“Se c’è il dissenso della Regione,
il Governo deve avviare reiterate trattative volte a
superare le divergenze”, Corte Costituzionale 165 del
2011
Mercoledì la Cassazione si
pronunzierà sul referendum relativo al nucleare.
Nel frattempo, la Corte
costituzionale torna a parlare del ruolo delle regioni
nelle scelte di politica energetica nazionale. Dopo la
sentenza n. 33 del 2011 – che sancisce l’obbligatorietà
dell’acquisizione del parere della regione interessata
dalla costruzione dell’impianto nucleare – la Corte
ritorna sull’argomento con la decisione n. 165 del 12
maggio scorso.
Oggetto di entusiasmi e
interpretazioni che spesso vanno oltre la lettera della
motivazione, la pronuncia, pur compiendo uno slancio
nella direzione della tutela delle competenze regionali
in materia di nucleare, conferma il ruolo di comparsa
delle regioni.
I fatti.
La disposizione dichiarata
costituzionalmente illegittima è l’art. 4, comma 2,
terzo periodo, e il comma 4 del d.l. n. 78 del 2009,
così come modificato in esecuzione di un’altra sentenza
della Consulta, la n. 215 del 17 giugno 2010. Doppia
dichiarazione di incostituzionalità, dunque, che
riguarda da un lato, la previsione del potere
sostitutivo del commissario del Governo, in caso di
inerzia delle Regioni e degli enti locali; dall’altro,
quella del potere sostitutivo del Governo, in caso di
mancato raggiungimento dell’intesa fra il Consiglio dei
ministri e la regione o la provincia autonoma
interessata dall’intervento in materia di energia.
Ebbene, in relazione al primo dei
due poteri sostitutivi, il giudice costituzionale
ritiene che l’art. 4, comma 2, terzo periodo, sia
carente dei presupposti richiesti dall’art. 120 della
Costituzione e dall’art. 8 della legge 5 giugno 2003, n.
131, attuativo della stessa disposizione costituzionale.
Per evitare equivoci, è bene
precisare che la Corte non vieta l’esercizio del potere
da parte del commissario, ma si limita a sancire
l’incostituzionalità della disposizione là dove prevede
l’esercizio del potere sostitutivo in presenza della
mera inerzia della regione.
In coerenza, il commissario del
governo potrà sostituirsi alle amministrazioni
pubbliche, a condizione che ricorrano le gravi ed
eccezionali ipotesi previste dalla Costituzione (mancato
rispetto di norme e trattati internazionali o della
normativa comunitaria, pericolo grave per l’incolumità e
la sicurezza pubblica, tutela dell’unità giuridica o
dell’unità economica, tutela dei livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali) e purché venga previamente assegnato all’ente
inadempiente un congruo termine per mettersi in regola.
In relazione, invece, all’altro
potere sostitutivo – vale a dire quello del Governo in
caso di mancato raggiungimento dell’intesa – la
Consulta, fa leva sull’attrazione in sussidiarietà,
estendendone la portata.
In particolare, tenendo fede alle
propria tradizione, precisa che, con riguardo agli
interventi urgenti ed indifferibili, connessi alla
trasmissione, alla distribuzione e alla produzione
dell’energia e delle fonti energetiche che rivestono
carattere strategico nazionale, va ammessa l’attrazione
in sussidiarietà da parte dello Stato delle funzioni
amministrative e legislative riguardanti non solo
l’individuazione, ma anche la realizzazione di detti
interventi.
Anche in questo caso occorre
sgombrare il campo da equivoci: ciò che discute la Corte
non è il potere dello Stato di attrarre a sé funzioni
relative al settore energetico – anzi l’attrazione
costituisce garanzia di effettività e unitarietà -
bensì il superamento incondizionato da parte dello Stato
dell’intesa.
La Consulta, in particolare,
sostiene che, nelle ipotesi di attrazione in
sussidiarietà di funzioni rientranti nella materia di
legislazione concorrente (come la produzione, il
trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia)
risulta necessario il raggiungimento di un’intesa con la
regione, in modo da garantire il coinvolgimento e
“contemperare le ragioni dell’esercizio unitario di date
competenze e la garanzia delle funzioni
costituzionalmente attribuite alle Regioni”.
In tale visuale, deve ritenersi
illegittima una norma che, oltrepassando il dissenso,
autorizzi il Governo ad intervenire sul nucleare e, in
generale, in materia di energia, senza tenere in alcuna
considerazione il punto di vista regionale. Il divieto
deriva dal principio di leale collaborazione.
L’intervento unilaterale dello
Stato, piuttosto, troverebbe giustificazione solo a
seguito dell’infruttuoso esperimento di “idonee
procedure per consentire reiterate trattative volte a
superare le divergenze”.
Resta integro un vecchio problema:
se i due non riescono a trovare un accordo, prevale
l’opinione statale.
Pubblicato da Carlotta Cannizzo |