La previdenza.it
Ora che le Regioni, nell’impeto
della crisi economica e nell’unica soluzione di tagli
alla spesa pubblica (comprese le retribuzioni del
pubblico impiego), hanno deciso di ridurre le posizioni
organizzative di cui agli artt. 20 e 21 C.C.N.L.
Comparto Sanità 1998-2001, le Avvocature ospedaliere e
Generali dello Stato sperimentano una nuova strategia
difensiva eccependo il difetto di giurisdizione cioè
sostenendo che la causa di chi pretende il pagamento
dell’indennità de qua debba essere spostata dal Giudice
del Lavoro al T.A.R.
Insistono che il Giudice
Amministrativo sia il giudice naturale delle posizioni
organizzative perché l’art. 63 del D.Lgs. 30.03.2001 n.
165 lo individua come giudice degli atti autoritativi e
delle procedure concorsuali.
Un caso emblematico ci permette di
esaminare la questione per definirla esaurientemente:
due capiarea infermieristici dell’Azienda Ospedaliera
Policlinico Umberto I hanno visto riconosciuto il
diritto alle posizione organizzative. Il Tribunale del
lavoro di Roma, sulla scorta di un ricorso confezionato
dal sottoscritto relatore ha liquidato una somma pari ad
euro 84.000 quale arretrato quinquennale dell’indennità
in parola.
L’Azienda Ospedaliera Policlinico
Umberto I resiste in appello sollevando la questione
pregiudiziale e deducendo il vizio di giurisdizione
anche in ordine all’art. 4 del D.Lgs. n. 165/2001
ritenendo che gli ospedali siano organi di governo che
formano atti autoritativi e di indirizzo
politico-amministrativo.
Da questo discende la giurisdizione
squisitamente amministrativa dell’impugnazione della
delibera e del regolamento attuativo per l’attribuzione
delle posizioni organizzative.
Alcune fondamentali questioni
confutano questa assurda teoria che, tra l’altro, non
trova adeguata giurisprudenza a sostegno.
In verità l’art. 4 del D.Lgs. n.
165/2001 non disciplina la giurisdizione del giudice
ordinario e del giudice amministrativo che è, invece,
regolata dall’art. 63. L’art. 4 regola le attività degli
organi di governo che hanno il potere di emanare le
linee di indirizzo politico-amministrativo e gli atti
relativi alle procedure concorsuali.
Ebbene, la controparte vuole far
intendere che fa parte di tali organi per cui può
emanare gli atti relativi alle procedure concorsuali con
conseguente spostamento della giurisdizione.
Leggendo accuratamente l’art. 4 si
constata, con estrema chiarezza, che gli organi di
governo emanano gli indirizzi programmatici mentre i
dirigenti provvedono all’applicazione. Infatti, in
questo modo, viene enunciato il principio di separazione
tra politica ed amministrazione, introdotto
nell'ordinamento italiano dal D.Lgs. 29/1993: la
politica spetta agli organi di governo (tra i quali
rientrano il governo a livello nazionale e i consigli,
le giunte e i presidenti o sindaci a livello regionale,
provinciale e comunale), mentre l'amministrazione della
cosa pubblica spetta ai dirigenti. Per cui la tesi
proposta dalle aziende ospedaliere, ancorché fuorviante,
è del tutto inconferente e viziata da falsa
applicazione.
L’art. 63 (Controversie relative ai
rapporti di lavoro), stabilisce che “Sono devolute al
giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro,
tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro
alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui
all'articolo 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative
ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le
controversie concernenti l'assunzione al lavoro, il
conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e
la responsabilità dirigenziale, nonché quelle
concernenti le indennità di fine rapporto, comunque
denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione
atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi
siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li
disapplica, se illegittimi. L'impugnazione davanti al
giudice amministrativo dell'atto amministrativo
rilevante nella controversia non è causa di sospensione
del processo. Restano devolute alla giurisdizione del
giudice amministrativo le controversie in materia di
procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti
delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di
giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai
rapporti di lavoro di cui all'articolo 3, ivi comprese
quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi”.
Difatti la giurisprudenza ha
interpretato, in maniera inequivoca, l’art. 63 nel senso
che il Giudice amministrativo interviene nelle procedure
concorsuali relative alle assunzioni e non ai passaggi
economici di personale già assunto. Per esempio, proprio
su un caso identico a quello presente cioè sul difetto
di giurisdizione relativo all’attribuzione delle
posizioni organizzative, la Suprema Corte di Cassazione,
SS.UU., sent. 18.06.2008, n. 16540, respingendo
l’eccezione sollevata dal Comune di Brindisi, così
decise: “Le c.d. posizioni organizzative si concretano
nel conferimento al personale inquadrato nelle aree di
incarichi relativi allo svolgimento di compiti che
comportano elevate capacità professionali e culturali
corrispondenti alla direzione di unità organizzative
complesse e all'espletamento di attività professionali e
nell'attribuzione della relativa posizione funzionale.
In particolare, la contrattazione collettiva ha previsto
che possono essere preposti a tali posizioni i
dipendenti appartenenti all'area apicale dei diversi
comparti; così, per quanto riguarda il comparto delle
autonomie locali, l'art. 8 del c.c.n.l. stipulato il 31
marzo 1999 prevede che tali posizioni possano essere
assegnate esclusivamente a dipendenti classificati nella
categoria D, sulla base e per l'effetto di un incarico a
termine conferito secondo determinate modalità previste
dall'art. 9. Specificamente, il conferimento
dell'incarico di posizione organizzativa è possibile
esclusivamente per situazioni tipizzate, descritte nel
contratto; può essere concesso solo a termine; è
connotato da una specifica retribuzione variabile, in
quanto sottoposto alla logica del programma da attuare e
del risultato; è, infine, revocabile. Emerge, da ciò,
che la posizione organizzativa non determina un
mutamento di profilo professionale, che rimane
invariato, né un mutamento di area, ma comporta soltanto
un mutamento di funzioni, le quali cessano al cessare
dell'incarico. Si tratta, in definitiva, di una funzione
ad tempus di alta responsabilità la cui definizione -
nell'ambito della classificazione del personale di
ciascun comparto - è demandata dalla legge (art. 40,
comma 2, del D.Lgs n. 165/2001) alla contrattazione
collettiva. Inoltre, per come è strutturata la relativa
disciplina, rivolta al personale non dirigente già
inquadrato nelle aree e in possesso di determinati
profili professionali, il conferimento dell'incarico
presuppone che le amministrazioni abbiano attuato i
principi di razionalizzazione previsti dal D.Lgs. n. 165
del 2001, e abbiano ridefinito le strutture
organizzative e le dotazioni organiche. Dal sistema così
delineato risulta, quindi, ai fini che qui interessano,
che gli atti di individuazione e di conferimento di tali
posizioni organizzative al personale non dirigente delle
pubbliche amministrazioni inquadrato nelle aree, laddove
trovano fondamento nella contrattazione collettiva che
ha previsto e disciplinato l’istituto demandandone
l’applicazione agli enti pubblici- datori di lavoro,
esulano dall'ambito delle determinazioni amministrative
autoritative (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 2) e
si iscrivono nella categoria degli atti negoziali,
adottati con la capacità e i poteri del datore di lavoro
(D.Lgs. n. 165/2001, artt. 5, comma 2, e 63, commi 1 e
4). L’attività dell’ Amministrazione - nell'applicazione
della disposizione contrattuale - non costituisce,
quindi, esercizio di un potere di organizzazione ma
adempimento di un obbligo di ricognizione e di
individuazione degli aventi diritto che, trovando
fondamento nella disciplina pattizia, non può che avere
natura paritetica. In tal senso depone il rilievo che,
in ossequio al principio di legalità, occorre una
disposizione normativa ai fini dell’ attribuzione alla
P.A. del potere/dovere di adottare atti amministrativi
di natura autoritativa. Per converso, i compiti relativi
all’individuazione ed all’attribuzione delle posizioni
organizzative, trovando fondamento nella contrattazione
collettiva, si traducono in atti di diritto privato di
micro-organizzazione, non sussumibili nel numerus
clausus degli atti di macro-organizzazione di cui
all’art. 2 del D.Lgs n. 165/2001. Applicando le esposte
coordinate ermeneutiche al caso di specie, si deve
convenire con il Primo Giudice che gli atti impugnati -
sia quelli a monte istitutivi delle posizioni
organizzative che quelli, a valle, di conferimento delle
medesime – rientrano nel novero degli atti di
micro-organizzazione, costituenti esplicazione delle
capacità e dei poteri del privato datore di lavoro,
giusta l'art. 5, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001 n.
165 , sottratti per definizione alla cognizione del
giudice amministrativo in quanto inerenti a posizioni di
diritto soggettivo. Il ricorso va quindi respinto” e la
giurisdizione resta incardinata al Giudice del Lavoro.
Non vi è dubbio, la giurisdizione
della presente causa non può che essere ordinaria!
Le SS.UU. della Cassazione già si
espressero in tal senso nel 2001 con sentenza del 10
dicembre n. 15602 stabilendo che solo le: “procedure
concorsuali per l’assunzione di dipendenti restano
attribuite alla giurisdizione del giudice
amministrativo. Quando si tratta di concorsi riservati
al personale interno, le relative controversie devono
essere promosse davanti al giudice del lavoro”.
Così anche il T.A.R. Lazio (sez.
III ter, sent. 08.04.2003 n. 3202) che citando una terza
sentenza resa a SS.UU. dalla Suprema Corte di Cassazione
(11.06.2001 n. 7859) ha ritenuto che sono: “attribuibili
alla giurisdizione del giudice ordinario tutte le
controversie inerenti ad ogni fase del rapporto di
lavoro, dalla sua instaurazione fino all’estinzione
compresa ogni fase intermedia anche se finalizzata alla
progressione di carriera realizzata attraverso una
selezione di tipo concorsuale”.
Questo principio è stato poi
confermato dal Consiglio di Stato con sent. 05.10.2006
n. 5938.
La IV sezione, ribadendo quanto
finora qui sostenuto e facendo proprie le determinazioni
della quarta sentenza resa a SS.UU. della Cassazione (n.
3948 del 26.02.2004) ha sancito che: “è giurisdizione
del giudice del lavoro la controversia attinente il
concorso per soli interni, comportanti il passaggio da
una qualifica ad altra, ma nell’ambito delle medesima
area così come le procedure concorsuali di avanzamento
orizzontale che oramai rientrano nell’attività di
gestione del rapporto di lavoro privatizzato”.
Tutta la giurisprudenza è radicata
su questi principi. Una sentenza fra tutte è quella
emessa dal T.A.R. Lombardia 15.09.2008 n. 4073: “la
giurisdizione del giudice amministrativo cessa con
l’approvazione della graduatoria di merito e tutte le
determinazioni successive allo svolgimento della
procedura concorsuale che vengono ricompresse nella
giurisdizione ordinaria con la precisazione che la
giurisdizione ordinaria deve ravvisarsi anche nei casi
di acquisizione di qualifiche più elevate secondo i
nuovi sistemi di inquadramento previsti dalla
contrattazione collettiva. Resta riservato all’ambito
dell’attività autoritativa soltanto il mutamento dello
status professionale non le progressioni economiche”.
Le posizioni organizzative non
conferiscono un nuovo status o un nuovo inquadramento
professionale al lavoratore ma un riconoscimento
economico per l’elevata connotazione professionale e
l’apicale responsabilità che il lavoratore già possiede
e possedeva ancor prima che fosse bandita la procedura
per l’attribuzione delle posizioni.
Non vi è alcun mutamento ex art.
2103 C.C. in quanto quello che veniva svolto dagli
appellati prima delle pp.oo. è rimasto perfettamente
immutato.
La quinta sentenza della Suprema
Corte di Cassazione a SS.UU., 09.02.2009 n. 3055
conferma che: “la giurisdizione del giudice ordinario
nelle controversie concorsuali si atteggia come
residuale in quanto relativa ai concorsi per soli
candidati interni che comportino progressione
nell’ambito della medesima area professionale”. Per i
candidati alle pp.oo. non si discute neppure sulla
progressione o sulla carriera ma, addirittura, su una
questione ancor meno importante cioè il riconoscimento
economico aggiuntivo del lavoro che già svolgono.
L’attribuzione delle pp.oo. non ha modificato in alcun
modo l’area (che rimane sempre quella sanitaria), la
categoria o la posizione economica degli appellati; ha
solo attribuito agli stessi un premio per le elevate
responsabilità che ricoprono in seno alla piramide
gerarchica nosocomiale.
La sesta sentenza a SS.UU., ritorna
sul tema con la n. 3677 del 16.02.2009 (ribadita dal
T.A.R. Napoli, sez. V, 09.09.2010 n. 17996) proprio
riguardo la giurisdizione nelle posizioni organizzative.
Ebbene: “La giurisdizione sul conferimento delle
posizioni organizzative spetta al giudice ordinario in
quanto il conferimento esula dall’ambito degli atti
amministrativi autoritativi”.
Le SS.UU. (settima ed ottava) hanno
riconfermato recentemente quanto qui confutato
all’azienda ospedaliera.
Con sent. n. 8836 del 14.04.2010 e
ordinanza n. 10419 dell’8.05.2006, che riguardano
proprio le posizioni organizzative è stato ribadito che:
“Le posizioni organizzative si concretano nel
conferimento al personale che svolgono compiti che
comportano elevate capacità professionali e culturali
corrispondenti al’espletamento di attività professionali
e nell’attribuzione della relativa posizione funzionale.
In particolare la contrattazione ha previsto che possono
essere preposti a tali posizioni i dipendenti
appartenenti all’area apicale dei diversi comparti …
Emerge che la posizione organizzativa non determina un
mutamento di profilo professionale né un mutamento
d’area … Si tratta, in definitiva, di una funzione ad
tempus. Per questi motivi la Corte, a sezioni unite,
dichiara la giurisdizione del giudice ordinario”.
Sentenza confermativa di una giurisprudenza già così
univocamente orientata. - Ex plurimis T.A.R. Calabria,
sez. I, sent. n. 2081 del 13.12.2001 e SS.UU. (nona
citata) ordinanza n. 9168 del 20.04.2006.
A ben vedere, nove decisioni rese a
Sezioni Unite e tutta la giurisprudenza amministrativa e
ordinaria in materia, smentiscono inoppugnabilmente
quanto sostenuto dalla difesa del Policlinico.
Un’altra opposizione che sollevano
le aziende ospedaliere per disconoscere il diritto alle
pp.oo. sta nel ritenere che le mansioni svolte dai
candidati rientrino in quelle ordinarie di cui all’art.
2103 C.C. per cui, non sussistendo il surplus
mansionale, non è possibile giustificare la ratio
sottesa la p.o..
Si legge in un ricorso in appello:
“L’incarico attribuito ai signori … sicuramente rientra
nel normale svolgimento delle mansioni ascritte alla
qualifica di appartenenza e in nessun modo hanno
dimostrato di rivestire un incarico per il quale era
prevista l’indennità …”.
Basta una semplice eccezione
difensiva per confutare tale asserzione: l’azienda
riconosce che agli appellati è stato attribuito un
incarico che però rientra nelle loro mansioni. E’ palese
la contraddizione. Se si attribuisce un incarico ad un
lavoratore subordinato, si esce dai limiti imposti
dall’art. 2103 C.C. perché gli incarichi non rientrano
nelle comuni mansioni individuate dalla C.C.N.L..
L’incarico è temporaneo ed è specificamente disciplinato
come ulteriore attività dalla contrattazione.
Non solo, gli incarichi sono stati
più volte dimostrati ed oltre alla documentazione già in
atti si allegano ulteriori documenti formati dopo la
fase istruttoria di primo grado (in deroga al divieto
del ius novorum) tra i quali è interessante evidenziare
quelli specifici che il direttore sanitario in persona o
il direttore generale hanno affidato agli appellanti:
18.12.2008: sorvegliare l’intervento straordinario di
iperclorazione della rete idrica dell’intero
dipartimento Testa Collo (odontoiatria, maxillofacciale,
neurochirurgia, ecc.); 22.01.2009: coordinare il
trasferimento di un intero Day Hospital (persone, cose,
pazienti); 13.01.2009: coordinare il trasferimento di un
intero ambulatorio affiancando un direttore sanitario;
04.02.2009: verificare lo stato di funzionamento delle
apparecchiature endoscopiche; 18.12.2008: atto di nomina
del gruppo di verifica dei servizi SIRAM e LAVIN
(società appaltate per la ristrutturazione delle
gallerie ipogee più volte oggetto di servizi
giornalistici come “Striscia la notizia” con il compito
di verificare lo svolgimento dei servizi, la congruità
del personale dei costi). Tutti compiti non rientranti
nella declaratoria delle qualifiche di cui al C.C.N.L.;
31.03.2009: atto di nomina di incarico di coordinatore
dell’area sviluppo organizzativo affiancando la
dirigente in capo di tutto il personale infermieristico;
03.04.2009: atto di nomina a referente della direzione
sanitaria per le analisi ematochimiche d’urgenza;
11.05.2009: turni di ispezione dei luoghi; 30.06.2009:
programmazione ferie dipartimenti di pediatria e
chirurgia; 19.05.2009: risposta ad una interrogazione
regionale; 08.06.2009: ricognitiva esoneri D.Lgs.
626.94; 19.11.2009: ispezione per assenze
ingiustificate; 20.11.2009: ordine di trasferimento
personale; 16.12.2009: atto di nomina commissione bando
per idoneità alle funzioni di coordinamento; 21.12.2009:
ordine di servizio modifica orario di lavoro;
21.01.2010: disposizione mezzi e personale; 01.02.2010:
esito concorso coordinatori; 05.08.2010: sostituzione
dirigente di tutto il personale infermieristico;
01.03.2011: la direzione sanitaria riconosce in capo
agli appellati la responsabilità di assicurare il
governo dei processi assistenziali in modo continuativo
ed indifferibile così come positivamente espresso dalla
stessa Avvocatura; 05.02.2010: ordine di trasferimento;
19.10.2011: atto di nomina a referente per le attività
intramoenia; 07.10.2010: email con la quale la dirigente
inf.ca decide di farsi sostituire dall’appellato per
valutare la consistenza numerica di tutto il personale,
scegliere la metodologia per utilizzare il personale in
rispetto dell’art. 2103 C.C. e individuare le eccedenze
di risorse umane.
Stando ai documenti prodotti dalla
controparte, gli appellati sorvegliano gli interventi
straordinari aziendali di interi dipartimenti,
coordinano il trasferimento di interi Day Hospitals
(persone, cose, pazienti) o di interi ambulatori
affiancando un direttore sanitario, verificano lo stato
di funzionamento delle apparecchiature endoscopiche,
verificano i servizi appaltati del Policlinico per
lavori monitorati dall’autorità giudiziaria, verificano
lo svolgimento dei servizi, la congruità del personale e
dei costi, coordinano l’area di sviluppo organizzativo
affiancando la dirigente in capo di tutto il personale
infermieristico ed ausiliario. Inoltre vigilano sulle
attività diagnostiche d’urgenza, effettuano ispezioni
dei luoghi e di persone, programmano le ferie di interi
dipartimenti, rispondono alle interrogazioni regionali e
parlamentari, verificano l’idoneità ovvero gli esoneri
del personale (D.Lgs. 626.94 ora n. 81/08), controllano
le assenze ingiustificate del personale, dispongono e
ordinano i trasferimenti di personale, decidono
l’idoneità alle funzioni di coordinamento dei candidati
in un concorso interno, dispongono la modifica
dell’orario di lavoro, dispongono dei mezzi e del
personale, decidono l’esito dei concorsi, sostituiscono
il dirigente di tutto il personale infermieristico
durante le ferie e in sua assenza, assicurano il governo
dei processi assistenziali in modo continuativo ed
indifferibile come positivamente espresso dalla stessa
Avvocatura (che poi però lo contesta), gestiscono le
attività intramoenia, valutano la consistenza numerica
di tutto il personale, scelgono la metodologia per
utilizzare il personale in rispetto dell’art. 2103 C.C.
e individuano le eccedenze di risorse umane.
Per questi due lavoratori,
inquadrati come coordinatori al pari dei caposala non
sembra che svolgano mansioni proprie, come erroneamente
vuole convincere l’azienda.
E’ palese un’attività di altissimo
livello costituita da elevata responsabilità, autonomia
e gestione delle risorse aziendali con assunzione
diretta della responsabilità in tutti gli ambiti e
resoconto diretto alla direzione sanitaria senza
intermediari.
Se non possono beneficiare
dell’indennità di posizione, gli appellati che ricoprono
i ruoli apicali massimi della direzione sanitaria (nella
propria area di comparto), allora ci si chiede chi ne
abbia diritto.
Un’altra opposizione defatigatoria
che le direzioni ospedaliere sollevano è quella della
incompatibilità legislativa tra la posizione
organizzativa e il lavoro straordinario per cui deve
essere recuperata tutta la retribuzione straordinaria
(centinaia di ore).
Se la decurtazione fosse
praticabile, ovvero il titolo su cui si è fondata tale
obbligazione fosse nullo, si dovrebbe spiegare come si
potrà, in un rapporto sinallagmatico come quello
lavorativo, riprendere gli emolumenti versati per il
lavoro straordinario (recupero del datore) e
ricompensare le centinaia di ore che gli appellati hanno
lavorato in eccesso rispetto a quelle previste dalla
contrattazione collettiva (recupero del prestatore).
Una simile soluzione si palesa del
tutto arbitraria e unilaterale perché ne beneficerebbe
solo il datore di lavoro risultando le ore lavorate in
regime straordinario a costo zero.
In questo caso si realizzerebbe una
ingiusta locupletazione che non può essere ammessa.
Vi è da aggiungere che se il lavoro
straordinario è stato svolto e, quindi retribuito, la
colpa deve ricadere esclusivamente sull’amministrazione
che non ha riconosciuto il diritto degli appellati alle
posizioni organizzative. Tale illegittimo comportamento
non può ricadere sulla sfera patrimoniale dei
lavoratori, per cui visto che il lavoro straordinario è
stato già svolto ovvero consumato e i rapporti
conseguenti (cioè il pagamento) sono esauriti, non si
vede a quale titolo l’azienda debba recuperare una somma
legittimamente versata e giustamente titolata.
Il divieto che rende incompatibile
il lavoro straordinario con le posizioni organizzative è
già entrato in vigore, tra gli appellati e l’Azienda
Ospedaliera, dal mese in cui l’azienda, per effetto
della sentenza di primo grado, ha versato le posizioni
organizzative agli appellati. Da quel momento i capiarea
non svolgono più lavoro straordinario.
Del resto la norma non vieta lo
svolgimento dello straordinario ma il pagamento (per una
questione di ovvia economicità) per cui le ore
straordinarie eventualmente svolte, in presenza di un
pieno riconoscimento delle posizioni organizzative,
restano assorbite nell’indennità di posizione
organizzativa ma solo ove si conceda al lavoratore di
gestire liberamente il proprio lavoro onde poter
raggiungere gli obiettivi che l’azienda individua.
Ora, visto che l’azienda ha sempre
temerariamente resistito ad ogni legittima pretesa
avanzata dagli appellati in ordine alle prerogative
delle posizioni organizzative e visto che non ha mai
voluto concedere la libera gestione dell’orario di
lavoro che ne deriva, giustamente l’attività
straordinaria svolta dagli appellati è stata retribuita
secondo quanto previsto dal C.C.N.L. e nulla può essere
annullato ex tunc se non in forza di una norma che in
verità non esiste.
In assenza di uno specifico titolo,
è fatto salvo ogni rapporto lavorativo posto in essere
prima che agli appellati fosse stata riconosciuta
l’indennità.
Gli arretrati dell’indennità di
posizione organizzativa discendono dalla naturale
conseguenza degli effetti contrattuali che obbligavano
già dal 2004 l’Azienda Ospedaliera ad erogare dette
indennità.
Si tratta di due istituti diversi:
da un lato lo straordinario, dall’altro la posizione
organizzativa. L’incompatibilità non nasce con il
pagamento degli arretrati delle posizioni organizzative
ma da un motivo di economicità attuale e concreta cioè
reale ovvero quando il lavoratore che autogestisce il
proprio orario di lavoro in funzione di un obiettivo
aziendale, può superare le normali ore di lavoro perché
la sua attività non è più finalizzata al compimento di
un tetto orario ma al raggiungimento di un obiettivo.
Pertanto l’Ecc.ma Corte,
interpretando la ratio sottesa l’incompatibilità, può
discriminare la situazione di un prestatore di lavoro
subordinato legato ad orari di lavoro ben precisi da
quella del semidirigente diretta al raggiungimento di un
obiettivo o alla soluzione di una problematica.
Tale discrimine non era presente
durante il regime squisitamente subordinato sotto il
quale gli appellati hanno lavorato, seppur soddisfacendo
i requisiti per l’attribuzione delle posizioni
organizzative, ante sentenza ovvero in opposizione al
comportamento ostruzionistico dell’azienda che mai ha
voluto riconoscere le posizioni organizzative, per cui
lo straordinario si fondava su un titolo legittimo; né è
possibile, ex post, invalidare un regime contrattuale
che all’epoca era valido perché se è pur vero che lo
straordinario viene assorbito dalla indennità di
posizione, è anche vero che questo avviene solo quando
si concede al lavoratore la possibilità di autogestire
il proprio orario di lavoro e la modalità di esplicare
la propria attività in previsione di un obiettivo
aziendale.
La domanda proposta dall’Azienda
Ospedaliera non può essere accolta perché inficia la
ratio sottesa l’incompatibilità de qua e viola il
rapporto sinallagmatico che lega le parti al contratto
di lavoro.
Un’ultima eccezione che solleva
l’azienda ospedaliera è la mancanza di accordi con la
RSU che non permette l’esecuzione degli artt. 20 e 21
citati.
Il Tribunale di Roma, come ha già
fatto in precedenza (ex plurimis sentenza n. 4399 del
07.03.2008) ha applicato una norma contrattuale che
possedeva il doppio requisito della immediatezza e della
chiarezza.
Il titolo su cui si fonda la
legittima richiesta degli appellati è dato dagli artt.
20 e 21 del C.C.N.L. Comparto Sanità 1998-2001 che ha
una portata chiara ed univoca; non abbisogna
dell’autorizzazione dei sindacati universitari atteso
che è direttamente vincolante per tutto il pubblico
impiego del comparto sanità (certamente l’azienda non
potrebbe favorire i propri dipendenti modificando gli
articoli contrattuali) e che i requisiti sono già stati
determinati con diverse delibere (tutte in atti).
L’azienda non può decidere e
fissare dei requisiti e delle somme indennitarie diverse
per i dipendenti universitari rispetto a quelli
ospedalieri.
Tale asserzione, se fosse poi
concretizzata, sarebbe gravemente viziata per violazione
di legge e contrattuale, per cui l’autorizzazione dei
sindacati universitari si palesa come inutile tentativo
di procrastinare sine die un diritto già riconosciuto in
capo ai singoli lavoratori che posseggono i requisiti di
legge (si badi bene, diritti già sanciti da oltre 15
anni!!) per cui non è dato sapere quando l’azienda
riconoscerà agli universitari gli stessi diritti che ha
già riconosciuto ai propri dipendenti, di conseguenza
allo stato dei fatti c’è l’esclusione dai benefici
economici di cui alle pp.oo. dei dipendenti universitari
che, però, vengono utilizzati pienamente per gestire i
servizi aziendali.
Del resto l’azienda si è
semplicemente difesa incolpando i sindacati ma non ha
fornito alcuna prova in merito.
Difatti ci si chiede se l’inerzia
non sia dovuta alla controparte stessa anziché ai
sindacati visto che solo l’azienda trarrebbe un
vantaggio non indifferente dal rifiuto di eseguire
quello che il C.C.N.L. ha ormai statuito da 15 anni!!
Inesistente sarebbe poi il rischio
di incorrere nell’antisindacabilità denunziata nell’atto
di appello nel caso di pagamento delle indennità in
questione al personale senza accordo sindacale.
Se tale rischio fosse stato reale,
ci si chiede perché i sindacati non abbiano contestato
il comportamento antisindacale quando l’azienda ha
pagato volontariamente gli arretrati agli appellati
(anzi il pagamento è stato plaudito dai sindacati che
hanno finalmente scorto una speranza di soluzione
all’immobilismo della controparte oramai tristemente
protratto) e perché è proprio l’appellante che si
preoccupa di non violare l’art. 28 quando impedisce
ancora oggi di concludere una concertazione che dura da
15 anni.
Il Policlinico dovrebbe provare e
indicare quale vantaggio traggono i sindacati
nell’arenare la procedura per il pagamento delle
indennità al personale universitario.
Infine, le sentenze citate
dall’azienda circa la partecipazione dei sindacati a
determinati procedimenti contrattuali (Dott. Nichelini,
Tribunale di Roma, sent. n. 8147 del 2006) sono del
tutto inconferenti perchè riguardano procedure in
formazione cioè realizzazioni di regolamenti o istituti
che devono essere formati in azienda per cui il C.C.N.L.
ne descrive gi elementi essenziali.
Da questa definizione svincola la
posizione organizzativa che, proprio per evitare quello
che l’appellante sta sostenendo con un immotivato
immobilismo, ovvero per evitare discriminazioni e
favoritismi, ha trovato piena e satisfattiva disciplina
nel C.C.N.L. impedendo modifiche, integrazioni e
manipolazioni di ogni genere.
La norma è effettiva, chiara,
lapalissiana e facilmente realizzabile tanto che gli
appellati sono stati valutati con regolare punteggio cui
fa riferimento per determina del commissario
straordinario.
Queste, sommariamente, le difese
che i coordinatori infermieristici possono opporre alle
aziende che non intendono riconoscere il legittimo
diritto alle posizioni organizzative.
Prof. Dott. Mauro Di Fresco |