Silvia Surano
A distanza di un mese dalla
pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite della
Corte di Cassazione, il chiasso intorno alla vicenda si
è sopito e il caso della radiazione di Cesare Previti è
stato archiviato come un atto dovuto sul quale,
finalmente, è posta la parola “fine”.
A distanza di un mese non si parla
più del caso IMI-SIR, del processo SME o del Lodo
Mondadori.
A distanza di un mese, come succede
per tutte le vicende cui viene data – a torto o a
ragione – una connotazione fortemente politica, il
plauso generale ha lasciato velocemente spazio ad altre
questioni più “attuali”.
Di certo non si può pretendere che
venga taciuto o messo in secondo piano il ruolo che
Cesare Previti, ex Ministro della Difesa, abbia avuto
per la politica del nostro Paese. Sono, però, stupita
dal fatto che sia stato dato poco rilievo ad un aspetto
importante: lo stesso Previti, per decenni, è stato
visto da tutti anche come un rappresentante di un ordine
professionale, quello degli avvocati.
Se questo “dettaglio” può non
interessare al cittadino comune, sicuramente più attento
alla condotta di chi lo governa, mi sarei aspettata una
reazione maggiore da parte di coloro che il titolo di
avvocato cercano di difenderlo giorno dopo giorno.
Il procedimento disciplinare nei
confronti dell’avv. Cesare Previti, avviato nel 1999 a
seguito del rinvio a giudizio formulato dalla Procura
della Repubblica di Milano per la presunta (poi
confermata) corruzione dei magistrati chiamati a
decidere sul contenzioso IMI-SIR, si è concluso nel
maggio 2006. Sono poi seguiti l’impugnazione dinanzi al
Consiglio Nazionale Forense e il ricorso alle Sezioni
Unite della Cassazione, entrambi rigettati.
Il responso definitivo è stata la
radiazione dall’albo degli avvocati.
Tra le sanzioni disciplinari
irrogabili, la radiazione è la più grave che sia
prevista dall’art. 40 della Legge professionale forense
(Regio Decreto-Legge n. 1578/1933) e comporta, al pari
della cancellazione, la privazione della possibilità di
esercitare la professione per un tempo illimitato.
Se gli effetti sono gli stessi (la
cancellazione dall’albo e la perdita del titolo di
avvocato), qual è la differenza tra l’una è l’altra
sanzione? Il discrimine sta nella gravità della condotta
tenuta dal professionista e quindi sanzionata.
L’art. 41 della l.p.f. così recita:
“La radiazione è pronunciata contro l’avvocato o il
procuratore che abbia comunque, con la sua condotta,
compromesso la propria reputazione e la dignità della
classe forense”.
Su questo dovremmo porre la nostra
attenzione: Cesare Previti, personaggio pubblico e
particolarmente in vista, esercitando la professione e
anteponendo per anni al suo nome il titolo di
“avvocato”, con la sua condotta penalmente rilevante ha
compromesso la dignità della classe forense.
A causa di questo e di altri
episodi, noi, la classe forense, stiamo pagando e
pagheremo serie conseguenze: il prezzo è la graduale
perdita di credibilità e di fiducia. Il risultato è il
comune sentire di fronte al nostro serio, prezioso e
difficile lavoro. |