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Marco Lai

  1. La sicurezza negli appalti
  2. L'ambito di applicazione
  3. Imprese appaltatrici e lavoratori autonomi
  4. L'obbligo di cooperazione e coordinamento (DUVRI)
  5. L'indicazione dei costi per la sicurezza
  6. La responsabilità solidale del committente
  7. Il cartellino identificativo dei lavoratori presenti nell'appalto
  8. La sicurezza nei luoghi confinati

Il Ministero del lavoro ha fornito indicazioni operative nel delicato settore degli appalti, che affronta aspetti cardine della disciplina quali la genuinità dell'appalto, l'appalto illecito e fraudolento, gli obblighi retributivi, il valore degli appalti interni e criteri di scelta dei contraenti, il regime di responsabilità solidale, la certificazione del contratto, fino ad approfondire il tema della sicurezza del lavoro nell'ambito di appalti concernenti attività in contesti in cui si possono verificare condizioni pregiudizievoli per i lavoratori

La sicurezza negli appalti

Al fine di fornire indicazioni operative nel delicato settore degli appalti (1) il Ministero del lavoro, di recente, ha opportunamente emanato apposita circolare (11 febbraio 2011, n. 5) sul Quadro giuridico degli appalti, che affronta i punti cardine della disciplina in materia (genuinità dell'appalto, appalto illecito e fraudolento, obblighi retributivi, valore degli appalti interni e criteri di scelta dei contraenti, regime di responsabilità solidale, certificazione del contratto), con una sezione finale dedicata alla sicurezza degli appalti.
In tale specifico contesto rilievo assume, alla luce del ripetersi di infortuni mortali spesso a catena, il controllo degli appalti aventi oggetto attività manutentive o di pulizie su aree confinate (silos, pozzi, cisterne, serbatoi, impianti di depurazione, cunicoli e gallerie ecc.), con personale non sempre preparato ad affrontare tali particolari evenienze, tematica anch'essa oggetto di attenzione da parte del Ministero del lavoro, Direzione generale per l'Attività Ispettiva (cfr. circolare n. 42, del 9 dicembre 2010) (2).

(1) Per la disciplina di carattere generale sugli appalti cfr., più di recente, P. Rausei, Appalti: requisiti normativi, giurisprudenziali e sanzioni, in DPL, 2010, pp. 2233 ss.
(2) Cfr. al riguardo G. Rapuano, Gestione del rischio negli ambienti confinati, in DPL, 2011, pp.501 ss.

 

L'ambito di applicazione

L'ambito di applicazioneIl D.Lgs. n. 81/2008 prevede un più penetrante coinvolgimento del datore di lavoro committente nell'attività di prevenzione a favore, oltre che dei propri dipendenti, dei lavoratori autonomi (contratto d'opera) e dei dipendenti delle imprese appaltatrici (3).
Una prima novità della riforma, rispetto all'art. 7, D.Lgs. n. 626/1994, concerne il campo di applicazione.
Ai sensi dell'art. 26, comma 1, alinea, gli obblighi di collaborazione prevenzionale a carico del datore di lavoro committente scattano «in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione di lavoro autonomo».
Recependo la modifica già operata dalla legge Finanziaria per il 2007 (art. 1, comma 910) si mette dunque in rilievo la responsabilità del datore di lavoro committente non solo, come nel testo originario dell'art. 7, D.Lgs. n. 626/1994, in riferimento agli «appalti interni», bensì a tutta la catena dell'appalto e del subappalto, dovendosi intendere in tal senso il riferimento «all'intero ciclo produttivo».
Si dà pertanto rilievo al profilo funzionale più che topologico dell'appalto, venendo ad interessare tutte quelle lavorazioni che risultino necessarie all'organizzazione produttiva del committente, a prescindere dalla collocazione fisica delle stesse (con esclusione di quelle semplicemente preparatorie o complementari dell'attività produttiva in senso stretto) (4).
Le correzioni apportate dal D.Lgs. n. 106/2009 individuano ancor meglio il campo di applicazione della normativa: da un lato aggiungendo all'ipotesi di affidamento di «lavori» quella di «servizi e forniture», dall'altro precisando che debbono escludersi le attività che, pur rientrando nel ciclo produttivo aziendale, si svolgano in luoghi sottratti alla disponibilità giuridica del committente, la qual cosa impedirebbe l'assolvimento degli obblighi di legge (5).

(3) Cfr. per riferimenti, tra gli altri, J. Tscholl, Committenti e appaltatori, in M. Tiraboschi, L. Fantini, Il Testo Unico della salute e sicurezza sul lavoro dopo il correttivo (D.Lgs. n. 106/2009), Milano, 2009, pp.295 ss; V. Pasquarella, La responsabilità nel sistema degli appalti, in L. Zoppoli, P. Pascucci, G. Natullo (a cura di),Le nuove regole per la salute e la sicurezza dei lavoratori, Milano, 2010, pp.349 ss.; più in generale M. Lai, Diritto della salute e della sicurezza sul lavoro, Torino, 2010, pp. 78 ss. per la giurisprudenza cfr. R. Guariniello, Il Testo Unico Sicurezza sul Lavoro, Milano, 2009, pp. 303 ss. Tra le ultime Cass. pen., 25 maggio 2010, Vanoncini e altro, in ISL, 2010, 6, 540.
(4) Cfr., al riguardo, Ministero del lavoro, circolare n. 24 del 14 novembre 2007; anche per riferimenti V. Pasquarella, cit., pp. 353-354.
(5) Tale indicazione era già contenuta nella circolare n. 24/2007, con riferimento tuttavia ai «locali» e non ai «luoghi di lavoro». Si è osservato come improprio e riduttivo sia il richiamo alla «disponibilità giuridica», rilevando ai fini delle responsabilità penale la «disponibilità materiale» del luogo di lavoro; «disponibilità che deve necessariamente estrinsecarsi nell'esercizio di un effettivo potere gestionale, indipendentemente dall'esistenza di un titolo giuridico corrispondente»; cfr. in tal senso P. Soprani, Il sistema degli appalti tra Testo Unico e decreto correttivo, in ISL, 2009, 9, 477 (481). Ritiene invece che «per disponibilità giuridica deve intendersi la possibilità da parte dell'appaltante di poter legittimamente esercitare poteri e diritti sui luoghi ove si svolge l'attività dell'appaltatore...», A. Splendori, La tutela prevenzionistica del lavoro in appalto: ambito di applicazione, in Dir. rel. ind., 2010, pp.537-538; «in via esemplificativa, rilevano i casi in cui il committente sia titolare del diritto di proprietà sui luoghi in cui si svolge l'appalto ovvero di possesso a seguito di usufrutto, uso, locazione, comodato di beni immobili, concessione amministrativa».
Sulla problematica degli appalti c.d. «extraziendali» cfr. Cass. pen., 12 ottobre 2007, Capozzoli, in R. Guariniello, Il Testo Unico Sicurezza sul Lavoro, cit., p. 306.

Imprese appaltatrici e lavoratori autonomi

Il controllo dell'idoneità tecnico-professionale
Ai sensi del comma 1, dell'art. 26, il datore di lavoro committente ha innanzitutto l'obbligo di verificare «con le modalità previste dal decreto di cui all'art. 6, comma 8, lett. g), l'idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori, ai servizi e alle forniture da affidare in appalto o mediante contratto d'opera o di somministrazione...» (lett. a) e di fornire agli stessi soggetti «dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività» (lett. b).
Il primo obbligo menzionato non è altro che uno sviluppo del principio della c.d. culpa in eligendo, propria del datore di lavoro. Rispetto alla generica formulazione utilizzata dall'art. 7, D.Lgs. n. 626/1994, che lasciava al datore di lavoro committente una certa discrezionalità al riguardo, si prevede ora, in attuazione del menzionato criterio di delega, di affidare la selezione delle imprese appaltatrici e dei lavoratori autonomi ad un sistema di qualificazione, da determinare tramite decreto, sulla base dei criteri individuati dalla Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro, istituita presso il Ministero del lavoro (6). In attesa del decreto tale verifica dovrà essere effettuata dal datore di lavoro committente, mediante l'acquisizione di due documenti: il certificato di iscrizione alla Camera di commercio, industria e artigianato; un'autocertificazione del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale. La previsione è dunque volta a valorizzare le imprese tecnicamente e socialmente affidabili.

Obblighi informativi
Il possesso di informazioni «dettagliate» sui rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate (ad esempio sui cicli lavorativi, le macchine ed impianti, le sostanze ed i preparati pericolosi, nonché circa la presenza o meno dei lavoratori del committente durante l'esecuzione dei lavori) dovrebbe peraltro consentire ai lavoratori autonomi o ai dipendenti delle imprese appaltatrici, a loro volta appropriatamente informati, di operare con la necessaria prudenza in un ambiente che non è conosciuto (7).
La naturale collocazione di tale documentazione può essere il capitolato di appalto, documento che contiene le norme che regolano il contratto d'appalto (8).
In merito agli obblighi di informazione del datore di lavoro committente parte della giurisprudenza ha escluso che destinatari, oltre all'appaltatore (e ai lavoratori autonomi) siano anche i singoli dipendenti del medesimo, che dovranno invece essere adeguatamente informati dal loro datore di lavoro con le rigorose modalità stabilite dall'art. 36, del D.Lgs. n. 81/2008 (9).

(6) Cfr. art. 27, infra.
(7) Sulla nozione ampia di «rischio ambientale» e il conseguente obbligo informativo del committente, cfr., in particolare, Cass. pen., 17 ottobre 2003, Luciano e altro, in un caso di infortunio mortale occorso ad un lavoratore autonomo incaricato di procedere all'installazione dell'insegna luminosa di un locale, precipitato a terra causa la caduta della controsoffittatura lungo la quale si stava muovendo.
(8) Cfr. Coordinamento delle Regioni e delle Province autonome, Linee guida per l'applicazione del D.Lgs. n. 626/1994, documento n. 6, Ravenna, 1999, p.190.
(9) Cfr. in tal senso Cass. pen, 5 dicembre 1998, Duilio, in ISL,1999, 2, 96. Per una diversa impostazione, secondo cui l'obbligo di informativa a carico del datore di lavoro committente si riferisce a qualsiasi lavoratore che operi all'interno di un posto di lavoro (nel caso in esame lavori interni di pulizia) cfr. Cass. pen., 20 agosto 2010, Bellicini, in ISL, 2010, 11, 602.

L'obbligo di cooperazione e coordinamento (DUVRI)

L'obbligo di cooperazione e coordinamento (DUVRI)I datori di lavoro (committente e impresa appaltatrice, ivi compresi i subappaltatori) devono poi cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto, e coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva, ad esempio in caso di pluralità di appalti o di subappalto (art. 26, comma 2).
Si precisa peraltro che spetta al datore di lavoro committente l'onere di promuovere la cooperazione e il coordinamento, non estendendosi tale obbligo solo ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi, rispetto ai quali non si può attribuire una responsabilità al committente (art. 26, comma 3, penultimo periodo) (10).
L'obbligo di cooperazione e di coordinamento riguarda dunque i rischi comuni a cui possono andare incontro i dipendenti delle due parti per effetto dell'esecuzione dell'appalto (11).
Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento attraverso l'elaborazione di «un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze» (DUVRI) (art. 26, comma 3). Tale documento estende dunque a tutti i settori di attività la stessa logica del Piano di sicurezza e coordinamento (PSC) previsto per i cantieri temporanei e mobili (12).
Nel DUVRI (Documento Unico di Valutazione dei Rischi Interferenziali), da custodire presso l'unità produttiva a cui si riferisce la valutazione dei rischi (13), devono dunque essere riportate le indicazioni operative e gestionali per superare i rischi scaturenti dalla «interferenza» delle lavorazioni (ad esempio direttive specifiche, designazione di personale appositamente incaricato, coordinamento dei RLS delle diverse imprese).
«L'interferenza può essere definita come una sovrapposizione di attività lavorative risolventesi in un loro contatto «rischioso», a condizione che i soggetti coinvolti nel rischio interferenziale appartengano a distinte organizzazioni di lavoro» (14).
Il DUVRI deve essere allegato al contratto di appalto o di opera (15) e «va adeguato in funzione dell'evoluzione dei lavori, servizi e forniture». Si mette dunque in rilievo il carattere «dinamico» di tale documento (16).
Per gli appalti pubblici il documento in esame è redatto «dal soggetto titolare del potere decisionale e di spesa relativo alla gestione dello specifico appalto», in raccordo peraltro con la definizione di committente pubblico di cui al Titolo IV (cantieri temporanei e mobili), D.Lgs. n. 81/2008 (art. 89, comma 1, lett. b), secondo periodo) (17).
Ferma restando la necessaria attività di cooperazione e coordinamento tra le diverse organizzazioni di lavoro, l'obbligo di redigere il DUVRI non si estende «ai servizi di natura intellettuale, alle mere forniture di materiali o attrezzature, nonché ai lavori o servizi la cui durata non sia superiore ai due giorni, sempre che essi non comportino rischi derivanti dalla presenza di agenti cancerogeni, biologici, atmosfere esplosive o dalla presenza dei rischi particolari di cui all'allegato XI» (comma 3-bis, aggiunto dal D.Lgs. n. 106/2009) (18).
Per quanto detto il DUVRI riguarda dunque i rischi comuni.
«Per tutti gli altri rischi non riferibili alle interferenze resta immutato l'obbligo per ciascuna impresa di elaborare il proprio documento di valutazione dei rischi e di provvedere all'attuazione delle misure di sicurezza necessarie per eliminare o ridurre al minimo i rischi specifici propri dell'attività svolta» (19).

(10) Ciò non esclude tuttavia la configurabilità di un profilo di colpa generica a carico del datore di lavoro committente, nel caso in cui egli possa rendersi conto delle condizioni di estremo pericolo in cui sono eseguiti i lavori. Per la responsabilità del committente in caso di appalto di lavori altamente pericolosi, in violazione di regole minime di prudenza e sicurezza, cfr. Cass. pen., 8 ottobre 2003, Scalia, in ISL, 2003, 12, 720; Cass. pen., 29 novembre 2005, Limonta, in ISL, 2006, 1, 57; Cass. pen., 20 marzo 2008, Giorgi, in ISL, 2008, 5, 313. Cfr., tra le ultime, Cass. pen., 21 ottobre 2010, Bolletta e altro, in ISL, 2011, 1, 49; Cass. pen., 3 febbraio 2011, Sisani, e Cass. pen., 21 dicembre 2010, Fincantieri, entrambe in ISL, 2011, 3, 172. Per la sentenza Fincantieri sono da considerare «rischi specifici» quelli che «impongono precauzioni dettate da regole richiedenti una specifica competenza tecnica settoriale, generalmente mancante in chi opera in settori diversi, o che implicano la conoscenza di specifiche procedure o l'esecuzione di speciali tecniche». Ne desume che il carattere generico del rischio, quale la caduta dal tetto dovuto alla fragilità delle opere in lastre di eternit, non esonera da responsabilità il committente.
(11) Per il significato ed i limiti della cooperazione tra appaltante e appaltatore, cfr. in particolare Cass. pen., 20 settembre 2002, Zanini e altro, in ISL, 2004, 2 75, con nota di P. Soprani.
Cfr., nel nuovo contesto normativo, Cass. pen., 19 giugno 2009, Curioni e altro, in ISL, 2009, 8, 463; Cass. pen., 22 settembre 2009, Cingolani, in ISL, 2009, 11, 631.
(12) Cfr. Ministero del lavoro, circolare n. 5/2011.
(13) Cfr. art. 29, comma 4.
(14) Cfr. in tal senso P. Soprani, Il sistema degli appalti tra Testo Unico e decreto correttivo, cit., p. 481.
(15) Non anche al contratto di somministrazione; cfr. V. Pasquarella, cit., p. 363.
(16) «Per cui la valutazione effettuata prima dell'inizio dei lavori deve necessariamente essere aggiornata in caso di subappalti o forniture e posa in opera intervenuti successivamente ovvero in caso di modifiche di carattere tecnico, logistico o organizzativo incidenti sulle modalità realizzative dell'opera o del servizio che dovessero intervenire in corso d'opera»; cfr. Ministero del lavoro, circolare n. 24/2007.
(17) Per gli appalti rientranti nel campo di applicazione della normativa cantieri (Titolo IV, D.Lgs. n. 81/2008) non appare necessaria la redazione del DUVRI, dal momento che l'analisi dei rischi interferenti e la stima dei relativi costi sono contenuti nel piano di sicurezza e coordinamento (PSC); cfr. la Determinazione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, del 5 marzo 2008, n. 3; al riguardo cfr. V. Pasquarella, cit., p. 360.
(18) Una particolare disciplina è posta in taluni casi per le Pubbliche Amministrazioni o qualora il datore di lavoro non coincida con il committente (redazione da parte del soggetto che affida il contratto di un DUVRI ricognitivo standard, da integrare ad opera del soggetto presso il quale deve essere eseguito il contratto, con sottoscrizione, per accettazione, dell'esecutore) (art. 26, comma 3-ter).
(19) Cfr. Ministero del lavoro, circolare n. 24/2007.
L'indicazione dei costi per la sicurezza

L'indicazione dei costi per la sicurezzaAltra significativa previsione è quella relativa all'obbligo di indicare specificatamente nei contratti di appalto, subappalto e somministrazione (ad esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi essenziali) i «costi delle misure adottate per eliminare o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze delle lavorazioni»(comma 5). Tali costi, non soggetti a ribasso, ai sensi della modifica apportata dal D.Lgs. n. 106/2009, sono dunque solo quelli necessari per eliminare o ridurre rischi dovuti a interferenze delle lavorazioni e non quelli generali propri dell'attività esercitata dal singolo appaltatore/affidatario (20).
In caso di mancata indicazione dei costi per la sicurezza il contratto è da ritenersi nullo ai sensi dell'art. 1418, c.c. (21).
Ai dati relativi ai costi per la sicurezza possono accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) (è da ritenere del committente e di ciascuna impresa appaltatrice, stante il raccordo con quanto disposto dall'art. 50, comma 5) (22), nonché gli organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
Per quanto riguarda la predisposizione delle gare di appalto e la valutazione dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono altresì tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale, oltre che essere specificatamente indicato, deve risultare congruo rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. In particolare il costo del lavoro è determinato periodicamente dal Ministero del lavoro in apposite tabelle, sulla base dei valori economici previsti, tra l'altro, dalla contrattazione collettiva. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino (comma 6). La previsione è volta ad evitare che offerte «anormalmente basse» derivino da un risparmio sui costi del lavoro e della sicurezza (23). In materia di appalti pubblici le disposizioni contenute nel Testo Unico trovano peraltro applicazione per quanto non diversamente stabilito dal D.Lgs. n. 163/2006 (comma 7).

(20) Per la quantificazione dei costi della sicurezza da interferenze, stante l'assenza (per il settore privato) di criteri espliciti di riferimento, si è ritenuto utile il richiamo alle misure di cui all'art. 7, comma 1, D.P.R. n. 222/2003, in quanto compatibili, già disposte per i cantieri temporanei e mobili; cfr. V. Pasquarella, cit., p. 368, la quale richiama la Determinazione n. 3/2008 (cfr. ora punto 4, Allegato XV, D.Lgs. n. 81/2008); cfr. anche R. Dubini, DUVRI e costi della sicurezza, in Ambiente e lavoro, n. 38, 2008, pp.17 ss.

(21) Per la determinazione dei soggetti legittimati a far valere la nullità del contratto (dipendenti dell'appaltatore, del subappaltatore, del somministratore e del committente; RLS di entrambe le parti contrattuali; organismi locali delle organizzazioni sindacali), cfr. V. Pasquarella, cit., pp.368-369, anche per riferimenti di dottrina.

(22) Tale norma prevede tra le attribuzioni del RLS del committente e delle imprese appaltatrici, la possibilità di richiedere copia del DUVRI, per l'espletamento delle sue funzioni. Cfr. in tal senso P. Pascucci, Dopo la legge n. 123 del 2007, Prime osservazioni sul Titolo I del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Pesaro, 2008, p.120.

(23) Il principio è ribadito e rinforzato dall'art. 86, comma 3-ter del D.Lgs. n. 163/2006 che, in riferimento ai costi della sicurezza, stabilisce come gli stessi non possano essere soggetti «a ribasso d'asta».

La responsabilità solidale del committente

La responsabilità solidale del committenteIl comma 4, dell'art. 26, riprendendo quanto già stabilito dall'art. 1, comma 910, della legge n. 296/2006 (Finanziaria per il 2007), ferme restando le disposizioni vigenti in materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, sancisce il principio della responsabilità in solido dell'imprenditore committente con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, «per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall'appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) o dell'Istituto di Previdenza per il settore marittimo (IPSEMA)». La responsabilità solidale non si estende «ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici».
Ci si è interrogati sulla portata della previsione, dal momento che, in base al principio di «automaticità» delle prestazioni, di cui all'art. 2116, c.c. il lavoratore rientrante nell'obbligo assicurativo, in caso di infortunio sul lavoro o di malattia professionale, è comunque tutelato dall'INAIL, anche nel caso in cui il proprio datore di lavoro non abbia provveduto al pagamento del premio.
La norma, pur riguardando i soli rischi comuni, non è priva di rilievo venendo a coprire, tra l'altro, i c.d. «danni differenziali», nelle ipotesi in cui l'ammontare del danno, liquidato secondo gli ordinari criteri civilistici, raggiunga una somma superiore all'indennità corrisposta dagli istituti assicurativi (oltre ai danni che comportano una invalidità inferiore alla soglia minima indennizzabile dall'INAIL) (24).
La portata pratica di tale prospettiva, che accresce i profili di responsabilità del datore di lavoro committente, è di tutta evidenza.

(24) Cfr. Ministero del lavoro, circolare n. 5/2011. Cfr. sul punto V. Pasquarella, cit., pp. 365-366.

Il cartellino identificativo dei lavoratori presenti nell'appalto

Il cartellino identificativo dei lavoratori presenti nell'appaltoNell'ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, il personale occupato dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro (comma 8).
Ai sensi peraltro dell'art. 5, della legge n. 136/2010 la tessera di riconoscimento deve contenere, oltre agli elementi sopra menzionati, anche la data di assunzione e, in caso di subappalto, la relativa autorizzazione (ovvero la data di richiesta di autorizzazione al subappalto rispetto alla quale si è formato il silenzio-assenso) (25).
La previsione, che riproduce la prima parte dell'art. 6, legge n. 123/2007, espressamente abrogata (26), è richiamata, con pressoché identica formulazione, tra gli obblighi del datore di lavoro e dei dirigenti (art. 18, comma 1, lett. u) (27) e degli stessi lavoratori, anche autonomi (28).
La finalità della norma, pur limitata dalla circolare n. 24/2007 ai soli appalti interni, è quella di «consentire una più agevole identificazione del personale impegnato in contesti organizzativi complessi caratterizzati dalla compresenza, in uno stesso luogo, di lavoratori appartenenti a diversi datori di lavoro» (29). La norma deve essere letta anche come misura di contrasto del lavoro irregolare, in raccordo con l'art. 14, del Testo Unico, che prevede la sospensione dell'attività imprenditoriale qualora venga riscontrato l'impiego di manodopera irregolare in misura superiore al 20%.
L'obbligo datoriale è quello di munire di tessera «il personale occupato», intendendosi come tale «sia i lavoratori subordinati che coloro i quali risultano comunque inseriti nel ciclo produttivo, ricevendo direttive in ordine alle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa dedotta in contratto (ad es. lavoratore a progetto)» (30).
In merito alla più ampia questione della possibile lesione del diritto alla riservatezza (da parte dei «cartellini identificativi» dei lavoratori) è lecito domandarsi se possa essere sufficiente un codice identificativo (o il solo nome o ruolo professionale), specie qualora la prestazione esponga il lavoratore/lavoratrice a possibili rischi (ad esempio nelle attività a contatto con il pubblico) (31).

(25) La tessera dei lavoratori autonomi deve invece contenere anche l'indicazione del committente, cfr. Ministero del lavoro, circolare n. 5/2001.

(26) Cfr. art. 304, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 81/2008.

(27) È sanzionata solo la violazione dell'art. 26, comma 8, e non anche dell'art. 18, comma 1, lett. u); cfr. art. 55, comma 5, lett. i).

(28) Per l'obbligo dei lavoratori di esporre la tessera di riconoscimento cfr. art. 20, comma 3; per i componenti dell'impresa familiare ed i lavoratori autonomi, cfr. art. 21, comma 1, lett. c).

(29) Cfr. Ministero del lavoro, circolare n. 24/2007.

(30) «I dati contenuti nella tessera di riconoscimento devono consentire l'inequivoco ed immediato riconoscimento del lavoratore interessato e pertanto, oltre alla fotografia, deve essere riportato in modo leggibile almeno il nome, il cognome e la data di nascita. La tessera inoltre deve indicare il nome o la ragione sociale dell'impresa datrice di lavoro», cfr. Ministero del lavoro, circolare n. 24/2007.

(31) Cfr più ampiamente al riguardo F. Bacchini, La tessera di riconoscimento.Commento all'art. 6, in F. Bacchini (a cura di), Commentario alla sicurezza del lavoro, cit., pp. 189 ss.

La sicurezza nei luoghi confinati

Particolare rilievo assume la problematica della sicurezza del lavoro nell'ambito di appalti concernenti attività in contesti in cui si possono verificare condizioni pregiudizievoli per i lavoratori (32).

Ai sensi dell'art. 66, del D.Lgs. n. 81/2008 (Lavori in ambienti sospetti di inquinamento) «è vietato consentire l'accesso dei lavoratori in pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri, senza che sia previamente accertata l'assenza di pericolo per la vita e l'integrità fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell'atmosfera mediante ventilazione o altri mezzi idonei. Quando possa esservi dubbio sulla pericolosità dell'atmosfera, i lavoratori devono essere legati con cinture di sicurezza, vigilati per tutta la durata del lavoro e, ove occorra, forniti di appositi apparecchi di protezione. L'apertura di accesso a detti luoghi deve avere dimensioni tali da poter consentire l'agevole recupero di un lavoratore privo di sensi» (33).

Il Ministero del lavoro (Direzione generale per l'Attività Ispettiva), nella circolare n. 42/2010, richiamata sul punto letteralmente dalla circolare n. 5/2001, rileva come in tali ipotesi «le carenze prevenzionistiche di maggior rilievo attengono ad un mancato controllo e ad un'analitica verifica dell'atmosfera in ambiente confinato riconducibile ad una assente o carente valutazione dei rischi, ad una mancata adozione delle misure di prevenzione e protezione collettiva e individuale, ad una carente formazione/informazione dei lavoratori e ad una insufficiente gestione dell'emergenza»

Si prospetta quindi una specifica azione di monitoraggio e controllo degli appalti di servizi aventi ad oggetto attività manutentive o di pulizia in aree confinate, propedeutica ad una programmazione dell'attività ispettiva, che veda coinvolte le amministrazioni pubbliche competenti in materia, le Regioni e le Parti Sociali.

Le Direzioni Provinciali del Lavoro sono al riguardo invitate a provvedere, con la massima tempestività, ad elaborare specifici piani di intervento.

Gli interventi ispettivi dovranno in particolare essere rivolti alla verifica: «1) della corretta e completa elaborazione del DUVRI (Documento Unico di Valutazione dei Rischi Interferenziali) da parte delle aziende committenti; 2) delle misure di prevenzione e protezione previste per effettuare l'intervento lavorativo; 3) dei contenuti e della «effettività» della formazione/informazione nei confronti dei lavoratori delle aziende appaltatrici sui rischi interferenziali delle attività svolte; 4) dell'efficienza del sistema organizzativo dell'emergenza».

L'adozione di un sistema di procedure per la sicurezza rappresenta, più in generale, un aspetto essenziale del modello di prevenzione prefigurato dal D.Lgs. n. 81/2008, come risulta del resto dalla loro espressa menzione tra gli elementi da riportare nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) (34). D'altro lato più che sul dato formale l'accento è posto sui comportamenti tenuti e sull'effettiva applicazione delle regole procedurali da seguire.

 

(32) Per un caso di infortunio dovuto ad inadeguata bonifica di cisterne date a noleggio (oltre al caso emblematico dei 5 morti di Molfetta), cfr. Cass. pen., 17 maggio 2010, Lascioli, in ISL, 2010, 10, 539.

 

(33) Per i casi di violazione è prevista a carico del datore di lavoro e dei dirigenti la sanzione dell'arresto da 3 a 6 mesi o l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro (art. 68, comma 1, lett. a).

 

(34) Cfr. in particolare l'art. 28, comma 2, lett. d), D.Lgs. n. 81/2008, secondo il quale il DVR deve contenere «l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere..» Cfr. sul punto G. Rapuano, cit., p. 505.

 

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