Nove anni fa, lungo la Statale Centrale Umbra vicino
Foligno, la giovane Michela Crucianelli uscì di strada
con la sua auto e, centrando in pieno uno degli alberi
secolari a lato della carreggiata, morì sul colpo. Lo
scorso 8 febbraio, al termine di un lungo processo, la
Corte di Cassazione ha condannato il capo cantoniere
dell'Anas, Bruno Bruni, a un anno e mezzo di reclusione
per non aver fatto collocare, sul tratto di strada dove
avvenne l'incidente, adeguati guardrail protettivi.
Molto spesso, in
campagna, incontriamo quelle piacevoli strade,
delimitate da caratteristici filari di alberi, che tanto
ci ricordano quella poesia del Carducci imparata a
scuola. Strade pittoresche quanto si vuole, ma col grave
difetto di essere pericolose per chi le percorre.
Talmente pericolose che, se andassimo ad interpretare in
una certa direzione una sentenza della Cassazione,
potrebbero essere addirittura illegali. Ma andiamo con
ordine.
LA SENTENZA
DELLA CASSAZIONE
- Se ci fossero stati i guardrail, le conseguenze
dell'incidente potevano essere evitate: con questa
sentenza, destinata inevitabilmente a far discutere, la
Cassazione ha riavviato il dibattito sulla pericolosità
degli alberi (e dei pali della luce, e dei cartelloni)
posti al margine della carreggiata. Stabilendo la
responsabilità oggettiva per quell'incidente si è
ribaltato, in pratica, un principio cardine con cui, fin
dalla sua emanazione (1993) ad oggi, è stato
interpretato il Codice della Strada. L'art. 26 del
Regolamento d'attuazione del Codice prevede, infatti,
che gli alberi debbano trovarsi ad almeno sei metri dal
ciglio di una strada. Per diciotto anni si è quindi
ritenuto che tale divieto valesse solo per le nuove
alberature, e per le strade di nuova costruzione. La
Cassazione, invece, fisserebbe oggi un'interpretazione
retroattiva, per la quale anche le vecchie strade
dovranno, pertanto, "mettersi in regola". Il che,
tradotto in termini pratici, vista l'impossibilità di
eliminare gli alberi laterali (spesso funzionali alla
stabilità del territorio e, quasi sempre, rigorosamente
tutelati da norme ambientali o urbanistiche),
significherà installare adeguate protezioni laterali.
Vale a dire, quei guardrail di cui tante altre volte ci
siamo occupati, anche recentemente, in occasione del
drammatico salto di corsia sulla A4, e
dell'incidente in cui, domenica scorsa, è rimasto
coinvolto il
pilota polacco Kubica.
GUARDRAIL
FUORI NORMA
- Il dibattito sull'incidentalità stradale, spintosi da
anni anche nel valutare la pericolosità potenziale delle
infrastrutture, vede da tempo sul banco degli imputati
tanto i guardrail fuori norma, con lame insidiose e
cuspidi male orientate, quanto quei tratti stradali
inspiegabilmente privi della benché minima protezione.
Una rigida interpretazione di questa sentenza della
Cassazione potrebbe, in teoria, obbligare lo Stato ad
emanare un provvedimento che imponga agli enti
proprietari di strade di metterle in sicurezza, ed in
tempi ragionevoli. Il condizionale, tuttavia, è
d'obbligo: la casistica di incidenti avvenuti a causa
dell'urto con alberi, pali della luce, cartelloni ed
ogni altro manufatto posizionato pericolosamente vicino
alla carreggiata è, purtroppo, talmente estesa, al punto
che di sentenze simili ne sono state emanate fin
troppe. E anche se ogni sentenza fa storia a
sé, mentre scriviamo molti avvocati dei parenti di
vittime di incidenti stradali, avvenuti a seguito di una
simile dinamica, si preparano a fare causa ai gestori
delle arterie teatro di tali incidenti.
ATTENDIAMO
LA SENTENZA
- In attesa di leggere con attenzione la sentenza, è
prematuro fare pronostici su cosa e come potranno
cambiare le cose. Tuttavia, le premesse per un 'salutare
scossone' ci sono tutte, vista anche la diffusione, in
Italia, di quella curiosa 'schizofrenia del guardrail'.
Alcune strade, come detto, ne sono desolatamente prive
mentre, su altre, avanzatissime barriere ad elevata
resistenza vengono utilizzate come scomodi e pericolosi,
specie per i motociclisti, delimitatori di aree
pedonali o, talvolta, collocate all'interno delle
gallerie, dove le esigenze di contenimento dei veicoli
che dovessero uscire di carreggiata sono, evidentemente,
relative.
BUONA
OCCASIONE
- La sentenza è una ragione in più per individuare, al
più presto, un meccanismo normativo efficace, che
permetta alle Pubbliche Amministrazioni locali (che
gestiscono la maggior parte delle strade alberate e,
quindi, "incriminate") di approfittare dell'opportunità
per programmare seriamente, e serenamente, i lavori di
loro competenza, esaltando il loro ruolo nella
progettazione delle barriere, e nell'individuazione
delle scelte migliori.
SI
RISCHIANO LIMITI ASSURDI
- È evidente, infatti, che se gli effetti della sentenza
fossero recepiti in modo rigido imponendo, in attesa del
completamento degli interventi, misure temporanee nella
gestione delle strade, potremmo assistere a situazioni
al limite del grottesco. Come il drastico
abbassamento dei limiti di velocità su quelle
strade divenute, di punto in bianco, 'illegali' per la
loro pericolosità. Troppo facile, infine, sostenere che
la soluzione stia nella corretta installazione dei
guardrail: molte carreggiate stradali hanno, infatti, la
stessa larghezza di sessanta, settanta anni fa, e sono
rimaste di fatto alle dimensioni di prima ancora che
inventassero l'automobile. I guardrail, come noto,
richiedono spazio sia per la loro installazione che per
il loro 'funzionamento', visto che per assorbire un
eventuale urto devono potersi flettere, occupando lo
spazio al loro retro. Il rischio è che una volta dotate
di robuste barriere di protezione, su diverse romantiche
strade di campagna potrebbero essere disposte
regolamentazioni tali da penalizzarne fortemente la loro
percorribilità: riduzione del limite di velocità o,
addirittura, l'adozione del senso unico. Un rimedio che
potrebbe diventare peggiore del male, specie se saranno
utilizzati guard-rail di vecchia generazione
pericolosissimi per i motociclisti.
di Alessandro Ferri
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