Di Francesco Pentella
La recente manovra finanziaria ha
introdotto diverse novità modificando l’articolo 47 del
D.P.R. n. 639/1970; in effetti, il nuovo testo detta
diverse disposizioni in fatto di prescrizione
introducendo il termine dei cinque anni.
Infatti, ora con l’articolo 47 bis
si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati,
ancorchè non liquidati e dovuti a seguito di una
pronuncia giudiziale dichiarativa del relativo diritto,
dei trattamenti pensionistici nonché delle prestazioni
della gestione di cui all’articolo 24 della legge 9
marzo 1989, n. 88 o delle relative differenze dovute a
seguito di riliquidazioni.
La nuova norma ha sollevato diverse
critiche e organizzazioni di patronato, tra cui l’Inca
della CGIL. In particolare, per l’INCA la nuova
disciplina non è per nulla coerente con quella vigente
che assoggetta a prescrizione quinquennale
esclusivamente le rate di pensione liquidate, poste in
pagamento e non riscosse.
Non solo, la giurisprudenza di
legittimità, a proposito si veda la Corte di Cassazione
sezione civile n. 10955 del 25 luglio 2002, ha chiarito
che la prescrizione quinquennale non può riguardare i
ratei che l’avente diritto non sia stato posto in
condizione di riscuotere, per i quali opera la
prescrizione decennale.
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Così come l’articolo 129 del r.d.l.
n. 1827 del 1935, con l’obiettivo di estendere la
prescrizione quinquennale anche alle rate di pensione
non poste in pagamento, è stato dichiarato illegittimo
dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 283/1989.
A riguardo, la stessa Corte
costituzionale ha sottolineato gli aspetti di
incostituzionalità della norma, che pretende di
omologare il regime prescrizionale delle prestazioni
previdenziali, ignorando la sostanziale differenza tra
una prestazione liquidata e non riscossa ed una
prestazione non riconosciuta, e comunque non liquidata e
non ancora posta in pagamento.
Anche la lett. d), nella parte in
cui afferma che il nuovo termine di prescrizione (e di
decadenza) si applica anche ai giudizi di primo grado in
corso risulta illegittima.
Tutto questo conferma la posizione
del patronato. La disposizione transitoria, come pone in
evidenza l’INCA, trova applicazione limitatamente ai
giudizi pendenti in primo grado, con esclusione di
quelli che si trovano ad un livello diverso |