Le famiglie italiane hanno una ricchezza consistente e
una diseguaglianza relativamente bassa rispetto ad altri
paesi. È soprattutto la proprietà diffusa delle
abitazioni che ci contraddistingue, con una ricchezza
immobiliare pari a oltre cinque volte il reddito
disponibile. Ma la ricchezza fotografa l'oggi ed è il
frutto di decisioni del passato. La nostra posizione
soddisfacente si indebolirà progressivamente se l'Italia
non tornerà a far crescere il reddito. Nonostante un
grande debito pubblico e una scarsa crescita, le
famiglie dispongono in Italia di molta ricchezza.
Come è detenuta questa ricchezza? Come si è formata?
Come ci confrontiamo con altri paesi?
LA RICCHEZZA AGGREGATA
In rapporto al reddito disponibile, le famiglie
italiane hanno una ricchezza finanziaria netta – la
differenza tra la ricchezza finanziaria lorda e i debiti
- inferiore rispetto al Giappone, allineata a Stati
Uniti e Regno Unito, superiore rispetto a Germania e
Francia. (1)
Approfondiamo i perché di queste differenze. In primo
luogo, la percentuale di coloro che investono in
azioni - direttamente o attraverso fondi comuni
e altri intermediari - è più alta nel Regno Unito, negli
Stati Uniti e in Giappone, conducendo a una maggiore
ricchezza finanziaria lorda (vedi tavola, prima
colonna). In secondo luogo, gli investimenti in
pensioni private sono più rilevanti negli Stati
Uniti e nel Regno Unito che nell’area dell’euro, dove le
pensioni pubbliche – non incluse nelle attività
finanziarie – restano più importanti. In terzo luogo, i
debiti delle famiglie italiane
rimangono tra i più bassi fra i paesi industrializzati,
mentre sono alti in Regno Unito, Stati Uniti e Giappone
(seconda colonna della tavola). Vi ha contribuito un
risparmio che è in Italia, nonostante la diminuzione
degli ultimi venticinque anni, ancora elevato nel
confronto internazionale. Le banche italiane sono state
inoltre prudenti nell’offerta di prestiti alle famiglie,
ad esempio nel fissare l’importo dei mutui rispetto ai
valori degli immobili offerti in garanzia.
La ricchezza delle famiglie nel 2008
(valori in rapporto al reddito disponibile)
Paese |
Attività finanziarie |
Passività |
Attività reali |
Ricchezza netta |
Usa |
3,86 |
1,31 |
2,21 |
4,76 |
Giappone |
4,84 |
1,27 |
3,41 |
6,97 |
Germania |
2,85 |
0,98 |
4,30* |
6,29* |
Francia |
2,86 |
1,00 |
5,66 |
7,52 |
Regno Unito |
4,29 |
1,80 |
5,19 |
7,68 |
Italia |
3,21 |
0,78 |
5,41 |
7,84 |
* dati riferiti al 2007
Le famiglie italiane detengono anche un’alta
ricchezza immobiliare, pari a oltre cinque
volte il reddito disponibile, in linea con i valori di
Francia e Regno Unito (terza colonna della tavola).
Consistenze più basse si osservano invece in Germania,
Giappone e, soprattutto, negli Stati Uniti. Dato che i
criteri di misurazione del valore delle case non sono
omogenei, i confronti internazionali vanno considerati
con cautela.
La ricchezza reale elevata degli italiani ha varie
spiegazioni: l’arretratezza dei mercati finanziari in
passato; l’inflazione degli anni Settanta e Ottanta;
l’assenza delle riduzioni drammatiche dei prezzi degli
immobili che spesso hanno contraddistinto Regno Unito e
Stati Uniti; le imperfezioni del mercato degli affitti;
la centralità della famiglia (si pensi al peso dei
trasferimenti intergenerazionali delle case); la
tassazione degli immobili, ridotta negli ultimi dieci
anni (ma la comparazione con altri sistemi fiscali è
complicata).
La ricchezza totale netta più alta (quarta colonna della
tavola) si riscontra in Italia, Regno Unito e Francia.
Segue il Giappone, mentre ricchezze totali più basse si
ritrovano in Germania e Stati Uniti: la prima è
penalizzata da consistenze contenute delle attività
finanziarie, mentre nei secondi le attività reali delle
famiglie sono basse e il loro debito è elevato.
Non abbiamo spiegazioni facili delle determinanti delle
differenze nazionali. Nel lungo periodo c’è una
correlazione tra risparmio e ricchezza,
ma questo legame è debole negli ultimi quindici anni.
Dalla metà degli anni Novanta sono state le
bolle dei prezzi di azioni e case, e il loro
sgonfiamento, a determinare la parte preponderante delle
oscillazioni della ricchezza. In alcuni paesi l’aumento
della ricchezza totale ha anche avuto un effetto
negativo sul risparmio, invertendo il normale nesso di
causalità tra le due variabili. Potrebbe infine anche
esservi una correlazione tra ricchezza delle famiglie e
dimensione dell’economia sommersa. Si
pensi agli estremi dell’Italia, da un lato, e degli
Stati Uniti, dall’altro.
DISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA
Se si passa alla distribuzione della ricchezza, i
confronti internazionali si fanno più difficili. Non
esistono indagini armonizzate tra i paesi. Le fonti
nazionali differiscono per la definizione degli
strumenti, i criteri di valutazione dei prodotti
finanziari e la qualità dei disegni campionari.
L’Eurosistema sta cercando di colmare queste lacune con
la nuova Household Finance and Consumption Survey,
i cui primi dati appariranno a metà 2012.
Sulla base delle indagini oggi disponibili sui
bilanci familiari, il rapporto tra ricchezza e
reddito disponibile è più basso rispetto a quello che si
ottiene dai dati macroeconomici, a causa soprattutto
dell’undereporting di attività finanziarie.
Comunque, anche i dati microeconomici confermano che le
famiglie italiane hanno un ricchezza tra le più
rilevanti, in rapporto al reddito disponibile o in
termini pro-capite. (2)
Utilizzando la quota di ricchezza detenuta dal 10 per
cento per cento delle famiglie più ricche o l’indice di
Gini, la ricchezza è più concentrata in Stati Uniti,
Germania e, in minor misura nel Regno Unito, rispetto a
Italia e Francia. (3) L’undereporting
delle famiglie più ricche in alcune indagini può
distorcere il confronto con le misure di disuguaglianza
di altri paesi, dove si effettua un sovracampionamento
dei più ricchi.
La proprietà diffusa delle abitazioni può spiegare la
disuguaglianza relativamente bassa dell’Italia.
(4) In Italia vive in una casa di
proprietà circa l’80 per cento delle famiglie,
una percentuale molto alta. La percentuale è maggiore di
quella di paesi, quali Regno Unito e Francia, dove le
case contano per le famiglie per valori simili a quelli
italiani. La Germania, dove la percentuale di famiglie
che vive in case di proprietà è inferiore al 50 per
cento, ha in effetti una distribuzione della ricchezza
più sperequata dell’Italia.
In conclusione, le famiglie italiane hanno una ricchezza
consistente nel confronto internazionale e una
diseguaglianza relativamente bassa. Ma la ricchezza
fotografa l’oggi ed è il frutto di decisioni del
passato. La nostra posizione soddisfacente si indebolirà
progressivamente se il paese non tornerà a far crescere
il reddito.
* Banca d’Italia. Le opinioni
presentate sono personali e non impegnano la
responsabilità dell’Istituto.
(1) Cfr. L. Bartiloro, M. Coletta, R.
De Bonis e A. Mercatanti, Household Wealth in a
Cross-Country Perspective, in R. De Bonis e A.
Pozzolo (2011) “The financial systems of industrialised
countries. Evidence from the financial accounts”,
Springer, in corso di stampa; Banca d’Italia (2010),
La ricchezza delle famiglie italiane 2009,
Supplementi al Bollettino Statistico, dicembre.
(2) A. Brandolini, S. Magri e T. M.
Smeeding (2010), Asset-Based Measurement of Poverty,
Temi di discussione Banca d’Italia, n. 755. Sui dati
micro si veda il progetto Luxembourg Wealth Study (www.lisproject.org).
(3) Vedi anche Credit Suisse (2010),
Global Wealth Report, ottobre.
(4) Si veda E. Giovannini e A. de
Panizza (2011), Risparmio e ricchezza delle famiglie
italiane. Tendenze, allocazione, prospettive,
lavoro presentato al seminario “Il risparmio degli
italiani: sviluppo economico e tutela del
risparmiatore”, Roma, 20 gennaio.
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