Una assemblea di
giuristi-avvocati si riunisce per riflettere insieme sul
futuro del nostro lavoro.
Allora, il domani è qui da intendersi come l'auspicabile
risultato di una critica del presente cui oggi vorremmo
contribuire?
Userò oggi argomenti leggeri, semi-seri, forse serissimi
ma in maschera. Come promette il titolo oggetto del
pezzo sono i dérèglementes, sregolamenti della regola.
Colti grazie ad un uno specchio. Leggo:
<< Dico che gli specchi appresso alcuni furono
Hieroglifico della verità imperò che scoprono ogni cosa
che s’appresenta loro innanzi, come è costume della
verità che non può mai stare occulta>>(R. Mirami)
Non può mai stare occulta? Allora ecco, oggi nella
“riunione ideale”,ascolto:
<<…la gioventù cui ad onta di visibili canizie ci
richiamiamo non è solo l'effetto di regressione
all'infanzia cui ogni istituzione sottopone il nuovo
arrivato per spogliarlo da ogni compiacimento nella
propria maturità e compiutezza sovrapponendo alla
linearità del processo biologico che va dalla nascita
alla morte un processo circolare di ininterrotti
ringiovanimenti (siamo ritornati giovani dopo la
senilità del liceo, siamo ritornati giovani dopo la
senilità della laurea, siamo ritornati giovani dopo la
senilità della pratica legale, dopo l'esperienza da
esordienti avvocati , ritorneremo giovani dinanzi alle
giurisdizioni superiori>>
( così Marcello Petrelli).
Ecco allora che l’avvocato, ringiovanito dalle ripetute
ri-presentazioni al “fonte battesimale”, decide con
vigore di prendere una sua strada. La mediazione, per
dire. Dunque non si presenta, per scelta, al battesimo
delle Magistrature Superiori. Che cosa succederà?
La risposta è secca come una ghigliottina: allora
invecchia. Invecchia? Beh sì.
E che si tenga lontano dallo Specchio perché sarà lì di
fronte a lui/lei, la verità che: <<Non può mai stare
occulta>> lo abbiamo appena letto.
Corro a farmi battezzare per la Cassazione - pensa
l’avvocato- che ha letto il terrificante “Ritratto di
Dorian Grey” e poi- pensa ancora- in Cassazione non ci
metterò mai piede, continuerò in serafica serenità a
coltivare mediazione e conciliazione. Ma intanto è
scoppiata la “Guerra dei Trent’anni” fra avvocati pro ed
avvocati contro la conciliazione e la mediazione (ved.
in proposito G.Tornesello Mediazione e Conciliazione:
nomen omen - in questo sito).
Durante le operazioni belliche, sempregiovani avvocati
regolarmente e compiutamente battezzati per le
Magistrature Superiori sorridono di questa figura un po’
buffa che forse,at home cioé in studio, nel suo studio
coprirà certo gli specchi ( loro, i isempregiovani ne
sono certi, lo fa) . Non oserà vedersi riflesso nello
specchio che ne svela la verità. Un vecchio/a, punito
dal non seguire la regola per la quale sono previsto
anche “dérèglementes”. Ma bisogna fidarsi ciecamente
degli sregolamenti della regola.
Passano gli anni sulla guerra per la concliazione e
mediazione…e nel 2010 .… ma abbiate pazienza. Si profila
la pace ma non finisce la guerra.
E poi? E poi..; è già il 2011 ed ancora leggo:
«Alla fine tra le pieghe del «milleproroghe» spunta
anche il rinvio della conciliazione. Con un emendamento
presentato ieri mattina dal senatore Pdl Domenico
Benedetti Valentini viene infatti chiesto uno
slittamento di un anno dell'entrata in vigore della
mediazione obbligatoria il cui debutto è fissato al 20
marzo. Il voto in commissione arriverà nei prossimi
giorni, ma intanto Benedetti Valentini si dice ottimista
sul suo accoglimento. Lo slittamento aveva iniziato a
prendere corpo nelle scorse settimane e le voci si erano
infittite negli ultimi giorni. Dal ministero della
Giustizia però nessuna indicazione. Con un Alfano che,
anzi, in un tesissimo intervento al congresso nazionale
forense di Genova non aveva concesso un millimetro sul
punto a una tumultuante platea che lo pressava. Adesso
l'uscita allo scoperto di un fronte parlamentare
potrebbe anche indurre il ministero a qualche
ripensamento. Come riporta il Sole& 24 Ore, magari per
provare a giocare d'anticipo e puntare a uno slittamento
più contenuto nel tempo (sei mesi?) e limitato ad alcune
materie condominio, motivando con la riforma al voto
dello stesso Senato, e risarcimento danni da incidente
stradale, ambiti entrambi molto cari agli avvocati. (
così C. Poncibò in questo sito).
Ma allora, visto che non da oggi lo specchio sta nel
bagno di casa nostra , perché tutti voi giovani e meno
giovani avvocati perché siete stati zitti per tanto
tempo? Diciamolo, di che cosa abbiamo paura? Dello
specchio di Mirami? NOOOO…..
Eppure
“lo specchio svela la verità che riflette” La verità,
dunque, che si incarna e prende forma in tutte le
questioni processuali (e il processo come lo specchio
svela solo la verità che riflette”) . Prima del momento
della verità processuale, mille questioni,allora. Quali?
Non le più importanti, non le sole, non solo sui
contenuti giuridici della assistenza legale civile o
penale ma sui suoi presupposti e sugli a-priori
silenziosi che governano il nostro lavoro di ogni
giorno. Certo è che il tentativo di ricostruzione passa
oggi attraverso domande poste da giovani a meno giovani
avvocati. Che non sono poi così distanti perché:
«La gioventù cui ci richiamiamo è anche il diritto ad
un'interpretazione fresca e radicale del mondo e a
prendere una propria distanza da quello che i meno
giovani ne hanno fatto. Comprendiamo bene che a molti i
giovani non appaiano né interlocutori interessanti e
rispettabili, né avversari loscamente minacciosi e
quindi veri avversari. Combattiamo comunque per una
nuova visibilità dei giovani, per una loro decisa presa
di parola, per un rifiuto di adesione a valori d'ordine,
di tornaconto e di comodità. Sappiamo anche,
naturalmente, che esiste il rischio che i giovani, come
ricordava spesso Croce, vengano al mondo con un'idea
vecchia nel cervello, ma è proprio per sventare questo
rischio che oggi siamo qui. >> ( così scrive M.Petrelli)
E così pensa pure Alice (pseudonimo adottato da chi
scrive questo pezzo) lo pensa svegliandosi dal sogno ad
occhi aperti perché non c’è qui at home nessuna
discussione su presupposti e a-priori silenziosi che
governano il nostro lavoro di ogni giorno.
Avrei potuto scrivere semplicemente: qualunque siano le
scelte fatte, lasciatemi intera la mia dignità
professionale. E basta.
Ed invece ho scritto un articolo.
Perché non amo i toni alti, drammatici, bensì quelli
leggeri .Amo l’ironia.
Intendendo l’ironista come colui/colei “che interroga” E
quindi amo ed uso molto nello scrivere, le citazioni, ne
trovate alcune in appendice..
Mi conforta nel culto delle citazioni ironiche la
pretesa di Benjamin che:
«il passato nel presente, più che accoglierlo lo si
raccolga, lo si afferri, restituendogli la sua verità>>.
(g.t.)
CITAZIONI A MARGINE. “solo la passione dell'intenditore
gli consente di collezionare ceramiche ritenute comuni"(Marguerite
Yourcenar)
SENECA: E' indecoroso colui che spira in tribunale
mentre difende oscuri litiganti (ignotissimi litigatores)
e, già avanzato negli anni, cerca l'applauso di un
uditorio ignorante.
A quanti l'eloquenza e la preoccupazione quotidiana di
mettere in mostra il proprio ingegno fanno sputar
sangue! A quanti la folla incalzante dei clienti non
lascia un momento di libertà! Passali tutti in rassegna,
costoro, dal più umile al più importante: questo cerca
un avvocato, quello fa l'avvocato; quest'altro è
imputato, quell'altro lo difende, quell'altro ancora lo
giudica, ma nessuno attende a se stesso e ognuno si
consuma per l'altro. Questi si cura di quello, quello di
quell'altro ma nessuno appartiene a se stesso.
FOUCAULT: bisogna pur mettersi in testa che giudicare
non è applicare la legge. Andate ad un giudizio per
direttissima; ascoltate il presidente borbottare il suo
interrogatorio, il procuratore chiedere che la legge sia
applicata, l'avvocato chiedere indulgenza: intendete i
sei mesi di prigione
che cadono "conformememente alla legge". E mi direte se
è questo applicare la legge. O se questa non è una certa
"maniera di fare" con essa. E' lì che, salvo alcune
notevoli eccezioni si trova la "dipendenza" dei giudici
nei confronti della loro formazione, delle regole
dell'istituzione, dei loro colleghi, delle costrizioni
di organizzazione, delle finanze e del tempo, della
pesantezza della gerarchia ecc;
Il problema non è tanto quello dell'obbedienza dei
giudici a ciò che dice il potere. E' quello della loro
conformità a ciò che esso tace. Ciò che si
chiede ai magistrati non è un'obbedienza che
disobbedisca alle leggi ma una conformità nella maniera
di fare con esse. Accesso alla giustizia: il
problema non è tanto: chi può avere accesso alla
giustizia? E' anche: fra tante liti, conflitti,
infrazioni, quali possono arrivare fino all'istanza
giudiziaria? Bisogna tracciare una linea tra ciò che
resterà fuori dalla giustizia e ciò che diverrà
giudicabile. Ma chi sceglie? Secondo quali criteri?
Come? Perché un piccolo furto e non un'enorme truffa?
Perché una carezza a qualcuno che consente e non
l'imprudenza del padrone che espone un operaio alla
morte? Sia un medesimo sistema di leggi: secondo il modo
in cui funziona l'istituzione ed i differenti circuiti
di derivazione posti in opera (giurisdizione
amministrativa, procedure di arbitrato...) si può avere
una distribuzione differente di ciò che può divenire
affare di giustizia e ciò che non lo può divenire.
|