di Alessio Scarcella
Anche il
privato confinante può rivestire, nei procedimenti
penali per violazioni della normativa edilizia, oltre
che la qualità di soggetto danneggiato dal reato anche
quella di persona offesa, con conseguente diritto del
medesimo sia a costituirsi parte civile nel processo
penale sia ad essere avvisato in caso di eventuale
richiesta di archiviazione
Anche il privato confinante può rivestire, nei
procedimenti penali per violazioni della normativa
edilizia, oltre che la qualità di soggetto danneggiato
dal reato anche quella di persona offesa, con
conseguente diritto del medesimo sia a costituirsi parte
civile nel processo penale per ottenere il risarcimento
del danno sia, in fase di indagini preliminari, ad
essere avvisato in caso di eventuale richiesta di
archiviazione, sussistendo la legittimazione ad opporsi
davanti al giudice ed interloquire nel merito
dell'archiviazione proposta.
Con
un'interessante pronuncia, la Suprema Corte svolge
alcune importanti riflessioni sul tema dei termini e
delle condizioni richieste per consentire al "vicino di
casa" di reagire in presenza di abusi edilizi da parte
del privato confinante che ledano anche la propria
posizione giuridica soggettiva.
Il
principio di diritto affermato dalla Corte, sul punto, è
chiaro.
Non
sempre chi abita nei pressi dell'autore dell'abuso
edilizio ha diritto ad ottenere il risarcimento del
danno patito in conseguenza della realizzazione di un
manufatto abusivo; tuttavia, ove ricorrano determinate
condizioni, la legge gli garantisce la più ampia tutela
consentendogli non solo, ex post, di far valere le sue
pretese risarcitorie davanti al giudice penale
attraverso l'istituto della costituzione di parte
civile, ma anche, ex ante, di potersi opporre davanti al
giudice nel caso in cui il pubblico ministero, non
ravvisando estremi di reato, ritenga di dover presentare
una richiesta di archiviazione.
In
quest'ultima ipotesi, infatti, il privato confinante, ha
diritto a proporre opposizione alla richiesta di
archiviazione e, quindi, ha diritto a ricevere dal P.M.
l'avviso della presentazione di tale richiesta, sì da
poter interloquire sul merito della stessa, facendo
valere le proprie istanze di tutela davanti al giudice.
Il
caso
Il
fatto che ha offerto l'occasione alla S.C. per affermare
il principio di diritto è banale.
Il
pubblico ministero, su denuncia di un privato cittadino,
avviava un'indagine penale per presunti abusi edilizi
realizzati dal vicino confinante.
All'esito dell'attività investigativa, ritenendo non
configurabile alcuna violazione della legge penale
(d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), il P.M. presentava
richiesta di archiviazione al Giudice per le indagini
preliminari, omettendo tuttavia di avvisare il vicino
denunciante che pur aveva chiesto di essere informato
dell'eventuale presentazione della richiesta di
archiviazione ai sensi dell'art. 408 c.p.p. Il G.i.p.,
senza accorgersi dell'omissione, aveva dunque archiviato
il relativo procedimento penale.
Il
ricorso
Resisteva davanti alla S.C. con ricorso per cassazione
la vicina di casa denunciante, eccependo la nullità del
decreto di archiviazione in quanto pronunciato in
assenza dell'avviso, funzionale alla sua opposizione
davanti al giudice procedente, pur avendo la stessa
richiesto di essere informata dell'eventuale richiesta
di archiviazione.
Nel
merito, la difesa della ricorrente sosteneva che, avendo
denunciato l'esecuzione di presunti abusi edilizi
realizzati dal vicino confinante, doveva ritenersi
soggetto passivo (e, quindi, persona offesa) e non anche
semplice danneggiato dal reato e, per tale sua veste,
necessaria destinataria dell'avviso, la cui omessa
notificazione aveva determinato un'evidente lesione del
diritto al contraddittorio, impedendole la visione degli
atti del procedimento e l'eventuale opposizione alla
richiesta di archiviazione.
La
decisione della Cassazione
Scontato, anche se con alcune interessanti riflessioni,
l'esito del giudizio di legittimità.
I
giudici di Piazza Cavour, infatti, nell'accogliere le
doglianze prospettate dalla difesa della denunciante,
hanno ripercorso l'evoluzione giurisprudenziale in
materia di rapporti tra persona offesa e persona
danneggiata, pervenendo alla soluzione che, nella
materia edilizia, spetti – nel ricorso di alcune
condizioni - anche al vicino di casa il diritto non solo
di costituirsi parte civile nel processo penale per
ottenere il risarcimento del danno patito dalla
realizzazione dell'abuso edilizio da parte del privato
confinante, ma anche il diritto, da esercitare in fase
pre-processuale, di opporsi all'eventuale richiesta di
archiviazione: ciò, in altri termini, equivale ad
attribuire al privato cittadino, che sia stato leso
nella propria posizione giuridica soggettiva dal vicino
che abbia contravvenuto alle regole in materia edilizia,
non solo la qualità di danneggiato dal reato, ma anche
quella di persona offesa.
Sul
punto, la Corte, come anticipato, svolge alcune
interessanti riflessioni sul tema.
Anzitutto, pacifico è che le norme penali repressive
delle violazioni in materia edilizia rientrino nella
categoria dei reati plurioffensivi in quanto, pur
essendo il bene giuridico tutelato l'ambiente, sub
specie di territorio (rectius, l'interesse dell'ente
locale all'ordinato assetto e governo del territorio), è
tuttavia evidente che la realizzazione di un abuso
edilizio può ledere non solo l'interesse dell'ente
locale Comune, ma anche l'interesse del privato
cittadino qualora la costruzione abusiva sia lesiva
della posizione giuridica soggettiva di quest'ultimo.
La
giurisprudenza di legittimità, sul punto, dopo alcune,
altalenanti, prese di posizione, è finalmente approdata
ad un orientamento, da ritenersi ormai consolidato, che
riconosce al privato cittadino la legittimazione a
costituirsi parte civile nel processo penale per reati
edilizi, sebbene a determinate condizioni. Si afferma,
infatti, che nei procedimenti per violazioni
urbanistico-edilizie, la legittimazione ad esercitare
l'azione civile da parte di vicini confinanti non nasce
dalla sola assenza del permesso di costruire o
dall'illegittimità del titolo abilitativo: il privato
confinante è legittimato a costituirsi parte civile,
quando la realizzazione dell'abuso edilizio da parte del
vicino costituisce violazione anche di norme di natura
civilistica, con l'ulteriore specificazione che l'abuso
deve violare non soltanto le norme poste a tutela del
regolare assetto del territorio, ma anche le norme che
impongono limiti al diritto di proprietà, che
stabiliscono distanze, volumetria ed altezza delle
costruzioni, previste dal codice civile e dai piani
regolatori, violazioni produttive di un danno
patrimoniale (v., ex multis: Cass. pen., Sez. 3, n.
21222 del 28/05/2008, C., in Ced Cass. 240044; Sez. 3,
n. 5190 del 14/05/1991, D.B., in Ced Cass. 187094; Sez.
3, n. 11526 del 2/12/1982, D.G., in Ced Cass. 156439;
Sez. 3, n. 11917 del 12/11/1980, D.Z., in Ced Cass.
146651).
L'evoluzione giurisprudenziale sul punto, ad esempio, è
giunta di recente anche ad affermare che il proprietario
confinante è legittimato a costituirsi parte civile nei
procedimenti penali aventi ad oggetto abusi edilizi non
soltanto quando siano violate le norme civilistiche che
stabiliscono le distanze nelle costruzioni (art. 873
cod. civ.), ma anche nel caso di inosservanza delle
regole da osservarsi nelle costruzioni (art. 871
cod.civ.), indipendentemente dalle distanze (Fattispecie
di mutamento di destinazione d'uso di un piano
seminterrato da garage e cantina in miniappartamento:
Cass. pen., Sez. 3, n. 45295 del 25/11/2009, V., in Ced
Cass. 245270).
Pur
essendo, quindi, pacifica la veste di soggetto
danneggiato dal reato del vicino confinante che lamenti
la realizzazione di un abuso edilizio violativo delle
norme previste dal codice civile, non altrettanto si
registra in merito alla possibilità di qualificare il
privato anche come persona offesa.
Sul
punto, la pronuncia della Cassazione sembra richiamarsi
all'evoluzione giurisprudenziale con riferimento ai
reati ambientali "lato sensu" intesi che, valorizza
ancor più specificamente la distinzione tra titolare
dell'interesse di persona offesa dal reato (soggetto
passivo del reato, cioè la vittima stessa dell'illecito
penale) e danneggiato dal reato (ossia colui al quale il
reato ha cagionato direttamente un danno di natura
civile).
Sul
tema della legittimazione del privato, tuttavia, di
recente in senso negativo la Corte ha escluso che
potesse assumere la qualità di persona offesa dal reato
un Comitato Civico di Quartiere, trattandosi di un ente
non riconosciuto e privo dei requisiti previsti
dall'art. 91 cod. proc. pen., che rappresenta in modo
generico interessi non qualificabili, nè qualificati, e
non rientra, peraltro, nell'ambito delle previsioni
della L. 8 luglio 1986, n. 349, che individua le
associazioni di protezione dell'ambiente (Cass. pen.,
Sez. 6, n. 5683 del 5/02/2008, B. e altro, in Ced Cass.
238732).
Nel
caso in esame, diversamente, la S.C., richiamando
implicitamente l'evoluzione favorevole all'estensione,
ha concluso affermando che la ricorrente, avendo
denunciato l'esecuzione di interventi edilizi ritenuti
abusivi, realizzati dal vicino confinante, aveva "pieno
titolo" a ricevere l'avviso omesso e ad interloquire in
merito alla richiesta di archiviazione.
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