Nel merito.it
Propongo una combinazione imposta
alla luce della legislazione comparata e che credo
virtuosa: la generalizzazione del principio dell’art.
18, Statuto e, come contraltare in caso di giustificato
motivo oggettivo di licenziamento, la previsione di un
diritto che il lavoratore a sua scelta può esercitare.
Premetto motivazioni minime della
proposta. La «tabuizzazione» dell’art. 18 è ormai tanto
profonda che bisogna imprimervi un segno positivo. Il
riscontro offerto dai paesi europei paragonabili al
nostro mostra che le legislazioni dei nostri vicini
hanno a cuore, molto se non principalmente, il problema
della calcolabilità dei costi del licenziamento e fanno
di tutto per realizzarla.
In altri ordinamenti (segnalo
Francia, Germania, Austria, Gran Bretagna, Spagna e
Portogallo), quando il giudice accerta l’illegittimità
del licenziamento, ne consegue per legge o la
reintegrazione, e/o l’indennizzo. Quale dei due rimedi
debba essere adottato viene in concreto stabilito dal
giudice, che tiene conto del tipo di motivo sottostante
al licenziamento, delle risultanze processuali, del
comportamento tenuto dalle parti nonché della situazione
dell’azienda.
In Italia, quando il licenziamento
si riferisce ad un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato nelle unità al di sopra di una certa
dimensione (semplificando, in quelle sopra i 15 addetti,
la cd. area forte, costituita in Italia da circa la metà
dei dipendenti, e cioè grosso modo da 9 milioni di
lavoratori), la legge impone al giudice, quale che sia
il tipo di motivo del licenziamento, di ordinare al
datore la reintegrazione del lavoratore nel posto,
nonché di condannare sempre il datore ad un risarcimento
stabilito in una misura corrispondente alla retribuzione
globale di fatto che l’illegittimamente licenziato
avrebbe dovuto percepire. Poiché le cause di lavoro
durano mediamente un anno e più nelle tre-quattro
circoscrizioni di Tribunale più virtuose, ma anche più
di quattro anni nelle peggiori (e questi tempi
considerano solo il giudizio di primo grado), l’entità
di tale risarcimento è incerta, dipendendo dalla
micidiale e imprevedibile lunghezza del processo. Con la
legge n. 109 del 1990 è stato poi consentito al
lavoratore di «barattare» la reintegrazione con una
ulteriore indennità - 15 mensilità che si aggiungono al
risarcimento detto – per cui la reintegrazione è
diventata da vent’anni la foglia di fico di una
«monetizzazione» totale della perdita del posto. Con il
risultato complessivo che, per fattori esogeni nell’area
della cd. tutela forte non è più prevedibile in Italia,
neppure alla lontana, a quali spese vada incontro
l’imprenditore per gli effetti perversi dell’art. 18, se
egli resta soccombente nel contenzioso sul
licenziamento, tanto più in grado d’appello.
Nel mondo postindustriale e
dell’economia globalizzata degli ultimi decenni i
licenziamenti sono solo o quasi di tipo oggettivo
(ovvero disposti per ragioni economiche, organizzative,
aziendali, produttive). In Italia questa forza d’urto si
infrange sull’art. 18, Statuto, che presenta un
meccanismo remediale visibilmente sintonizzato sui
licenziamenti per motivi soggettivi, quelli
discriminatori e/o disciplinari, che non raggiungono
l’uno per mille dei casi di licenziamento. Per evitare
che il contenzioso comporti la imprevedibilità
suaccennata dei costi anche per i licenziamenti di tipo
oggettivo, da tempo in molti ordinamenti europei sono
stabilite regole specifiche per essi, differenziate da
quelle che presiedono ai licenziamenti per ragioni
discriminatorie e disciplinari. Per un verso si sono
ormai omogeneizzate in Europa, le discipline in materia
di licenziamenti collettivi (che si imperniano anche da
noi - l. n. 223 del 1991 – sugli obblighi di
comunicazione alle controparti sindacali e agli organi
amministrativi, in modo che le misure espulsive e il
loro impatto sociale siano controllate ed attenuate). Ma
pure le discipline sul licenziamento individuale
dimostrano che il lavoratore licenziato per ragioni
economiche può chiedere e ottenere - ad esempio in
Germania, Austria, Spagna, Portogallo e finanche, in
parte, in Gran Bretagna - un’indennità prefissata per
legge; indennità che costituisce il prezzo a priori
pagato dal datore se, nell’esercizio della libertà di
impresa, dispone la soppressione di posti di lavoro e ha
una valenza sociale. In tal modo, il lavoratore
deprivato di un bene essenziale, fruisce almeno di un
ammortizzatore, immediato e incontroverso, che preclude
altresì, transattivamente, l’insorgere di una
controversie sulla misura datoriale.
Alla luce di questi riscontri e
motivi propongo anzitutto di aggiungere all’art. 18,
Statuto alcuni commi, nei quali viene regolato il
diritto del lavoratore licenziato per ragioni
economico-aziendali ad ottenere comunque un’indennità,
invece di nulla e/o invece di essere costretto a
inabissarsi in una ingorgata strada giudiziaria per
invalidare licenziamenti che, nella stragrande
maggioranza dei casi, conseguono all’esercizio legittimo
di potere imprenditorile. Temperato e forse esorcizzato
da una siffatta possibilità alternativa il dissesto
causato dall’art. 18, non sarebbe più fuori luogo
generalizzare il discusso principio stabilito in questa
norma; di tal che la reintegrazione e la condanna al
risarcimento corrispondente alle retribuzioni perdute
trovino applicazione a tutti i rapporti di lavoro, a
prescindere dalla dimensione aziendale. In tal modo
verrebbe meno una profonda, troppo intensa, disparità di
trattamento nell’area cd. debole; ma questo non
sfavorirebbe le unità minori perché nel contempo la
previsione di un indennizzo a priori nell’assolutamente
prevalente licenziamento economico, indurrebbe il
lavoratore colpito a richiedere l’indennità, evitando la
fortunosa via giudiziaria. Se poi questa dovesse essere
intrapresa, il processo viene nella proposta accelerato
per un verso imponendo un termine di soli 90 giorni per
introdurre l’azione dopo l’impugnazione del
licenziamento; per un altro verso facendo gravare sullo
stato il peso del risarcimento del danno a favore del
lavoratore trascorsi due anni dalla sua estromissione
illegittima dal posto.
Con sguardo conclusivo d’insieme,
nella proposta viene quindi riaffermato per tutti i
lavoratori il diritto inviolabile della persona (art. 2,
Cost.), se e quando è lesa da una misura imprenditoriale
illecita. Ma nel contempo si attua un ragionevole
bilanciamento fra i beni tutelati negli artt. 4 e 41
Cost., in quanto alla libertà di impresa, seppur
legittimamente esercitata, accede l’obbligo di
indennizzare il lavoratore colpito con la perdita del
posto.
[In nota si può leggere la proposta
di articolato1]
ARTICOLATO
(BOZZA)
Art. 1
All’art. 18, Statuto dei lavoratori sono aggiunti i
seguenti commi:
«11. Se il datore di lavoro adduce che il licenziamento
è basato su un giustificato motivo oggettivo, giusta la
definizione di cui all’art. 3, l. 15 luglio 1966, n.
604, e di quanto essa comporta, il lavoratore può
chiedere, entro 30 giorni dalla comunicazione del
licenziamento, che gli sia corrisposta un’indennità in
virtù della quale lo stesso non può più essere oggetto
di impugnazione e azione.
12.
L’indennità transattiva predetta è stabilita nella
misura di 3 mensilità dell’ultima retribuzione globale
di fatto spettante al lavoratore. Tale indennità è
aumentata nella misura di un terzo della retribuzione
mensile, per ogni anno di anzianità aziendale ulteriore
al quinto, fino a raggiungere nel massimo la misura di 7
mensilità se il lavoratore era occupato nell’azienda da
17 anni.
13.
Il datore di lavoro deve corrispondere l’indennità di
cui ai commi precedenti, o farne offerta reale, entro 15
giorni dalla richiesta del lavoratore.
14.
Nella sentenza che dichiara illegittimo il
licenziamento, il risarcimento del danno a cui il datore
di lavoro viene condannato grava sullo stesso nella
misura corrispondente alla retribuzione globale di fatto
spettante nell’anno successivo al momento
dell’estromissione del lavoratore dal posto. Per il
periodo eccedente tale primo anno, il risarcimento del
danno subito dal lavoratore illegittimamente licenziato
grava sull’amministrazione della giustizia.
15.
Nel contenzioso in materia di licenziamento è fatto
obbligo ai rappresentanti e difensori di rendere edotte
le parti sulla vincolatività della regola della
soccombenza in punto a spese di lite.
Art. 2
La
misura dell’indennità di cui ai commi da 11 a 13
dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori è dimezzata se
il licenziamento per ragioni oggettive si verifica nelle
unità di lavoro a cui si applica l’art. 8 della legge 15
luglio 1966, n. 604.
Art. 3
L’espressione «entro il successivo termine di
duecentosettanta giorni», di cui al secondo periodo del
1° comma dell’art. 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604,
modificato 2
dall’art. 32, 1°comma della legge 4 novembre 2010, n.
183, viene sostituita, anche per gli effetti di cui al
2° comma del medesimo art. 32, dall’espressione «entro
il successivo termine di novanta giorni». Il termine di
decadenza dall’efficacia dell’impugnazione del
licenziamento così ridotto è operativo per tutti i
licenziamenti disposti a partire dal trentesimo giorno
successivo alla data di entrata in vigore della presente
legge.
[Variante che completa la propopsta con la
generalizzazione dell’art. 18]
Art. 1
I. I
commi 1°, 2° e 3° dell’art. 18 Statuto sono sostituiti
dal seguente.
1. Ferma
restando l’esperibilità delle procedure previste
dall’art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il
giudice con la sentenza con cui dichiara inefficace il
licenziamento ai sensi dell’art. 2 della predetta legge
o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o
giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità a
norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro,
imprenditore e non imprenditore, di reintegrare il
lavoratore nel posto di lavoro.
II.
All’art. 18 … sono aggiunti ecc.
[Seguono
i commi da 2 a 8, che corrispondono ai commi da 4 a 10
del testo ora vigente dell’art. 18, nonché, rinumerati
da 9 a 12, i commi da 11 a 14 della novellazione che
abbiamo presentata sopra. Va altresì aggiunto un ultimo
comma, con il contenuto dell’art. 2 della proposta (che
risulta così eliminato come articolo a sé), recante la
piccola modifica seguente: «… a cui si applicava,
prima della novellazione intervenuta con la presente
legge, l’art. 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604».
Trattandosi di una bozza, vanno ovviamente riservate
analisi più attente su vari aspetti, in particolare
sulle ripercussioni, in termini di abrogazioni di, e/o
di coordinamenti con, altre norme interferite da quanto
proposto].
Bologna,
7 dicembre 2011 M. P. |