Marco Lai
-
La sicurezza negli appalti
-
L'ambito di applicazione
-
Imprese appaltatrici e
lavoratori autonomi
-
L'obbligo di cooperazione
e coordinamento (DUVRI)
-
L'indicazione dei costi
per la sicurezza
-
La responsabilità solidale
del committente
-
Il cartellino
identificativo dei lavoratori presenti nell'appalto
-
La sicurezza nei luoghi
confinati
Il
Ministero del lavoro ha fornito indicazioni operative
nel delicato settore degli appalti, che affronta aspetti
cardine della disciplina quali la genuinità
dell'appalto, l'appalto illecito e fraudolento, gli
obblighi retributivi, il valore degli appalti interni e
criteri di scelta dei contraenti, il regime di
responsabilità solidale, la certificazione del
contratto, fino ad approfondire il tema della sicurezza
del lavoro nell'ambito di appalti concernenti attività
in contesti in cui si possono verificare condizioni
pregiudizievoli per i lavoratori
La sicurezza negli appalti
Al fine di
fornire indicazioni operative nel delicato settore degli
appalti (1) il Ministero del lavoro, di recente, ha
opportunamente emanato apposita circolare (11 febbraio
2011, n. 5) sul Quadro giuridico degli appalti,
che affronta i punti cardine della disciplina in materia
(genuinità dell'appalto, appalto illecito e fraudolento,
obblighi retributivi, valore degli appalti interni e
criteri di scelta dei contraenti, regime di
responsabilità solidale, certificazione del contratto),
con una sezione finale dedicata alla sicurezza degli
appalti.
In tale specifico contesto rilievo assume, alla luce del
ripetersi di infortuni mortali spesso a catena, il
controllo degli appalti aventi oggetto attività
manutentive o di pulizie su aree confinate (silos,
pozzi, cisterne, serbatoi, impianti di depurazione,
cunicoli e gallerie ecc.), con personale non sempre
preparato ad affrontare tali particolari evenienze,
tematica anch'essa oggetto di attenzione da parte del
Ministero del lavoro, Direzione generale per l'Attività
Ispettiva (cfr. circolare n. 42, del 9 dicembre 2010)
(2).
(1) Per la disciplina di carattere generale sugli
appalti cfr., più di recente, P. Rausei, Appalti:
requisiti normativi, giurisprudenziali e sanzioni,
in DPL, 2010, pp. 2233 ss.
(2) Cfr. al riguardo G. Rapuano, Gestione del rischio
negli ambienti confinati, in DPL, 2011,
pp.501 ss.
L'ambito di applicazione
L'ambito di applicazioneIl D.Lgs. n. 81/2008 prevede un
più penetrante coinvolgimento del datore di lavoro
committente nell'attività di prevenzione a favore, oltre
che dei propri dipendenti, dei lavoratori autonomi
(contratto d'opera) e dei dipendenti delle imprese
appaltatrici (3).
Una prima novità della riforma, rispetto all'art. 7,
D.Lgs. n. 626/1994, concerne il campo di applicazione.
Ai sensi dell'art. 26, comma 1, alinea, gli obblighi di
collaborazione prevenzionale a carico del datore di
lavoro committente scattano «in caso di affidamento di
lavori, servizi e forniture all'impresa appaltatrice o a
lavoratori autonomi all'interno della propria azienda, o
di una singola unità produttiva della stessa, nonché
nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda
medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica
dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la prestazione
di lavoro autonomo».
Recependo la modifica già operata dalla legge
Finanziaria per il 2007 (art. 1, comma 910) si mette
dunque in rilievo la responsabilità del datore di lavoro
committente non solo, come nel testo originario
dell'art. 7, D.Lgs. n. 626/1994, in riferimento agli
«appalti interni», bensì a tutta la catena dell'appalto
e del subappalto, dovendosi intendere in tal senso il
riferimento «all'intero ciclo produttivo».
Si dà pertanto rilievo al profilo funzionale più che
topologico dell'appalto, venendo ad interessare tutte
quelle lavorazioni che risultino necessarie
all'organizzazione produttiva del committente, a
prescindere dalla collocazione fisica delle stesse (con
esclusione di quelle semplicemente preparatorie o
complementari dell'attività produttiva in senso stretto)
(4).
Le correzioni apportate dal D.Lgs. n. 106/2009
individuano ancor meglio il campo di applicazione della
normativa: da un lato aggiungendo all'ipotesi di
affidamento di «lavori» quella di «servizi e forniture»,
dall'altro precisando che debbono escludersi le attività
che, pur rientrando nel ciclo produttivo aziendale, si
svolgano in luoghi sottratti alla disponibilità
giuridica del committente, la qual cosa impedirebbe
l'assolvimento degli obblighi di legge (5).
(3) Cfr. per riferimenti, tra gli altri, J. Tscholl,
Committenti e appaltatori, in M. Tiraboschi, L.
Fantini, Il Testo Unico della salute e sicurezza sul
lavoro dopo il correttivo (D.Lgs. n. 106/2009),
Milano, 2009, pp.295 ss; V. Pasquarella, La
responsabilità nel sistema degli appalti, in L.
Zoppoli, P. Pascucci, G. Natullo (a cura di),Le nuove
regole per la salute e la sicurezza dei lavoratori,
Milano, 2010, pp.349 ss.; più in generale M. Lai,
Diritto della salute e della sicurezza sul lavoro,
Torino, 2010, pp. 78 ss. per la giurisprudenza cfr. R.
Guariniello, Il Testo Unico Sicurezza sul Lavoro,
Milano, 2009, pp. 303 ss. Tra le ultime Cass. pen., 25
maggio 2010, Vanoncini e altro, in ISL,
2010, 6, 540.
(4) Cfr., al riguardo, Ministero del lavoro, circolare
n. 24 del 14 novembre 2007; anche per riferimenti V.
Pasquarella, cit., pp. 353-354.
(5) Tale indicazione era già contenuta nella circolare
n. 24/2007, con riferimento tuttavia ai «locali» e non
ai «luoghi di lavoro». Si è osservato come improprio e
riduttivo sia il richiamo alla «disponibilità
giuridica», rilevando ai fini delle responsabilità
penale la «disponibilità materiale» del luogo di lavoro;
«disponibilità che deve necessariamente estrinsecarsi
nell'esercizio di un effettivo potere gestionale,
indipendentemente dall'esistenza di un titolo giuridico
corrispondente»; cfr. in tal senso P. Soprani, Il
sistema degli appalti tra Testo Unico e decreto
correttivo, in ISL, 2009, 9, 477 (481).
Ritiene invece che «per disponibilità giuridica deve
intendersi la possibilità da parte dell'appaltante di
poter legittimamente esercitare poteri e diritti sui
luoghi ove si svolge l'attività dell'appaltatore...», A.
Splendori, La tutela prevenzionistica del lavoro in
appalto: ambito di applicazione, in Dir. rel. ind.,
2010, pp.537-538; «in via esemplificativa, rilevano i
casi in cui il committente sia titolare del diritto di
proprietà sui luoghi in cui si svolge l'appalto ovvero
di possesso a seguito di usufrutto, uso, locazione,
comodato di beni immobili, concessione amministrativa».
Sulla problematica degli appalti c.d. «extraziendali»
cfr. Cass. pen., 12 ottobre 2007, Capozzoli, in
R. Guariniello, Il Testo Unico Sicurezza sul Lavoro,
cit., p. 306.
Imprese appaltatrici e lavoratori autonomi
Il controllo dell'idoneità tecnico-professionale
Ai sensi del comma 1, dell'art. 26, il datore di lavoro
committente ha innanzitutto l'obbligo di verificare «con
le modalità previste dal decreto di cui all'art. 6,
comma 8, lett. g), l'idoneità tecnico
professionale delle imprese appaltatrici o dei
lavoratori autonomi in relazione ai lavori, ai servizi e
alle forniture da affidare in appalto o mediante
contratto d'opera o di somministrazione...» (lett. a)
e di fornire agli stessi soggetti «dettagliate
informazioni sui rischi specifici esistenti
nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle
misure di prevenzione e di emergenza adottate in
relazione alla propria attività» (lett. b).
Il primo obbligo menzionato non è altro che uno sviluppo
del principio della c.d. culpa in eligendo,
propria del datore di lavoro. Rispetto alla generica
formulazione utilizzata dall'art. 7, D.Lgs. n. 626/1994,
che lasciava al datore di lavoro committente una certa
discrezionalità al riguardo, si prevede ora, in
attuazione del menzionato criterio di delega, di
affidare la selezione delle imprese appaltatrici e dei
lavoratori autonomi ad un sistema di qualificazione, da
determinare tramite decreto, sulla base dei criteri
individuati dalla Commissione consultiva permanente per
la salute e la sicurezza sul lavoro, istituita presso il
Ministero del lavoro (6). In attesa del decreto tale
verifica dovrà essere effettuata dal datore di lavoro
committente, mediante l'acquisizione di due documenti:
il certificato di iscrizione alla Camera di commercio,
industria e artigianato; un'autocertificazione del
possesso dei requisiti di idoneità tecnico
professionale. La previsione è dunque volta a
valorizzare le imprese tecnicamente e socialmente
affidabili.
Obblighi informativi
Il possesso di informazioni «dettagliate» sui rischi
specifici esistenti nell'ambiente di lavoro e sulle
misure di prevenzione e di emergenza adottate (ad
esempio sui cicli lavorativi, le macchine ed impianti,
le sostanze ed i preparati pericolosi, nonché circa la
presenza o meno dei lavoratori del committente durante
l'esecuzione dei lavori) dovrebbe peraltro consentire ai
lavoratori autonomi o ai dipendenti delle imprese
appaltatrici, a loro volta appropriatamente informati,
di operare con la necessaria prudenza in un ambiente che
non è conosciuto (7).
La naturale collocazione di tale documentazione può
essere il capitolato di appalto, documento che contiene
le norme che regolano il contratto d'appalto (8).
In merito agli obblighi di informazione del datore di
lavoro committente parte della giurisprudenza ha escluso
che destinatari, oltre all'appaltatore (e ai lavoratori
autonomi) siano anche i singoli dipendenti del medesimo,
che dovranno invece essere adeguatamente informati dal
loro datore di lavoro con le rigorose modalità stabilite
dall'art. 36, del D.Lgs. n. 81/2008 (9).
(6) Cfr. art. 27, infra.
(7) Sulla nozione ampia di «rischio ambientale» e
il conseguente obbligo informativo del committente,
cfr., in particolare, Cass. pen., 17 ottobre 2003,
Luciano e altro, in un caso di infortunio mortale
occorso ad un lavoratore autonomo incaricato di
procedere all'installazione dell'insegna luminosa di un
locale, precipitato a terra causa la caduta della
controsoffittatura lungo la quale si stava muovendo.
(8) Cfr. Coordinamento delle Regioni e delle Province
autonome, Linee guida per l'applicazione del D.Lgs. n.
626/1994, documento n. 6, Ravenna, 1999, p.190.
(9) Cfr. in tal senso Cass. pen, 5 dicembre 1998,
Duilio, in ISL,1999, 2, 96. Per una diversa
impostazione, secondo cui l'obbligo di informativa a
carico del datore di lavoro committente si riferisce a
qualsiasi lavoratore che operi all'interno di un posto
di lavoro (nel caso in esame lavori interni di pulizia)
cfr. Cass. pen., 20 agosto 2010, Bellicini, in
ISL, 2010, 11, 602.
L'obbligo di cooperazione e coordinamento (DUVRI)
L'obbligo di
cooperazione e coordinamento (DUVRI)I datori di lavoro
(committente e impresa appaltatrice, ivi compresi i
subappaltatori) devono poi cooperare all'attuazione
delle misure di prevenzione dai rischi sul lavoro
incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto,
e coordinare gli interventi di protezione e prevenzione
dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi
reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti
alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese
coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva, ad
esempio in caso di pluralità di appalti o di subappalto
(art. 26, comma 2).
Si precisa peraltro che spetta al datore di lavoro
committente l'onere di promuovere la cooperazione e il
coordinamento, non estendendosi tale obbligo solo ai
rischi specifici propri dell'attività delle imprese
appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi, rispetto
ai quali non si può attribuire una responsabilità al
committente (art. 26, comma 3, penultimo periodo) (10).
L'obbligo di cooperazione e di coordinamento riguarda
dunque i rischi comuni a cui possono andare incontro i
dipendenti delle due parti per effetto dell'esecuzione
dell'appalto (11).
Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione
ed il coordinamento attraverso l'elaborazione di «un
unico documento di valutazione dei rischi che indichi le
misure adottate per eliminare o, ove ciò non è
possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze»
(DUVRI) (art. 26, comma 3). Tale documento estende
dunque a tutti i settori di attività la stessa logica
del Piano di sicurezza e coordinamento (PSC) previsto
per i cantieri temporanei e mobili (12).
Nel DUVRI (Documento Unico di Valutazione dei Rischi
Interferenziali), da custodire presso l'unità
produttiva a cui si riferisce la valutazione dei rischi
(13), devono dunque essere riportate le indicazioni
operative e gestionali per superare i rischi scaturenti
dalla «interferenza» delle lavorazioni (ad esempio
direttive specifiche, designazione di personale
appositamente incaricato, coordinamento dei RLS delle
diverse imprese).
«L'interferenza può essere definita come una
sovrapposizione di attività lavorative risolventesi in
un loro contatto «rischioso», a condizione che i
soggetti coinvolti nel rischio interferenziale
appartengano a distinte organizzazioni di lavoro» (14).
Il DUVRI deve essere allegato al contratto di appalto o
di opera (15) e «va adeguato in funzione dell'evoluzione
dei lavori, servizi e forniture». Si mette dunque in
rilievo il carattere «dinamico» di tale documento (16).
Per gli appalti pubblici il documento in esame è redatto
«dal soggetto titolare del potere decisionale e di spesa
relativo alla gestione dello specifico appalto», in
raccordo peraltro con la definizione di committente
pubblico di cui al Titolo IV (cantieri temporanei e
mobili), D.Lgs. n. 81/2008 (art. 89, comma 1, lett. b),
secondo periodo) (17).
Ferma restando la necessaria attività di cooperazione e
coordinamento tra le diverse organizzazioni di lavoro,
l'obbligo di redigere il DUVRI non si estende «ai
servizi di natura intellettuale, alle mere forniture di
materiali o attrezzature, nonché ai lavori o servizi la
cui durata non sia superiore ai due giorni, sempre che
essi non comportino rischi derivanti dalla presenza di
agenti cancerogeni, biologici, atmosfere esplosive o
dalla presenza dei rischi particolari di cui
all'allegato XI» (comma 3-bis, aggiunto dal
D.Lgs. n. 106/2009) (18).
Per quanto detto il DUVRI riguarda dunque i rischi
comuni.
«Per tutti gli altri rischi non riferibili alle
interferenze resta immutato l'obbligo per ciascuna
impresa di elaborare il proprio documento di valutazione
dei rischi e di provvedere all'attuazione delle misure
di sicurezza necessarie per eliminare o ridurre al
minimo i rischi specifici propri dell'attività svolta»
(19).
(10) Ciò non esclude tuttavia la configurabilità di un
profilo di colpa generica a carico del datore di lavoro
committente, nel caso in cui egli possa rendersi conto
delle condizioni di estremo pericolo in cui sono
eseguiti i lavori. Per la responsabilità del committente
in caso di appalto di lavori altamente pericolosi, in
violazione di regole minime di prudenza e sicurezza,
cfr. Cass. pen., 8 ottobre 2003, Scalia, in
ISL, 2003, 12, 720; Cass. pen., 29 novembre 2005,
Limonta, in ISL, 2006, 1, 57; Cass. pen., 20
marzo 2008, Giorgi, in ISL, 2008, 5, 313.
Cfr., tra le ultime, Cass. pen., 21 ottobre 2010,
Bolletta e altro, in ISL, 2011, 1, 49; Cass.
pen., 3 febbraio 2011, Sisani, e Cass. pen., 21
dicembre 2010, Fincantieri, entrambe in ISL,
2011, 3, 172. Per la sentenza Fincantieri sono da
considerare «rischi specifici» quelli che «impongono
precauzioni dettate da regole richiedenti una specifica
competenza tecnica settoriale, generalmente mancante in
chi opera in settori diversi, o che implicano la
conoscenza di specifiche procedure o l'esecuzione di
speciali tecniche». Ne desume che il carattere generico
del rischio, quale la caduta dal tetto dovuto alla
fragilità delle opere in lastre di eternit, non esonera
da responsabilità il committente.
(11) Per il significato ed i limiti della cooperazione
tra appaltante e appaltatore, cfr. in particolare Cass.
pen., 20 settembre 2002, Zanini e altro, in
ISL, 2004, 2 75, con nota di P. Soprani.
Cfr., nel nuovo contesto normativo, Cass. pen., 19
giugno 2009, Curioni e altro, in ISL,
2009, 8, 463; Cass. pen., 22 settembre 2009,
Cingolani, in ISL, 2009, 11, 631.
(12) Cfr. Ministero del lavoro, circolare n. 5/2011.
(13) Cfr. art. 29, comma 4.
(14) Cfr. in tal senso P. Soprani, Il sistema degli
appalti tra Testo Unico e decreto correttivo, cit.,
p. 481.
(15) Non anche al contratto di somministrazione; cfr. V.
Pasquarella, cit., p. 363.
(16) «Per cui la valutazione effettuata prima
dell'inizio dei lavori deve necessariamente essere
aggiornata in caso di subappalti o forniture e posa in
opera intervenuti successivamente ovvero in caso di
modifiche di carattere tecnico, logistico o
organizzativo incidenti sulle modalità realizzative
dell'opera o del servizio che dovessero intervenire in
corso d'opera»; cfr. Ministero del lavoro, circolare n.
24/2007.
(17) Per gli appalti rientranti nel campo di
applicazione della normativa cantieri (Titolo IV, D.Lgs.
n. 81/2008) non appare necessaria la redazione del
DUVRI, dal momento che l'analisi dei rischi interferenti
e la stima dei relativi costi sono contenuti nel piano
di sicurezza e coordinamento (PSC); cfr. la
Determinazione dell'Autorità per la vigilanza sui
contratti pubblici di lavori, servizi e forniture,
del 5 marzo 2008, n. 3; al riguardo cfr. V. Pasquarella,
cit., p. 360.
(18) Una particolare disciplina è posta in taluni casi
per le Pubbliche Amministrazioni o qualora il datore di
lavoro non coincida con il committente (redazione da
parte del soggetto che affida il contratto di un DUVRI
ricognitivo standard, da integrare ad opera del soggetto
presso il quale deve essere eseguito il contratto, con
sottoscrizione, per accettazione, dell'esecutore) (art.
26, comma 3-ter).
(19) Cfr. Ministero del lavoro, circolare n. 24/2007.
L'indicazione dei costi per la sicurezza
L'indicazione dei costi per la sicurezzaAltra
significativa previsione è quella relativa all'obbligo
di indicare specificatamente nei contratti di appalto,
subappalto e somministrazione (ad esclusione dei
contratti di somministrazione di beni e servizi
essenziali) i «costi delle misure adottate per eliminare
o, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i rischi
in materia di salute e sicurezza sul lavoro derivanti
dalle interferenze delle lavorazioni»(comma 5). Tali
costi, non soggetti a ribasso, ai sensi della modifica
apportata dal D.Lgs. n. 106/2009, sono dunque solo
quelli necessari per eliminare o ridurre rischi dovuti a
interferenze delle lavorazioni e non quelli generali
propri dell'attività esercitata dal singolo
appaltatore/affidatario (20).
In caso di mancata indicazione dei costi per la
sicurezza il contratto è da ritenersi nullo ai sensi
dell'art. 1418, c.c. (21).
Ai dati relativi ai costi per la sicurezza possono
accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza (RLS) (è da ritenere del committente e
di ciascuna impresa appaltatrice, stante il raccordo con
quanto disposto dall'art. 50, comma 5) (22), nonché gli
organismi locali delle organizzazioni sindacali dei
lavoratori comparativamente più rappresentative a
livello nazionale.
Per quanto riguarda la predisposizione delle gare di
appalto e la valutazione dell'anomalia delle offerte
nelle procedure di affidamento di appalti di lavori
pubblici, di servizi e di forniture, gli enti
aggiudicatori sono altresì tenuti a valutare che il
valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al
costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il
quale, oltre che essere specificatamente indicato, deve
risultare congruo rispetto all'entità e alle
caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle
forniture. In particolare il costo del lavoro è
determinato periodicamente dal Ministero del lavoro in
apposite tabelle, sulla base dei valori economici
previsti, tra l'altro, dalla contrattazione collettiva.
In mancanza di contratto collettivo applicabile, il
costo del lavoro è determinato in relazione al contratto
collettivo del settore merceologico più vicino (comma
6). La previsione è volta ad evitare che offerte
«anormalmente basse» derivino da un risparmio sui costi
del lavoro e della sicurezza (23). In materia di appalti
pubblici le disposizioni contenute nel Testo Unico
trovano peraltro applicazione per quanto non
diversamente stabilito dal D.Lgs. n. 163/2006 (comma 7).
(20) Per la quantificazione dei costi della sicurezza da
interferenze, stante l'assenza (per il settore privato)
di criteri espliciti di riferimento, si è ritenuto utile
il richiamo alle misure di cui all'art. 7, comma 1,
D.P.R. n. 222/2003, in quanto compatibili, già disposte
per i cantieri temporanei e mobili; cfr. V. Pasquarella,
cit., p. 368, la quale richiama la Determinazione n.
3/2008 (cfr. ora punto 4, Allegato XV, D.Lgs. n.
81/2008); cfr. anche R. Dubini, DUVRI e costi della
sicurezza, in Ambiente e lavoro, n. 38, 2008,
pp.17 ss.
(21) Per la determinazione dei soggetti legittimati a
far valere la nullità del contratto (dipendenti
dell'appaltatore, del subappaltatore, del
somministratore e del committente; RLS di entrambe le
parti contrattuali; organismi locali delle
organizzazioni sindacali), cfr. V. Pasquarella, cit.,
pp.368-369, anche per riferimenti di dottrina.
(22) Tale norma prevede tra le attribuzioni del RLS del
committente e delle imprese appaltatrici, la possibilità
di richiedere copia del DUVRI, per l'espletamento delle
sue funzioni. Cfr. in tal senso P. Pascucci, Dopo la
legge n. 123 del 2007, Prime osservazioni sul
Titolo I del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 in materia di
tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di
lavoro. Pesaro, 2008, p.120.
(23) Il principio è ribadito e rinforzato dall'art. 86,
comma 3-ter del D.Lgs. n. 163/2006 che, in
riferimento ai costi della sicurezza, stabilisce come
gli stessi non possano essere soggetti «a ribasso
d'asta».
La responsabilità solidale del committente
La responsabilità solidale del committenteIl comma 4,
dell'art. 26, riprendendo quanto già stabilito dall'art.
1, comma 910, della legge n. 296/2006 (Finanziaria per
il 2007), ferme restando le disposizioni vigenti in
materia di responsabilità solidale per il mancato
pagamento delle retribuzioni e dei contributi
previdenziali e assicurativi, sancisce il principio
della responsabilità in solido dell'imprenditore
committente con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli
eventuali subappaltatori, «per tutti i danni per i quali
il lavoratore, dipendente dall'appaltatore o dal
subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera
dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro (INAIL) o dell'Istituto di
Previdenza per il settore marittimo (IPSEMA)». La
responsabilità solidale non si estende «ai danni
conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività
delle imprese appaltatrici o subappaltatrici».
Ci si è interrogati sulla portata della previsione, dal
momento che, in base al principio di «automaticità»
delle prestazioni, di cui all'art. 2116, c.c. il
lavoratore rientrante nell'obbligo assicurativo, in caso
di infortunio sul lavoro o di malattia professionale, è
comunque tutelato dall'INAIL, anche nel caso in cui il
proprio datore di lavoro non abbia provveduto al
pagamento del premio.
La norma, pur riguardando i soli rischi comuni, non è
priva di rilievo venendo a coprire, tra l'altro, i c.d.
«danni differenziali», nelle ipotesi in cui l'ammontare
del danno, liquidato secondo gli ordinari criteri
civilistici, raggiunga una somma superiore all'indennità
corrisposta dagli istituti assicurativi (oltre ai danni
che comportano una invalidità inferiore alla soglia
minima indennizzabile dall'INAIL) (24).
La portata pratica di tale prospettiva, che accresce i
profili di responsabilità del datore di lavoro
committente, è di tutta evidenza.
(24) Cfr. Ministero del lavoro, circolare n. 5/2011.
Cfr. sul punto V. Pasquarella, cit., pp. 365-366.
Il cartellino identificativo dei lavoratori presenti
nell'appalto
Il cartellino identificativo dei lavoratori presenti
nell'appaltoNell'ambito dello svolgimento di attività in
regime di appalto o subappalto, il personale occupato
dall'impresa appaltatrice o subappaltatrice deve essere
munito di apposita tessera di riconoscimento, corredata
di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e
l'indicazione del datore di lavoro (comma 8).
Ai sensi peraltro dell'art. 5, della legge n. 136/2010
la tessera di riconoscimento deve contenere, oltre agli
elementi sopra menzionati, anche la data di assunzione
e, in caso di subappalto, la relativa autorizzazione
(ovvero la data di richiesta di autorizzazione al
subappalto rispetto alla quale si è formato il
silenzio-assenso) (25).
La previsione, che riproduce la prima parte dell'art. 6,
legge n. 123/2007, espressamente abrogata (26), è
richiamata, con pressoché identica formulazione, tra gli
obblighi del datore di lavoro e dei dirigenti (art. 18,
comma 1, lett. u) (27) e degli stessi lavoratori,
anche autonomi (28).
La finalità della norma, pur limitata dalla circolare n.
24/2007 ai soli appalti interni, è quella di «consentire
una più agevole identificazione del personale impegnato
in contesti organizzativi complessi caratterizzati dalla
compresenza, in uno stesso luogo, di lavoratori
appartenenti a diversi datori di lavoro» (29). La norma
deve essere letta anche come misura di contrasto del
lavoro irregolare, in raccordo con l'art. 14, del Testo
Unico, che prevede la sospensione dell'attività
imprenditoriale qualora venga riscontrato l'impiego di
manodopera irregolare in misura superiore al 20%.
L'obbligo datoriale è quello di munire di tessera «il
personale occupato», intendendosi come tale «sia i
lavoratori subordinati che coloro i quali risultano
comunque inseriti nel ciclo produttivo, ricevendo
direttive in ordine alle concrete modalità di
svolgimento della prestazione lavorativa dedotta in
contratto (ad es. lavoratore a progetto)» (30).
In merito alla più ampia questione della possibile
lesione del diritto alla riservatezza (da parte dei
«cartellini identificativi» dei lavoratori) è lecito
domandarsi se possa essere sufficiente un codice
identificativo (o il solo nome o ruolo professionale),
specie qualora la prestazione esponga il
lavoratore/lavoratrice a possibili rischi (ad esempio
nelle attività a contatto con il pubblico) (31).
(25) La tessera dei lavoratori autonomi deve invece
contenere anche l'indicazione del committente, cfr.
Ministero del lavoro, circolare n. 5/2001.
(26) Cfr. art. 304, comma 1, lett. c), D.Lgs. n.
81/2008.
(27) È sanzionata solo la violazione dell'art. 26, comma
8, e non anche dell'art. 18, comma 1, lett. u);
cfr. art. 55, comma 5, lett. i).
(28) Per l'obbligo dei lavoratori di esporre la tessera
di riconoscimento cfr. art. 20, comma 3; per i
componenti dell'impresa familiare ed i lavoratori
autonomi, cfr. art. 21, comma 1, lett. c).
(29) Cfr. Ministero del lavoro, circolare n. 24/2007.
(30) «I dati contenuti nella tessera di riconoscimento
devono consentire l'inequivoco ed immediato
riconoscimento del lavoratore interessato e pertanto,
oltre alla fotografia, deve essere riportato in modo
leggibile almeno il nome, il cognome e la data di
nascita. La tessera inoltre deve indicare il nome o la
ragione sociale dell'impresa datrice di lavoro», cfr.
Ministero del lavoro, circolare n. 24/2007.
(31) Cfr più ampiamente al riguardo F. Bacchini, La
tessera di riconoscimento.Commento all'art. 6,
in F. Bacchini (a cura di), Commentario alla
sicurezza del lavoro, cit., pp. 189 ss.
La sicurezza nei luoghi confinati
Particolare rilievo assume la
problematica della sicurezza del lavoro nell'ambito di
appalti concernenti attività in contesti in cui si
possono verificare condizioni pregiudizievoli per i
lavoratori (32).
Ai sensi dell'art. 66, del D.Lgs.
n. 81/2008 (Lavori in ambienti sospetti di inquinamento)
«è vietato consentire l'accesso dei lavoratori in pozzi
neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in
ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove
sia possibile il rilascio di gas deleteri, senza che sia
previamente accertata l'assenza di pericolo per la vita
e l'integrità fisica dei lavoratori medesimi, ovvero
senza previo risanamento dell'atmosfera mediante
ventilazione o altri mezzi idonei. Quando possa esservi
dubbio sulla pericolosità dell'atmosfera, i lavoratori
devono essere legati con cinture di sicurezza, vigilati
per tutta la durata del lavoro e, ove occorra, forniti
di appositi apparecchi di protezione. L'apertura di
accesso a detti luoghi deve avere dimensioni tali da
poter consentire l'agevole recupero di un lavoratore
privo di sensi» (33).
Il Ministero del lavoro (Direzione
generale per l'Attività Ispettiva), nella circolare n.
42/2010, richiamata sul punto letteralmente dalla
circolare n. 5/2001, rileva come in tali ipotesi «le
carenze prevenzionistiche di maggior rilievo attengono
ad un mancato controllo e ad un'analitica verifica
dell'atmosfera in ambiente confinato riconducibile ad
una assente o carente valutazione dei rischi, ad una
mancata adozione delle misure di prevenzione e
protezione collettiva e individuale, ad una carente
formazione/informazione dei lavoratori e ad una
insufficiente gestione dell'emergenza»
Si prospetta quindi una specifica
azione di monitoraggio e controllo degli appalti di
servizi aventi ad oggetto attività manutentive o di
pulizia in aree confinate, propedeutica ad una
programmazione dell'attività ispettiva, che veda
coinvolte le amministrazioni pubbliche competenti in
materia, le Regioni e le Parti Sociali.
Le Direzioni Provinciali del Lavoro
sono al riguardo invitate a provvedere, con la massima
tempestività, ad elaborare specifici piani di
intervento.
Gli interventi ispettivi dovranno
in particolare essere rivolti alla verifica: «1) della
corretta e completa elaborazione del DUVRI (Documento
Unico di Valutazione dei Rischi Interferenziali) da
parte delle aziende committenti; 2) delle misure di
prevenzione e protezione previste per effettuare
l'intervento lavorativo; 3) dei contenuti e della
«effettività» della formazione/informazione nei
confronti dei lavoratori delle aziende appaltatrici sui
rischi interferenziali delle attività svolte; 4)
dell'efficienza del sistema organizzativo
dell'emergenza».
L'adozione di un sistema di
procedure per la sicurezza rappresenta, più in generale,
un aspetto essenziale del modello di prevenzione
prefigurato dal D.Lgs. n. 81/2008, come risulta del
resto dalla loro espressa menzione tra gli elementi da
riportare nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR)
(34). D'altro lato più che sul dato formale l'accento è
posto sui comportamenti tenuti e sull'effettiva
applicazione delle regole procedurali da seguire.
(32) Per un caso di infortunio
dovuto ad inadeguata bonifica di cisterne date a
noleggio (oltre al caso emblematico dei 5 morti di
Molfetta), cfr. Cass. pen., 17 maggio 2010, Lascioli, in
ISL, 2010, 10, 539.
(33) Per i casi di violazione è
prevista a carico del datore di lavoro e dei dirigenti
la sanzione dell'arresto da 3 a 6 mesi o l'ammenda da
2.500 a 6.400 euro (art. 68, comma 1, lett. a).
(34) Cfr. in particolare l'art. 28,
comma 2, lett. d), D.Lgs. n. 81/2008, secondo il quale
il DVR deve contenere «l'individuazione delle procedure
per l'attuazione delle misure da realizzare nonché dei
ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono
provvedere..» Cfr. sul punto G. Rapuano, cit., p. 505. |