Avv. Paolo Nesta


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"ORDINI RELIGIOSI? AL FONTE BATTESIMALE: I RINGIOVANIMENTI DELL’AVVOCATO"- Giulia TORNESELLO

 

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Una assemblea di giuristi-avvocati si riunisce per riflettere insieme sul futuro del nostro lavoro.
Allora, il domani è qui da intendersi come l'auspicabile risultato di una critica del presente cui oggi vorremmo contribuire?
Userò oggi argomenti leggeri, semi-seri, forse serissimi ma in maschera. Come promette il titolo oggetto del pezzo sono i dérèglementes, sregolamenti della regola. Colti grazie ad un uno specchio. Leggo:

<< Dico che gli specchi appresso alcuni furono Hieroglifico della verità imperò che scoprono ogni cosa che s’appresenta loro innanzi, come è costume della verità che non può mai stare occulta>>(R. Mirami)

Non può mai stare occulta? Allora ecco, oggi nella “riunione ideale”,ascolto:

<<…la gioventù cui ad onta di visibili canizie ci richiamiamo non è solo l'effetto di regressione all'infanzia cui ogni istituzione sottopone il nuovo arrivato per spogliarlo da ogni compiacimento nella propria maturità e compiutezza sovrapponendo alla linearità del processo biologico che va dalla nascita alla morte un processo circolare di ininterrotti ringiovanimenti (siamo ritornati giovani dopo la senilità del liceo, siamo ritornati giovani dopo la senilità della laurea, siamo ritornati giovani dopo la senilità della pratica legale, dopo l'esperienza da esordienti avvocati , ritorneremo giovani dinanzi alle giurisdizioni superiori>>
( così Marcello Petrelli).

Ecco allora che l’avvocato, ringiovanito dalle ripetute ri-presentazioni al “fonte battesimale”, decide con vigore di prendere una sua strada. La mediazione, per dire. Dunque non si presenta, per scelta, al battesimo delle Magistrature Superiori. Che cosa succederà?
La risposta è secca come una ghigliottina: allora invecchia. Invecchia? Beh sì.
E che si tenga lontano dallo Specchio perché sarà lì di fronte a lui/lei, la verità che: <<Non può mai stare occulta>> lo abbiamo appena letto.

Corro a farmi battezzare per la Cassazione - pensa l’avvocato- che ha letto il terrificante “Ritratto di Dorian Grey” e poi- pensa ancora- in Cassazione non ci metterò mai piede, continuerò in serafica serenità a coltivare mediazione e conciliazione. Ma intanto è scoppiata la “Guerra dei Trent’anni” fra avvocati pro ed avvocati contro la conciliazione e la mediazione (ved. in proposito G.Tornesello Mediazione e Conciliazione: nomen omen - in questo sito).

Durante le operazioni belliche, sempregiovani avvocati regolarmente e compiutamente battezzati per le Magistrature Superiori sorridono di questa figura un po’ buffa che forse,at home cioé in studio, nel suo studio coprirà certo gli specchi ( loro, i isempregiovani ne sono certi, lo fa) . Non oserà vedersi riflesso nello specchio che ne svela la verità. Un vecchio/a, punito dal non seguire la regola per la quale sono previsto anche “dérèglementes”. Ma bisogna fidarsi ciecamente degli sregolamenti della regola.
Passano gli anni sulla guerra per la concliazione e mediazione…e nel 2010 .… ma abbiate pazienza. Si profila la pace ma non finisce la guerra.
E poi? E poi..; è già il 2011 ed ancora leggo:

«Alla fine tra le pieghe del «milleproroghe» spunta anche il rinvio della conciliazione. Con un emendamento presentato ieri mattina dal senatore Pdl Domenico Benedetti Valentini viene infatti chiesto uno slittamento di un anno dell'entrata in vigore della mediazione obbligatoria il cui debutto è fissato al 20 marzo. Il voto in commissione arriverà nei prossimi giorni, ma intanto Benedetti Valentini si dice ottimista sul suo accoglimento. Lo slittamento aveva iniziato a prendere corpo nelle scorse settimane e le voci si erano infittite negli ultimi giorni. Dal ministero della Giustizia però nessuna indicazione. Con un Alfano che, anzi, in un tesissimo intervento al congresso nazionale forense di Genova non aveva concesso un millimetro sul punto a una tumultuante platea che lo pressava. Adesso l'uscita allo scoperto di un fronte parlamentare potrebbe anche indurre il ministero a qualche ripensamento. Come riporta il Sole& 24 Ore, magari per provare a giocare d'anticipo e puntare a uno slittamento più contenuto nel tempo (sei mesi?) e limitato ad alcune materie condominio, motivando con la riforma al voto dello stesso Senato, e risarcimento danni da incidente stradale, ambiti entrambi molto cari agli avvocati. ( così C. Poncibò in questo sito).

Ma allora, visto che non da oggi lo specchio sta nel bagno di casa nostra , perché tutti voi giovani e meno giovani avvocati perché siete stati zitti per tanto tempo? Diciamolo, di che cosa abbiamo paura? Dello specchio di Mirami? NOOOO…..
Eppure
“lo specchio svela la verità che riflette” La verità, dunque, che si incarna e prende forma in tutte le questioni processuali (e il processo come lo specchio svela solo la verità che riflette”) . Prima del momento della verità processuale, mille questioni,allora. Quali? Non le più importanti, non le sole, non solo sui contenuti giuridici della assistenza legale civile o penale ma sui suoi presupposti e sugli a-priori silenziosi che governano il nostro lavoro di ogni giorno. Certo è che il tentativo di ricostruzione passa oggi attraverso domande poste da giovani a meno giovani avvocati. Che non sono poi così distanti perché:

«La gioventù cui ci richiamiamo è anche il diritto ad un'interpretazione fresca e radicale del mondo e a prendere una propria distanza da quello che i meno giovani ne hanno fatto. Comprendiamo bene che a molti i giovani non appaiano né interlocutori interessanti e rispettabili, né avversari loscamente minacciosi e quindi veri avversari. Combattiamo comunque per una nuova visibilità dei giovani, per una loro decisa presa di parola, per un rifiuto di adesione a valori d'ordine, di tornaconto e di comodità. Sappiamo anche, naturalmente, che esiste il rischio che i giovani, come ricordava spesso Croce, vengano al mondo con un'idea vecchia nel cervello, ma è proprio per sventare questo rischio che oggi siamo qui. >> ( così scrive M.Petrelli)
E così pensa pure Alice (pseudonimo adottato da chi scrive questo pezzo) lo pensa svegliandosi dal sogno ad occhi aperti perché non c’è qui at home nessuna discussione su presupposti e a-priori silenziosi che governano il nostro lavoro di ogni giorno.

Avrei potuto scrivere semplicemente: qualunque siano le scelte fatte, lasciatemi intera la mia dignità professionale. E basta.

Ed invece ho scritto un articolo.

Perché non amo i toni alti, drammatici, bensì quelli leggeri .Amo l’ironia.

Intendendo l’ironista come colui/colei “che interroga” E quindi amo ed uso molto nello scrivere, le citazioni, ne trovate alcune in appendice..

Mi conforta nel culto delle citazioni ironiche la pretesa di Benjamin che:
«il passato nel presente, più che accoglierlo lo si raccolga, lo si afferri, restituendogli la sua verità>>. (g.t.)


CITAZIONI A MARGINE. “solo la passione dell'intenditore gli consente di collezionare ceramiche ritenute comuni"(Marguerite Yourcenar)

SENECA: E' indecoroso colui che spira in tribunale mentre difende oscuri litiganti (ignotissimi litigatores) e, già avanzato negli anni, cerca l'applauso di un uditorio ignorante.
A quanti l'eloquenza e la preoccupazione quotidiana di mettere in mostra il proprio ingegno fanno sputar sangue! A quanti la folla incalzante dei clienti non lascia un momento di libertà! Passali tutti in rassegna, costoro, dal più umile al più importante: questo cerca un avvocato, quello fa l'avvocato; quest'altro è imputato, quell'altro lo difende, quell'altro ancora lo giudica, ma nessuno attende a se stesso e ognuno si consuma per l'altro. Questi si cura di quello, quello di quell'altro ma nessuno appartiene a se stesso.


FOUCAULT: bisogna pur mettersi in testa che giudicare non è applicare la legge. Andate ad un giudizio per direttissima; ascoltate il presidente borbottare il suo interrogatorio, il procuratore chiedere che la legge sia applicata, l'avvocato chiedere indulgenza: intendete i sei mesi di prigione
che cadono "conformememente alla legge". E mi direte se è questo applicare la legge. O se questa non è una certa "maniera di fare" con essa. E' lì che, salvo alcune notevoli eccezioni si trova la "dipendenza" dei giudici nei confronti della loro formazione, delle regole dell'istituzione, dei loro colleghi, delle costrizioni di organizzazione, delle finanze e del tempo, della pesantezza della gerarchia ecc;
Il problema non è tanto quello dell'obbedienza dei giudici a ciò che dice il potere. E' quello della loro conformità a ciò che esso tace. Ciò che si
chiede ai magistrati non è un'obbedienza che disobbedisca alle leggi ma una conformità nella maniera di fare con esse. Accesso alla giustizia: il
problema non è tanto: chi può avere accesso alla giustizia? E' anche: fra tante liti, conflitti, infrazioni, quali possono arrivare fino all'istanza giudiziaria? Bisogna tracciare una linea tra ciò che resterà fuori dalla giustizia e ciò che diverrà giudicabile. Ma chi sceglie? Secondo quali criteri? Come? Perché un piccolo furto e non un'enorme truffa? Perché una carezza a qualcuno che consente e non l'imprudenza del padrone che espone un operaio alla morte? Sia un medesimo sistema di leggi: secondo il modo in cui funziona l'istituzione ed i differenti circuiti di derivazione posti in opera (giurisdizione amministrativa, procedure di arbitrato...) si può avere una distribuzione differente di ciò che può divenire affare di giustizia e ciò che non lo può divenire.

 

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