“Il
voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo
esercizio è dovere civico”, art. 48 Cost.
E’ giusto che i
commenti si facciano a freddo.
Che il referendum
abbia vinto è una gioia del tutto personale che di certo
non interessa ad alcuno. Ma c’è qualcosa, strettamente
giuridica, di cui è giusto parlare oggi, a risultati non
più condizionabili.
Purtroppo, è un
dato di fatto tristemente incontestabile che in questi
ultimi mesi (per la verità, in questi ultimi anni) i
nostri rappresentanti parlamentari abbiano messo a dura
prova la nostra tolleranza.
No, non parlo
della “sostanza”, dei contenuti, delle leggi, delle
procedure; quella è un’altra storia, da rileggere in
altri momenti. Parlo delle “forme” in senso stretto, del
buon gusto istituzionale, della corretta educazione
civica, dello spirito di Stato, del garbo verso gli
elettori, del rispetto verso la Costituzione. Parlo
della inaccettabile ineducazione dei nostri governanti.
E parlo dell’oltraggio al valore del “voto”.
Il Suffragio
Universale, ossia il diritto di voto riconosciuto a
tutti, ricchi e poveri, colti ed analfabeti, uomini e
donne, è stata tra le conquiste più importanti del mondo
e della storia. Tra le più faticose e graduali: prima
solo coloro che avessero un certo censo, poi solo che
quelli che sapessero leggere e scrivere, poi solo gli
uomini, da ultimo e finalmente anche le donne. Un
percorso irto e lungo, iniziato nel 1848 con la Legge
piemontese n. 680 e conclusosi nel 1946 con l’apertura
delle cabine elettorali al sesso femminile.
Una conquista –
raggiunta anche con il sangue – che l’ultimo referendum
ha visto trattare alla stregua dell’ennesimo capriccio
rivoluzionario dei neo “figli dei fiori”. Una sorta di
fardello a piacimento che ci si può permettere di
calpestare, offendere, diffamare, oltraggiare. Se, ed a
condizione non interessi in via diretta …
Ma, è proprio
vero che il nostro attuale sistema prevede il “diritto
al non voto”?
Assolutamente no.
L’art. 48, II comma, della nostra Costituzione statuisce
testualmente: “Il voto è personale ed eguale, libero e
segreto. Il suo esercizio è dovere civico”.
Elevare a
“diritto” quella che è, e rimane, una scelta
strettamente personale, non sanzionabile ma certamente
difforme dai doveri civici costituzionalmente previsti e
regolamentati, è quanto di più inesatto possa dirsi in
punto di diritto.
Ciononostante, è
sempre più lunga e variegata la lista dei maleducati di
governo che predica – a convenienza – la politica del
“non voto”.
Nulla di nuovo.
Ormai abbiamo fatto il callo a tante cose: ai politici
ed agli uomini di governo che fanno il segno del “dito
in …..” sul palco dei comizianti, a quelli che incitano
la “marcia su Roma” o istituiscono un parlamento in
concorrenza a quello nazionale, a quelli che si voltano
dall’altra parte quando si canta l’Inno di Mameli, a
quelli che vanno all’estero in seduta ufficiale e si
lamentano di essere perseguitati da poteri interni
(infelice antitesi de “i panni sporchi si lavano in
famiglia”).
La volgarità
eletta al rango di licenza politica!
Si continua anche
a dimenticare – spetta a noi giuristi ricordarlo – che
in Italia è tuttora vigente sia la Costituzione che il
Codice Penale.
Della
Costituzione abbiamo già detto.
Del Codice Penale
– promulgato nel 1930 e non certo da un governo maoista
– è bene tenere a mente che gli artt. 290-292 c.p.
puniscono chiunque pubblicamente “vilipende la
Repubblica, le Assemblee legislative o una di queste,
ovvero il Governo o la Corte Costituzionale o l’ordine
giudiziario”, o “la Nazione Italiana”, o “la Bandiera
nazionale o un altro emblema dello Stato” intendendosi
per questi ultimi non già gli oggetti materiali in sé ma
innanzitutto ciò che loro rappresentano nel loro valore
simbolico (giurisprudenza di legittimità consolidata ed
unanime).
Lasciamo ai
politici – sotto la loro responsabilità civica e la loro
personale “onorabilità” – la libertà di essere triviali
pur di carpire un pugno di consensi elettorali.
Ma riserviamo per
noi, noi cittadini, noi che sappiamo cosa significa
“senso civico”, la salvaguardia delle importanti radici
di civiltà che hanno piantato i nostri padri ed i nostri
nonni.
Perché sta a noi,
a noi ed a nessun altro, fare quadrato sulla dignità di
un Paese che merita di rimanere tra i primi al mondo per
cultura e signorilità … |