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IL RUOLO DELLA TV NELLA COSTRUZIONE DEL CONSENSO E L'URGENZA DI REGOLE SUL CONFLITTO D'INTERESSE-di Fabio Sabatini-Nel merito.it

 

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Studi empirici nel campo della psicologia sociale mostrano che nei paesi democratici gli elettori indecisi tendono a votare per il candidato in cui si riconoscono più facilmente. Il partito, le idee e il programma sono fattori secondari. Tale interpretazione è molto popolare nel dibattito politico e giornalistico, dove è diffusa la tesi che gli italiani sono informati sui guai giudiziari, i difetti politici e le debolezze personali del presidente del consiglio, ma continuano a sostenerlo con il voto perché sentono una profonda affinità con lui.

 

L’eccezionale consenso di cui Berlusconi gode da circa un ventennio lascia pochi dubbi sulla validità di questa interpretazione. Ciò su cui bisogna riflettere è il modo in cui tale consenso è stato costruito e viene preservato.

Secondo una recente indagine del Censis, la televisione è il principale mezzo usato dagli italiani per formare le loro opinioni politiche. In vista delle elezioni europee del 2009, il 69,3% degli elettori ha formato la sua scelta attraverso le notizie e i commenti trasmessi dai telegiornali. Eppure, uno dei mantra più assiduamente ripetuti dagli opinionisti di centrodestra è che “la televisione non sposta un voto”. Nei fatti tale slogan non sembra appartenere solo alla destra, visto che il centrosinistra, anche durante le sue esperienze di governo, non ha mai avanzato proposte credibili per risolvere il conflitto di interessi.

Se la televisione fosse davvero irrilevante, il presidente del consiglio non trarrebbe alcun vantaggio dall’invasione quotidiana di programmi di informazione e intrattenimento cui ci ha abituati da un ventennio. Un mio recente lavoro empirico mostra invece il contrario1. Lo studio utilizza una fonte di dati nuova ed esclusiva per compiere la prima analisi econometrica del ruolo della televisione nella costruzione e preservazione del consenso del premier. I dati sono stati raccolti attraverso la somministrazione di un questionario a un campione rappresentativo della popolazione della Provincia di Trento nel marzo 2011, nell’ambito di una ricerca finanziata dallo European Research Institute on Cooperative and Social Enterprises (Euricse)2. Secondo le stime, la fiducia nel presidente del consiglio è positivamente e fortemente influenzata dalla fiducia nei confronti della televisione. Coloro che si fidano dei contenuti dei programmi televisivi hanno il 18% di probabilità in più di fidarsi di Berlusconi. Se supponiamo che la fiducia si trasformi in un voto favorevole per il partito del presidente del consiglio nelle consultazioni elettorali, tale dato implica lo spostamento di milioni di voti.

L’effetto della televisione è calcolato a parità di altri fattori demografici, economici e sociali che possono influenzare la fiducia, come l’educazione, l’età, lo stato civile, la professione e vari aspetti della vita di relazione e della partecipazione sociale delle persone. Le stime tengono conto anche del possibile effetto che fenomeni non osservati nell’analisi empirica influenzino entrambe le variabili di interesse orientandole nella stessa direzione. L’aumento di un livello nel grado di istruzione degli intervistati corrisponde a una probabilità di fidarsi del presidente del consiglio mediamente più bassa di circa 3 punti percentuali. I laureati hanno una probabilità di fidarsi di Berlusconi più bassa del 17% (16% in caso di laurea triennale). La fiducia in Berlusconi è inoltre significativamente e negativamente correlata con la fiducia nel sistema giudiziario. Non è un risultato sorprendente, se si considera che nei suoi discorsi pubblici il presidente del consiglio è solito riferirsi alla magistratura come a un cancro e ai singoli giudici come metastasi.

L’analisi presenta delle limitazioni che impongono cautela nella generalizzazione dei risultati. Anzitutto, le stime riguardano un campione limitato della popolazione, che non rappresenta l’intero paese ma soltanto la Provincia di Trento. Inoltre, per capire meglio come funziona il nesso causale tra i fenomeni considerati, sarebbe necessario seguire l’evoluzione delle percezioni degli intervistati nel tempo. Nel nostro caso è stato possibile osservare il campione solo in un dato istante, nel marzo 2011. In attesa di dati migliori, l’evidenza empirica di cui disponiamo oggi ci consente di suggerire delle raccomandazioni di politica economica (nonché di politica tout court) così ovvie che potrebbero sembrare scontate, almeno nella maggior parte delle democrazie occidentali. 

Una regolamentazione seria dei conflitti di interesse dei rappresentanti politici dovrebbe essere al primo punto dell’agenda politica di qualsiasi governo democratico, indipendentemente dal suo colore. La democrazia è stata definita in modi spesso diversi da politici, filosofi e scienziati sociali. Tuttavia, al di là delle differenze teoriche, non c’è dubbio che, perché un regime possa dirsi democratico, deve permettere che la selezione della sua leadership sia frutto della volontà popolare, basata sul consenso dei cittadini. In una democrazia tale consenso deve potersi formare liberamente, senza manipolazioni da parte di chi possiede il potere di controllare i mass media.

 

Nota: le opinioni e le interpretazioni espresse in questo articolo sono personali dell’autore e non coinvolgono Euricse.

 

 

1. F. Sabatini, Who trusts Berlusconi? An econometric analysis of the role of television in the Italian political arena. Economics and Econometrics Research Institute (EERI) Working paper 2011/08, Brussels, 2011. http://www.eeri.eu/documents/wp/EERI_RP_2011_08.pdf.

2. Euricse è una fondazione di ricerca creata per favorire la crescita e la diffusione di conoscenze e processi di innovazione delle cooperative, delle imprese sociali, delle organizzazioni nonprofit e dei commons. Per informazioni http://www.euricse.eu/it/. Obiettivo principale della ricerca è la valutazione del ruolo delle imprese cooperative nella creazione di capitale sociale. Il questionario è stato somministrato su commissione di Euricse dal Laboratorio del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento con il metodo CATI (computer assisted telephone interviewing).

 

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