Se esiste, come pare, un imperativo
del godimento sessuale purchessia, il sistema dei media
e dell'industria culturale lavora alacremente per
estenderlo e confermarlo.
La componente di coazione è ben visibile nell'affermarsi
stesso di un modello di godimento e di benessere
largamente condiviso, implicitamente prescrittivo.
L'esibizione e la quantificazione fanno il resto.
Le centinaia di ragazze “ripassate” in un breve torno di
tempo (tre diverse al dì) da un asso del pallone dei più
stupidi; le dozzine di calciatori ripassati, nello
stesso periodo, da una velina tra le più ”famose”; le
tre dita sollevate (tre scopate appena compiute) dal
leader politico in ritardo alla riunione coi suoi
sodali, subito pronti al sorriso ammiccante;
l'interminabile, ripetitiva serie d'incontri sessuali
dello scrittore gay presso certi pisciatoi o bagni
turchi di una capitale europea; la coppia che annota e
registra scrupolosamente, privé per privé, gli scambi, i
coiti, i rapporti orali, etc., in una versione
provinciale del kamasutra, tra il gioioso e il noioso. E
via enumerando.
Con il gusto della prestazione e del record
(il Guinness dei primati: un vero assillo per tutti noi
- niente a che vedere con il grande Alec) entra in gioco
una componente consumistica piuttosto evidente, che
livella e banalizza ogni cosa.
Di solito il consumismo sessuale – il
sesso come consumo, la banalizzazione dell'eros, etc. -
è preso di mira dal punto di vista della morale
religiosa o della filosofia della persona.
Viene stigmatizzata la riduzione del partner a semplice
oggetto, l'assenza di rispetto e di ascolto dell'altro,
la prevalenza della dimensione puramente utilitaristica
e carnale, etc.
La pornografia, con la sua propensione
anatomo-chirurgica al dettaglio e all’esaltazione
massima della funzione, diventa un bersaglio scontato
entro una prospettiva del genere. E’ fin troppo facile
prendersela con l’immagine meccanicistica e stereotipata
del piacere che essa ci offre, spesso con involontari
effetti grotteschi o soporiferi che fanno passare la
voglia, invece di alimentarla come da programma.
C'è poi la preoccupazione per il cinismo implicito in un
approccio di puro utilizzo materiale, con le possibili
derive di tipo sadico e gli effetti d'impoverimento
complessivo dell'esperienza amorosa, specie quando il
modello del consumismo sessuale prende piede tra le
persone più giovani e/o cerntrate su di sé.
Tutti rilievi opportuni e significativi.
Tuttavia, qui interessa mettere a fuoco un altro insieme
di possibili conseguenze e criticità di una visione (e
di una pratica) consumistica della sessualità: il
conformismo, la coazione,
la potenziale restrizione dell’indipendenza individuale.
Sono effetti che si celano dietro l'apparenza di una
libertà o licenza totale nell’aprirsi a ogni sorta di
godimento, pressoché senza limitazioni (“vale tutto”, a
parte forse la necrofilia).
Due o tre cose occorre ricordare.
Tutti dovremmo ben sapere (ma tendiamo a dimenticarcene)
che se sparisce dalla scena qualsiasi elemento di
censura e proibizione l’eros s’indebolisce e il sesso si
riduce a mera pratica igienico-funzionale, o al più
ginnico-esibitiva, capace di contentare solo o
prevalentemente i target più popolari e svantaggiati,
ben rappresentati nel corso del tempo da svariate figure
del costume italiano, tra gossip e spettacolo, da Lando
Buzzanca a Checco Zalone, da Alvaro Vitali a Maurizio
Corona.
L’assenza di ostacoli al raggiungimento della meta,
insita nel vigente regime da ipermercato
sessuale, sarà anche una manna per gli scambisti e gli
assatanati, ma spoetizza gli appassionati, che coltivano
l’aspirazione a coniugare l’eros con il romance.
D’altra parte, la dinamica degli atti di consumo
non si basa né si esaurisce nel piacere di consumare
preso per se stesso.
E’ questo un principio che vale per qualsiasi bene di
consumo: non si tratta di soddisfare un bisogno, bensì
di appagare provvisoriamente un desiderio destinato
subito dopo a riproporsi e a riprodursi, ancora e
ancora, senza fine, per via della sua stessa natura e
costituzione mai saziabile.
La forza e l'attrattiva del consumare riposano perciò su
una promessa, un sogno, una meta immaginaria,
rappresentabile o definibile con più formule, tutte più
o meno accettabili: la felicità, il benessere, il bene,
la bella vita, la vita intensa, la pienezza, la
realizzazione di sé, la non morte...
Il godimento sessuale in fondo è la forma di
piacere più basica, originaria, totalizzante,
facile, democratica, alla portata di chiunque. Oltre che
forte, turgida, venerabile, esaltata, panica, e via
dicendo.
In questo senso, si presta benissimo a fungere da
epitome degli standard di godimento che muovono e
trascinano l'universo del consumare.
Solo che a una diffusa sessualizzazione delle
merci e del loro mondo simbolico corrisponde
una versione via via più
mercificata e “markettara” dei corpi,
delle zone e delle fantasie erogene.
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