Con la l. 8 febbraio
2006, n. 54 in tema di affidamento condiviso, è stato
introdotto l’art. 155 quinquies c.c., il cui
comma 1, in particolare, statuisce che «Il giudice,
valutate le circostanze, può disporre in favore dei
figli maggiorenni non indipendenti economicamente il
pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo
diversa determinazione del giudice, è versato
direttamente all’avente diritto».
Va obiettivamente
osservato che la succitata disposizione legislativa è da
una parte positiva per aver inequivocabilmente attestato
l’esistenza di un diritto al mantenimento del figlio che
abbia raggiunto la maggiore, ma, da un altro punto di
vista, ha originato alcuni contrasti di tipo processuale
in seno alla dottrina ed alla giurisprudenza. In
particolare, inizialmente, ci si è chiesti se
esclusivamente al figlio maggiorenne vada riconosciuta
la legittimazione ad agire contro il genitore
inadempiente o se, diversamente, possa riconoscersi
comunque una legittimazione concorrente tra il figlio
maggiorenne e l’altro genitore convivente.
Oggi predomina
certamente il secondo orientamento.
Al riguardo cito
un’interessante sentenza del Tribunale di Modena resa
il 27.1.2011:
“a) la pretesa di
mantenimento del figlio maggiorenne si fonda sugli artt.
148 e 155 quinquies C.c., ed è oggetto di una domanda da
proporsi nelle forme del giudizio ordinario di
cognizione (cfr., di recente: Trib. Bari, I, 12/11/09,
n. 3421. secondo cui: “è consentito al figlio di agire
direttamente per gli alimenti nei confronti del genitore
al di fuori del circuito delle modifiche camerali delle
condizioni dì divorzio (ad esempio nel caso di raggiunta
autonomia economica con perdita del diritto al
mantenimento e di successiva perdita della medesima
indipendenza e carne sopravvenute). Tuttavia l’obbligo
alimentare è pacificamente considerato come un minus
rispetto a quello di mantenimento, che costituisce una
nozione più ampia la quale comprende l’aspetto
abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale,
l’assistenza morale e materiale, nonché l’opportuna
predisposizione, fin quando le legittime esigenze dèi
figli lo richiedano, di una stabile organizzazione
domestica. Pertanto, se è documentata fa persistenza del
più ampio obbligo di mantenimento in forza della mai
modificata sentenza di divorzio, l’avente diritto, ove
intenda conseguire il mantenimento od il suo semplice
aggiornamento, deve agire nei confronti dell’obbligato
ex art. 9 legge sul divorzio in sede camerale, in
quanto, se invece intende ottenere gli alimenti al di
fuori dell’anzidetto obbligo, incorrerà nella
inammissibilità della domanda, essendo già concessogli
il più ampio diritto al mantenimento con l’assegno
stabilito in sede divorziale”);
b) l’art. 155
quinquies C.c., è, infatti, norma che non esclude il
diritto del genitore convivente con prole maggiorenne
non autosufficiente di continuare a percepire l’assegno
di contributo al mantenimento, dal momento che la
disposizione di natura sostanziale contenuta nella norma
configura un’obbligazione alternativa che dà luogo,
nella ricorrenza del presupposto necessario della
convivenza, ad una legittimazione concorrente del
genitore, che conserva la legittimazione a chiedere
l’assegno nei confronti dell’altro genitore,
legittimazione destinata però a venire meno qualora il
figlio, non più inerte, richieda direttamente il
pagamento dell’assegno; tuttavia la stessa norma,
se pure ha introdotto la possibilità di emettere un
provvedimento a favore di un terzo quando l’avente
diritto non sia stato parte processuale del procedimento
di separazione o di divorzio, e se ha l’ulteriore
effetto di individuare come unico avente diritto – e
dunque legittimato processuale in via ordinaria – il
figlio maggiorenne non autosufficiente e non convivente
con altro genitore, non assume la valenza procedurale di
attribuire una legittimazione processuale autonoma nei
processi di separazione e divorzio, nei quali viene
stabilito il regime di contribuzione (cfr.: Trib.
Modena, 17/10/07), e quindi nemmeno nei processi di
revisione, nei quali detto regime viene modificato (cfr.:
Trib. Modena, 27/10/09);
c) nel caso in
cui, come nella specie, il figlio maggiorenne, già
autosufficiente, perda la raggiunta autonomia e intenda
svolgere pretese di mantenimento nei confronti di
genitore con lui non convivente, è in prima persona
l’unico legittimato attivo, non essendo la condizione di
convivenza idonea a ripristinare in capo al genitore
convivente con detto figlio maggiorenne la perduta
legittimazione attiva, che persiste solo nel menzionato
caso di perdurante convivenza con prole economicamente
non autosufficiente;
in proposito questo stesso organo ha in passato espresso
l’orientamento secondo cui: “ai fini della richiesta di
attribuzione o modificazione del contributo dopo il
raggiungimento della maggiore età, l’elemento della
coabitazione con il figlio divenuto ormai maggiorenne è
necessario presupposto della legittimazione attiva del
genitore” (cfr.: Trib. Modena, 5/9/07)”.
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