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1. Premessa.
La recentissima sentenza della
Corte di Giustizia Europea (Quarta Sezione) 10 novembre
2011, C-405/11 risulta assai interessante soprattutto
per aver ribadito, affrontando una questione
interpretativa sulle spedizioni transfrontaliere di
rifiuti, la prevalenza (non solo come finalità e
obiettivi, ma anche interpretativa) della protezione
della salute umana e ambientale; per aver ricordato che
i rifiuti di norma dovrebbero essere smaltiti negli
Stati di loro produzione; per aver ribadito che
qualsiasi operazione di gestione (anche di recupero)
debba svolgersi nello Stato di destinazione con
operazioni ecologicamente corrette secondo l’equivalenza
comunitaria; infine, per aver chiarito che il principio
di legalità penale, per richiedere la responsabilità dei
soggetti, implica una chiara definizione normativa dei
reati e delle pene.
2. Finalità del Regolamento
1013/20061.
In via preliminare va evidenziato
come il Regolamento (CE) n.1013/2006 persegue
<primariamente, tanto per i suoi scopi quanto per il suo
contenuto, la protezione della salute umana e
dell’ambiente contro gli effetti nocivi che possono
derivare dalle spedizioni internazionali di rifiuti>2.
Sul fondamento dell’art.130 S del
Trattato CEE il controllo e la sorveglianza istituiti
dal Regolamento <mirano a proteggere l’ambiente, non
soltanto nella Comunità, ma anche nei paesi terzi nei
quali i rifiuti sono esportati a partire da essa>3.
Sempre il cit. Regolamento pone
<l’accento sul trasporto dei rifiuti al fine del loro
trattamento piuttosto che sullo spostamento a fini
commerciali degli stessi. Anche volendo supporre che i
rifiuti siano spediti nell’ambito degli scambi
commerciali, resta comunque il fatto che la procedura di
notifica e autorizzazione preventive scritte è diretta
esclusivamente a prevenire i rischi per la salute umana
e l’ambiente derivanti da tali spedizioni e non a
promuovere, ad agevolare oppure a disciplinare gli
scambi commerciali>4.
Infatti, l’obiettivo del
Regolamento <non è quello di definire le caratteristiche
che devono possedere i rifiuti per circolare liberamente
nel mercato interno o nell’ambito di scambi commerciali
con i paesi terzi, bensì di fornire un sistema
armonizzato di procedimenti attraverso i quali limitare
la circolazione dei rifiuti, al fine di garantire la
tutela dell’ambiente>5.
3. La geografia delle spedizioni.
Per quanto riguarda i Paesi
importatori/esportatori nella disciplina comunitaria, in
sintesi si hanno:
spedizioni intra UE: tra Paesi
UE ed altri Paesi UE;
spedizioni (esportazioni) verso
Paesi terzi: b1) verso extraUE; b2) verso Paesi EFTA;6
b3) verso Paesi OCSE7; b4) verso Paesi non OCSE;
spedizioni (importazioni) nei
Paesi UE: c1) dai Paesi aderenti alla Convenzione di
Basilea (sono 181 Paesi anche EFTA e OCSE); c2) dai
Paesi non aderenti alla Convenzione di Basilea.
Come vedremo, sia la tipologia dei
rifiuti, che il loro destino (lo smaltimento o il
recupero), sia le procedure da attivarsi (la notifica o
quella della “lista verde”, leggasi dopo il Regolamento
1013/2006 “elenco verde”) trovano - in questa
“geografia” delle spedizioni - una diversa articolazione
e previsione, rilevando altresì eventuali, ulteriori,
controlli che i Paesi possono richiedere. In questa
analisi vengono tralasciati i soggetti, loro
relazionalità e le questioni del recupero intermedio8.
4. Spedizioni di rifiuti da
recuperare in Paesi ove non si applica la decisione
OCSE.
In questo caso l’art.37 (<Procedure
di esportazione dei rifiuti elencati nell’allegato III o
IIIA) del cit. Regolamento 1013/2006 ss.mm. e ii.9,
segnala diverse procedure applicabili:
per i Paesi “ignorati” dalla
lista elenco“verde” (o per quelli che hanno “risposto”
alla richiesta scritta della Commissione di cui al par.1
dell’art.37) trova applicazione la procedura di notifica
e della autorizzazione preventiva scritta (art.37, par.
2, secondo periodo) ;
per i Paesi cosiddetti
“listati”, ovvero per i Paesi che rispondono alla
richiesta indicando <che determinate spedizioni di
rifiuti non sono soggette ad alcun controllo> per
l’art.37, par.3 <si applica, mutatis mutandis> l’art.18
<Rifiuti che devono essere accompagnati da determinate
informazioni>10.
Questo rinvio all’art.18 (in
particolare con la clausola del <mutatis mutandis>)
comporta l’ingresso interpretativo dell’elemento
teleologico, tenendo presente, appunto, la sua
collocazione nella rubrica del capo II, <obblighi
generali di informazione> (si vedano, altresì, il par.
1, lett. “a”11, “b”12 e il par. 2 sempre dell’art.18).
La finalità ivi additata (<per
facilitare il monitoraggio>) sembra, appunto, indicare
una logica di controllo, di tracciabilità del rifiuto
fino al suo completo recupero.
5. La spedizione (la gestione) deve
avvenire secondo metodi ecologicamente corretti.
Va sempre tenuta ben presente la
necessità di controllare e di verificare se la
spedizione di rifiuti sia avvenuta, o avvenga, tramite
operazioni ecologicamente corrette (in proposito vedasi
l’art.44, par.4: <la spedizione può aver luogo
soltanto:>, <lett.d) se è gestita secondo metodi
ecologicamente corretti, come disposto dall’articolo
49>).
Ed è anche a tal fine che dal
contratto - che deve essere stipulato tra le parti -
devono evincersi gli elementi che consentano di
comprendere (ai soggetti incaricati del controllo e
della verifica) se l’ impianto finale (ivi specificato)
possa effettivamente (diremmo anche prevalentemente e
obiettivamente) svolgere queste operazioni
ecologicamente corrette, in questo utilizzando il
criterio della equivalenza comunitaria.
Sulla <Protezione dell’ambiente>
giova qui riportare il par. 2, dell’art.49, par. 2:
<2. In caso di esportazioni dalla
Comunità, l’autorità competente di spedizione nella
Comunità:
impone, e si adopera per
garantire, che tutti i rifiuti esportati siano gestiti
secondo metodi ecologicamente corretti per tutta la
durata della spedizione, compresi il recupero di cui
agli articoli 36 e 38 o lo smaltimento di cui
all’articolo 34 nel paese terzo di destinazione;
vieta l’esportazione di rifiuti
verso paesi terzi se ha motivo di ritenere che essi non
saranno gestiti secondo quanto prescritto alla lettera
a).
In particolare, si considera che
l’operazione di recupero o di smaltimento sia effettuata
in modo ecologicamente corretto se il notificatore o
l’autorità competente del paese di destinazione possono
dimostrare che l’impianto che riceve i rifiuti sarà
gestito in conformità di norme in materia di tutela
della salute umana e ambientale grosso modo equivalenti
a quelle previste dalla normativa comunitaria. Tale
presunzione non pregiudica tuttavia la valutazione
globale della gestione ecologicamente corretta durante
tutta la durata della spedizione, compresi il recupero o
lo smaltimento nel paese terzo di destinazione.
Per un orientamento in materia di
gestione ecologicamente corretta, possono essere prese
in considerazione le linee guida figuranti nell’allegato
VII>.
6. Il caso oggetto della sentenza
della Corte (quarta sezione) 10 novembre 2011, C-405-10.
Un operatore tedesco aveva avviato
la spedizione in Libano, per il recupero - via Rotterdam
- dei catalizzatori usati per autoveicoli (rifiuti). La
dogana olandese sequestrava il carico considerato che <i
catalizzatori rientravano nella voce B1120 dell’allegato
IX della convenzione di Basilea e che essi figuravano
nella colonna a) dell’allegato del regolamento n.
1418/2007 e che, pertanto, la loro spedizione in Libano
era vietata> (punto 34 conclusioni13). Però questi
rifiuti compaiono anche nella colonna “d” del citato
Regolamento n.1418/2007 il quale prevede che altre
procedure di controllo saranno applicate ai sensi della
legge nazionale nello Stato di destinazione. Pertanto,
il giudice tedesco (Amtsgericht Bruchsal) , ha
sottoposto sottoporre alla Corte la seguente questione
pregiudiziale:
<Se la normativa di cui al
combinato disposto dell’art. 37 del regolamento (..) n.
1013/2006 (..), e del regolamento (..) n. 1418/2007
(..), vada interpretata nel senso che sussiste un
divieto di spedizione in Libano dei rifiuti di cui alla
categoria B1120 dell’allegato IX della convenzione di
Basilea (..)>. Invero, <La portata della questione è
importante per la sig.ra Garenfeld, poiché, se non
esistono divieti di spedizione dei rifiuti della
categoria B1120 verso il Libano, non ricorrono gli
elementi costitutivi del reato punito dalla legge penale
tedesca> (punto 41 conclusioni).
Come dianzi ricordato l’art. 37 del
regolamento n. 1013/2006 prevede una procedura di
consultazione degli Stati terzi al fine di conoscere le
loro posizioni circa il trattamento di taluni rifiuti,
ovvero:
se sottoporre i rifiuti ad un
divieto di esportazione nel loro territorio;
se prevedere una procedura di
notifica e di autorizzazione preventive;
se non avvalersi di alcuna
procedura di controllo.
La Commissione, utilizzando le
risposte degli Stati terzi ha adottato il regolamento
(CE) n. 1418/2007 aggiungendo oltre alle tre opzioni una
altra, ovvero:
4. la possibilità di
classificazione, e cioè l’istituzione, per il
trasferimento di tali rifiuti, di altre procedure di
controllo che saranno applicate in forza del diritto
nazionale nello Stato di destinazione.
<Per quanto riguarda il Libano, la
Commissione ha classificato i rifiuti appartenenti alla
categoria B1120 nelle colonne a) e d) dell’allegato del
regolamento n. 1418/2007 che corrispondono,
rispettivamente, a un divieto di esportazione verso il
Libano e all’istituzione di altre procedure di controllo
da parte dello Stato di destinazione> (vedi punto 5
conclusioni).
In ogni caso, <l’art. 1 bis del
regolamento n. 1418/2007 fa presente che qualora uno
Stato nella sua risposta ad una richiesta scritta
inviata dalla Commissione ai sensi dell’art. 37, n. 1,
primo comma, del regolamento n. 1013/2006, precisi che
non vieterà le spedizioni di determinati rifiuti, né
applicherà la procedura di notifica e di autorizzazione
preventive scritte di cui all’art. 35 di tale
regolamento, si applica mutatis mutandis a tali
spedizioni l’art. 18 del detto regolamento14> (punto 28
conclusioni).
L’Avvocato Generale successivamente
osserva come:
<43. La duplice classificazione di
tali rifiuti nelle colonne a) e d) dell’allegato del
regolamento n. 1418/2007, che appare in qualche modo
contraddittoria, si spiega col fatto che, quando la
Commissione ha chiesto agli Stati ai quali non si
applica la decisione OCSE di determinare quali erano le
loro intenzioni per la classificazione dei rifiuti,
taluni di questi Stati hanno affermato che progettavano
di applicare, ai sensi della loro legge nazionale,
procedure di controllo diverse da quelle di cui all’art.
37, n. 1, del regolamento n. 1013/2006>
<45. Per quanto riguarda il
Libano, risulta dalle osservazioni presentate dalla
Commissione che il Ministero libanese dell’Ambiente, con
lettera del 23 giugno 2007, ha rimandato il questionario
compilato sbarrando, per i rifiuti della categoria
B1120, la colonna 1 di tale questionario che corrisponde
alla colonna a) dell’allegato del regolamento n.
1418/2007, e cioè a un divieto di esportazione15.
46. Inoltre, il Ministero
libanese dell’Ambiente ha precisato, in tale lettera,
che l’elenco fornito dalle autorità libanesi competenti
ha un mero carattere esplicativo, in quanto la
classificazione dei rifiuti in Libano può divergere da
quella stabilita dalla Commissione16.
47. Tale lettera ha motivato la
decisione della Commissione di aggiungere anche i
rifiuti della categoria B1120 nella colonna d)
dell’allegato del regolamento n. 1418/2007 per quanto
riguarda il Libano17
48. Tuttavia, vuole tale
aggiunta significare che i rifiuti di cui trattasi
possono essere esportati dall’Unione verso il Libano?
49. La Commissione ritiene che, a
partire dal momento in cui i suddetti rifiuti figurano
nella colonna a) dell’allegato del regolamento n.
1418/2007, la loro esportazione verso il Libano debba
essere vietata, mentre la menzione nella colonna d) di
questo stesso allegato è ininfluente su tale
conclusione>
La posizione della Commissione
viene condivisa dall’Avvocato generale, in effetti
<55. Il Ministro libanese
dell’Ambiente ha chiaramente espresso tale diritto
indicando, nel questionario inviato alla Commissione,
che l’esportazione, nel territorio libanese, dei rifiuti
rientranti nella categoria B1120 era vietata>
Poichè <soltanto quando lo Stato di
destinazione ha optato per un’assenza di controllo delle
spedizioni di rifiuti o non ha reso note le sue
intenzioni l’Unione ha la possibilità di applicare la
procedura di cui all’art. 18 del regolamento n.
1013/2006 o quella di cui all’art. 35 di quest’ultimo>
(punto 58 conclusioni),nel caso in trattazione
<L’aggiunta della colonna d) nell’allegato del
regolamento n. 1418/2007 non può avere l’effetto di
contrastare> la volontà del Libano espressasi per il
divieto, precisando <nella sua risposta che la
classificazione dei rifiuti da esso adottata poteva
divergere da quella adottata dal legislatore
dell’Unione, ha inteso attirare l’attenzione delle
imprese stabilite in seno all’Unione sul fatto che è
possibile che l’importazione di taluni rifiuti sia
negata da parte delle autorità libanesi competenti anche
nel caso in cui la classificazione adottata dal
legislatore dell’Unione autorizzasse tale importazione>
(punto 62 conclusioni).
Ecco chiarita la regola per la
quale qualora un Paese terzo, <abbia chiaramente
affermato di vietare l’importazione, sul proprio
territorio, di rifiuti appartenenti alla categoria
B1120, la classificazione contemporanea di tali rifiuti
nella colonna d) dell’allegato del regolamento n.
1418/2007 non ha altro scopo se non quello di avvertire
le persone interessate del fatto che tale Stato conserva
il diritto sovrano di istituire procedure di controllo e
di sorveglianza delle spedizioni dei rifiuti diverse da
quelle previste dal legislatore dell’Unione e quello di
negare l’importazione di taluni rifiuti sulla base di
una classificazione diversa da quella adottata dalla
normativa dell’Unione> (punto 63 conclusioni).
In ogni caso, <l’obiettivo del
regolamento n. 1013/2006 imponga di scegliere la
soluzione più idonea a proteggere la salute umana e
l’ambiente> (punto 65 conclusioni).
Di più, i rischi di danni connessi
ai movimenti transfrontalieri portano a ritenere che i
rifiuti vadano smaltiti nello Stato di produzione (salvo
che altrove si riscontri una gestione ecologicamente
razionale ed efficace), fermo restando la limitazione
delle spedizioni di rifiuti come obiettivo dell’UE
sempre a’ fini di miglior protezione della salute umana
e dell’ambiente (cfr. punti 66-67 delle conclusioni).
La Corte (quarta sezione) si è poi
espressa con sentenza del 10 novembre 2011 <Tutela
dell’ambiente – Regolamenti (CE) n. 1013/2006 e n.
1418/2007 – Controllo delle spedizioni di rifiuti –
Divieto di esportazione in Libano di catalizzatori
esausti>nel procedimento C‑405/10, ricalcando le
conclusioni dell’Avvocato Generale dianzi riportate.
Per quanto riguarda l’aspetto
penale (“rinviato“ alla Corte dall’Avvocato), la Corte,
richiamato il reato previsto dal codice penale tedesco e
dal regolamento tedesco sulle pene pecuniarie in materia
di spedizioni di rifiuti, così si manifesta:
a) circa le posizioni/spiegazioni
manifestate dalla Commissione:
<39 Da un lato, non può essere
presa in considerazione, a tale riguardo, la spiegazione
fornita dalla Commissione secondo cui, qualora un paese
terzo abbia precisato di vietare l’importazione sul
proprio territorio di un determinato tipo di rifiuti, le
«procedure di controllo (…) che differiscono da quelle
previste dall’articolo 37, paragrafo 1, del regolamento
n. 1013/2006», a cui fa riferimento il sesto
‘considerando’ del regolamento n. 1418/2007,
riguarderebbero tale divieto di importazione. Occorre
infatti ricordare che le procedure di controllo di cui
al suddetto art. 37, n. 1, vale a dire quelle che
prevedono gli artt. 18 o 35 del regolamento n.
1013/2006, riguardano per definizione esclusivamente i
rifiuti la cui importazione non è stata oggetto di un
divieto in via di principio.
40 Dall’altro lato, secondo
un’altra spiegazione fornita dalla Commissione,
sembrerebbe che la menzione della categoria di rifiuti
B1120 in tale colonna d) sarebbe conseguenza della
riserva espressa dalle autorità libanesi nella loro
summenzionata lettera del 23 giugno 2007, per quanto
riguarda le conseguenze che possono essere connesse con
eventuali discrepanze tra le codificazioni inerenti alle
categorie di rifiuti considerate dalla Comunità e dalla
Repubblica Libanese>.
B) circa la questione penale:
<48 Per quanto riguarda la
questione se le disposizioni del diritto dell’Unione
presentino nel caso di specie un grado di chiarezza tale
da poter costituire gli elementi di una qualificazione
penale nazionale conformemente al principio della
legalità penale (…),occorre tuttavia ricordare che tale
principio costituisce un principio generale del diritto
dell’Unione, sancito in particolare all’art. 49, n. 1,
della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea. Tale principio, al cui rispetto gli Stati
membri sono tenuti in particolare quando infliggono una
pena diretta a sanzionare l’inosservanza di disposizioni
del diritto dell’Unione, implica che la legge definisca
chiaramente i reati e le pene che li reprimono. Questa
condizione è soddisfatta solo quando il soggetto di
diritto può conoscere, in base al testo della
disposizione rilevante e, nel caso, con l’aiuto
dell’interpretazione che ne sia stata fatta dai giudici,
gli atti e le omissioni che chiamano in causa la sua
responsabilità penale (v. in tal senso, segnatamente,
sentenze 13 luglio 1989, causa 5/88, Wachauf, Racc. pag.
2609, punto 19; 3 maggio 2007, causa C‑303/05, Advocaten
voor de Wereld, Racc. pag. I‑3633, punti 49 e 50, nonché
31 marzo 2011, causa C‑546/09, Aurubis Balgaria, non
ancora pubblicata nella Raccolta, punti 41 e 42)>
Ecco, quindi, che i giudici
comunitari così possono pervenire alla conclusione per
la quale:
49 Alla luce del complesso
delle considerazioni che precedono, occorre rispondere
alla questione sollevata nel senso che il combinato
disposto degli artt. 36, n. 1, lett. f), e 37 del
regolamento n. 1013/2006 e del regolamento n. 1418/2007
deve essere interpretato nel senso che è vietata
l’esportazione dall’Unione verso il Libano di rifiuti
destinati al recupero che rientrano nel codice B1120 di
cui all’elenco B della parte 1 dell’allegato V del
regolamento n. 1013/2006>.
1[1]
Sull’argomento, ci si permette rinviare ai nostri:
Disinsabbiare la disciplina delle spedizioni
transfrontaliere di rifiuti: una interpretazione
realistica per le spedizioni verso Paesi non OCSE,
www.lexambiente.it; Per un’analisi, non solo giuridica,
delle spedizioni transfrontaliere (rectius,
commercializzazione) dei rifiuti: prime considerazioni
(anche ad uso dei controllori e degli “autorizzatori”),
Diritto e Giurisprudenza Agraria, Alimentare e
dell’Ambiente, novembre 2010; Le spedizioni illegali e
il traffico di rifiuti da “colletti bianchi” (e la
normativa antimafia), Diritto e Giurisprudenza Agraria,
Alimentare e dell’Ambiente, aprile, 2011.
2[1]
Vedasi la sentenza della Corte di Giustizia (Grande
Sezione) 8 settembre 2009, causa C-411/06.
3[1]
Sempre la cit. sentenza C-411/06, al punto 65, con
riferimento ad altre sentenze della Corte (riferite al
Regolamento n.259/1993 ma facendone applicazione anche
al Regolamento n.1013/2006): del 28 giugno 1994, causa
C-187/93 e 21 giugno 2007, causa C-259/05.
4[1]
Ibidem, punto 69.
5[1]
Ibidem, punto 72.
6[1]
European Free Trade Association (EFTA): Norvegia,
Svizzera,Islanda, Liechtenstein.
7[1]
Organizzazione Cooperazione Sviluppo Economico: UE,
Australia, Canada, Corea del Sud, Giappone, Islanda,
Messico, Norvegia, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Svizzera,
Turchia. Decisione OCSE C(2001)107/def., del 14 giugno
2001 e relativa alla modifica della decisione
C(92)39/def. sul controllo dei movimenti
transfrontalieri di rifiuti destinati a operazioni di
recupero.
8[1]
Tematiche disaminate negli scritti indicati in nota 1.
9[1]
L’art. 37 è inserito nel titolo III <Spedizioni
esclusivamente all’interno degli stati membri>, Capo 2
(<Esportazioni di rifiuti destinati al recupero>), Sez.1
(<Esportazioni verso paesi ai quali non si applica la
decisione OCSE>).
10[1]
il quale vale solo per questi rifiuti, mentre sono
previsti dei casi teoricamente “marginali”: cfr. l’
art.3, parr.2 e 4 richiamati dall’art.18, par.1 per il
quale ultimo gli obblighi procedurali per la spedizione
di queste tipologie di rifiuti sono quelli generali di
informazione.
11[1]
Lett. “a”: <per facilitare il monitoraggio delle
spedizioni di tali rifiuti> il soggetto che organizza la
spedizione deve avere la giurisdizione nel paese di
spedizione e <assicura che i rifiuti siano accompagnati
dal documento contenuto nell’allegato VII>.
12[1]
Lett. “b”: <il documento contenuto nell’allegato VII è
firmato dal soggetto che organizza la spedizione prima
che questa abbia luogo e dall’impianto di recupero o dal
laboratorio e dal destinatario al momento del
ricevimento dei rifiuti in questione>.
13[1]
Conclusioni dell’Avvocato Generale Yves BOT, presentate
il 21 luglio 2011, Causa C‑405/10 Staatsanwaltschaft
Karlsruhe contro Özlem Garenfeld [domanda di pronuncia
pregiudiziale, proposta dall’Amtsgericht Bruchsal
(Germania)]
14[1]
La sentenza (punti 10-11) ha avuto modo di ricordare che
<L’art. 35 del regolamento n. 1013/2006 sottopone le
spedizioni di rifiuti a cui tale disposizione si applica
ad una procedura di notifica e autorizzazione preventive
scritte che devono segnatamente provenire dalle autorità
competenti di spedizione e destinazione. L’art. 18 di
tale medesimo regolamento sottopone le spedizioni di
rifiuti a cui tale disposizione si applica a taluni
obblighi di informazione. Tale articolo prevede, in
particolare, che i rifiuti in oggetto debbano essere
accompagnati da determinati documenti, che debba poter
essere fornita la prova dell’esistenza di un contratto
tra il soggetto che organizza la spedizione di rifiuti e
il destinatario incaricato del recupero di tali rifiuti
e che, inoltre, un contratto siffatto acquisti efficacia
quando la spedizione ha inizio. L’allegato III, parte I,
intitolato «Elenco dei rifiuti soggetti agli obblighi
generali di informazione di cui all’articolo 18 (“elenco
verde”)», del regolamento n. 1013/2006 prevede in
particolare che i rifiuti elencati nell’allegato IX
della Convenzione di Basilea riprodotto all’allegato V,
parte 1, elenco B, di tale regolamento siano soggetti
agli obblighi generali di informazione di cui all’art.
18 di quest’ultimo>.
15[1]
V. punti 4 e 5 delle osservazioni della Commissione. V.
anche lettera del Ministero libanese dell’Ambiente sul
sito Internet
http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2007/july/tradoc_135243.pdf.
16[1]
V. punto 6 delle osservazioni della Commissione. V.
anche lettera citata nella nota a fondo pag. 16 in cui
si afferma: < (…) a seguito del fatto che (..) il
questionario (relativo al regolamento CE n. 1013/2006)
adottava una classificazione dei rifiuti diversa da
quella adottata dalla classificazione nazionale
libanese, le informazioni fornite in tale questionario
sono fornite solo per riferimento. (Il Ministero
dell’Ambiente) non assume responsabilità di sorta in
relazione a o derivanti da errori od omissioni in
relazione alla o derivanti dalla raccolta di dati,
accertamenti e dalla loro interpretazione o dal loro uso
da parte della Commissione europea o di terzi>.
17[1]
V. punto 14 delle osservazioni della Commissione. |