di Michele Didonna
In tema di giudizio di
ottemperanza, ai sensi dell'art. 114 comma 1 c.p.a., il
ricorso per l'esecuzione dev'essere necessariamente
notificato all'Amministrazione al fine di mettere in
condizione la stessa di avere contezza della
proposizione del ricorso e degli elementi essenziali
della questione controversa; è inammissibile, pertanto,
la domanda di esecuzione del giudicato priva di tale
notifica
Ha premesso il Collegio di Roma che
col ricorso era stata richiesta l’esecuzione della
sentenza 5 luglio 2010, n. 22601, pronunciata dal
medesimo - con la quale veniva dichiarata
l’illegittimità del silenzio-rifiuto del Comune
resistente e disposto l’ordine di provvedere
sull’istanza-diffida del 9 dicembre 2009 di parte
ricorrente, con provvedimento espresso, entro il termine
di 45 giorni dalla notificazione della stessa, con
eventuale nomina di commissario ad acta in caso di
inadempimento - insistendo per l’accoglimento della
domanda e per la nomina del commissario ad acta.
In via preliminare l’adito T.A.R.
ha esaminato le questioni pregiudiziali inerenti la
domanda, in particolare, il ricorso/istanza per
l’esecuzione della sentenza n. 22601/2010 e la nomina
del commissario ad acta, depositato in data 20 ottobre
2010, prot. n. 64867, non notificato al Comune, recante
in allegato la nota in data 7.9.2010, n. 12148, con la
quale detto Comune “in relazione all’atto di invito e
diffida… in data 4.12.2009 ed all’esito della sentenza
n. 22601 del 2010”, ha ribadito che “non è ravvisabile
un comportamento negligente… atteso che l’obbligo del
Comune di provvedere alla manutenzione dell’impianto di
depurazione era condizionato sospensivamente alla
realizzazione e ultimazione delle opere e al collaudo
avvenuto con esito positivo: circostanza quest’ultima
mai verificata”.
Orbene, ha rilevato il G.A. romano
che la domanda proposta dai ricorrenti presentasse delle
criticità sotto profili di rito: infatti, se intesa
quale azione per l’esecuzione del giudicato e nomina di
commissario ad acta - come qualificata dai ricorrenti –
doveva rilevarsi che la stessa non risultava proposta
nelle forme del rito proprio dell’ottemperanza di cui
agli art. 112 c.p.a. e ss., ossia con ricorso notificato
alla pubblica amministrazione e a tutte le parti del
giudizio definito dalla sentenza della cui ottemperanza
si tratta e nel rispetto degli adempimenti propri del
procedimento.
Al riguardo, ha richiamato il
Collegio l’art. 114, comma 1° c.p.a. che, a differenza
di quanto previsto prima dell’entrata in vigore del
Codice del processo amministrativo per il giudizio di
ottemperanza, ha chiarito (mancando in precedenza
un’espressa previsione in tal senso) la necessità della
notifica del ricorso per l’esecuzione
all’Amministrazione, al fine di mettere in condizione la
stessa di avere contezza della proposizione del ricorso
e degli elementi essenziali della questione controversa,
ciò per la salvaguardia del principio del
contraddittorio e superando le precedenti contrastanti
opinioni in giurisprudenza, riferite alla fase
previgente all’entrata in vigore del Codice (cfr. in tal
senso, Cons. Stato, Sez. VI, 13 settembre 2010, n. 6564;
e, per l’interpretazione antecedente al c.p.a., sulla
necessità della notifica all’Amministrazione, cfr. Cons.
Stato, Sez. V, 22 febbraio 2000, n. 938; idem, 2 marzo
2000, n. 1069; Corte Cost., 9 dicembre 2005, n. 441;
Cons. Stato, Sez. IV, 29 maggio 2009, n. 3356; T.A.R.
Lazio, Roma, Sez. III, 12 novembre 2008, n. 10031; per
il diverso indirizzo sulla sufficienza della
comunicazione della proposizione del ricorso a cura
della segreteria, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 12 dicembre
1997, n. 1436; idem, 6 ottobre 2003, n. 5847).
Alla luce di quanto osservato, ha
ritenuto il G.A. sussistenti i profili d’inammissibilità
della domanda proposta dai ricorrenti per l’esecuzione
del giudicato nei modi non rituali rispetto a quelli
dettati dal Codice per il giudizio di ottemperanza. Ha
altresì rilevato il T.A.R. di Roma che le suddette
considerazioni derivano da un esame della domanda in
relazione a ciò che letteralmente viene chiesto, ossia
al petitum formale; volendo, tuttavia, operare
un’indagine più sostanzialistica dell’oggetto della
domanda controversa, la stessa si sarebbe potuta
inquadrare quale ulteriore azione esecutiva proposta
nell’ambito del rito del silenzio e intesa, quindi, come
richiesta di nomina di commissario ad acta, ai sensi
dell’art. 117, comma 3 c.p.a., per mancato adempimento
del Comune all’obbligo disposto con la sentenza in
questione, con ulteriore richiesta di declaratoria della
nullità dell’atto sopravvenuto.
Anche inquadrata in tal senso, a
suo giudizio, la domanda risulta irrituale per quanto
segue. Posta l’antecedenza logica del dictum della
sentenza n. 22601/2010 a cui la domanda sembra accedere
quale ulteriore azione esecutiva, ha richiamato il
giudicante quanto disposto con tale decisione, ossia
l’accoglimento del ricorso nella parte in cui è stata
chiesta la declaratoria dell’illegittimità del silenzio
rifiuto… con l’ordine al Comune resistente di provvedere
sull’istanza-diffida del 9 dicembre 2009 di parte
ricorrente, con provvedimento espresso, entro il termine
di 45 giorni dalla notificazione della sentenza,
prevedendo la nomina di commissario ad acta, su
richiesta di parte ricorrente, in caso di mancata
esecuzione della sentenza stessa.
Orbene, detto provvedimento
espresso a cui si riferisce il disposto della sentenza è
stato adottato dal Comune con la nota citata, con la
quale il Sindaco p.t. “in relazione all’atto di invito e
diffida… in data 4.12.2009 ed all’esito della sentenza
n. 22601 del 2010”, ha ribadito che nella fattispecie
“non è ravvisabile un comportamento negligente… atteso
che l’obbligo del Comune di provvedere alla manutenzione
dell’impianto di depurazione era condizionato
sospensivamente alla realizzazione ed ultimazione delle
opere e al collaudo avvenuto con esito positivo,
circostanza quest’ultima mai verificata”.
Tale provvedimento sopravvenuto è
stato allegato alla domanda dei ricorrenti i quali, tra
l’altro, lo hanno ritenuto non necessariamente
impugnabile in quanto “meramente dichiarativo della
volontà di non ottemperare” peraltro per ragioni
asseritamente valutate dal medesimo Tribunale, chiedendo
l’accertamento della nullità dello stesso; al riguardo,
ha osservato il G.A. capitolino che la presenza, nel
caso al suo scrutinio, di domande diverse inserite
nell’ambito del rito del silenzio ai fini
dell’esecuzione, ma anche rivolte a differenti e più
complesse questioni di merito, ai sensi dell'art. 32
c.p.a., se dette questioni risultano soggette a riti
diversi, trova applicazione quello ordinario (in
disparte anche i profili attinenti alla necessità della
notifica del ricorso e alla completezza del
contraddittorio), non potendo seguirsi il rito speciale
in Camera di consiglio in quanto il successivo art. 87,
comma 1, impone, a pena di nullità, la trattazione del
processo in udienza pubblica.
D’altra parte, poiché l’azione
esecutiva non è soggetta a termine di decadenza, ma di
prescrizione, il Collegio ha, infine, considerato come
non risultava compromesso il diritto di difesa non
essendo precluse alle parti specifiche azioni a garanzia
e protezione delle rispettive posizioni giuridiche
riguardo le opere di urbanizzazione e gli oneri
relativi.
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