Politica e flusso normativo
“E’ difficile resistere alle
pressioni, combatterle e respingerle quando tali
pressioni non ricorrono a una coercizione esplicita e
non minacciano violenza” (Bauman, L’etica in un mondo di
consumatori. Governare l’egoismo, 106, Laterza 2010)
Gli individui non si limitano
singolarmente alla ricezione delle informazioni ma le
rielaborano e nel trasferirle agli altri diventano
coartefici dell’ambiente sociale; nel succedersi, la
percezione delle informazioni stesse dipende dalla
classe sociale di appartenenza, la loro elaborazione dal
contesto sociale, mentre la valutazione dal
coinvolgimento socio-emozionale.
La mediazione cognitiva ha pertanto
il fine ultimo di allentare i vincoli che il
comportamento umano riceve dagli istinti biologici e
dall’inconscio, con un notevole vantaggio adattivo della
specie umana che può percepire e interpretare gli eventi
in rapporto all’ambiente (Tajfel), questo tuttavia non
può negare l’importanza del coinvolgimento personale
nonché degli stati affettivi.
La cognizione diventa sociale
quando è creata e rafforzata attraverso l’interazione
sociale ed è condivisa tra i diversi membri di un dato
gruppo, fino a diventare stereotipi utili al pensiero
fuzzy.
La rappresentazione sociale è
quindi l’elemento fondamentale (agente) organizzativo
nel contenuto del pensiero individuale, essa aiuta
l’individuo a controllare e fornire un significato al
mondo facilitando la comunicazione tra i membri del
gruppo, in questo si avvale di due processi
fondamentali:
L’ancoraggio, per cui le idee
nuove vengono ancorate all’interno di sistemi
precedenti;
L’oggettivazione, con la
personificazione delle idee e la loro figurazione.
Se il gruppo viene a condividere i
fatti sociali e le esperienze che ne nascono, allora ne
condividono anche i processi cognitivi sociali alla luce
dei propri bisogni, dei desideri e delle intenzioni,
nasceranno delle rappresentazioni sociali quale
trasformazione della conoscenza in senso comune, ossia
l’estraneo nel familiare, in questo processo vedranno la
luce gli stereotipi e le convenzioni collegate alle
“percezioni” non oggettivizzabili mediante recettori
sensoriali.
L’elaborazione dei dati disponibili
attraverso ipotesi o teorie vengono a interferire sui
giudici teorici già posseduti, si che prevarranno i dati
che “confermano” le teorie stesse, gli schemi che
permettono la velocizzazione del giudizio possono quindi
essere origine agli stereotipi delle “teorie ingenue”
che facilitano il raggruppare e caratterizzare gli
oggetti sparsi nell’universo umano, in questa opera
l’accentuazione dei contrasti diventa funzionale
all’orientarsi nell’universo sociale stesso permettendo
la manipolazione degli schemi e quindi dei giudizi.
Infatti le condizioni fisiche e
sociali, ossia il contesto, vengono ad influire sulle
motivazioni e gli stati d’animo sì da selezionare il
tipo di informazioni, l’uso della logica e della
memoria, nonché più in generale la maniera di affrontare
e giudicare gli eventi.
Nelle categorizzazioni vi è un
“prototipo” quale ideale derivante dalla più alta
rappresentatività del concetto, a cui in termini
probabilistici gli esseri o gli oggetti della
categorizzazione di avvicinano, dobbiamo comunque
considerare che i confini tra categorie possono essere
piuttosto sfuocate proprio per il concetto
probabilistico che permette ad un soggetto di possedere
elementi di similarità con numerosi prototipi, si che
rientra in campo la finalità propria, anche politica,
dell’accentuazione dei contrasti.
L’identificazione di un nemico
fornisce chiarezza ai fini dell’agire e al modo in cui
agire, ma nell’attuale società definita da
Bauman”liquida” convivono nello stesso soggetto
l’appartenenza a più entità, vi è una ibridazione che
rende più sfumata la categorizzazione negli schemi
precostituiti, la mancanza di mappe mentali determina
una “carenza di punti di orientamento saldi e
attendibili e di guide affidabili”, vi è un continuo
oscillare tra “ l’anelito alla libertà individuale
dell’autocreazione e il desiderio, altrettanto forte, di
sicurezza” (Bauman ), infatti i legami tra esseri umani
stanno perdendo le precedenti protezioni istituzionali
che diventano solo dei pesi alla propria libera scelta
di autoaffermazione e da stabili diventano momentanei e
sempre revocabili, secondo accordi, seguendo gli attuali
schemi economici e tecnologici.
La normativa perde a sua volta la
precedente rigidità ieratica, diventando continuamente
mutevole e sottoposta a continua contrattazione e
rivisitazione, secondo il mutevole emergere delle forze
economico-sociali sotto la spinta delle fluttuazioni e
cicli internazionali, si destrutturano i grandi sistemi
rimodulandosi su identità locali, flessibili ma anche
controllabili.
In termini politici questo dualismo
tra autocreazione e sicurezza è l’insolubile antinomia
tra lotta per il potere e ordine pacifico, che solo la
consapevolezza della responsabilità morale può
trasformare in una pubblica ragione morale e pertanto in
un durevole ordine pacifico e in questo il potere riceve
la sua giustificazione morale, vi è sempre il dubbio che
l’idea e il “progetto” rivendicato nella lotta sia una
semplice insegna al servizio del potere senza un’anima
si che viene a mancare nell’azione dell’uomo di Stato
una idea culturale a cui aspirare e coinvolgere.
“Il movimento nazionale tedesco era
cominciato con una insurrezione contro la tirannide
straniera e con le guerre di liberazione, e fu la
consapevole opposizione al pensiero politico del
razionalismo dell’Europa occidentale a far maturare in
Germania la filosofia nazionalistica dello Stato da
Heder e dai primi romantici, fino a Hegel”, ma ben
presto si passò “dall’entusiasmo estetico a conclusioni
politiche radicali” ( Ritter) ed una volta avvenuta la
rottura gli estremismi e gli interessi personali non
ebbero più limiti.
Come sottolinea Ritter
nell’introduzione della sua opera monumentale “I
militari e la politica nella Germania moderna”: “Uomo di
Stato nel senso più alto è soltanto colui nel quale la
consapevolezza della sua indiscutibile responsabilità
non può essere turbata dalla volontà di potenza né da un
trionfo o da una sconfitta nella lotta per il potere”,
egli deve gestire la tensione permanente fra ordine e
disordine che continuamente rinasce (Merton). Il potere
può esercitarsi come coercizione fisica e psichica o più
sottilmente come scambio economico tra risorse non
monopolizzabili né condivisibili, pertanto ad una prima
fase promozionale deve accompagnarsi l’attuazione, la
gestione dell’equilibrio tra ordine e disordine non può
risolversi esclusivamente in una campagna promozionale
di immagini.
Sachs osserva che vi è una crisi
della gestione pubblica in cui vi sono fattori che vanno
dalla privatizzazione delle funzioni di controllo del
settore pubblico, al collasso della pianificazione
governativa, dalla carenza delle risorse pubbliche
favorita dalla scarsa crescita economica e da un cattivo
uso politico amministrativo delle stesse che ne
giustificano eticamente la riduzione e il passaggio al
privato, fino alla incapacità di dialogo istituzionale,
il sistema rischia di avvitarsi su se stesso creando
ulteriore disservizio per l’incapacità del pubblico di
imporre l’osservanza economica e sociale dei parametri
determinati. (Sachs, La crisi della gestione pubblica,
in Le Scienze, 20,495, novembre 2009).
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