Alessandro Ferretti
Scorrendo alcune recenti decisioni
in materia di lavoro ho “scoperto” che dare mance è una
brutta e cattiva abitudine; un fenomeno negativo da
scoraggiare in maniera decisa e netta.
E’ quanto ha confermato l’ordinanza
n. 13425 del 17 giugno della sesta sezione della
Cassazione civile che ha riconosciuto la riprovevole ed
annosa abitudine di dare mance ai dipendenti.
La vicenda: una gentile titolare di
un ufficio postale in provincia di Rieti ha ben pensato
di adoperarsi presso il proprio personale dipendente per
scoraggiare – appunto – la prassi delle mance da parte
degli utenti, arrivando fino al punto di affiggere in
ufficio un bel cartello con la dicitura “si prega
cortesemente la gentile clientela di non lasciare
compensi (mance) ai dipendenti Poste Italiane spa”.
Indubbiamente, la dipendente ha
ritenuto di porre in essere un comportamento del tutto
consono alle sue funzioni e, soprattutto, in perfetta
aderenza allo stile aziendale.
Dello stesso avviso, però, non sono
state le alte sfere di Poste Italiane che, per tutta
risposta, hanno sospeso la signora dal servizio e dalla
retribuzione per due giorni, rimproverandole
l’affissione del cartello senza permesso. In realtà, la
contestazione riguardava anche un carico di posta
arretrata in giacenza, ma la principale accusa è stata
proprio quella dell’affissione del cartello con la sacra
dicitura.
La povera signora, rivoltasi al
proprio legale di fiducia, proponeva ricorso al
Tribunale di Roma che confermava la sanzione di Poste
Italiane, mentre la Corte di Appello ne ha dichiarato la
illegittimità.
La parola fine alla vicenda, come
si diceva, è stata messa dalla Cassazione che ha invece
riconosciuto alla signora serietà ed attaccamento
all’azienda.
L’affissione del cartello, al di là
della sua idoneità o meno “ad ingenerare disagio tra gli
utenti“, ha dimostrato al contrario “un senso di serietà
o quanto meno di solerte intervento da parte del
titolare dell’Ufficio Postale“!
Sfuggendo alla facile ironia sulla
vicenda, si deve sottolineare e confermare il dato
giuridico che emerge: “la condotta della titolare
dell’ufficio non può essere certo censurata né per
mancanza del dovere di diligenza (art. 2104 cod. civ.),
né del dovere di fedeltà (art. 2105 cod. civ.), né per
violazione delle norme contrattuali, dovendo al
contrario considerarla idonea a salvaguardare il buon
nome e l’immagine dell’azienda“.
Al riguardo: “la lettura degli
artt. 2104 e 1176 del codice civile impongono al
lavoratore di eseguire la prestazione, anche in assenza
di specifiche direttive del datore di lavoro – come in
questo caso – secondo la particolare qualità
dell’attività dovuta, risultante dalle mansioni e dai
profili professionali che la definiscono, e di osservare
inoltre tutti quei comportamenti accessori e quelle
cautele che si rendano necessari ad assicurare una
gestione professionalmente corretta”.
Ciò che la nostra titolare
dell’ufficio postale, con serietà e solerzia, ha
indubbiamente fatto!
Pubblicato da Alessandro Ferretti |