lgs. n. 81/1008, introdotto in sede di
correttivo al Testo Unico sicurezza (d.lgs. n.
106/2009), avendo infatti il legislatore “ampliato”
l’obbligo di vigilanza fino al punto da obbligare il
datore di lavoro e i dirigenti “altresì” a vigilare in
ordine all’adempimento, per quanto qui di interesse,
degli obblighi di cui all’art. 23, ferma restando
l’esclusiva responsabilità del produttore e del
fabbricante “qualora la mancata attuazione dei predetti
obblighi sia addebitabile unicamente agli stessi e non
sia riscontrabile un difetto di vigilanza del datore di
lavoro e dei dirigenti”.
Ne discende, quindi, che, nel caso
in esame, ove vi fosse stata prova dell’utilizzazione
del ponteggio non a norma, la responsabilità del datore
di lavoro, utilizzatore dei ponteggi, non avrebbe potuto
essere messa in discussione, in quanto, in tal caso,
sicuramente sarebbe stato possibile ritenere
configurabile un difetto di vigilanza imputabile al
datore di lavoro per aver consentito ai dipendenti
l’utilizzo di attrezzature di lavoro non conformi alle
norme di sicurezza.
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