Da giugno
2013 il ruolo ora coperto dall'Efsf e dall'Efsm sarà
assunto da un nuovo fondo, l'Esm, European Stability
Mechanism. Avrà il compito di fornire assistenza
finanziaria ai paesi dell'euro. Ma le decisioni prese a
Bruxelles a fine marzo potrebbero addirittura aggravare
l'instabilità dell'area. Perché la nuova architettura
finanziaria non sembra in grado reggere l'onda d'urto di
una crisi finanziaria seria, che coinvolga Portogallo e
Spagna. Rischia di propagare la crisi ai paesi ad alto
debito. E di lasciare l'Europa in balia di paralizzanti
veti incrociati.
La guerra
in Libia e le terribili sciagure del Giappone hanno in
parte distolto l’attenzione del pubblico dalle
conclusioni del
vertice del
Consiglio europeo dei capi di stato e
dei primi ministri tenutosi a Bruxelles il 24 e 25 di
marzo. La maggior parte dei commentatori internazionali
ha fatto osservare la portata limitata delle decisioni
prese (ad esempio
Euro intelligence o
il
Financial Times).
Verrebbe quasi da dire, con Shakespeare, “Much
Ado About Nothing” (Molto rumore per nulla).
Purtroppo le decisioni che riguardano il nuovo fondo
europeo potrebbero addirittura aggravare l’instabilità
dell’area dell’euro. Vediamo perché.
PATTO
DI STABILITÀ E SQUILIBRI MACRO
La
maggior parte dei commenti si è concentrata sulle misure
per riformare il
Patto di stabilità e crescita:le proposte per
aumentarne l’azione correttiva (ridurre il debito in
proporzione alla distanza con l’obiettivo del 60 per
cento del Pil) e preventiva (l’adozione di regole di
bilancio nazionali coerenti con gli obiettivi del
patto); le proposte miranti a ridurre
squilibri macro
economici; le (eventuali) sanzioni
previste in caso di mancato rispetto dei vincoli. Su
queste novità, che pur contengono aspetti positivi
accanto ad altri discutibili, rinvio a
quanto ho scritto su
www.lavoce.info
e alla mia relazione al
Parlamento Europeo. Questi temi, si noti, non
compaiono nelle conclusioni del summit. Per una buona
ragione: su queste materie il processo legislativo
europeo è ancora in corso. Sui testi in discussione, e
le loro eventuali modifiche, si dovrà esprimere il
Parlamento europeo. È perciò prudente sospendere il
giudizio.
IL
FONDO SALVA STATI
A
partire dal giugno 2013 il ruolo ora coperto dall’Efsf
(European Financial Stability Facility) e dall’Efsm
(European Financial Stabilization Mechanism) sarà
rilevato in modo permanente da un nuovo fondo, l’Esm
(European Stability Mechanism), che avrà il compito di
fornire l’assistenza finanziaria ai paesi dell’euro.
Questo avverrà mediante prestiti (condizionati a manovre
di aggiustamento) e, in casi eccezionali, mediante
l’acquisto diretto di titoli di stato del paese in
difficoltà, sul mercato primario.
Il primo problema dell’Esm è che la sua
dotazione
è
insufficiente e tardiva. Ammonta a 700
miliardi che garantiscono una capacità di erogazione di
500, ma i paesi dell’euro ne sborseranno effettivamente
solo ottanta, diluiti in cinque rate annuali, e solo a
partire dal 2013. Il resto sarà sottoscritto sotto forma
di garanzia e “callable
capital” a partire dal 2013. “Too
little, too late”, se si pensa che solo
durante il 2011 (e non nel 2013!) verranno a scadere
circa 502 miliardi di debito di Portogallo, Irlanda,
Grecia, Spagna e Italia, e che i requisiti finanziari
della sola
Spagna fino al 2013, contando governi
centrali e locali, sono stimati intorno a
470 miliardi.
(1)
Gli accordi, è vero, prevedono la possibilità di
accelerare i versamenti Esm in caso di crisi prima del
2013, ma i tempi rischierebbero di essere incerti e
lunghi, lasciando l’euro e i debiti sovrani in balia
degli attacchi speculativi.
Poiché il nuovo fondo è finanziato da garanzie
attivabili in caso di necessità, piuttosto che da una
dotazione propria, esso presenta un secondo problema:
l’attivazione delle garanzie rischia di produrre
effettivi
moltiplicativi e di contagio della crisi
(si veda anche Munchau sul FT). Prendiamo l’Italia. Per
ogni 100 miliardi che si rendessero necessari per
“salvare” gli altri paesi dell’euro, il bilancio
italiano ne sarebbe gravato di quasi 18 (pari alla
percentuale nel bilancio della Banca centrale europea),
circa un punto di Pil, e ciò accadrebbe proprio nel
momento peggiore, quando i mercati verosimilmente ci
chiederebbero tassi più elevati.
Il terzo grave difetto dell’Esm sta nel
meccanismo di voto.
A differenza del Fondo monetario internazionale, le cui
decisioni richiedono la maggioranza semplice delle
quote, lo statuto dell’Esm stabilisce che per approvare
un prestito, determinarne i tassi d’interesse e le
condizioni (le manovre di aggiustamento che il debitore
deve attuare), la decisione debba essere presa all’unanimità dei ministri finanziari dell’Eurozona.
Il potere di
veto di ciascun paese è perciò enorme,
potenzialmente paralizzante e distorsivo. Il paese G, ad
esempio, che gode di buona salute finanziaria, potrebbe
barattare il proprio consenso al prestito al paese I,
con la disponibilità di quest’ultimo ad adottare proprio
le misure di politica economica che più fanno comodo a G
(tanto per dire, l’aumento delle imposte societarie).
Infine, lo statuto prevede che la Commissione europea
effettui una valutazione di
sostenibilità
del debito pubblico del paese con difficoltà di accesso
ai mercati finanziari. Se l’esame dovesse concludere che
il paese è tecnicamente insolvente, come è verosimile
che avvenga nella maggior parte dei casi concreti, e
cioè valuti che manovre realistiche di aggiustamento non
siano sufficienti a garantire la solvibilità, allora il
fondo europeo potrà erogare i prestiti a una sola
condizione: che il paese beneficiario ottenga il
“coinvolgimento del
settore privato”, ovvero il consenso dei
propri creditori a subire una riduzione del valore dei
propri crediti. Si vuole evidentemente evitare di
salvare paesi insolventi (ma allora, quali
rimarrebbero?), premiando quegli investitori che hanno
ottenuto alti rendimenti con prestiti azzardati. Il
problema è l’effetto di tali norme sui titoli emessi dai
paesi a rischio
da qui al 2013.
Se si dichiara oggi che i paesi che ricevono fondi tra
il 2011 e il 2013 faranno
sicuramente
default (parziale) nel 2013, i mercati richiederanno
subito rendimenti molto più elevati sulle nuove
emissioni,
precipitando la crisi d’insolvenza.
Proprio come sta accadendo in Portogallo.
Se ci limitiamo a quanto effettivamente deciso nel
vertice di Bruxelles, le caratteristiche del fondo salva
Stati, la valutazione appare negativa: la nuova
architettura finanziaria non sembra in grado reggere
l’onda d’urto di una crisi finanziaria seria (che
coinvolga a Portogallo e Spagna), rischia di propagare
la crisi ai paesi ad alto debito e di lasciare l’Europa
in balìa di paralizzanti veti incrociati.
(1)
I dati sono di Citibank. L’istituto stima che impiegando
circa settanta miliardi per salvare il Portogallo e
contando il contributo del Fondo monetario, i fondi
attuali disporrebbero di non più 420 miliardi per
salvare la Spagna.
|