Requisiti di ordine morale –
articolo 38 del codice dei contratti – sussistenza causa
di esclusione di cui alla lett. h) – se vi è
contestazione gli effetti dell’annotazione sono
congelati - gli effetti della presentazione di un
ricorso amministrativo o giurisdizionale sono
strettamente collegati all’esercizio e alla salvaguardia
dei diritti fondamentali relativi alla tutela
giurisdizionale - finché non sia emessa una decisione
definitiva il partecipante è in regola
la contestazione in giudizio della
propria esclusione per aver reso false dichiarazioni,
annotata nel Casellario, “congela” gli effetti
dell’annotazione medesima sino a quando non sia emessa
sentenza definitiva sulla questione, e che solo da tale
data ricominci a decorrere il periodo interdittivo
previsto dalla legge.
Nel nostro caso, poiché la gara di
cui si controverte è stata aggiudicata alla ricorrente
quando era già pendente il suo ricorso innanzi al Tar
del Veneto avverso la precedente esclusione per asserite
false dichiarazioni, il Collegio ritiene che C.S.C., nel
dubbio sulla sussistenza o meno della causa di
esclusione, abbia legittimamente ammesso la
controinteressata alla gara
Pare quindi al Collegio che, in
questo particolare caso (e in tutti quelli in cui le
false dichiarazioni siano contestate giudizialmente) si
debba concludere che il momento da cui decorre, per le
Stazioni Appaltanti, l’obbligo (e non solo la facoltà)
di escludere dalle gare chi le ha rese, non sia quello
dell’annotazione nel Casellario Informatico, bensì
quello della sentenza che accerta in modo definitivo la
sussistenza della causa di esclusione di cui all’art.
38, lett. h).
La giurisprudenza, sul punto, è
scarna e non univoca, dato che accanto a sentenze che
affermano la doverosità dell’esclusione in virtù - e dal
momento - della mera annotazione (e sono, va
sottolineato, la maggioranza) ve ne sono altre che fanno
decorrere l’obbligo di esclusione e il periodo
interdittivo dalla data della sentenza definitiva,
ovvero da quella dell’- eventuale - reiezione della
istanza di sospensiva (si veda, ad esempio: TAR Lazio,
n. 3836/06 e Tar Puglia- Lecce n. 1114/04).
L’applicazione pedissequa della
norma, anche a questa diversa fattispecie, finirebbe, ad
avviso del Collegio, per violare la regola che impone di
mantenere la res litigiosa integra per tutta la durata
del giudizio, regola fortemente sentita anche a livello
comunitario (si veda, sul principio, la decisione della
Corte di Giustizia del 9.2.06 in causa C-226/04, ove,
pur discutendosi di una fattispecie di esclusione
diversa - regolarità contributiva e fiscale - il giudice
comunitario così si è espresso: “la domanda del giudice
del rinvio riguarda, in ultimo luogo, gli effetti che
occorre collegare alla presentazione, da parte di un
candidato, di un ricorso amministrativo o
giurisdizionale contro le constatazioni delle autorità
competenti in materia tributaria o previdenziale, al
fine di considerare se tale candidato sia in regola con
i suoi obblighi in vista della sua ammissione a una
procedura di aggiudicazione di appalto pubblico. Occorre
considerare che il rinvio al diritto nazionale
effettuato dall’art. 29, primo comma, lett. e) e f),
della direttiva è valido anche per quanto riguarda tale
questione. Tuttavia, gli effetti della presentazione di
un ricorso amministrativo o giurisdizionale sono
strettamente collegati all’esercizio e alla salvaguardia
dei diritti fondamentali relativi alla tutela
giurisdizionale, il cui rispetto è anch’esso assicurato
dall’ordinamento giuridico comunitario. Una normativa
nazionale che ignorasse totalmente gli effetti della
presentazione di un ricorso amministrativo o
giurisdizionale sulla possibilità di partecipare ad una
procedura di aggiudicazione di appalto rischierebbe di
violare i diritti fondamentali degli interessati. Tenuto
conto di questo limite, spetta quindi all’ordinamento
giuridico nazionale determinare se la presentazione di
un ricorso amministrativo o giurisdizionale comporti
effetti che obbligano l’amministrazione aggiudicatrice a
considerare che il candidato interessato è in regola con
i suoi obblighi, finché non sia emessa una decisione
definitiva, ai fini della sua ammissione alla procedura
di aggiudicazione di appalto, a condizione che un tale
ricorso sia presentato entro il termine indicato al
punto 31 della presente sentenza”. Il punto 31 prevede
che: “tale termine può essere, in particolare, la data
limite per la presentazione della domanda di
partecipazione alla gara, la data di spedizione della
lettera di invito a presentare un’offerta, la data
limite della presentazione delle offerte dei candidati,
la data di valutazione delle offerte da parte
dell’amministrazione aggiudicatrice o, ancora, il
momento che precede immediatamente l’aggiudicazione
dell’appalto”. Per incidens, merita rilevare che il
ricorso al TAR Veneto con cui Controinteressata ha
contestato la propria esclusione dalla gara bandita
dalla Casa di Riposo Galvan è stato depositato in data
24.10.08, quindi ben prima dell’aggiudicazione
dell’appalto di cui si controverte).
6.3.2. - L’art. 38, lett. h) del
D.Lg. 163/06 disciplina unicamente l’ipotesi di
annotazione non contestata; quindi, per quanto qui
rileva, per il caso di false dichiarazioni contestate in
giudizio non vi è una norma ad hoc; ma il Giudice la può
ricavare dal sistema e dalle regole dettate dal Giudice
comunitario.
Il Collegio pertanto, aderendo ad
una tesi minoritaria, ma che appare più rispondente alle
norme processuali, ai principi comunitari e alla
giustizia sostanziale, è dell’avviso che la
contestazione in giudizio della propria esclusione per
aver reso false dichiarazioni, annotata nel Casellario,
“congeli” gli effetti dell’annotazione medesima sino a
quando non sia emessa sentenza definitiva sulla
questione, e che solo da tale data ricominci a decorrere
il periodo interdittivo previsto dalla legge.
Ne consegue altresì che solo dal
momento in cui è divenuta definitiva la sentenza del
Consiglio di Stato (che ha respinto l’appello proposto
da Controinteressata, con definitivo accertamento della
sussistenza delle false dichiarazioni), la già
effettuata annotazione sul Casellario Informatico
produrrà i suoi effetti e comporterà per
Controinteressata l’esclusione da tutte le gare per il
periodo di un anno. Si veda, sul punto: C.G.A. n.
872/08, secondo cui “l’attribuzione di una falsa
dichiarazione, proprio per le sue caratteristiche di
lesività, può essere sottoposta a giudizio. E’ evidente
che in tal caso, gli effetti interdittivi non potranno
decorrere durante l’esperimento dei mezzi
giurisdizionali, poiché in caso contrario, attesa la non
riparabilità della interdizione in ipotesi illegittima,
verrebbe meno qualsiasi tutela giurisdizionale. In tali
casi, pertanto, l’effetto non può che scaturire dal
passaggio in giudicato della sentenza che
definitivamente accerta la falsa dichiarazione”.
L’appello, che contesta
analiticamente la sentenza di rigetto, deve essere
accolto.
Riportiamo qui di seguito la
decisione numero 1193 del 24 febbraio 2011 pronunciata
dal Consiglio di Stato
N.
01193/2011REG.PROV.COLL.
N. 04412/2010
REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione
Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 4412/2010, proposto
da***
contro***
nei confronti di***
per la riforma
della sentenza del Tribunale
Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia,
Sezione I, n. 198/2010.
Visti il ricorso in appello e i
relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del
giorno 30 novembre 2010 il Cons. Marco Lipari e uditi
per le parti gli avvocati Longo e Buccellato, su delega
rispettivamente degli avv.ti De Nardis e Ramadori;
Ritenuto e considerato in fatto e
diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La sentenza impugnata ha respinto
il ricorso proposto dalla società Ricorrente s.p.a.,
attuale appellante, per l'annullamento del decreto
dell'amministratore Unico del Centro Servizi Condivisi
n. 93/2009 del 23.1.2009, con il quale erano stati
approvati i verbali e le operazioni di gara inerenti la
procedura aperta per la fornitura di ausili per
incontinenti ospedalieri, indetta con decreto del
14.10.2008, nella parte in cui il lotto 1 è stato
aggiudicato alla ditta Controinteressata.
L’appellante ripropone le censure
disattese dal TAR.
Le parti intimate resistono al
gravame.
L’appellante, ricorrente in primo
grado, espone che la società Controinteressata avrebbe
dovuto essere esclusa dal procedimento in contestazione,
ai sensi dell’articolo 38 del codice dei contratti
pubblici, in quanto, in altre precedenti gare, aveva
reso false dichiarazioni.
In particolare, nel 2005,
Controinteressata si era aggiudicata una gara per la
fornitura di ausili sanitari per incontinenti bandita
dall’A.S.L. n. 1 dell’Umbria, la quale, tuttavia, aveva
disposto la “risoluzione” del contratto, a causa di una
pretesa mancata corrispondenza tra i campioni del
materiale oggetto dell’appalto esibiti in sede di gara e
quelli effettivamente forniti.
Tale determinazione era stata
contestata da Controinteressata innanzi al Tribunale
Civile di Perugia.
Successivamente, nel 2008,
Controinteressata aveva partecipato ad un’altra gara
bandita dalla Casa di Riposo Galvan di Padova (per la
fornitura di ausili per incontinenti e altro), il cui
bando imponeva, a pena di esclusione, la dichiarazione
di “non aver subito risoluzione anticipata di contratti
da parte di committenti pubblici negli ultimi tre anni
per inadempimenti contrattuali”. Poiché non aveva
dichiarato la risoluzione del contratto con l’A.S.L. n.
1 dell’Umbria, Controinteressata era stata esclusa dalla
gara, e la sua “falsa dichiarazione” regolarmente
annotata nel Casellario Informatico dell’Osservatorio in
data 15.1.09.
Contro tale esclusione
l’interessata aveva proposto tempestivamente ricorso al
Tar del Veneto (rubricato sub n. 1914/08.
Con sentenza n. 2210/09 (confermata
in appello, con decisione del Consiglio di Stato n.
1500/2010), il TAR per il Veneto aveva accolto il
ricorso proposto contro gli atti di una procedura di
gara esentato da altra Ditta (seconda classificata) in
una ulteriore procedura di gara, stabilendo che
Controinteressata doveva essere esclusa, per avere
omesso di indicare, in sede di autodichiarazione, la
precedente risoluzione del contratto.
Il TAR, con la sentenza appellata,
ha respinto il ricorso svolgendo la seguente
motivazione.
“6.1. - Venendo al caso all’esame,
va ricordato che la norma da applicare è l’art. 38,
comma 1, lett. h) del D.Lg. 163/06, a tenore del quale
vanno esclusi dalle gare quei partecipanti che
“nell’anno antecedente la data di pubblicazione del
bando di gara hanno reso false dichiarazioni in merito
ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la
partecipazione alle procedure di gara e per
l'affidamento dei subappalti, risultanti dai dati in
possesso dell’Osservatorio”
Orbene: la procedura di gara di cui
si discute è stata indetta dal C.S.C. con atto n. 1379
del 14.10.08, la relativa aggiudicazione è intervenuta
in data 23.1.09; l’annotazione sul Casellario
dell’Osservatorio (da cui deriva l’effetto preclusivo
automatico. Si veda: C.S. n. 2836/07) risale al 15.1.09.
La giurisprudenza, in merito a questo aspetto, è
concorde nell’affermare che la Stazione Appaltante, ai
fini dell’esclusione per precedenti false dichiarazioni,
deve tener conto anche delle annotazioni eseguite in
corso di gara. In questo senso, puntualmente: C.S. n.
5532/07.
Nel caso di specie, quindi, le
false dichiarazioni che comportano esclusione, dovevano
essere state rese nell’anno precedente la pubblicazione
del bando di gara, cioè, di fatto, nel corso dell’anno
2008. E, per l’appunto, esse risultano dalla
documentazione della gara bandita dalla Casa di Riposo
Galvan il 31.7.08 e aggiudicata il 6.10.08.
Ne dovrebbe de plano conseguire
che, essendo stato definitivamente accertato in sede
giurisdizionale che Controinteressata s.p.a. ha reso, in
tale gara, false dichiarazioni, che le stesse
risultavano dai dati in possesso dell’Osservatorio e che
si riferivano ad una gara svoltasi nell’anno precedente
la pubblicazione del bando, dall’appalto di cui qui si
controverte Controinteressata (applicando letteralmente
la norma) avrebbe dovuto essere esclusa.
6.2. - Ai fini che interessano,
sono all’evidenza irrilevanti sia la circostanza che il
Giudice Penale abbia ritenuto non sussistere nella
dichiarazione della controinteressata alcun elemento di
rilevanza penale, sia la decisione del TAR Lazio n.
11089/89 (riportata da Controinteressata nella sua
ultima memoria) la quale riguarda una questione affatto
diversa (ponendo la condivisibile regola che una
pregressa violazione dei doveri professionali può essere
discrezionalmente valutata dalla S.A.), e che, quanto al
problema che qui si discute - esclusione in applicazione
dell’art. 38, comma 1, lett. h) del D.Lg. 163/06 - si
limita a ritenere la questione, in quella singola
vicenda, non rilevante, dato che sia “l’annotazione sul
casellario informatico” risalente al 15.1.09, che “la
procedura indetta dall’Istituto Galvan il 31.7.08, sono
successive allo svolgimento della gara” di cui, in
quella sede si controverteva.
6.3. - Il caso di specie, tuttavia,
presenta aspetti peculiari di cui si deve tener conto,
in quanto un’applicazione pedissequa della norma
potrebbe condurre a risultati distorti e irragionevoli.
Se, infatti l’art. 38 lett. h) può
trovare applicazione - nei termini in cui è stato
scritto - laddove l’annotazione relativa alle false
dichiarazioni rese in precedenti gare sia pacifica e
incontroversa, altrettanto, ad avviso del Collegio, non
può dirsi quando la stessa sia contestata (come in
questo caso) in sede giurisdizionale, dato che, in
siffatte evenienze, deve applicarsi la generalissima
regola per cui il tempo del giudizio non può andare a
danno di colui che lo ha proposto.
Si pensi, infatti, al caso in cui
una Ditta che ha subito l’annotazione per false
dichiarazioni (e, quindi, la sanzione dell’esclusione
dalle gare dal momento dell’annotazione stessa) ottenga,
un anno dopo, una sentenza a sé favorevole che dichiari
non esservi stata alcuna falsa dichiarazione. Essa si
troverebbe ad aver subito un non riparabile pregiudizio,
dato che avrebbe comunque scontato, ingiustamente,
l’anno di interdizione. Né avrebbe titolo ad alcun
ristoro, poichè, applicando puntualmente la norma, la
P.A., in presenza di tale annotazione, non ha alcuna
possibilità di valutare se escludere o meno
l’interessata.
6.3.1. - Come è avvenuto nel caso
presente, l’Amministrazione potrebbe tuttavia ritenere,
in base ad un suo discrezionale (non irragionevole)
giudizio, che l’annotazione che riguarda una falsa
dichiarazione contestata in sede giurisdizionale, non
fornendo alcuna certezza in merito alla sussistenza
della causa di esclusione, non inibisca la
partecipazione alle gare, concludendo quindi per
l’ammissione della Ditta “annotata”.
Peraltro, se si ammette che in
presenza di un’oggettiva incertezza sulla fondatezza
dell’addebito (e dell’annotazione) la Stazione
Appaltante non abbia più l’obbligo, ma solo la facoltà
di escludere la Ditta “annotata” (ovvero, la debba
senz’altro ammettere), se ne deve conseguentemente
trarre che, per evitare conseguenze ulteriormente
irragionevoli, gli effetti dell’annotazione debbano
restare sospesi fino alla definitiva decisione sul
merito della questione.
Infatti, anche in questo secondo
caso, un’applicazione strettamente letterale della norma
(che comunque non contempla questa ipotesi) condurrebbe
a risultati ingiusti e paradossali: e invero, da un
lato, il periodo interdittivo (non essendo espressamente
previsto che la contestazione in giudizio ne sospenda
l’operatività) continuerebbe a decorrere, con il
risultato che chi ha reso false dichiarazioni (accertate
giudizialmente ex post; specie se questo avviene, come è
probabile, dopo l’anno) non sconterebbe, di fatto,
alcuna sanzione (anzi, otterrebbe ingiusti vantaggi);
dall’altro, le pretese risarcitorie di chi sia stato
pretermesso in favore di colui che si è accertato (ex
post) aver reso false dichiarazioni, difficilmente
otterrebbero soddisfazione, in quanto si dovrebbe
considerare, quanto meno, carente - in capo alla P.A. -
l’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave.
6.3.2. - Pare quindi al Collegio
che, in questo particolare caso (e in tutti quelli in
cui le false dichiarazioni siano contestate
giudizialmente) si debba concludere che il momento da
cui decorre, per le Stazioni Appaltanti, l’obbligo (e
non solo la facoltà) di escludere dalle gare chi le ha
rese, non sia quello dell’annotazione nel Casellario
Informatico, bensì quello della sentenza che accerta in
modo definitivo la sussistenza della causa di esclusione
di cui all’art. 38, lett. h).
La giurisprudenza, sul punto, è
scarna e non univoca, dato che accanto a sentenze che
affermano la doverosità dell’esclusione in virtù - e dal
momento - della mera annotazione (e sono, va
sottolineato, la maggioranza) ve ne sono altre che fanno
decorrere l’obbligo di esclusione e il periodo
interdittivo dalla data della sentenza definitiva,
ovvero da quella dell’- eventuale - reiezione della
istanza di sospensiva (si veda, ad esempio: TAR Lazio,
n. 3836/06 e Tar Puglia- Lecce n. 1114/04).
L’applicazione pedissequa della
norma, anche a questa diversa fattispecie, finirebbe, ad
avviso del Collegio, per violare la regola che impone di
mantenere la res litigiosa integra per tutta la durata
del giudizio, regola fortemente sentita anche a livello
comunitario (si veda, sul principio, la decisione della
Corte di Giustizia del 9.2.06 in causa C-226/04, ove,
pur discutendosi di una fattispecie di esclusione
diversa - regolarità contributiva e fiscale - il giudice
comunitario così si è espresso: “la domanda del giudice
del rinvio riguarda, in ultimo luogo, gli effetti che
occorre collegare alla presentazione, da parte di un
candidato, di un ricorso amministrativo o
giurisdizionale contro le constatazioni delle autorità
competenti in materia tributaria o previdenziale, al
fine di considerare se tale candidato sia in regola con
i suoi obblighi in vista della sua ammissione a una
procedura di aggiudicazione di appalto pubblico. Occorre
considerare che il rinvio al diritto nazionale
effettuato dall’art. 29, primo comma, lett. e) e f),
della direttiva è valido anche per quanto riguarda tale
questione. Tuttavia, gli effetti della presentazione di
un ricorso amministrativo o giurisdizionale sono
strettamente collegati all’esercizio e alla salvaguardia
dei diritti fondamentali relativi alla tutela
giurisdizionale, il cui rispetto è anch’esso assicurato
dall’ordinamento giuridico comunitario. Una normativa
nazionale che ignorasse totalmente gli effetti della
presentazione di un ricorso amministrativo o
giurisdizionale sulla possibilità di partecipare ad una
procedura di aggiudicazione di appalto rischierebbe di
violare i diritti fondamentali degli interessati. Tenuto
conto di questo limite, spetta quindi all’ordinamento
giuridico nazionale determinare se la presentazione di
un ricorso amministrativo o giurisdizionale comporti
effetti che obbligano l’amministrazione aggiudicatrice a
considerare che il candidato interessato è in regola con
i suoi obblighi, finché non sia emessa una decisione
definitiva, ai fini della sua ammissione alla procedura
di aggiudicazione di appalto, a condizione che un tale
ricorso sia presentato entro il termine indicato al
punto 31 della presente sentenza”. Il punto 31 prevede
che: “tale termine può essere, in particolare, la data
limite per la presentazione della domanda di
partecipazione alla gara, la data di spedizione della
lettera di invito a presentare un’offerta, la data
limite della presentazione delle offerte dei candidati,
la data di valutazione delle offerte da parte
dell’amministrazione aggiudicatrice o, ancora, il
momento che precede immediatamente l’aggiudicazione
dell’appalto”. Per incidens, merita rilevare che il
ricorso al TAR Veneto con cui Controinteressata ha
contestato la propria esclusione dalla gara bandita
dalla Casa di Riposo Galvan è stato depositato in data
24.10.08, quindi ben prima dell’aggiudicazione
dell’appalto di cui si controverte).
6.3.2. - L’art. 38, lett. h) del
D.Lg. 163/06 disciplina unicamente l’ipotesi di
annotazione non contestata; quindi, per quanto qui
rileva, per il caso di false dichiarazioni contestate in
giudizio non vi è una norma ad hoc; ma il Giudice la può
ricavare dal sistema e dalle regole dettate dal Giudice
comunitario.
Il Collegio pertanto, aderendo ad
una tesi minoritaria, ma che appare più rispondente alle
norme processuali, ai principi comunitari e alla
giustizia sostanziale, è dell’avviso che la
contestazione in giudizio della propria esclusione per
aver reso false dichiarazioni, annotata nel Casellario,
“congeli” gli effetti dell’annotazione medesima sino a
quando non sia emessa sentenza definitiva sulla
questione, e che solo da tale data ricominci a decorrere
il periodo interdittivo previsto dalla legge.
Nel nostro caso, poiché la gara di
cui si controverte è stata aggiudicata alla ricorrente
quando era già pendente il suo ricorso innanzi al Tar
del Veneto avverso la precedente esclusione per asserite
false dichiarazioni, il Collegio ritiene che C.S.C., nel
dubbio sulla sussistenza o meno della causa di
esclusione, abbia legittimamente ammesso la
controinteressata alla gara.
Ne consegue altresì che solo dal
momento in cui è divenuta definitiva la sentenza del
Consiglio di Stato (che ha respinto l’appello proposto
da Controinteressata, con definitivo accertamento della
sussistenza delle false dichiarazioni), la già
effettuata annotazione sul Casellario Informatico
produrrà i suoi effetti e comporterà per
Controinteressata l’esclusione da tutte le gare per il
periodo di un anno. Si veda, sul punto: C.G.A. n.
872/08, secondo cui “l’attribuzione di una falsa
dichiarazione, proprio per le sue caratteristiche di
lesività, può essere sottoposta a giudizio. E’ evidente
che in tal caso, gli effetti interdittivi non potranno
decorrere durante l’esperimento dei mezzi
giurisdizionali, poiché in caso contrario, attesa la non
riparabilità della interdizione in ipotesi illegittima,
verrebbe meno qualsiasi tutela giurisdizionale. In tali
casi, pertanto, l’effetto non può che scaturire dal
passaggio in giudicato della sentenza che
definitivamente accerta la falsa dichiarazione”.
L’appello, che contesta
analiticamente la sentenza di rigetto, deve essere
accolto.
La Sezione, con la citata decisione
n. 1500/2010 ha già avuto modo di pronunciarsi su
analoga vicenda, concernente le dichiarazioni rese dalla
società Controinteressata, nell’ambito di altra
procedura di appalto, svolgendo la seguente motivazione.
“Risulta pacifico che, con
determinazione 14 dicembre 2005 n. 712, la U.S.L. n. 1
dell’ Umbria, in qualità di capofila di una gara per la
fornitura di ausili per incontinenza, ha risolto il
contratto stipulato con l'appellante, aggiudicataria di
quella gara, per essersi resa gravemente inadempiente
degli obblighi derivanti dal contratto, in quanto ha
fornito materiale difforme dalle campionature previste.
La sezione osserva che la
dichiarazione di non trovarsi nelle condizioni di
esclusione doveva necessariamente includere la vicenda
di cui sopra, in quanto l'autodichiarazione deve
indicare tutte quelle circostanze, anche se sfavorevoli,
che consentano all'amministrazione di accertare il
possesso da parte dei soggetti partecipanti dei
requisiti di ordine generale, di cui all'articolo 38 del
decreto legislativo n. 163 del 2006.
Orbene, l'articolo 38, comma 1,
lettera e) stabilisce: <<sono esclusi dalla
partecipazione alle procedure di affidamento delle
concessioni e degli appalti … e non possono stipulare i
relativi contratti i soggetti … f ) che, secondo
motivata valutazione della stazione appaltante, hanno
commesso un grave negligenza o malafede nell'esecuzione
delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che
bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave
nell'esercizio della loro attività professionale,
accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della
stazione appaltante>>.
La vicenda relativa alla grave
inadempienza con un soggetto diverso
dall'amministrazione che ha bandito la gara rientra
nella seconda parte della disposizione, laddove la norma
consente all'amministrazione di valutare i precedenti
professionali delle imprese concorrenti e quindi di
tenere conto anche di rapporti contrattuali intercorsi
con amministrazioni diverse, al fine di stabilire il
grado di capacità tecnico professionale nella esecuzione
della fornitura.
A ciò va aggiunto che si trattava
di una fornitura identica a quella per cui è causa.
Quindi l’omissione diventa rilevante, ai fini della
valutazione della legittimità dell'esclusione disposta
dall'amministrazione, non solamente sotto il profilo
della falsità oggettiva, ma anche sotto il profilo della
scarsa affidabilità dell'impresa aggiudicataria.
Il potere di esclusione da parte
dell'amministrazione dalla partecipazione alla
procedura, cui consegue l'impossibilità di stipulazione
del contratto, viene attribuito dalla stessa norma di
cui all'articolo 38 del decreto legislativo n. 163 del
2006.
Di nessuna rilevanza è poi
l’assunto dell’appellante che la precedente esclusione
era stata contestata ed il relativo giudizio ancora
pendente, in quanto la vicenda contenziosa non esclude
il fatto dell’inadempimento, che andava dichiarato, in
quanto la valutazione della sua rilevanza non può essere
certo rimessa al giudizio dell’appellante quando
partecipa ad una nuova gara, bensì alla stazione
appaltante che deve valutare l’affidabilità del
concorrente cui affidare l’appalto.”
Il collegio non ha motivo di
discostarsi da tale indirizzo interpretativo. La società
Controinteressata, avendo omesso di dichiarare
l’esistenza di un atto di risoluzione per inadempimento,
per quanto contestato, ha reso una dichiarazione
oggettivamente non veritiera e, pertanto, avrebbe dovuto
essere esclusa dalla gara.
Va rilevato, peraltro, che, nelle
more del giudizio, la fornitura ha avuto integrale
esecuzione.
Pertanto, non sussiste più
l’interesse dell’appellante alla pronuncia di
annullamento dell’aggiudicazione e alla declaratoria di
inefficacia del contratto, ai sensi dell’articolo 122
del codice del processo.
Sussiste, peraltro, l’interesse
alla declaratoria di illegittimità degli atti impugnati
in primo grado, ai fini della domanda di risarcimento
del danno, ai sensi dell’articolo 34, comma 3.
L’azione risarcitoria è stata
ritualmente proposta in primo grado e reiterata nel
presente giudizio di appello.
La domanda risarcitoria è fondata.
Al riguardo, la Sezione rileva,
anzitutto, che non vi è alcuna necessità di accertare la
componente soggettiva dell’illecito, sulla base dei più
recenti indirizzi della giurisprudenza comunitaria.
(Corte di Giustizia delle Comunita'
Europee, Sezione III 30 settembre 2010, n. C- 314/09,
secondo la quale, la direttiva del Consiglio 21 dicembre
1989, 89/665/CEE, che coordina le disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative relative
all’applicazione delle procedure di ricorso in materia
di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e
di lavori, come modificata dalla direttiva del Consiglio
18 giugno 1992, 92/50/CEE, deve essere interpretata nel
senso che essa osta ad una normativa nazionale, la quale
subordini il diritto ad ottenere un risarcimento a
motivo di una violazione della disciplina sugli appalti
pubblici da parte di un’amministrazione aggiudicatrice
al carattere colpevole di tale violazione, anche nel
caso in cui l’applicazione della normativa in questione
sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in
capo all’amministrazione suddetta, nonché
sull’impossibilità per quest’ultima di far valere la
mancanza di proprie capacità individuali e, dunque, un
difetto di imputabilità soggettiva della violazione
lamentata).
Con riferimento alla misura del
risarcimento del danno spettante all’appellante, è
sufficiente osservare che, qualora la procedura fosse
stata svolta correttamente, la Controinteressata avrebbe
dovuto essere esclusa dalla procedura e l’appalto
avrebbe dovuto essere assegnato all’attuale appellante,
collocata al secondo posto della graduatoria.
Pertanto, all’interessata compete
il diritto al risarcimento dei danni costituiti dal
mancato utile derivante dall’appalto in contestazione.
Per la determinazione di tale
somma, occorre avere riguardo al corrispettivo offerto
dalla società Ricorrente. La misura dell’utile può
essere equitativamente stimato, in assenza di diverse
deduzioni difensive delle parti, nella misura del 5%
dell’offerta, tenendo conto anche della presunzione di
utilizzabilità delle risorse destinate all’esecuzione
della fornitura in oggetto in altre operazioni
commerciali.
Al riguardo la Sezione ritiene di
condividere l’orientamento espresso della più recente
giurisprudenza (per tutte, Consiglio di Stato, SEZ. VI,
21 settembre 2010 n. 7004), secondo cui, in sede di
risarcimento dei danni derivanti dalla mancata
aggiudicazione di una gara di appalto, il mancato utile
nella misura integrale spetta, nel caso di annullamento
dell’aggiudicazione e di certezza dell’aggiudicazione in
favore del ricorrente, solo se il ricorrente dimostri di
non aver potuto altrimenti utilizzare maestranze e
mezzi, tenuti a disposizione in vista
dell’aggiudicazione; in difetto di tale dimostrazione, è
da ritenere che l’impresa possa aver ragionevolmente
riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o
servizi e, pertanto, in tale ipotesi deve operarsi una
decurtazione del risarcimento di una misura per
l’aliunde perceptum vel percipiendum.
Infatti, si è condivisibilmente
evidenziato che “ai sensi dell’art. 1227 c.c., il
danneggiato ha un puntuale dovere di non concorrere ad
aggravare il danno. Nelle gare di appalto, l’impresa non
aggiudicataria, ancorché proponga ricorso e possa
ragionevolmente confidare che riuscirà vittoriosa, non
può mai nutrire la matematica certezza che le verrà
aggiudicato il contratto, atteso che sono molteplici le
possibili sopravvenienze ostative.
Pertanto, non costituisce,
normalmente, e salvi casi particolari, condotta
ragionevole immobilizzare tutti i mezzi di impresa nelle
more del giudizio, nell’attesa dell’aggiudicazione in
proprio favore, essendo invece ragionevole che l’impresa
si attivi per svolgere altre attività.”
Di qui la piena ragionevolezza
della detrazione, affermata dalla giurisprudenza, dal
risarcimento del mancato utile, nella misura del 50%
(rispetto al 10% del prezzo offerto), sia dell’aliunde
perceptum, sia dell’aliunde percipiendum con
l’originaria diligenza.
L’indicata misura del 5%
dell’offerta comprende, equitativamente, anche il
deprezzamento monetario.
Sulla somma così determinata
andranno applicati interessi e rivalutazione, dal
momento della pubblicazione della sentenza, fino
all’effettivo soddisfo,
Le spese dei due gradi seguono la
soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Quinta)
Accoglie l 'appello e, per
l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara
l’illegittimità dei provvedimenti impugnati in primo
grado;
Condanna l’amministrazione a
risarcire il danno alla parte appellante, nella misura
indicata in motivazione;
Condanna le parti appellate, in
solido tra loro, a rimborsare all’appellante le spese
dei due gradi, liquidandole in complessivi euro
cinquemila.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 30 novembre 2010 con l'intervento
dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
FF
Marco Lipari, Consigliere,
Estensore
Aldo Scola, Consigliere
Eugenio Mele, Consigliere
Adolfo Metro, Consigliere
L'ESTENSORE IL
PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/02/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.) |