La congestione del
contenzioso civile ha fatto nascere l'esigenza di
ricercare e sviluppare un nuovo modello di gestione del
sistema A.D.R. (Alternative Dispute Resolution)
con la conseguente richiesta di una forte
specializzazione nel settore.
Già la legge 5/2003
aveva rappresentato un importante provvedimento, cui
hanno fatto seguito i decreti ministeriali di attuazione
(D.M. 222/2004 e D.D. 24/07/2006), con la previsione di
istituire, presso il Ministero della Giustizia, i cd.
“Enti di Conciliazione”, ossia strutture selezionate che
fungano da luogo per tentare di dirimere le
controversie.
La legge 69/2009 ha
accresciuto l’importanza ed il ruolo della
conciliazione, con previsione, tra le altre, di una
delega in materia di mediazione finalizzata alla
conciliazione delle controversie civili e commerciali,
che ha trovato seguito nel D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 e
nel nuovo decreto ministeriale attuativo.
Tale provvedimento
che nasce e si sviluppa sul modello dell’esperienza
della conciliazione societaria, prevede che la
conciliazione diventi condizione di procedibilità per
numerose materie e che vengano istituite presso gli
ordini professionali camere di conciliazione per
esperire i tentativi di conciliazione previsti dalla
mediazione civile, spostando così in modo significativo
il polo della giustizia civile.
Il quadro normativo
Il decreto
legislativo 28 del 2010 è già entrato in vigore.
Tuttavia una parte caratterizzante entrerà in vigore nel
marzo del 2011.
Da quella data chi intende avviare un giudizio in
materia di:
-
condominio
-
diritti reali
-
divisione
-
successioni ereditarie
-
patti di famiglia
-
locazione
-
comodato
-
affitto di aziende
-
risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e
natanti, da responsabilità medica e da diffamazione
con il mezzo della stampa o con altro mezzo di
pubblicità
-
contratti assicurativi, bancari e finanziari,
dovrà
preliminarmente esperire il tentativo di mediazione a
pena della improcedibilità del successivo giudizio.
Il sistema della mediazione sarà investito da una
notevole mole di tentativi di mediazione. Ad oggi non
sembra ancora costituito un sistema in grado di recepire
la massa di istanze di conciliazione che perverranno in
conseguenza dell’obbligatorietà della stessa.
Sotto questo aspetto assume un ruolo decisivo il decreto
ministeriale 18 ottobre 2010, n. 180 che disciplina
l’istituzione dell’organismo, il suo inserimento nel
registro, la capacità organizzativa e finanziaria dello
stesso, nonché i requisiti professionali del mediatore,
degli enti di formazione e dei formatori.
Quest’ultimo provvedimento dà il via libera ad un
sistema di concorrenza tra enti pubblici ed enti privati
nell’erogazione del servizio di mediazione, che, se
attuato in conformità con lo spirito del decreto
legislativo, costituirà una delle più profonde
innovazioni del sistema giustizia dal dopoguerra.
Gli obiettivi
Il legislatore ha
scelto di dare ai cittadini la possibilità di mediare
gli interessi in conflitto per una pluralità di ragioni.
Riduzione dell’accesso alle corti di giustizia
Non si può negare che una delle più forti motivazioni è
quella di ridurre l’accesso alle corti di giustizia. La
lentezza del processo civile è uno dei temi più
scottanti del sistema italiano. Innumerevoli sono state
le condanne subite dallo Stato italiano prima davanti
alla Corte di Giustizia e, dopo l’entrata in vigore
della c.d. “Legge Pinto”, davanti alle Corti d’Appello
territorialmente competenti. Addirittura alcune Corti
d’Appello hanno visto diminuita la capacità di
smaltimento del contenzioso ordinario, a causa delle
innumerevoli istanze risarcitorie ad esse presentate per
l’irragionevole durata di processi svolti davanti ad
altre Corti.
Riduzione dell’alea del giudizio
L’alea del giudizio è un altro fattore di grave
preoccupazione per chi intende chiedere giustizia alle
Corti italiane. In Italia non esiste la regola del
“precedente” tipica dei sistemi di Common Law. La
“certezza del diritto” non è un valore positivizzato del
nostro ordinamento poiché il sistema si affida spesso a
clausole generali quali l’ordine pubblico, il buon
costume, la buona fede il cui contenuto sociale e
normativo muta nel tempo al mutare delle esigenze della
società, del sistema economico, industriale e
relazionale. A ciò si aggiunge la diversa e pur
legittima interpretazione di giudici diversi della
stessa disposizione di legge.
Questa mutevolezza
per un verso costituisce garanzia di perenne vitalità
del sistema giuridico, che così riesce a sopravvivere
alla proposizione dei nuovi interessi e valori che la
società propone, per altro determina la quasi assoluta
imprevedibilità della decisione giudiziale e della
regola concreta da applicare alla condotta umana. Tutto
questo costituisce un grave limite alla programmazione
delle azioni dei soggetti, che non possono facilmente
prevedere le conseguenze di un determinato
comportamento.
La mediazione
civile ammortizza questi rischi propri del nostro
sistema giuridico. Con la mediazione le parti mantengono
il controllo dell’esito del conflitto di interessi,
richiedendo al mediatore non una “decisione” di
prevalenza di un interesse sull’altro, ma un contributo
positivo finalizzato alla composizione degli interessi
in conflitto. La soluzione del conflitto rimane, in
definitiva, alla prudenza delle parti, alla loro
capacità di negoziare, e non viene rimessa alla
determinazione di un terzo (giudice o arbitro che sia).
La mediazione è, in ultima analisi, uno strumento con
cui viene esaltata l’autoresponsabilità delle parti
rispetto alla soluzione dei conflitti.
Riduzione dei tempi del procedimento e benefici fiscali
A questi aspetti positivi si aggiungono quelli della
rapida definizione del procedimento (può durare non più
di quattro mesi), e dei benefici fiscali che lo stato ha
voluto riconoscere alle parti quale incentivo verso
questa diversa forma di composizione degli interessi.
Cos’è la mediazione
Il decreto
legislativo 28 del 2010 definisce la mediazione come “…
l'attività, comunque denominata, svolta da un terzo
imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti
sia nella ricerca di un accordo amichevole per la
composizione di una controversia, sia nella formulazione
di una proposta per la risoluzione della stessa …”.
La mediazione viene
esercitata da un terzo imparziale (il mediatore) che
cerca di comporre il conflitto di interessi tra le parti
o ponendosi quale facilitatore di un accordo spontaneo
che può nascere tra le parti, o formulando una proposta
di accordo che le parti sono libere di accettare o
rifiutare.
Questa procedura
può essere attivata dalle parti solo per i conflitti di
interessi relativi a diritti disponibili. In alcuni
casi, a decorrere dal 21 marzo 2011, la mediazione sarà
obbligatoria.
La parte che vorrà
intraprendere un giudizio in materia di condominio,
diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti
di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende,
risarcimento del danno derivante dalla circolazione di
veicoli e natanti, da responsabilità medica e da
diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo
di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e
finanziari, dovrà preliminarmente invitare la
controparte a partecipare al procedimento di mediazione
previsto dal D.Lgs. 28/2010.
La mediazione non è
una forma alternativa di giustizia, ma è una forma
complementare ad essa finalizzata alla soddisfazione
degli interessi.
Non è alternativa
perché il ricorso al procedimento di mediazione non
impedisce alle parti in caso di insuccesso della
mediazione di rivolgersi all’autorità giudiziaria per
soddisfare i propri interessi, ma è ad essa
complementare, perché il buon funzionamento della
mediazione può senz’altro contribuire a defatigare le
aule giudiziarie dalla notevole mole di contenzioso
civile.
Allo stesso tempo
la corretta applicazione nei giudizi contenziosi dei
sistemi sanzionatori dei comportamenti scorretti delle
parti nel corso del procedimento di mediazione può
garantire il migliore funzionamento della mediazione.
Nella mediazione
non bisogna rispettare il principio di corrispondenza
tra il chiesto ed il pronunciato né il principio del
contraddittorio. Le parti potranno trovare l’accordo di
conciliazione, anche coinvolgendo interessi
originariamente non prospettati, che ampliano la torta
negoziale.
Il mediatore potrà
sentire le parti congiuntamente o separatamente, e da
questi incontri dovrà trarre gli elementi per tentare di
facilitare un accordo spontaneo tra le parti, e ove esso
non si raggiunga spontaneamente, confezionare una
proposta di accordo equilibrata che induca le parti ad
accettarla ed a definire il conflitto di interessi.
Chi sono gli attori
Gli attori della
mediazione sono molteplici.
Gli
organismi accreditati
Il servizio di mediazione è erogato da enti denominati
“organismi”, che si avvalgono, per l’esecuzione delle
loro prestazioni, di una organizzazione composta da
mezzi e persone. Sono proprio gli organismi a concludere
il contratto di servizio con le parti, per l’erogazione
del servizio di mediazione. Gli organismi per poter
erogare il servizio di mediazione devono essere
“accreditati” dal Ministero della Giustizia, demandato
ad adottare un apposito regolamento con decreto
ministeriale; a tal fine il Ministero iscrive gli
organismi in un apposito registro degli organismi di
mediazione curato dal responsabile del Ministero.
Gli organismi
possono essere costituiti da enti pubblici ed enti
privati.
Tra i primi
spiccano, per la possibilità di essere iscritti “di
diritto” nel registro, quelli costituiti dagli Ordini
degli Avvocati presso le sedi dei Tribunali e quelli
costituiti dalle Camere di Commercio. Anche gli altri
Ordini professionali possono costituire organismi di
mediazione, previa autorizzazione del Ministero della
Giustizia, operanti nelle materie di competenza degli
Ordini di riferimento.
Ogni organismo ha un suo “responsabile” il cui compito
principale è quello di designare il mediatore incaricato
di trattare la pratica e di fissare il primo incontro
con le parti.
Il
mediatore
Può divenire mediatore chi è laureato o iscritto in un
albo professionale. Per acquisire la qualifica di
mediatore è necessario frequentare un corso, tenuto da
enti di formazione accreditati dal Ministero, e
superare, alla fine dello stesso, una prova di
valutazione.
Il mediatore non ha
rapporti contrattuali diretti ed economici con le parti,
ma con l’organismo.
L’attività di mediazione può anche essere esercitata in
forma collegiale, e del collegio di mediatori può far
parte il “mediatore ausiliario”, che è un mediatore
dotato di particolari conoscenze tecniche in determinate
materie.
Ove non sia
possibile nominare il mediatore ausiliario, nel corso
del procedimento si potrà designare un consulente
tecnico, che deve essere iscritto all’albo dei periti e
consulenti del Tribunale.
Il
pubblico ufficiale
Un’altra figura che può partecipare alla mediazione è il
pubblico ufficiale chiamato ad autenticare il verbale di
conciliazione nel caso in cui questo debba essere
trascritto ai sensi dell’art. 2643 c.c.
Tutti questi attori
sono al servizio delle parti del procedimento.
I
consulenti di parte
Al procedimento potranno partecipare anche i consulenti
delle parti. La loro partecipazione non è, però,
necessaria, sebbene possa rivelarsi parecchio utile al
perfezionamento della conciliazione, contribuendo a
risolvere eventuali problemi tecnici che possono
emergere nel corso del procedimento, nonché a spiegare
alle parti lo scopo e gli effetti di quanto stanno
facendo e dell’accordo eventualmente concluso.
Le fasi del procedimento
Istanza
di parte
Il procedimento di mediazione inizia ad istanza di parte
e mai d’ufficio. Esso è improntato alla informalità, ma
alcuni atti devono avere un contenuto necessario.
L’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto
e le ragioni della pretesa. Essa viene depositata presso
l’organismo, o inviata in forma telematica nelle
modalità previste dal regolamento dell’organismo.
L’istanza viene registrata dalla segreteria
dell’organismo in un apposito registro e le viene
attribuito un numero progressivo.
Designazione del mediatore e data dell’incontro
Entro quindici giorni dal suo arrivo il responsabile
dell’organismo designa il mediatore e fissa la data del
primo incontro fra le parti ed il mediatore. La nomina e
la fissazione dell’incontro sono comunicate all’altra
parte o dall’organismo o dalla parte istante, a seconda
delle previsioni del regolamento di procedura che
ciascun organismo determina. La parte invitata a
partecipare alla mediazione potrà presentare una memoria
illustrativa e produrre eventuali documenti. Al primo
incontro il mediatore spiegherà la natura del
procedimento di mediazione, evidenziando le differenze
tra la mediazione ed il giudizio, e la circostanza che
il mediatore non può decidere la controversia.
Colloqui
Ascoltate le parti senza particolari formalità, il
mediatore potrà decidere di sentirle anche
separatamente, vincolandosi in questo caso al riserbo in
merito alle informazioni acquisite ed alle dichiarazioni
rese anche nei confronti della controparte, salvo che
sia la stessa parte ad autorizzarlo a riferire il
contenuto del colloquio separato, o di una parte di
esso.
Proposta
di mediazione
Alla fine dei colloqui il mediatore cercherà di
facilitare un accordo spontaneo tra le parti. Se questo
non viene raggiunto le parti potranno invitare il
mediatore a formulare una proposta di mediazione. In
questo caso il mediatore sarà obbligato alla
formulazione della proposta. In tutti gli altri casi il
mediatore potrà spontaneamente valutare l’opportunità di
formulare una proposta.
La proposta deve essere sempre preceduta
dall’informativa data dal mediatore alle parti sulle
conseguenze previste dall’art. 13 del decreto in materia
di spese.
La proposta dovrà essere formulata per iscritto, e potrà
essere comunicata dopo una riserva di formulazione della
stessa.
Le parti entro sette giorni dovranno comunicare
l’accettazione o il rifiuto della proposta; il silenzio
equivale a rifiuto.
Verbale
di conciliazione
Nel caso in cui si raggiunga l’accordo, anche
nell’ipotesi di accettazione della proposta del
mediatore, si redigerà il verbale di conciliazione,
formato a cura del mediatore, che autenticherà le
sottoscrizioni delle parti.
Il verbale potrà essere dotato, su istanza di parte, di
efficacia esecutiva, che consegue all’omologazione del
verbale da parte del Presidente del Tribunale ove a sede
l’organismo, che nella fase di omologazione verifica la
regolarità del verbale.
Il verbale omologato costituisce titolo esecutivo per
l’espropriazione forzata, l’esecuzione in forma
specifica e l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
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