La modifica della legge sulla responsabilità civile dei
magistrati appare talmente assurda e disorganica da
potersi spiegare soltanto come atto di aggressione nei
confronti della magistratura diretto ad influenzarne la
serenità di giudizio. L’interpretazione della legge e la
valutazione del fatto e delle prove rappresentano il
cuore dell’attività giudiziaria. Pensare di sottoporre a
censura tale attività con la generica e incomprensibile
formula della “manifesta violazione del diritto” è
davvero irragionevole, prima ancora che profondamente
sbagliato. Si pensa forse di sottoporre a giudizio di
responsabilità civile il giudice di primo grado ogni
volta che una sua decisione venga annullata in sede di
appello e il giudice di appello ogni volta che la sua
decisione sia annullata dalla Cassazione? E di
sottoporre a giudizio di responsabilità i giudici che
abbiano seguito un orientamento giurisprudenziale
diverso da quello dominante? Si dimentica forse che i
maggiori progressi per l’affermazione e la tutela dei
diritti fonda-mentali si sono realizzati grazie a
interpretazioni giurisprudenziali prima minoritarie e
poi via via consolidate? Si dimentica forse quanto
complesso e articolato sia il sistema delle fonti
nazionali e sovranazionali e quanto proprio i contrasti
di giurisprudenza tra corti nazionali e sovranazionali
abbiano contribuito alla crescita e al consolidamento di
un sistema di diritti e di garanzie? O forse
semplicemente si finge di ignorarlo e si pretende di
sostenere una concezione ottocentesca della funzione
giudiziaria, antistorica e giacobina, al solo scopo di
affermare una pretesa supremazia del potere politico sul
potere giudiziario.
Ed infine quale giudice, da domani, sarà nella serenità
d’animo di emettere una qualsiasi decisione con il
rischio di veder avanzata, anche per ritorsione o
pretestuosità, nei suoi confronti un’azione di
responsabilità?
La riduzione dei termini di prescrizione è un’offesa per
tutti i cittadini onesti di questo paese.
Già nel 2005, con la cd legge ex Cirielli, i termini di
prescrizione dei reati sono stati drasticamente ridotti,
con il risultato che nel 2009 il numero dei reati
estinti per prescrizione è stato di oltre 140mila. In un
solo anno più di 140mila persone accusate di un reato
hanno beneficiato della scappatoia della prescrizione.
E’ evidente che un’ulteriore riduzione dei termini di
prescrizione, in assenza di qualsiasi intervento diretto
ad assicurare un migliore funzionamento del sistema
giudiziario, determinerà soltanto un significativo
incremento del numero dei processi destinati alla
prescrizione.
Gli unici processi che potranno essere portati a termine
saranno quelli nei confronti dei recidivi, mentre gli
incensurati avranno ottime probabilità di restare tali
per sempre.
La differenziazione del regime di prescrizione del reato
in ragione della personalità dell’imputato appare
palesemente in contrasto con i principi costituzionali
di eguaglianza e di ragionevolezza.
E’ impensabile, infatti, che il processo per una truffa
di milioni di euro nei confronti di un incensurato si
estingua, mentre debba proseguire il processo per una
truffa da 5 euro commessa da una persona già condannata,
magari anni prima, per altro reato oppure che tra due
imputati per lo stesso fatto, uno incensurato e l’altro
no, il reato si estingua per l’uno e non per l’altro.
Il principio costituzionale della ragionevole durata del
processo è un principio fondamentale cui l’ordinamento
deve tendere con ogni mezzo, ma la riduzione dei termini
di prescrizione nulla ha a che vedere con quel principio
e rischia solo di determinare l’impunità per autori di
gravi delitti.
La prescrizione del reato è una sconfitta per tutti: per
lo Stato che non riesce ad accertare la responsabilità
dei reati; per le vittime che non ottengono giustizia
per il torto subito; per l’imputato che, se innocente,
non vuole la scappatoia della prescrizione, ma
un’assoluzione nel merito.
Luca Palamara - Presidente
Antonello Ardituro - Vicepresidente
Giuseppe Cascini - Segretario Generale
Roma, 25 marzo 2011
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