Dario Reccia
Quali sono i costi a carico del consumatore che chieda
di sostituire un elettrodomestico difettoso?
La Corte di Giustizia, con sentenza del 16 giugno
scorso, ha dato una risposta a questa domanda, facendo
chiarezza sui diritti dei consumatori in caso di
acquisto di un prodotto difettoso.
Come noto, la Direttiva 1999/44/CE su taluni aspetti
della vendita e delle garanzie dei beni di consumo (in
Italia le disposizioni di attuazione di tale Direttiva
sono contenute nel Codice del consumo) prevede la
possibilità per il consumatore di ottenere dal venditore
la riparazione ovvero la sostituzione di un bene nel
caso in cui presenti vizi o difetti.
Ma cosa succede quando per sostituire il bene difettoso
è prima necessario rimuoverlo e quindi procedere con
l’installazione del bene sostitutivo?
È a questa domanda che la Corte di Giustizia ha
risposto, prendendo spunto dal caso di una signora
tedesca che aveva acquistato in Germania una
lavastoviglie rivelatasi difettosa successivamente alla
sua installazione.
In questo caso la signora aveva preteso che la
società venditrice, oltre a fornirle una nuova
lavastoviglie, si facesse carico per intero di tutte le
spese connesse con la rimozione della vecchia lavatrice
e l’installazione della nuova.
Su tale punto è peraltro intervenuta la Corte di
Giustizia, dando pienamente ragione alla consumatrice
tedesca, nonostante il fatto che la Direttiva
comunitaria non includa espressamente tali spese tra
quelle che non possono gravare sul consumatore in caso
di sostituzione del bene.
Secondo i Giudici comunitari la tutela accordata al
consumatore dalla Direttiva 1999/44/CE deve essere tale
da consentire a quest’ultimo di ottenere la
sostituzione del bene difettoso senza oneri o costi
aggiuntivi rispetto a quelli che avrebbe sostenuto
nel caso in cui il venditore avesse eseguito
correttamente il contratto attraverso la consegna di un
bene perfettamente funzionante.
In altri termini, se il consumatore avesse ricevuto sin
dall’inizio un bene privo di difetti o vizi, non avrebbe
avuto la necessità di rimuovere il bene difettoso e di
far installare quello ottenuto in sostituzione: è per
questo che il venditore è tenuto a farsi carico di tali
spese anche qualora ad eseguire il montaggio del bene
difettoso non sia stato il venditore bensì l’acquirente.
Peraltro pretendere che il venditore si faccia carico
per intero di tutte le spese connesse con la rimozione
del bene difettoso e l’installazione del nuovo, può
rivelarsi iniquo tutte le volte in cui tali costi siano
sproporzionati rispetto al valore del bene da sostituire
ed all’entità del difetto – si pensi al caso in cui sia
necessario provvedere alla rimozione di una
pavimentazione rivelatasi difettosa ovvero ai costi
connessi con il montaggio/smontaggio di impianti di
condizionamento, elettrodomestici vari o mobili di
notevoli dimensioni -.
Al fine di bilanciare la tutela dei consumatori con il
legittimo interesse delle imprese a non vedersi gravare
di costi manifestamente eccessivi, la Corte ha chiarito
che il venditore, pur non potendo rifiutare la
sostituzione del bene, ha in questi casi il diritto ad
una riduzione delle spese a suo carico commisurata, da
un lato, al valore che il bene avrebbe avuto qualora
fosse stato esente da vizi e, dall’altro, all’entità del
difetto.
La Corte ha tuttavia precisato che gli oneri a carico
del consumatore non possono mai essere tali da rendere
antieconomico l’esercizio del diritto alla sostituzione
del bene, restando il consumatore in ogni caso
libero di preferire alla sostituzione la risoluzione del
contratto ovvero la riduzione del prezzo di vendita.
Con questa sentenza, la Corte di Giustizia mira quindi a
rendere effettiva la tutela accordata ai consumatori
dalla normativa comunitaria, evitando che alle seccature
per una “lavastoviglie rotta” si debbano aggiungere
spese e costi non dovuti.
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
16 giugno 2011 (*)
«Tutela dei consumatori – Vendita e garanzie dei beni di
consumo – Direttiva 1999/44/CE – Art. 3, nn. 2 e 3 −
Sostituzione del bene difettoso come unico rimedio −
Bene difettoso già installato dal consumatore − Obbligo
per il venditore di rimuovere il bene difettoso e di
installare il bene sostitutivo – Sproporzione assoluta –
Conseguenze»
Nei procedimenti riuniti C‑65/09 e C‑87/09,
aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale
proposte alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal
Bundesgerichtshof (causa C‑65/09) e dall’Amtsgericht
Schorndorf (causa C‑87/09) (Germania) con decisioni 14
gennaio e 25 febbraio 2009, pervenute in cancelleria il
16 febbraio e il 2 marzo 2009, nelle cause
Gebr. Weber GmbH
(causa C‑65/09)
contro
Jürgen Wittmer,
e
Ingrid Putz
(causa C‑87/09)
contro
Medianess Electronics GmbH,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai
sigg. J.-J. Kasel, A. Borg Barthet, M. Ilešič (relatore)
e E. Levits, giudici,
avvocato generale: sig. J. Mazák
cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito
all’udienza del 25 febbraio 2010,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Gebr.
Weber GmbH, dal sig. R. Lindner, Rechtsanwalt;
– per il governo tedesco, dal sig. M. Lumma e
dalla sig.ra J. Kemper, in qualità di agenti;
– per il governo belga, dal sig. T. Materne, in
qualità di agente;
– per il governo spagnolo, dal sig. J.
López-Medel Bascones, in qualità di agente;
– per il governo austriaco, dai sigg. E. Riedl e
E. Handl-Petz, in qualità di agenti;
– per il governo polacco, dal sig. M.
Dowgielewicz, in qualità di agente;
– per la Commissione europea, dai sigg. W. Wils e
H. Krämer, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale,
presentate all’udienza del 18 maggio 2010,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Le
domande di pronuncia pregiudiziale vertono
sull’interpretazione dell’art. 3, nn. 2 e 3, terzo
comma, della direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 25 maggio 1999, 1999/44/CE, su taluni aspetti
della vendita e delle garanzie dei beni di consumo
(GU L 171, pag. 12; in prosieguo: la «direttiva»).
2 Tali
domande sono state formulate nell’ambito di due
controversie insorte, nella causa C‑65/09, tra la Gebr.
Weber GmbH (in prosieguo: la «Gebr. Weber») e il
sig. Wittmer in merito alla consegna di mattonelle
conformi al contratto di vendita, nonché al versamento
di un indennizzo, e, nella causa C‑87/09, tra la
sig.ra Putz e la Medianess Electronics GmbH (in
prosieguo: la «Medianess Electronics») in merito al
rimborso del prezzo di vendita di una lavastoviglie non
conforme al contratto di vendita, a fronte della
restituzione dell’apparecchio stesso.
Contesto normativo
La normativa dell’Unione
3 Il
primo ‘considerando’ della direttiva così recita:
«considerando che l’articolo 153, paragraf[i] 1 e 3,
[CE] dispone che la Comunità contribuisca al
conseguimento di un livello elevato di protezione dei
consumatori mediante misure adottate in applicazione
dell’articolo 95 [CE]».
4 Il
nono, il decimo e l’undicesimo ‘considerando’ della
direttiva sono formulati nei seguenti termini:
«(9) considerando che il venditore deve essere il
responsabile diretto nei confronti del consumatore della
conformità del bene al contratto; (...) che il venditore
deve tuttavia poter agire, come previsto dalla
legislazione nazionale, contro il produttore, un
precedente venditore nella stessa catena contrattuale o
qualsiasi altro intermediario, a meno che non abbia
rinunciato al suo diritto; che la presente direttiva non
incide sul principio dell’autonomia contrattuale nei
rapporti tra il venditore, il produttore, un precedente
venditore o qualsiasi altro intermediario; che le norme
che individuano i soggetti passivi e le modalità
d’azione del venditore devono essere stabilite dal
diritto nazionale;
(10) considerando che, in caso di non conformità dei
beni al contratto, è opportuno riconoscere al
consumatore il diritto di ottenere il ripristino
gratuito di tale conformità, mediante riparazione o
sostituzione a scelta, o, in mancanza di ciò, una
riduzione di prezzo o la risoluzione del contratto;
(11) considerando che il consumatore può in primo luogo
chiedere al venditore di riparare il bene o di
sostituirlo salvo che tali rimedi risultino impossibili
o sproporzionati; che deve essere stabilito
obiettivamente se un rimedio è sproporzionato; che un
rimedio sarebbe sproporzionato se imponesse costi
irragionevoli rispetto a un altro rimedio; che per
stabilire che i costi sono irragionevoli bisogna che i
costi di un rimedio siano notevolmente più elevati di
quelli dell’altro rimedio».
5 L’art. 1 della
direttiva, dal titolo «Campo di applicazione e
definizioni», così dispone:
«1. La presente direttiva ha per oggetto il
ravvicinamento delle disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative degli Stati membri
relative a taluni aspetti della vendita e delle garanzie
concernenti i beni di consumo, al fine di garantire un
livello minimo uniforme di tutela dei consumatori nel
quadro del mercato interno.
2. Ai fini della presente direttiva si intende
per:
(...)
f) riparazione: nel caso di difetto di conformità,
il ripristino del bene di consumo per renderlo conforme
al contratto di vendita.
(...)».
6 L’art. 2
della direttiva, intitolato «Conformità al contratto»,
così recita:
«1. Il venditore deve consegnare al consumatore beni
conformi al contratto di vendita.
(...)
5. Il difetto di conformità che deriva
dall’imperfetta installazione del bene di consumo è
equiparato al difetto di conformità del bene quando
l’installazione fa parte del contratto di vendita del
bene ed è stata effettuata dal venditore o sotto la sua
responsabilità. Tale disposizione si applica anche nel
caso in cui il prodotto, concepito per essere istallato
dal consumatore, sia istallato dal consumatore in modo
non corretto a causa di una carenza delle istruzioni di
istallazione».
7 L’art. 3
della direttiva, intitolato «Diritti del consumatore»,
prevede quanto segue:
«1. Il venditore risponde al consumatore di qualsiasi
difetto di conformità esistente al momento della
consegna del bene.
2. In caso di difetto di conformità, il
consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della
conformità del bene mediante riparazione o sostituzione,
a norma del paragrafo 3, o ad una riduzione adeguata del
prezzo o alla risoluzione del contratto relativo a tale
bene, conformemente ai paragrafi 5 e 6.
3. In primo luogo il consumatore può chiedere al
venditore di riparare il bene o di sostituirlo, senza
spese in entrambi i casi, salvo che ciò sia impossibile
o sproporzionato.
Un rimedio è da considerare sproporzionato se impone al
venditore spese irragionevoli in confronto all’altro
rimedio, tenendo conto:
– del valore che il bene avrebbe se non vi fosse
difetto di conformità,
– dell’entità del difetto di conformità, e
– dell’eventualità che il rimedio alternativo
possa essere esperito senza notevoli inconvenienti per
il consumatore.
Le riparazioni o le sostituzioni devono essere
effettuate entro un lasso di tempo ragionevole e senza
notevoli inconvenienti per il consumatore, tenendo conto
della natura del bene e dello scopo per il quale il
consumatore ha voluto il bene.
4. L’espressione “senza spese” nei paragrafi 2 e 3
si riferisce ai costi necessari per rendere conformi i
beni, in particolar modo con riferimento alle spese di
spedizione e per la mano d’opera e i materiali.
5. Il consumatore può chiedere una congrua
riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto:
– se il consumatore non ha diritto né alla
ripar[a]zione né alla sostituzione o
– se il venditore non ha esperito il rimedio
entro un periodo ragionevole ovvero
– se il venditore non ha esperito il rimedio
senza notevoli inconvenienti per il consumatore.
6. Un difetto di conformità minore non conferisce
al consumatore il diritto di chiedere la risoluzione del
contratto».
8 L’art. 4
della direttiva, intitolato «Diritto di regresso»,
dispone quanto segue:
«Quando è determinata la responsabilità del venditore
finale nei confronti del consumatore a seguito di un
difetto di conformità risultante da un’azione o da
un’omissione del produttore, di un precedente venditore
nella stessa catena contrattuale o di qualsiasi altro
intermediario, il venditore finale ha diritto di agire
nei confronti della persona o delle persone
responsabili, nel rapporto contrattuale. La legge
nazionale individua il soggetto o i soggetti nei cui
confronti il venditore finale ha diritto di agire,
nonché le relative azioni e modalità di esercizio».
9 L’art. 5
della direttiva, intitolato «Termini», al suo n. 1,
prima frase, così prevede:
«Il venditore è responsabile, a norma dell’articolo 3,
quando il difetto di conformità si manifesta entro il
termine di due anni dalla consegna del bene».
10 L’art. 7
della direttiva, intitolato «Carattere imperativo delle
disposizioni», stabilisce quanto segue:
«1. Come previsto dalla legislazione nazionale, le
clausole contrattuali o gli accordi conclusi con il
venditore, prima che gli sia stato notificato il difetto
di conformità e che escludono o limitano, direttamente o
indirettamente, i diritti derivanti dalla presente
direttiva, non vincolano il consumatore.
(...)».
11 Ai
sensi dell’art. 8 della direttiva, intitolato «Diritto
nazionale e protezione minima»:
«1. L’esercizio dei diritti riconosciuti dalla
presente direttiva lascia impregiudicato l’esercizio di
altri diritti di cui il consumatore può avvalersi in
forza delle norme nazionali relative alla responsabilità
contrattuale o extracontrattuale.
2. Gli Stati membri possono adottare o mantenere
in vigore, nel settore disciplinato dalla presente
direttiva, disposizioni più rigorose, compatibili con il
Trattato, per garantire un livello più elevato di tutela
del consumatore».
La normativa nazionale
12 L’art. 433,
n. 1, del codice civile tedesco (Bürgerliches
Gesetzbuch; in prosieguo: il «BGB»), dal titolo
«Obblighi derivanti dal contratto di vendita», così
recita:
«Con il contratto di vendita il venditore di un bene è
obbligato a consegnare la cosa all’acquirente e a
trasferirgliene la proprietà. Il venditore deve
trasferire all’acquirente il bene libero da vizi
materiali e da vizi giuridici».
13 L’art. 434
del BGB, intitolato «Vizio materiale», dispone quanto
segue:
«1. Il bene è libero da vizi materiali se, al
momento del trasferimento del rischio, presenta le
qualità pattuite (...)».
14 L’art. 437
del BGB, dal titolo «Diritti dell’acquirente in caso di
vizi», è così redatto:
«Se il bene è affetto da vizi, l’acquirente, qualora
ricorrano i presupposti delle disposizioni seguenti e
non sia stabilito diversamente, può:
1) pretendere l’adempimento successivo in base
all’art. 439,
2) recedere dal contratto in base agli artt. 440,
323 e 326, n. 5, o ridurre il prezzo di vendita in base
all’art. 441,
3) pretendere il risarcimento del danno in base
agli artt. 440, 280, 281, 283 e 311a ovvero il rimborso
delle spese sostenute in base all’art. 284».
15 L’art. 439
del BGB, intitolato «Adempimento successivo», dispone
quanto segue:
«1. A titolo di adempimento successivo,
l’acquirente può pretendere, a sua scelta,
l’eliminazione del vizio o la consegna di un bene esente
da vizi.
2. Il venditore sopporta le spese necessarie per
l’adempimento successivo, comprese, in particolare, le
spese di trasporto, spedizione, manodopera e materiale.
3. Il venditore (...) può rifiutare il tipo di
adempimento successivo scelto se esso comporta
necessariamente costi sproporzionati. Si deve tenere
presente, in particolare, il valore che avrebbe il bene
se privo di difetti, l’entità dei medesimi e se il
rimedio alternativo sia esperibile senza comportare
inconvenienti significativi per l’acquirente. In tal
caso, il diritto dell’acquirente è limitato alla
modalità alternativa di adempimento successivo; ciò non
pregiudica il diritto del venditore di rifiutare anche
il rimedio alternativo, alle condizioni di cui alla
prima frase.
4. Qualora un venditore consegni un bene esente da
vizi nell’ambito di un adempimento successivo, egli
potrà chiedere all’acquirente la restituzione del bene
viziato (…)».
Cause principali e questioni pregiudiziali
Causa C‑65/09
16 Il
sig. Wittmer e la Gebr. Weber hanno stipulato un
contratto di vendita avente ad oggetto piastrelle
lucidate per un prezzo di EUR 1 382,27. Dopo aver fatto
posare i due terzi circa di tali mattonelle presso la
propria abitazione, il sig. Wittmer ha rilevato la
presenza, sulle mattonelle stesse, di ombrature visibili
ad occhio nudo.
17 Il
sig. Wittmer ha quindi presentato un reclamo, che la
Gebr. Weber ha respinto, previo accordo con il
produttore delle mattonelle stesse. In un procedimento
probatorio ante causam instaurato dal ricorrente il
perito incaricato è giunto alla conclusione che le
ombrature contestate dipendevano da piccole tracce di
raschiatura, impossibili da cancellare, per cui l’unico
rimedio possibile era la sostituzione totale delle
piastrelle, stimando il costo di tale operazione come
pari a EUR 5 830,57.
18 In
assenza di risposta alla diffida da lui inviata alla
Gebr. Weber, il sig. Wittmer ha citato tale società in
giudizio dinanzi al Landgericht Kassel, chiedendo la
consegna di mattonelle non viziate e il versamento della
somma di EUR 5 830,57. Detto giudice ha condannato la
Gebr. Weber a versare al sig. Wittmer la somma di
EUR 273,10, a titolo di riduzione del prezzo di vendita,
respingendo la domanda quanto al resto. Su appello
interposto dal sig. Wittmer avverso la decisione del
Landgericht Kassel, l’Oberlandesgericht Frankfurt, per
un verso, ha condannato la Gebr.Weber a consegnare nuove
mattonelle, non viziate, e a versare al sig. Wittmer la
somma di EUR 2 122,37 per la rimozione e lo smaltimento
delle mattonelle non conformi e, per altro verso, ha
respinto la domanda quanto al resto.
19 Avverso
tale sentenza dell’Oberlandesgericht Frankfurt la Gebr.
Weber ha proposto ricorso per cassazione («Revision»)
dinanzi al Bundesgerichtshof, il quale afferma che la
sua decisione dipenderà dalla questione se il giudice
d’appello abbia correttamente dichiarato che il
sig. Wittmer poteva chiedere il rimborso delle spese di
rimozione delle mattonelle difettose. Dal momento che il
sig. Wittmer non sarebbe titolato ad ottenere un
siffatto rimborso in base al diritto tedesco, la
soluzione di tale questione dipenderebbe
dall’interpretazione dell’art. 3, nn. 2 e 3, terzo
comma, della direttiva, in conformità alla quale
dovrebbe eventualmente interpretarsi l’art. 439 del BGB.
20 Il
Bundesgerichtshof osserva in proposito che dall’impiego
del termine «sostituzione» all’art. 3, n. 2, della
direttiva potrebbe dedursi l’esistenza di un obbligo non
solo di consegnare un bene conforme, ma anche di
sostituire il bene difettoso e quindi di procedere alla
sua rimozione. Inoltre, l’obbligo di tener conto della
natura e dello scopo del bene, di cui al citato art. 3,
n. 3, associato all’obbligo di ripristino della
conformità dello stesso potrebbe far pensare che
l’obbligo del venditore, nell’ambito della sostituzione
del bene, comprenda non solo la consegna di un bene
conforme, ma anche la rimozione del bene difettoso per
consentire un uso del bene sostitutivo conforme alla
natura e allo scopo di quest’ultimo.
21 Il
Bundesgerichtshof rileva che non sarebbe tuttavia
necessario risolvere tale questione qualora la Gebr.
Weber potesse validamente negare il rimborso delle spese
di rimozione delle mattonelle non conformi in quanto
sproporzionate. Tale giudice spiega che, ai sensi
dell’art. 439, n. 3, del BGB, il venditore può rifiutare
la modalità di adempimento successivo scelta
dall’acquirente non solo quando tale modalità di
adempimento gli imponga costi sproporzionati rispetto
all’altra modalità di adempimento («sproporzione
relativa»), ma anche quando il costo della modalità
scelta dell’acquirente, ancorché l’unica possibile, sia
intrinsecamente sproporzionata («sproporzione
assoluta»). Nella fattispecie, la richiesta di
adempimento successivo mediante consegna di mattonelle
conformi rappresenterebbe un caso di «sproporzione
assoluta», poiché imporrebbe alla Gebr. Weber di
sostenere, oltre al costo di tale consegna, stimato pari
a EUR 1 200, anche le spese di rimozione delle
mattonelle non conformi per un importo di EUR 2 100,
vale a dire un importo totale di EUR 3 300, che eccede
il limite del 150% del valore del bene privo di vizi,
sulla cui base viene valutata a priori la
proporzionalità di una siffatta domanda.
22 Il
Bundesgerichtshof ritiene, tuttavia, che la possibilità
conferita dal diritto nazionale al venditore di
rifiutare l’adempimento successivo in ragione di una
siffatta sproporzione assoluta dei suoi costi potrebbe
essere incompatibile con l’art. 3, n. 3, della
direttiva, il quale, nella sua formulazione, sembra
riferirsi unicamente alla sproporzione relativa. Non si
potrebbe tuttavia escludere che un rifiuto fondato su
una sproporzione assoluta rientri nell’ambito della
nozione di «impossibilità» di cui allo stesso art. 3,
n. 3, non potendosi presumere che la direttiva contempli
esclusivamente i casi di impossibilità materiale e che
intenda imporre al venditore un adempimento successivo
irragionevole sotto il profilo economico.
23 Stando
così le cose, il Bundesgerichtshof ha deciso di
sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le
seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se le disposizioni dell’art. 3, n. 3, primo e
secondo comma, della direttiva (...) debbano essere
interpretate nel senso che ostano ad una normativa
nazionale in base alla quale, in caso di difetto di
conformità del bene consegnato, il venditore può
rifiutare il rimedio preteso dal consumatore,
segnatamente, qualora esso gli imponga costi
irragionevoli (assolutamente sproporzionati) tenendo
conto del valore che il bene avrebbe se non vi fosse
difetto di conformità e dell’entità del difetto di
conformità.
2) In caso di soluzione affermativa della prima
questione, se le disposizioni dell’art. 3, nn. 2 e 3,
terzo comma, della direttiva (...) debbano essere
interpretate nel senso che, in caso di ripristino della
conformità del bene mediante sostituzione, il venditore
deve sopportare le spese relative alla rimozione del
bene non conforme dal luogo in cui il consumatore lo
aveva installato, conformemente alla sua natura ed
all’uso previsto».
Causa C‑87/09
24 La
sig. ra Putz e la Medianess Electronics hanno stipulato
via Internet un contratto di vendita avente ad oggetto
una lavastoviglie nuova avente un prezzo di EUR 367, cui
si aggiungono spese di consegna per un totale di
EUR 9,52. Le parti hanno pattuito che tale bene sarebbe
stato consegnato davanti alla porta d’ingresso del
domicilio della sig.ra Putz. La consegna della
lavastoviglie e il pagamento del prezzo sono avvenuti
con le modalità concordate.
25 Dopo
che la sig.ra Putz ha fatto installare la lavastoviglie
presso il proprio domicilio, è risultato che essa era
difettosa e impossibile da riparare, senza che ciò
potesse essere dovuto alle operazioni di installazione.
26 Le
parti hanno quindi concordato di sostituire la
lavastoviglie stessa. In tal senso la sig.ra Putz ha
preteso dalla Medianess Electronics non solo la consegna
di una nuova lavastoviglie, ma anche la rimozione
dell’apparecchio difettoso e l’installazione
dell’apparecchio sostitutivo, oppure il pagamento delle
spese di rimozione e di reinstallazione, pretesa che è
stata rifiutata da tale società. Poiché la Medianess
Electronics non ha reagito alla diffida indirizzatale
dalla sig.ra Putz, quest’ultima ha risolto il contratto
di vendita.
27 La
sig.ra Putz ha quindi citato in giudizio la Medianess
Electronics dinanzi all’Amtsgericht Schorndorf per
ottenere il rimborso del prezzo di vendita a fronte
della restituzione della lavastoviglie difettosa.
28 La
decisione di rinvio precisa che, secondo il diritto
tedesco, la validità della risoluzione del contratto di
vendita dipende dalla questione se la sig.ra Putz abbia
inutilmente fissato alla Medianess Electronics un
termine utile ai fini dell’adempimento successivo del
contratto, limitandosi ad esigere ciò che le era da
questa dovuto. Sarebbe pertanto necessario, ai fini
della soluzione della controversia, stabilire se la
sig.ra Putz avesse il diritto di pretendere che la
Medianess Electronics procedesse alla rimozione
dell’apparecchio difettoso e installasse il nuovo,
ovvero che si facesse carico delle spese riguardanti
tali operazioni.
29 L’Amtsgericht
Schorndorf rileva a tal proposito che il diritto tedesco
non prevede alcun obbligo, per il venditore incolpevole,
di farsi carico della rimozione del bene difettoso o
dell’installazione del bene sostitutivo, neppure
nell’ipotesi in cui il consumatore abbia già installato
il bene difettoso conformemente alla sua destinazione
prima della comparsa del difetto. Esso ritiene tuttavia
che un siffatto obbligo potrebbe derivare dalla
direttiva, in quanto essa mira a garantire un livello
elevato di protezione dei consumatori e in quanto
prevede, al suo art. 3, n. 3, terzo comma, che le
sostituzioni debbano essere effettuate senza notevoli
inconvenienti per il consumatore.
30 Tale
giudice rileva che l’acquirente, se non ottiene il
rimborso delle spese di installazione del bene
sostitutivo, è tenuto a sopportare due volte tali spese,
vale a dire, una prima volta, per l’installazione del
bene difettoso e, una seconda volta, per quella del bene
sostitutivo. Orbene, se la consegna fosse stata conforme
agli accordi contrattuali, egli avrebbe dovuto
sopportare tali spese un’unica volta. L’Amtsgericht
Schorndorf ritiene senza dubbio ammissibile l’ipotesi
che il venditore sia tenuto a farsi carico
dell’installazione del bene sostitutivo esclusivamente
in caso di colpa. Tuttavia, la circostanza che al
consumatore non sia imputabile alcuna colpa e che il
difetto sia imputabile al venditore, anziché al
consumatore, giustificherebbe il riconoscimento, in
favore di quest’ultimo, di un diritto indipendente dalla
colpa del venditore, il quale potrebbe tra l’altro
rivalersi più facilmente nei confronti del produttore.
31 Per
quanto concerne la rimozione del bene difettoso, il
giudice del rinvio constata che la conformità al
contratto non solo comprende la consegna di un bene
esente da vizi, ma esclude altresì che un bene difettoso
permanga presso il domicilio dell’acquirente, il che
deporrebbe a favore di un’interpretazione secondo cui
spetterebbe al venditore rimuovere un bene siffatto.
Inoltre, la circostanza che un bene difettoso permanga
presso il domicilio del consumatore potrebbe
rappresentare, per quest’ultimo, un notevole
inconveniente. Infine, il termine «sostituzione», cui fa
riferimento l’art. 3 della direttiva, sembrerebbe
indicare che l’obbligo del venditore non si limita alla
semplice consegna di un bene sostitutivo esente da
difetti, ma gli impone di sostituire quest’ultimo al
bene difettoso.
32 Sulla
scorta di tali considerazioni, l’Amtsgericht Schorndorf
ha disposto la sospensione del procedimento ed ha
sottoposto alla Corte le seguenti questioni
pregiudiziali:
«1) Se le disposizioni di cui all’art. 3, nn. 2 e
3, terzo comma, della direttiva (...) debbano essere
interpretate nel senso che ostano ad una normativa
nazionale che stabilisce che il venditore, in caso di
ripristino della conformità del bene mediante
sostituzione, non è tenuto a sostenere le spese di
installazione del prodotto sostitutivo nel luogo in cui
il consumatore ha installato il bene non conforme,
tenendo conto della sua natura e dell’uso previsto, se
inizialmente, in forza del contratto, l’installazione
non era dovuta.
2) Se le disposizioni di cui all’art. 3, nn. 2 e 3,
terzo comma, della direttiva (...) debbano essere
interpretate nel senso che, in caso di ripristino della
conformità del prodotto di consumo mediante
sostituzione, il venditore deve sostenere le spese di
rimozione del prodotto non conforme dal luogo in cui il
consumatore lo ha installato tenendo conto della sua
natura e dell’uso previsto».
Sulla riunione dei procedimenti
33 Alla
luce della connessione dei procedimenti C‑65/09 e
C‑87/09, gli stessi, ai sensi del combinato disposto
degli artt. 43 e 103 del regolamento di procedura,
devono essere riuniti ai fini della sentenza.
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilità delle questioni nella causa
C‑65/09
34 La
Gebr. Weber sostiene che le due questioni poste nella
causa C‑65/09 sono irricevibili. La prima questione
sarebbe di natura teorica, poiché la sua soluzione non
sarebbe rilevante ai fini della soluzione della causa
principale. Il diritto tedesco non imporrebbe infatti al
venditore incolpevole l’obbligo di procedere alla
rimozione del bene non conforme, sicché la domanda di
rimborso del costo di tale rimozione dovrebbe essere
respinta a prescindere dall’importo delle spese ad essa
afferenti. L’irricevibilità della prima questione
comporterebbe inoltre l’irricevibilità della seconda
questione, dal momento che il giudice del rinvio avrebbe
subordinato quest’ultima ad una risposta affermativa
alla prima questione.
35 A
tal proposito occorre ricordare che, nell’ambito di un
procedimento ex art. 267 TFUE, basato sulla netta
separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la
Corte, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è
stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la
responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale,
valutare, alla luce delle particolari circostanze della
causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale
per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia
la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte.
Di conseguenza, dal momento che le questioni sollevate
dal giudice nazionale vertono sull’interpretazione del
diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è
tenuta a statuire (v., in particolare, sentenze
22 giugno 2006, causa C‑419/04, Conseil général de la
Vienne, Racc. pag. I‑5645, punto 19; 18 luglio 2007,
causa C‑119/05, Lucchini, Racc. pag. I‑6199, punto 43, e
17 febbraio 2011, causa C‑52/09, TeliaSonera, non ancora
pubblicata nella Raccolta, punto 15).
36 Il
rifiuto di statuire su una questione pregiudiziale
sollevata da un giudice nazionale è infatti possibile
solo qualora risulti manifestamente che la richiesta
interpretazione del diritto comunitario non ha alcuna
relazione con i reali termini o l’oggetto della causa
principale, qualora il problema sia di natura teorica,
oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di
fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione
utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in
particolare, citate sentenze Conseil général de la
Vienne, punto 20; Lucchini, punto 44, e TeliaSonera,
punto 16).
37 Orbene,
è giocoforza constatare che, nella fattispecie, non
ricorre tale ipotesi.
38 Con
le sue questioni, infatti, il Bundesgerichtshof chiede
un’interpretazione della direttiva proprio al fine di
poter stabilire se il diritto nazionale sia compatibile
con la stessa, poiché tale diritto, per un verso, non
obbliga il venditore a farsi carico delle spese di
rimozione del bene non conforme e, per altro verso,
offre a quest’ultimo la possibilità di rifiutare la
consegna di un bene sostitutivo qualora tale consegna
comporti, proprio in ragione di tali spese, costi
sproporzionati. Emerge inoltre dalla decisione di rinvio
che la soluzione a tali questioni è decisiva per l’esito
della causa principale, dal momento che il
Bundesgerichtshof afferma di poter eventualmente
interpretare tale diritto in conformità alla direttiva.
L’ordine in cui le questioni vengono poste è irrilevante
in tale contesto. A tale ultimo proposito si deve
altresì rilevare che la stessa Gebr. Weber ha affermato,
nelle sue osservazioni sul merito, che, per poter
risolvere la prima questione, era necessario individuare
l’ampiezza dell’obbligo di sostituzione del bene non
conforme derivante dall’art. 3, n. 3, della direttiva, e
pertanto ottenere una soluzione alla seconda questione,
suggerendo di esaminare tale questione per prima.
39 L’eccezione
di irricevibilità sollevata dalla Gebr. Weber dev’essere
di conseguenza respinta.
Sull’obbligo, per il venditore, di farsi carico
della rimozione del bene non conforme e
dell’installazione del bene sostitutivo
40 Con
la seconda questione nella causa C‑65/09, nonché con la
prima e la seconda questione nella causa C‑87/09, che
andranno esaminate congiuntamente, i giudici del rinvio
chiedono se l’art. 3, nn. 2 e 3, terzo comma, della
direttiva debba essere interpretato nel senso che,
quando un bene di consumo non conforme, che, prima della
comparsa del difetto, sia stato installato dal
consumatore tenendo conto della sua natura e dell’uso
previsto, sia reso conforme mediante sostituzione, il
venditore è tenuto a procedere egli stesso alla
rimozione di tale bene dal luogo in cui è stato
installato e a installarvi il bene sostitutivo, ovvero a
sostenere le spese relative a tale rimozione e
all’installazione del bene sostitutivo, nonostante il
contratto di vendita non prevedesse l’obbligo, per il
venditore, di installare il bene di consumo inizialmente
acquistato.
41 La
Gebr. Weber nonché i governi tedesco, belga e austriaco
ritengono che tali questioni debbano essere risolte
negativamente. A loro avviso, il termine «sostituzione»
di cui all’art. 3, n. 2, primo comma, della direttiva si
riferisce unicamente alla consegna di un bene conforme
al contratto di vendita e tale articolo non può di
conseguenza imporre al venditore obblighi non previsti
dal contratto stesso. Simili obblighi di rimozione del
bene difettoso e di installazione di un bene sostitutivo
non deriverebbero neppure dal citato art. 3, nn. 3 e 4,
secondo cui la sostituzione deve avvenire «senza spese»
e «senza notevoli inconvenienti per il consumatore».
Tali condizioni si riferirebbero infatti alla sola
consegna del bene sostitutivo e non avrebbero lo scopo
di imporre al venditore obblighi che esulano dal citato
contratto, né di tutelare il consumatore dalle spese e
dagli inconvenienti che derivino dall’uso che egli ha
fatto, sotto la propria responsabilità, del bene non
conforme. Pertanto, i danni subiti dal consumatore in
ragione dell’installazione del bene difettoso non
rientrerebbero nell’ambito d’applicazione della
direttiva, ma dovrebbero essere fatti valere,
eventualmente, sulla base del diritto nazionale
applicabile in materia di responsabilità contrattuale.
42 I
governi spagnolo e polacco nonché la Commissione
sostengono la tesi opposta. Il governo spagnolo ritiene
che il venditore debba farsi carico di tutte le spese
connesse alla sostituzione del bene difettoso, ivi
comprese le spese di rimozione del bene stesso e le
spese di installazione del bene sostitutivo, dato che in
caso contrario il consumatore dovrebbe sopportare due
volte tali spese, circostanza che sarebbe incompatibile
con il livello elevato di protezione voluto dalla
direttiva. Il governo polacco sottolinea come lo scopo
perseguito dall’art. 3, nn. 3 e 4, di quest’ultima
consista nel garantire che il consumatore non sostenga
alcuna spesa per l’attuazione delle misure di tutela
giuridica previste in primis dalla direttiva, vale a
dire la riparazione o la sostituzione del bene non
conforme. Ad avviso della Commissione, il parallelismo
instaurato dall’art. 3, nn. 2 e 3, della direttiva tra
le due modalità di ripristino della conformità del bene
non conforme permette di ritenere che la sostituzione,
proprio come la riparazione, abbia ad oggetto il bene
nella situazione in cui si trova quando si manifesta il
difetto di conformità. Se il bene non conforme è già
stato installato, tenendo conto della sua natura e
dell’uso previsto, è in questa situazione che ne dovrà
essere ripristinata la conformità. La sostituzione
dovrebbe pertanto avvenire in maniera tale che il nuovo
bene sia posto nella stessa situazione in cui si trovava
il bene difettoso. Inoltre, la circostanza che il
consumatore debba trattenere il bene non conforme, in
mancanza di sua rimozione da parte del venditore, e non
possa utilizzare il bene sostitutivo, in quanto
quest’ultimo non è stato installato, rappresenterebbe un
«notevol[e] inconvenient[e] per il consumatore» ai sensi
del citato art. 3, n. 3.
43 In
via preliminare occorre ricordare che, ai sensi
dell’art. 3, n. 1, della direttiva, il venditore
risponde, nei confronti del consumatore, di qualsiasi
difetto di conformità esistente al momento della
consegna del bene.
44 L’art. 3,
n. 2, della direttiva elenca i diritti che il
consumatore può far valere nei confronti del venditore
in caso di difetto di conformità del bene consegnato. In
un primo tempo, il consumatore ha il diritto di esigere
il ripristino della conformità del bene. Ove non sia
possibile ottenere tale ripristino della conformità del
bene, il consumatore può esigere, in seconda battuta,
una riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto.
45 Quanto
al ripristino della conformità del bene, l’art. 3, n. 3,
della direttiva precisa che il consumatore ha il diritto
di esigere dal venditore la riparazione del bene o la
sua sostituzione, in entrambi i casi senza spese, a meno
che la sua richiesta non sia impossibile da soddisfare o
sproporzionata.
46 La
Corte ha già avuto modo di rilevare che risulta quindi
sia dal tenore letterale dell’art. 3 della direttiva,
sia dai pertinenti lavori preparatori di quest’ultima
che il legislatore dell’Unione ha inteso fare della
gratuità del ripristino della conformità del bene da
parte del venditore un elemento essenziale della tutela
garantita al consumatore da tale direttiva. Detto
obbligo, incombente al venditore, di gratuità del
ripristino della conformità del bene, indipendentemente
dal fatto che esso venga attuato mediante riparazione o
sostituzione del bene non conforme, mira a tutelare il
consumatore dal rischio di oneri finanziari che potrebbe
dissuadere il consumatore stesso dal far valere i propri
diritti in caso di assenza di una tutela di questo tipo
(v. sentenza 17 aprile 2008, causa C‑404/06, Quelle,
Racc. pag. 2685, punti 33 e 34).
47 Orbene,
si deve necessariamente rilevare che, se il consumatore,
in caso di sostituzione di un bene non conforme, non
potesse chiedere al venditore di farsi carico della sua
rimozione dal luogo in cui egli lo aveva installato,
tenendo conto della sua natura e dell’uso previsto, e
dell’installazione nello stesso luogo del bene
sostitutivo, tale sostituzione gli cagionerebbe oneri
finanziari supplementari che non avrebbe dovuto
sostenere qualora il venditore avesse correttamente
eseguito il contratto di vendita. Infatti, se
quest’ultimo avesse fin da subito consegnato un bene
conforme al contratto stesso, il consumatore avrebbe
sostenuto un’unica volta le spese di installazione e non
avrebbe dovuto sostenere le spese di rimozione del bene
difettoso.
48 Se
si interpretasse l’art. 3 della direttiva nel senso che
questo non obbliga il venditore a farsi carico della
rimozione del bene non conforme e dell’installazione del
bene sostitutivo, si avrebbe la conseguenza che il
consumatore, per poter esercitare i diritti
attribuitigli da tale articolo, dovrebbe sopportare tali
spese aggiuntive derivanti dalla consegna, da parte del
venditore, di un bene non conforme.
49 In
tale evenienza la sostituzione del bene stesso non
sarebbe effettuata, contrariamente a quanto previsto
dall’art. 3, nn. 2 e 3, della direttiva, senza spese per
il consumatore.
50 È
certo vero che le spese di rimozione del bene non
conforme e di installazione del bene sostitutivo non
figurano tra quelle esplicitamente elencate dall’art. 3,
n. 4, della direttiva, che definisce l’espressione
«senza spese» come riferita «ai costi necessari per
rendere conformi i beni, in particolar modo con
riferimento alle spese di spedizione e per la manodopera
e i materiali». La Corte ha già stabilito, tuttavia, che
dall’impiego ad opera del legislatore dell’Unione della
locuzione avverbiale «in particolar modo» risulta che
tale elenco presenta carattere esemplificativo e non
tassativo (v. citata sentenza Quelle, punto 31).
Inoltre, tali spese risultano ormai necessarie affinché
si possa procedere alla sostituzione del bene non
conforme e rappresentano pertanto «costi necessari per
rendere conformi i beni», ai sensi del citato art. 3,
n. 4.
51 Peraltro,
come rilevato dalla Commissione, risulta dall’economia
dell’art. 3, nn. 2 e 3, della direttiva che le due
modalità di ripristino della conformità indicate al
citato articolo mirano a garantire il medesimo livello
di protezione del consumatore. Orbene, è pacifico che la
riparazione di un bene non conforme si effettua
generalmente su tale bene nella situazione in cui si
trovava al momento in cui è comparso il difetto, di modo
che il consumatore non sostiene, in tal caso, alcuna
spesa di rimozione e di reinstallazione.
52 Si
deve del resto rilevare che, ai sensi dell’art. 3, n. 3,
della direttiva, la riparazione e la sostituzione di un
bene non conforme devono essere effettuate non solo
senza spese, ma anche entro un lasso di tempo
ragionevole e senza notevoli inconvenienti per il
consumatore. Questo triplice requisito è l’espressione
della manifesta volontà del legislatore dell’Unione di
garantire al consumatore una tutela effettiva (v., in
tal senso, sentenza Quelle, citata, punto 35).
53 Alla
luce di tale volontà del legislatore, l’espressione
«senza notevoli inconvenienti per il consumatore», che
compare all’art. 3, n. 3, terzo comma, della direttiva,
non può essere oggetto dell’interpretazione restrittiva
proposta dai governi tedesco, belga e austriaco.
Difatti, è fuor di dubbio che la circostanza che il bene
non conforme non venga rimosso e che il bene sostitutivo
non venga installato dal venditore può rappresentare un
notevole inconveniente per il consumatore, segnatamente
in situazioni quali quelle delle cause principali in
cui, per poter essere utilizzato in conformità alla sua
destinazione abituale, il bene sostitutivo deve
anzitutto essere installato, il che richiede la previa
rimozione del bene non conforme. Oltretutto, il citato
art. 3, n. 3, terzo comma, dispone esplicitamente che si
deve tener conto «della natura del bene e dello scopo
per il quale il consumatore ha voluto il bene».
54 Per
quanto riguarda il termine «sostituzione», si deve
rilevare che la sua esatta portata varia nelle diverse
versioni linguistiche. Mentre in alcune di tali
versioni, quali quelle in lingua spagnola
(«sustitución»), inglese («replacement»), francese
(«remplacement»), italiana («sostituzione»), olandese
(«vervanging») e portoghese («substituição»), tale
termine si riferisce all’operazione nel suo complesso,
all’esito della quale il bene non conforme deve essere
effettivamente «sostituito», obbligando quindi il
venditore a porre in essere tutto ciò che è necessario
per ottenere tale risultato, altre versioni
linguistiche, segnatamente quella in lingua tedesca
(«Ersatzlieferung»), potrebbero suggerire una lettura
leggermente più ristretta. Tuttavia, come rilevato dai
giudici remittenti, anche in quest’ultima versione
linguistica detto termine non si limita alla semplice
consegna di un bene sostitutivo e potrebbe, al
contrario, indicare l’esistenza di un obbligo di
effettuare la sostituzione dello stesso al bene non
conforme.
55 Inoltre,
un’interpretazione dell’art. 3, nn. 2 e 3, della
direttiva nel senso che quest’ultimo impone al
venditore, in caso di sostituzione di un bene non
conforme, di farsi carico della rimozione del bene
stesso dal luogo in cui il consumatore l’aveva
installato tenendo conto della sua natura e dell’uso
previsto, prima della comparsa del difetto, e
dell’installazione del bene sostitutivo corrisponde alla
finalità della direttiva che, come precisato dal suo
primo ‘considerando’, consiste nel garantire un livello
elevato di protezione dei consumatori.
56 Deve
rilevarsi, in tale contesto, che una siffatta
interpretazione non conduce neppure ad un risultato
iniquo. Infatti, anche nell’ipotesi in cui la non
conformità del bene non sia ascrivibile ad una colpa del
venditore, resta il fatto che, consegnando un bene non
conforme, questi non ha correttamente eseguito l’obbligo
che aveva assunto in forza del contratto di vendita e
deve quindi farsi carico delle conseguenze dell’inesatta
esecuzione dello stesso. Il consumatore ha invece, da
parte sua, versato il prezzo di vendita, eseguendo
quindi correttamente il proprio obbligo contrattuale
(v., in tal senso, citata sentenza Quelle, punto 41).
Inoltre, il fatto che il consumatore, fiducioso nella
conformità del bene consegnato, abbia installato in
buona fede il bene difettoso tenendo conto della natura
del bene e dell’uso previsto, prima della comparsa del
difetto, non può rappresentare una colpa da ascriversi
al consumatore stesso.
57 Pertanto,
in una situazione in cui nessuna delle due parti
contrattuali ha agito colpevolmente, è legittimo porre a
carico del venditore le spese di rimozione del bene non
conforme e di installazione del bene sostitutivo, dal
momento che tali spese supplementari, per un verso,
sarebbero state evitate qualora il venditore avesse fin
da subito eseguito correttamente i propri obblighi
contrattuali e, per altro verso, esse sono ormai
necessarie per procedere al ripristino della conformità
del bene.
58 Del
resto, gli interessi finanziari del venditore sono
tutelati non solo dal termine di prescrizione di due
anni previsto dall’art. 5, n. 1, della direttiva e dalla
possibilità che gli è concessa dall’art. 3, n. 3,
secondo comma, di quest’ultima di rifiutare la
sostituzione del bene nel caso in cui tale rimedio si
riveli sproporzionato in quanto gli impone spese
irragionevoli (v. sentenza Quelle, citata, punto 42), ma
anche dal diritto, riaffermato dall’art. 4 della
direttiva, di proporre un’azione di regresso nei
confronti dei responsabili nella stessa catena
contrattuale. Il fatto che la direttiva ponga a carico
del venditore la responsabilità, nei confronti del
consumatore, di qualsiasi difetto di conformità
esistente al momento della consegna del bene (v.
sentenza Quelle, citata, punto 40) è in tal modo
compensato dal fatto che il venditore può rivalersi,
secondo le norme del diritto nazionale applicabili, nei
confronti del produttore, di un precedente venditore
nella stessa catena contrattuale o di qualsiasi altro
intermediario.
59 Tale
interpretazione dell’art. 3, nn. 2 e 3, della direttiva
è indipendente dal fatto che il venditore fosse tenuto o
meno, in base al contratto di vendita, ad installare il
bene consegnato. Infatti, se è vero che il contratto di
vendita determina, ai sensi dell’art. 2 della direttiva,
la conformità di tale bene e quindi, segnatamente, ciò
che rappresenta un difetto di conformità, resta il fatto
che, in caso di esistenza di un simile difetto, gli
obblighi del venditore derivanti dall’inesatta
esecuzione del contratto stesso derivano non solo da
quest’ultimo, ma soprattutto dalle norme relative alla
tutela dei consumatori e, in particolare, dall’art. 3
della direttiva, che impongono obblighi la cui portata è
indipendente dalle pattuizioni di cui al contratto
stesso e che possono eventualmente eccedere quelli ivi
previsti.
60 I
diritti in tal modo conferiti ai consumatori dall’art. 3
della direttiva, che mirano non tanto a porre questi
ultimi in una posizione più favorevole rispetto a quella
che avrebbero potuto esigere in base al contratto di
vendita, quanto piuttosto, semplicemente, a ristabilire
la situazione che si sarebbe verificata qualora il
venditore avesse fin da subito consegnato un bene
conforme, presentano, in applicazione dell’art. 7 della
direttiva, carattere imperativo per il venditore.
Risulta peraltro dall’art. 8, n. 2, della direttiva che
la protezione offerta da quest’ultima costituisce una
garanzia minima e che gli Stati membri, pur potendo
adottare disposizioni più rigorose, non possono
pregiudicare le garanzie previste dal legislatore
dell’Unione (v. sentenza Quelle, citata, punto 36).
61 Infine,
nell’ipotesi in cui il venditore non proceda egli stesso
alla rimozione del bene non conforme e all’installazione
del bene sostitutivo, spetta al giudice nazionale
stabilire quali siano le spese necessarie per la
rimozione e l’installazione in parola, spese di cui il
consumatore può esigere il rimborso.
62 Da
tutte le considerazioni che precedono risulta che
l’art. 3, nn. 2 e 3, della direttiva deve essere
interpretato nel senso che, quando un bene di consumo
non conforme, che prima della comparsa del difetto sia
stato installato in buona fede dal consumatore tenendo
conto della sua natura e dell’uso previsto, sia reso
conforme mediante sostituzione, il venditore è tenuto a
procedere egli stesso alla rimozione di tale bene dal
luogo in cui è stato installato e ad installarvi il bene
sostitutivo, ovvero a sostenere le spese necessarie per
tale rimozione e per l’installazione del bene
sostitutivo. Tale obbligo del venditore sussiste a
prescindere dal fatto che egli fosse tenuto o meno, in
base al contratto di vendita, ad installare il bene di
consumo inizialmente acquistato.
Sulla facoltà, per il venditore, di rifiutare di
farsi carico di spese sproporzionate per la rimozione
del bene difettoso e per l’installazione del bene
sostitutivo
63 Con
la prima questione nella causa C‑65/09, il giudice
remittente chiede in sostanza se l’art. 3, n. 3, primo e
secondo comma, della direttiva debba essere interpretato
nel senso che esso osta al fatto che il venditore possa
rifiutare, in base al diritto nazionale, la sostituzione
del bene non conforme in quanto tale sostituzione gli
imponga, in ragione dell’obbligo di procedere alla
rimozione del bene stesso dal luogo in cui è stato
installato e di installarvi il bene sostitutivo, spese
sproporzionate rispetto all’entità del valore che il
bene avrebbe se fosse conforme e del difetto di
conformità.
64 La
Gebr. Weber nonché i governi tedesco e austriaco
propongono di risolvere negativamente tale questione. La
direttiva non potrebbe, infatti, mirare ad imporre al
venditore l’esborso di spese economicamente
irragionevoli nel caso in cui esista un unico rimedio.
Inoltre, il tenore letterale di tale art. 3, n. 3, non
fornirebbe alcuna indicazione in merito a un simile
caso. Oltretutto, alla luce dell’economia dell’articolo
citato si dovrebbe a maggior ragione ricorrere, in un
caso siffatto, ai criteri enunciati al suo n. 3, secondo
comma, la cui elencazione non sarebbe tassativa.
Peraltro, pur essendo certo impossibile effettuare il
confronto con i costi derivanti da un rimedio
alternativo, un’eventuale sproporzione potrebbe
nondimeno essere soppesata facendo ricorso agli altri
criteri elencati nel comma citato. Quantomeno, alla luce
della finalità di tale disposizione, intesa a tutelare
il venditore da inconvenienti economici irragionevoli,
si dovrebbe fornire un’interpretazione della stessa che
garantisca una tutela siffatta anche in assenza di un
rimedio alternativo.
65 Per
contro, i governi belga, spagnolo e polacco nonché la
Commissione chiedono che la questione sia risolta
affermativamente. Essi rilevano che dalla lettera
dell’art. 3, n. 3, secondo comma, della direttiva emerge
chiaramente che quest’ultimo si riferisce unicamente
alla sproporzione relativa, il che sarebbe peraltro
confermato dall’undicesimo ‘considerando’ della
direttiva. L’obiettivo di tale disposizione sarebbe di
evitare che il consumatore possa abusare dei propri
diritti esigendo dal venditore una modalità di
ripristino della conformità qualora l’altra modalità
risultasse meno onerosa per il venditore e conducesse
allo stesso risultato. Orbene, mentre le due modalità di
ripristino della conformità mirerebbero a garantire gli
stessi interessi del consumatore, vale a dire
l’esecuzione degli obblighi contrattuali e la
possibilità di disporre di un bene conforme, le modalità
sussidiarie consistenti nella riduzione del prezzo o
nella risoluzione del contratto non consentirebbero di
preservare quegli stessi interessi. Qualora il venditore
potesse negare l’unico rimedio possibile in ragione
della sproporzione assoluta dello stesso, il consumatore
disporrebbe unicamente delle citate modalità
sussidiarie, in contrasto con l’economia del citato
art. 3, che stabilisce una priorità in favore del
mantenimento della reciprocità degli obblighi derivanti
dal contratto di vendita, nonché con la finalità della
direttiva, consistente nel garantire un livello elevato
di protezione del consumatore. La Commissione aggiunge,
tuttavia, che non può escludersi che taluni casi
estremi, ove l’unico rimedio possibile implichi un costo
notevolmente sproporzionato rispetto all’interesse del
consumatore ad essere risarcito, costituiscano ipotesi
di impossibilità ai sensi dell’art. 3, n. 3, primo
comma, della direttiva.
66 Occorre
rammentare in proposito che, ai sensi dell’art. 3, n. 3,
primo comma, della direttiva, il consumatore ha il
diritto in prima battuta di esigere dal venditore la
riparazione del bene o la sua sostituzione, in entrambi
i casi senza spese, salvo che ciò sia impossibile o
sproporzionato.
67 Il
citato art. 3, n. 3, secondo comma, precisa che un
rimedio è da considerare sproporzionato se impone al
venditore spese irragionevoli in confronto all’altro
rimedio, tenendo conto del valore che il bene avrebbe se
non vi fosse difetto di conformità, dell’entità del
difetto di conformità e dell’eventualità che il rimedio
alternativo possa essere esperito senza notevoli
inconvenienti per il consumatore.
68 Si
deve necessariamente rilevare che, benché l’art. 3,
n. 3, primo comma, della direttiva sia formulato, in
linea di principio, in termini sufficientemente ampi da
poter comprendere altresì casi di sproporzione assoluta,
il citato art. 3, n. 3, secondo comma, definisce il
termine «sproporzionato» con esclusivo riferimento
all’altro rimedio, limitando in tal modo lo stesso ai
casi di sproporzione relativa. Risulta peraltro
chiaramente dal tenore letterale e dall’economia
dell’art. 3, n. 3, della direttiva che esso si riferisce
ai due rimedi previsti in primis, vale a dire la
riparazione o la sostituzione del bene non conforme.
69 Tali
rilievi sono avvalorati dall’undicesimo ‘considerando’
della direttiva, il quale afferma che un rimedio è
sproporzionato se impone costi irragionevoli rispetto a
un altro rimedio e che, per stabilire se i costi sono
irragionevoli, bisogna che i costi di un rimedio siano
notevolmente più elevati di quelli dell’altro rimedio.
70 Se
è certo vero, come affermano la Gebr. Weber e il governo
tedesco, che talune versioni linguistiche di detto
undicesimo ‘considerando’, tra cui segnatamente quella
in lingua tedesca, sono in una certa misura ambigue ove
si riferiscono agli «altri rimedi», al plurale,
nondimeno un gran numero di versioni linguistiche, quali
quelle in lingua inglese, francese, italiana, olandese e
portoghese, non lasciano alcun dubbio sul fatto che il
legislatore ha inteso riferirsi in tale ‘considerando’,
proprio come nell’art. 3, n. 3, della direttiva,
formulato al singolare in tutte le citate versioni
linguistiche, ivi inclusa quella in lingua tedesca,
esclusivamente all’altro rimedio previsto in primis da
tale disposizione, vale a dire la riparazione del bene
non conforme o la sua sostituzione.
71 Risulta
pertanto che il legislatore dell’Unione ha inteso
attribuire al venditore il diritto di rifiutare la
riparazione o la sostituzione del bene difettoso
unicamente in caso di impossibilità o di sproporzione
relativa. Nell’ipotesi in cui uno solo di tali due
rimedi sia esperibile, il venditore non può quindi
rifiutare l’unico rimedio che consenta di ripristinare
la conformità del bene al contratto.
72 Tale
scelta effettuata dal legislatore dell’Unione
all’art. 3, n. 3, secondo comma, della direttiva si
basa, come rilevato dai governi belga e polacco nonché
dalla Commissione, sul fatto che la direttiva
privilegia, nell’interesse di entrambe le parti del
contratto, l’esecuzione di quest’ultimo mediante i
rimedi previsti in primis, rispetto all’annullamento del
contratto o alla riduzione del prezzo di vendita. Tale
scelta si spiega inoltre per il fatto che, generalmente,
i due ultimi rimedi sussidiari non consentono di
garantire lo stesso livello di protezione del
consumatore garantito dal ripristino della conformità
del bene.
73 Benché
l’art. 3, n. 3, secondo comma, della direttiva osti, di
conseguenza, alla possibilità che una normativa
nazionale attribuisca al venditore il diritto di
rifiutare l’unico rimedio possibile in ragione della
sproporzione assoluta dello stesso, tale articolo
consente nondimeno un’efficace tutela dei legittimi
interessi finanziari del venditore, tutela che si
aggiunge, come rilevato al punto 58 di questa sentenza,
a quella prevista dagli artt. 4 e 5 della direttiva.
74 Occorre
rilevare in proposito che, per quanto riguarda,
segnatamente, la situazione specifica considerata dal
giudice del rinvio, nella quale la sostituzione del bene
difettoso, quale unico rimedio possibile, comporta costi
sproporzionati in ragione della necessità di rimuovere
il bene non conforme dal luogo in cui è stato installato
e di installare il bene sostitutivo, l’art. 3, n. 3,
della direttiva non osta all’eventualità che il diritto
del consumatore al rimborso delle spese di rimozione del
bene difettoso e di installazione del bene sostitutivo
sia limitato, ove necessario, ad un importo
proporzionato al valore che il bene avrebbe se fosse
conforme e all’entità del difetto di conformità.
Infatti, una limitazione siffatta lascia impregiudicato
il diritto del consumatore di chiedere la sostituzione
del bene non conforme.
75 In
tale contesto, deve sottolinearsi che il citato art. 3
mira ad istituire un giusto equilibrio tra gli interessi
del consumatore e quelli del venditore, garantendo al
primo, quale parte debole del contratto, una tutela
completa ed efficace contro un’inesatta esecuzione degli
obblighi contrattuali del venditore, pur consentendo di
tener conto delle considerazioni di carattere economico
fatte valere da quest’ultimo.
76 Nell’esaminare
se, nell’ambito della causa principale, il diritto del
consumatore al rimborso delle spese di rimozione del
bene non conforme e di installazione del bene
sostitutivo debba essere ridotto, il giudice del rinvio
dovrà quindi tener conto, per un verso, del valore che
il bene avrebbe se fosse conforme e dell’entità del
difetto di conformità nonché, per altro verso, della
finalità della direttiva che consiste nel garantire un
livello elevato di protezione dei consumatori. Pertanto,
la possibilità di procedere ad una riduzione siffatta
non può condurre, in pratica, a privare di contenuto il
diritto del consumatore al rimborso di tali spese nel
caso in cui abbia installato in buona fede il bene
difettoso, tenendo conto della sua natura e dell’uso
previsto, prima della comparsa del difetto.
77 Infine,
nell’ipotesi di una riduzione del diritto al rimborso
delle spese di cui trattasi, va attribuita al
consumatore la possibilità di esigere, in luogo della
sostituzione del bene non conforme, una congrua
riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto,
conformemente all’art. 3, n. 5, ultimo trattino, della
direttiva, posto che la circostanza che il consumatore
possa ottenere il ripristino della conformità del bene
difettoso solo sostenendo una parte di tali spese
rappresenta, per quest’ultimo, un notevole
inconveniente.
78 Da
quanto precede risulta che l’art. 3, n. 3, della
direttiva dev’essere interpretato nel senso che esso
osta ad una normativa nazionale che attribuisca al
venditore il diritto di rifiutare la sostituzione di un
bene non conforme, unico rimedio possibile, in quanto
essa gli impone, in ragione dell’obbligo di procedere
alla rimozione di tale bene dal luogo in cui è stato
installato e di installarvi il bene sostitutivo, costi
sproporzionati tenendo conto dell’entità del valore che
il bene avrebbe se fosse conforme e del difetto di
conformità. Detta disposizione non osta tuttavia a che
il diritto del consumatore al rimborso delle spese di
rimozione del bene difettoso e di installazione del bene
sostitutivo sia in tal caso limitato al versamento, da
parte del venditore, di un importo proporzionato.
Sulle spese
79 Nei
confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi
al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle
spese. Le spese sostenute da altri soggetti per
presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo
a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
1) L’art. 3, nn. 2 e 3, della direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio 25 maggio 1999,
1999/44/CE, su taluni aspetti della vendita e delle
garanzie dei beni di consumo, deve essere interpretato
nel senso che, quando un bene di consumo non conforme,
che prima della comparsa del difetto sia stato
installato in buona fede dal consumatore tenendo conto
della sua natura e dell’uso previsto, sia reso conforme
mediante sostituzione, il venditore è tenuto a procedere
egli stesso alla rimozione di tale bene dal luogo in cui
è stato installato e ad installarvi il bene sostitutivo,
ovvero a sostenere le spese necessarie per tale
rimozione e per l’installazione del bene sostitutivo.
Tale obbligo del venditore sussiste a prescindere dal
fatto che egli fosse tenuto o meno, in base al contratto
di vendita, ad installare il bene di consumo
inizialmente acquistato.
2) L’art. 3, n. 3, della direttiva 1999/44 dev’essere
interpretato nel senso che esso osta ad una normativa
nazionale che attribuisca al venditore il diritto di
rifiutare la sostituzione di un bene non conforme, unico
rimedio possibile, in quanto essa gli impone, in ragione
dell’obbligo di procedere alla rimozione di tale bene
dal luogo in cui è stato installato e di installarvi il
bene sostitutivo, costi sproporzionati tenendo conto del
valore che il bene avrebbe se fosse conforme e
dell’entità del difetto di conformità. Detta
disposizione non osta tuttavia a che il diritto del
consumatore al rimborso delle spese di rimozione del
bene difettoso e di installazione del bene sostitutivo
sia in tal caso limitato al versamento, da parte del
venditore, di un importo proporzionato.
Firme
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Lingua processuale: il tedesco.
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