È noto che nelle relazioni
industriali del nostro paese,in ispecie nel settore
metalmeccanico, è in atto un forte contrasto relativo
alla questione dell’applicabilità del contratto
collettivo.
Invero ,nella vigenza del ccnl
20.1.2008, firmato dall’Organizzazione sindacale
datoriale,Federmeccanica, e dalle tre più importanti
OO.SS. di settore, FIM-UILM-FIOM, due delle predette
firmatarie ,FIM e UILM, ed anche la stessa Federazione
datoriale- secondo taluni anche a seguito dell’entrata
in vigore dell’accordo quadro interconfederale sulle
relazioni industriali del nostro paese
(Accordo22-1-2009-Riforma degli assetti contrattuali) ed
il conseguente accordo attuativo (Accordo15 -4-2009) -
hanno disdettato il ccnl 2008 e stipulato un nuovo ccnl
(Accr 15-10-2009) .
Ne è derivata l’applicazione del
nuovo accordo da parte dei datori di lavoro aderenti
alla predetta Associazione datoriale e la
disapplicazione del precedente ccnl non ancora scaduto.
A prescindere dai numerosi problemi
circa la liceità dell’ applicazione del nuovo contratto
agli iscritti del sindacato non firmatario e ai non
iscritti a nessun sindacato è stata posta la questione
di fondo della legittimità del comportamento di chi ha
applicato le norme del nuovo contratto –in una colle
norme tralaticie del vecchio contratto.
I Giudici chiamati a esprimersi sul
problema ,per ora con procedimento sommario, ex art.28
L.300/70, hanno assunto posizioni diversificate (su
questo punto rimandiamo al nostro articolo che uscirà
sul n.4 / 2011 di LPO).
C’è chi ha ritenuto la semplice
disapplicazione del ccnl 2008 comportamento
antisindacale.
In particolare, per tutti, su
ricorso dell’organizzazione sindacale di settore, FIOM,
il Tribunale di Modena,con provvedimento 22 aprile 2001,
accogliendo il ricorso del sindacato, ha così
argomentato
<Nel caso in esame, le aziende
convenute, venendo meno agli impegni assunti, per il
tramite dell'associazione di categoria, con il ccnl
20.1.08, a partire da gennaio 2010 hanno disapplicato il
contratto del 2008 nonostante fosse ancora vigente e
hanno dato esclusiva applicazione, nel confronti di
tutti i dipendenti, all’ accordo di rinnovo del 15
.10.09. Ai lavoratori dipendenti delle aziende
convenute, iscritti alla Fiom, sí applica da gennaio
2010 un contratto collettivo che la FIOM non ha
sottoscritto e rispetto al quale ha manifestato netto
dissenso, nonostante sia tuttora in vigore e sia
vincolante il contratto 20.1.08 sottoscritto da tutte le
organizzazioni sindacali, Fiom compresa.
Ai lavoratori non iscritti ad alcun
sindacato e ai quali era applicato il ccnl 2008 si
applica da gennaio 2010 l'Accordo del 2009 senza che gli
stessi siano stati informati della contemporanea
vigenza dei due ccnl e senza che abbiano potuto
esprimere una adesione consapevole e libera al nuovo
contratto.
Le società convenute non solo
hanno, illegittimamente, disapplicato il ccnl
20.1.2008, per applicare quello separato del 2009, ma
hanno ignorato le sollecitazioni e le richieste della
Fiom sulla perdurante vigenza del ccnl unitario, venendo
meno, all'obbligo giuridico di buona fede, che deve
presiedere e regolare i rapporti negoziali dalla fase
delle trattative fino a quella esecutiva, e che assume
una particolare consistenza ove la controparte sia, come
nel caso dl specie, il sindacato comparativamente più
rappresentativo (circostanza non contestata nelle
comparse di costituzione), a cui, in sintonia con l'art.
39 Cost., una sempre più ampia legislazione riconosce un
ruolo assai significativo quale espressione
dell'autonomia collettiva abilitata ad integrare la
disciplina statale.
Con il comportamento come
descritto, posto in essere in violazione di specifici
obblighi giuridici, le società convenute hanno finito
per negare la funzione stessa del sindacato ricorrente,
il suo ruolo di agente contrattuale, la sua capacità di
far applicare i contratti collettivi dal medesimo
sottoscritti e vigenti, di tutelare in tal modo le
posizioni dei lavoratori nei confronti delle parti
datoriali.
Sostituendo il contratto separato
del 2009 a quello unitario del 2008, le aziende
convenute hanno ottenuto l'effetto di mettere
illegittimamente la Fiom fuori dal novero degli agenti
contrattuali.
In nome della coincidenza della
parte normativa dei due contratti e della accettazione
degli aumenti retributivi da parte dei lavoratori, le
convenute hanno finito per aggirare il meccanismo della
rappresentanza associativa.Tanto basta a far ritenere la
condotta delle aziende convenute idonea e diretta a
limitare ed impedire l'esercizio della libertà ed
attività sindacale.>.
Il Tribunale di Tolmezzo, con
provvedimento del 17 maggio 2011,respingendo invece il
ricorso del sindacato, ancora più incisivamente ha
trattato il tema della ( non ) vincolatività del
contratto collettivo,in questi termini.
<Né, sotto altro profilo giuridico,
una volta assoggettata alle regole del codice civile in
materia di contratti la disciplina degli effetti
derivanti dal contratto collettivo, pare poi corretto
sostenere, per pervenire a diverse conclusioni, come
debba comunque ritenersi "elementare regola di diritto
comune quella per la quale, nei contratti sottoscritti
da una pluralità di parti( qui, per l'appunto, il CCNL
del 20.1.2008 - N.D.R.), la volontà di recedere dal
contratto di alcune solo delle parti stipulanti, al di
fuori delle ipotesi eventualmente previste dal contratto
stesso, ovvero dalla legge, non possa incidere sul
vincolo obbligatorio e sulla efficacia del contratto",
essendo eventualmente consentito, a tale volontà
separata, di operare solo per il tempo successivo al
termine di validità dell'accordo collettivo in essere>
Fin qui, tutto bene, nella normale
dialettica giudiziaria.
Il sindacato, implicitamente ,
invoca il principio dell’ordinamento giudiziario del
nostro paese risalente nel tempo fino agli ordinamenti
del diritto romano per cui <pacta sunt servanda> ,ossia
chi ha assunto un impegno contrattuale deve rispettarlo
salvo essere in caso contrario ritenuto colpevole di
inadempimento.
Queste sono le regole dei contratti
giuridici , individuali e collettivi.
Sennonché si dimentica la stagione
degli anni ’70 e '80 nella quale la medesima
organizzazione che oggi lamenta l’inadempimento della
controparte soleva ampiamente disattendere gli impegni
assunti con il contratto collettivo,invero ,di fatto
soprattutto attraverso la contrattazione decentrata (
aziendale e territoriale), ma in linea di principio
riferendosi anche alla contrattazione nazionale.
Si ricorderà il dibattito di allora
sulla c.d. clausola di <tregua sindacale>.
<Dovere di pace sindacale Questo
consiste in un impegno a non far ricorso alla azione
diretta e a non organizzare agitazioni per conseguire la
modificazione del contratto prima della sua scadenza e
senza che si presenti una vicenda risolutiva dello
stesso.Fino al 1960 tale clausola molto raramente aveva
trovato cittadinanza nei contratti collettivi; nel
periodo successivo la linea di tendenza mutò. In genere,
l'impegno veniva assunto dalle parti con riferimento
all'intero contratto o, sovente, a talune clausole di
questo. Così, ad esempio, il contratto per le aziende
metalmeccaniche prevedeva, dopo il 1962, che le
organizzazioni dei lavoratori si impegnassero a non
promuovere azioni o rivendicazioni intese a modificare,
integrare o innovare quanto aveva formato oggetto di
accordo> ( Giugni Diritto sindacale, ed.
Cacucci,Bari,1981 – da cui son tratte,ove non
diversamente indicato le citazioni successive) .
Ma, come noto, il clima dell’epoca
era improntato allo spirito del ’68.
La c.d. <pace sindacale> (implicita
o esplicitata in una clausola espressa) veniva respinta.
Lo strumento cui si fece ricorso fu
quello del <diritto costituzionale di sciopero>.
Di converso si tacciava i
sostenitori della tesi contraria di avere
“costituzionalizzato” il principio <pacta sunt
servanda>(1)
<Parte della dottrina (NATOLI) ha
avanzato dubbi circa la validità, alla luce dei principi
costituzionali, di questa clausola. Essa, intatti,
comporta l'assunzione di un obbligo di non esercizio di
un diritto, quello di sciopero, che è protetto dalla
garanzia costituzionale e che si configura, quindi,
come diritto irrinunciabile. Questa tendenza ha
ravvisato nella clausola di pace un atto di rinuncia
nullo perché relativo ad un diritto soggettivo
costituzionalmente garantito.>
Ma di diverso avviso
erano,all’epoca, i “civilisti” .
<In dottrina si è sostenuto
(SANTORO-PASSARELL1) che lo stesso, fatto della
stipulazione del contratto collettivo determinerebbe,
come effetto naturale, il porsi di tale dovere di pace .
L'obbligo sarebbe implicito, essendo coessenziale al
concetto di contratto la sua funzione di comporre il
conflitto tra le parti contraenti per un certo periodo
di tempo ed attraverso la vincolatività delle sue
disposizioni ( pacta sunt servanda)>
Il contratto unilateralmente
vincolante
Si arrivava ad affermare che <ci si
trova, quindi, di fronte ad un nuovo sistema
contrattuale, che possiamo denominare di contrattazione
non vincolata. Può ben affermarsi che in tale nuovo
contesto il contratto collettivo viene a mutare
fisionomia. Esso attualmente non è più fondato sullo
scambio tra concessioni dell'imprenditore e l'impegno
dei sindacati di non compiere azioni di sciopero per un
determinato periodo, ma impegna giuridicamente soltanto
gli imprenditori, i quali sono tenuti ad applicarlo per
tutto il tempo della sua durata.>, ma non impegnava
,secondo la dottrina dominante, le organizzazioni
sindacali.
A tale posizione si obiettava.
<Parte della dottrina ritiene
tuttavia inaccettabile siffatta concezione del contratto
collettivo come contratto unilateralmente vincolante:
(cioè impegnativo solo per il sindacato dei datori di
lavoro ed i suoi associati). Essa sarebbe incompatibile
con la struttura sinallagmatica, e conseguente
corrispettività di impegni, postulata anche per il
contratto collettivo dai principi generali operanti
nell'ordinamento statuale (MENGONI 1976; F.
SANTORO-PASSARELLI 1971; RIVA SANSEVERINO 1971).Secondo
questa dottrina, solo il verificarsi di un mutamento
sostanziale della situazione di fatto libererebbe dunque
il sindacato dei lavoratori – come del resto anche la
controparte – dal dovere di rispettare il regolamento
pattuito; ciò, peraltro, senza esenzione alcuna dalle
regole del diritto comune, secondo cui la legittimità
dei comportamenti assunti, invocando tale mutamento, è
pur sempre suscettibile di contestazione giudiziale.> (
v. Carinci e altri Diritto del lavoro 1 Il diritto
sindacale UTET 2002).
Che dire, a questo punto:
<così s’osserva in me lo
contrapasso> Dante, Inferno ,canto XXVIII^,verso 142.
(1) “Che cosa fanno…i sostenitori
del dovere implicito di pace? In sostanza, essi assumono
il canone pacta sunt servanda non come regola da
interpretare alla luce dell’intero ordinamento
positivo,ma come massima di ragion pura,sottratta alle
qualificazioni e ai limiti che altre norme-in
particolare l’art.40-possono apportarle. Chi asserisce
che il diritto di sciopero può essere esercitato solo
nell’arco e nel tempo che residuano all’applicazione del
principio per cui i patti vanno osservati, e cioè a
contratto scaduto o come reazione all’inadempimento
degli imprenditori; chi scrive… che <fino a quando gli
imprenditori rispettano il contratto,lo sciopero non è
legittimo,non esiste diritto di sciopero>: chi fa questo
sovrappone disinvoltamente un certo concetto di
contratto,costruito sulla base del diritto comune, a un
dato positivo –l’art.40 – che,per figurare nella fonte
più alta dell’ordinamento,dovrebbe esso presiedere alla
costruzione del concetto di contratto collettivo.Può
darsi addirittura che gli aderenti alla teoria del
dovere implicito ragionano come se nella Costituzione
fosse scritto che ai lavoratori è attribuito il diritto
di sciopero, ma che <il contratto ha forza di legge tra
le parti>, secondo la formula dell’art. 1372 del Codice
civile;in altri termini,essi costituzionalizzano
arbitrariamente il principio della santità dei patti e
svuotano in corrispondenza il principio- questo,sì,
sancito dalla Costituzione- per cui quel patto
particolare che è il contratto collettivo può essere
soggetto a modificazioni e/o integrazione prima della
scadenza.”.(Giugni e Mancini Relazione Movimento
sindacale e contrattazione collettiva in Potere
sindacale e Ordinamento giuridico, a cura della
Federazione lavoratori metalmeccanici ,Atti del Convegno
di studi di diritto sindacale Bologna 10-11 luglio
1972,a cura della Federazione lavoratori
metalmeccanici,ed De Donato.)
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