L’art. 4 del c.d.
Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300/1970) recita
testualmente:
“Impianti audiovisivi.
È
vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre
apparecchiature per finalità di controllo a distanza
dell’attività dei lavoratori.
Gli
impianti e le apparecchiature di controllo che siano
richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero
dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la
possibilità di controllo a distanza dell’attività dei
lavoratori, possono essere installati soltanto previo
accordo con le rappresentanze sindacali aziendali,
oppure, in mancanza di queste, con la commissione
interna. In difetto di accordo, su istanza del
datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro,
dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali
impianti.
Per
gli impianti e le apparecchiature esistenti, che
rispondano alle caratteristiche di cui al secondo comma
del presente articolo, in mancanza di accordo con le
rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione
interna, l’Ispettorato del lavoro provvede entro un anno
dall’entrata in vigore della presente legge, dettando
all’occorrenza le prescrizioni per l’adeguamento e le
modalità di uso degli impianti suddetti.
Contro i provvedimenti dell’Ispettorato del lavoro, di
cui ai precedenti secondo e terzo comma, il datore di
lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali o, in
mancanza di queste, la commissione interna, oppure i
sindacati dei lavoratori di cui al successivo art. 19
possono ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione
del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la
previdenza sociale”
Con sentenza n. 6498
del 22 marzo 2011, la Cassazione Civile Sezione Lavoro
è di recente intervenuta ad interpretazione della
suddetta norma affermando quanto segue:
“Il
comma 1 di questo articolo prevede il divieto di
impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per
finalità di controllo a distanza dell’attività dei
lavoratori. Il comma 2 tuttavia prevede la possibilità
di utilizzare gli impianti e le apparecchiature di
controllo richiesti da esigenze organizzative e
produttive oppure dalla sicurezza del lavoro, sebbene ne
derivi anche la possibilità di controllo a distanza
dell’attività dei lavoratori, ma alla condizione di un
previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali
(o con la commissione interna) e, in difetto di accordo,
del rilascio di un provvedimento autorizzativo da parte
dell’ispettorato del lavoro, il quale può precisare le
modalità di uso degli impianti stessi.
Con
queste previsioni il legislatore ha inteso contemperare
l’esigenza di tutela dei lavoratori a non essere
controllati a distanza con quella del datore di lavoro
(in funzione eventualmente anche di interessi più
generali) relativamente agli aspetti presi in
considerazione dal comma 2, subordinando, in presenza di
questi ultimi interessi, il superamento del divieto
altrimenti inderogabile di controllo dei lavoratori a
distanza (comma 1) – mediante l’ammissione di un tipo di
controllo che, seppure dettato per esigenze diverse da
quelle del mero controllo dell’attività dei lavoratori,
può in pratica consentire al datore di lavoro di
compiere anche quel tipo di osservazione del
comportamento del lavoratore – ad una valutazione di
congruità alla quale partecipa la rappresentanza dei
lavoratori o un organo pubblico qualificato (cfr.Cass.
n. 15892/2007 e 4375/2010).
Come
è logico e confermato dal complesso della giurisprudenza
in materia di questa Corte, nell’ambito delle esigenze
prese in considerazione nel comma 1 è ricompresa anche
quella di tutela del patrimonio aziendale, potendo
apparire non del tutto chiarito dalla giurisprudenza
solo in quali precisi limiti le apparecchiature volte
alla tutela dello stesso possano considerarsi, in
relazione all’oggetto dei relativi controlli,
addirittura esclusi dalla esigenza della previa
autorizzazione a norma dell’art. 4, comma 2, dello
statuto (cfr. Cass. n. 1236/1983, 8250/2000,4746/2002,
15892/2007, 4375/2010). La vicenda in esame, tuttavia
offre l’occasione di un ulteriore approfondimento
riguardo a tale punto con la precisazione che la
procedura autorizzatoria di cui all’art. 4, comma 2 è
senza dubbio necessaria tutte le volte in cui i
controlli vengono a consentire in via di normalità – e,
si direbbe, inevitabilmente -, il controllo anche delle
prestazioni lavorative, come nel caso in esame.
Poiché nella specie, come è pacifico, gli impianti per
il controllo sono stati autorizzati a norma dell’art. 4
dello statuto dei lavoratori, e l’utilizzazione in causa
delle relative riprese riguarda proprio le esigenze di
tutela alla base della loro installazione e
autorizzazione, non è ravvisabile alcuna violazione
della disciplina legale in esame, anche se il controllo
a distanza ha costituito il mezzo per rilevare e
dimostrare un illecito avente anche rilievo disciplinare”
Con la pronuncia in
esame, la Suprema Corte ha quindi affermato che, laddove
l’installazione in azienda di impianti audiovisivi sia
avvenuta previo accordo con le rappresentanze sindacali
aziendali, le riprese eventualmente effettuate e dalle
quali si ricavi un comportamento del dipendente che
integra gli estremi di una giusta causa di licenziamento
(furto di beni aziendali), possono essere lecitamente
utilizzate nel processo che ne è seguito.
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