Il compito
importante di conoscere e sviluppare le relazioni
culturali fra i popoli, specialmente fra quelli vicini,
puo’ considerarsi universalmente accettato (1).
E ciò trova conferma nella storia tra il popolo albanese
e il popolo italiano, vincolati da legami culturali
durati nei secoli.
Durante la
lettura delle introduzioni dei prestigiosi autori
italiani sul codice penale albanese, tradotto e
pubblicato in lingua italiana (2),
sono stato avvolto da un forte senso di emozione ed
immediatamente mi nacque l’idea di fare una breve
retrospettiva della tradizione giuridica italiana in
Albania e come questa tradizione ha influenzato nella
legislazione albanese.
In
primis devo avvertire il lettore che non ho alcuna
intenzione di esaurire la questione, chiedo scusa sin
d’ora se su determinati aspetti incontrerà qualche
lacuna.
Devo
avvertire, inoltre, che la mia intenzione sarà volta a
rappresentare solo alcuni punti fondamentali di questa
tradizione e cultura giuridica italiana nel campo della
legislazione albanese, essendo impossibile in un
articolo scientifico affrontare
funditus
una tematica che ha radici secolari.
Innanzitutto, trovo opportuno far conoscere i fattori
più rilevanti che hanno determinato l’intenso e continuo
sviluppo delle relazioni culturali tra i due popoli.
Naturalmente questi sono diversi e molteplici: in primo
luogo stanno quelli storici, politici, e poi, geografici
(attesa la stretta e nota vicinanza tra i due paesi);
importante è inoltre il fatto che la lingua albanese
appartiene alla famiglia delle lingue indoeuropee.
La
storia inizia quando l’impero romano dominava l’Iliria
(sec.I a.c).
È un
fatto ben conosciuto che nell’antichità il diritto
romano dominava ovunque. Le sue norme, incluse quelle
penali, regolavano i rapporti giuridici in tutti i campi
della vita sociale (3).
A quel
tempo anche in Iliria (l’odierna Albania: gli abitanti
dell’Iliria sono i diretti ascendenti degli albanesi),
accanto al diritto penale consuetudinario vigeva anche
il diritto penale romano (4).
Le
fonti, infatti, chiariscono che l’influenza del diritto
romano sul diritto consuetudinario era molteplice: per
esempio la pena di morte, l’espulsione dal territorio,
la pena detentiva (reclusione) ecc. sono tutti istituti
di derivazione romana.
Dopo la
caduta dell’Impero romano, l’Iliria venne dominata da
Bisanzio, del quale fece parte quale principato per
oltre mille anni.
Ciononostante, le fonti indicano che nel territorio
d’Albania continuarono a rimanere in vigore le leggi
penali romane, codificate da Giustiniano I: è stato
evidenziato che alcuni istituti proprio del diritto
penale di marcata derivazione romana, e segnatamente
alcune sanzioni penali (id
est il
taglio dell’orecchio) continuavano ad essere applicate
anche in Albania in età bizantina (5),
in quanto parte integrante del diritto consuetudinario
albanese (6).
2.
L’influenza della tradizione giuridica penale italiana
sulla legislazione albanese
L’influenza della tradizione giuridica italiana si
esprime in maniera più rilevante nel campo legislativo
generale e quello penale in particolare.
Nel
1907, la Bibliografia statutaria di Leone Fontana
segnalava l’esistenza di uno Statuto di Scutari nel
Museo Civico di Venezia.
Tuttavia, questo prezioso testo è stato portato alla
luce solo di recente grazie agli studiosi Lucia Nadin
(italiana) e Oliver Schmitt (austriaco), i quali possono
effettivamente considerarsi i veri scopritori dello
Statuto di Scutari del 1346 (7).
Sul
valore del testo siano sufficienti le parole del suo
stesso scopritore Oliver Schmitt: “Lo
statuto è un vero monumento dell”Albania medievale”
(8).
Lo
Statuto ha il pregio di essere il più antico testo
legislativo prodotto sul territorio albanese. Il testo
era preparato dai giuristi veneziani in collaborazione
con le autorità di Scutari.
Lo
statuto contiene per lo più disposizioni di natura
penale: basti pensare che in esso sono contemplati sia
gli istituti di parte generale del diritto penale che i
singoli illeciti penali.
Lo
statuto di Scutari è rimasto in vigore fino alla caduta
della città sotto l’occupazione turca nel quindicesimo
secolo.
Lo
statuto di Scutari (ed altri statuti del medioevo, come
quello di Durazzo, Tivar, Ulqin, Drishti, Budva) è stato
preparato secondo il modello degli statuti di Verona,
Milano, ecc. Esso rappresenta la migliore e più viva
testimonianza della stretta collaborazione scientifica
fra le terre italiche e quelle albanesi.
Non v’è
dubbio che lo Statuto di Scutari costituisce per noi
albanesi la prova più evidente della forte influenza
culturale italiana in Albania già in medioevo (9).
Tuttavia, la cultura e la tradizione giuridica italiana
e stata avvertita in modo direi incisivo in Albania
sopratutto nel secolo passato.
La
dottrina italiana degli anni ’20 è stata fondamentale
per la preparazione del Codice Penale Albanese del 1928
(10),
nel periodo della monarchia: quest’ultimo ha preso
ovviamente come modello il Codice Penale Italiano del
1889 (11),
meglio noto come “il codice Zanardelli”.
Si
tratta di un corpo di leggi che consacrava principi
cardini sviluppati dalla scuola classica italiana di C.
Beccaria, F.Carrara ecc. quali “Nullum
crime, nulla poena sine lege”, “Nullum
crimen sine culpa”.
Non può
non evidenziarsi, inoltre, che i principi e gli istituti
sia della parte generale del diritto penale che le norme
di parte speciale sono quasi identiche a quelle previste
dal codice penale italiano del 1889.
Così ad
esempio gli illeciti penali di parte speciale erano
divisi in delitti e contravvenzioni, cosi come il loro
contenuto sia sotto il profilo precettivo che
sanzionatorio era identico alla disposizioni del testo
italiano.
Un dato
è certo. L’entrata in vigore del Codice Penale del 1928
in Albania ha avuto una grande importanza e ciò non
soltanto nella lotta contro la criminalità, ma anche per
aver introdotto un nuovo concetto sulla legge positiva:
si osservi solo che esso aboliva le norme penali del
diritto consuetudinario ossia le regole di Kanun di Leke
Dukagjini, trasmesse dal passato.
Da
questo punto di vista il Codice Penale Italiano, fondato
su principi liberali, ha servito quale illuminante punto
di riferimento per il diritto penale albanese e per la
realizzazione della giustizia penale in Albania.
La
tradizione giuridica italiana ha avuto un immenso valore
anche dopo la caduta del regime totalitario e la
restaurazione del pluralismo politico in Albania, dopo
gli anni ‘90 del secolo passato.
In
campo legislativo merita menzionare in modo particolare
il ruolo del codice di procedura penale italiano –
meglio noto come il codice Vassalli, riprendendo il nome
del grande giurista italiano del XX secolo, da poco
scomparso – preso a modello per la realizzazione del
codice di procedura penale albanese del 1995.
Questo
riferimento ha creato le basi per creare una giustizia
penale sia nell’ottica di difendere l’ordinamento
costituzionale, sia in quella di tutelare i diritti e le
libertà fondamentali dei cittadini, specialmente delle
persone sotto processo penale.
Per
quanto riguarda il codice penale albanese invece, posso
dire che è stato preparato con la collaborazione di
specialisti di vari Paesi, prendendo come riferimento in
particolar modo il codice penale francese del 1994.
Sennonché, negli anni seguenti, il codice penale
albanese è stato oggetto di molteplici cambiamenti e
aggiornamenti che hanno fatto sempre più riferimento
alla legge penale italiana: basti pensare ad esempio
all’articolo 28 (l’organizzazione criminale) il quale
riprende l’art. 416 del codice penale italiano.
Deve
evidenziarsi comunque che il codice penale albanese del
1995 (12)
(e modifiche) si fonda sui principi generali del diritto
penale internazionale, sulla Costituzione albanese e
anche sulle convenzioni internazionali ratificate dallo
Stato dell’Albania.
Tuttavia, come osservano anche gli studiosi italiani
nella loro introduzione allo stesso codice, resta molto
da migliorare, cominciando dalla sua struttura e il suo
contenuto (13).
3. La
trasmissione della cultura giuridica italiana in Albania
dai giuristi albanesi laureati nelle università d’Italia
È un
fatto noto che nel secolo passato, nel periodo 1920 –
1943, molti studenti albanesi hanno studiato nelle
facoltà giuridiche italiane e si sono laureati in
giurisprudenza: alcuni anche in diritto penale.
Questi
giuristi sono stati missionari di trasmissione della
cultura giuridica italiana in Albania e, per quel che ci
riguarda, anche di quella penale e processuale penale.
Ruolo
fondamentale ha avuto poi l’insegnamento della lingua
italiana nelle scuole medie d’Albania. Ciò ha
contribuito, insieme ad altre e favorevoli condizioni,
alla possibilità di poter conoscere la letteratura
penale italiana di quel periodo.
Cosi si
spiega anche il fatto che in Albania sono ben conosciute
le opere dei notevolissimi autori italiani, cominciando
da C. Beccaria, Garrofalo, Carrara, Manzini, Ferri,
Vassali fino a penalisti più recenti come Mantovani,
Fiadanca, Musco, Bettiol, Vinciguerra, Pittaro,
Pelissero, Ramacci, Stile e molti altri (14).
La
trasmissione della cultura giuridica italiana in Albania
è stata realizzata anche attraverso i libri pubblicati
da autori albanesi.
Uno di
questi giuristi, Terenc Toçi, laureato nella Università
“LA SAPIENZA” di Roma negli anni ‘20, ha scritto e
pubblicato un libro dal titolo “Il
diritto Penale
Parte
Generale”
(15),
basato nella dottrina italiana.
Per la
sua opera l’autore riceveva delle lettere dai suoi
illustrissimi professori Enrico Ferri e Eugenio Florian,
i quali si congratulavano con lo stesso per il lavoro
svolto.
Enrico
Ferri, fra l’altro scriveva: “Sono
contento che il vostro libro potrà far conoscere i
principi ed i propositi pratici della scuola positiva
italiana.
Sono contento che le mie lezioni all’Università di Roma
vi hanno dato la possibilità di portare nel vostro Paese
le idee giuridiche di Roma, che le ha date al intero
mondo”.
Eugenio
Florian scriveva: “Sono
lieto che voi, dopo la liberazione del vostro Paese
l’avete onorato con il libro sul diritto penale mediato
e scritto nella vostra lingua”.
In
questi messaggi si esprime la soddisfazione e
l’incoraggiamento da due professori largamente
conosciuti dagli studiosi del diritto penale non solo in
Albania e in Italia, ma in tutto il mondo.
Tuttavia, va detto che il libro di Toçi era una
traduzione delle lezioni preparate durante gli studi
presso la ben nota università romana e non presentava la
realtà della legislazione penale albanese. D’ogni modo
il libro aveva un importante valore poiché aiutava a far
conoscere in Albania le idee della scuola positiva
italiana.
4.
L’interesse degli studiosi italiani per la cultura e la
tradizione giuridica albanese
Particolare interesse presenta il contributo degli
studiosi italiani impegnati nella conoscenza della
cultura e della tradizione giuridica albanese.
Prima
di tutto vale ricordare la traduzione in lingua italiana
del Kanun di Leke Dukagjini (16)
ossia il Diritto Consuetudinario delle Montagne
d’Albania (1941), di Paolo Deda, con introduzione di
Federica Patetta.
Il
Kanun (cioè il Codice delle Montagne d’Albania)
costituisce la raccolta delle consuetudini albanesi del
XV secolo ed è legato, secondo la tradizione non
scritta, al nome del principe del nord Albania Leke
Dukagjini, contemporaneo di Gjergj Kastrioti Skenderbeu
(17).
La sua
traduzione in italiano offrì agli studiosi italiani la
possibilità di conoscere e studiare il diritto
consuetudinario penale albanese.
Tra i
suoi studiosi spicca il nome di Salvatore Villari,
autore di un libro dagli importanti contenuti
scientifici e dagli alti valori culturali, che colpisce
per l’ampia ed approfondita analisi dei contenuti del
Kanun, e in particolare delle sue norme penali (18).
Su
questo monumento storico della cultura giuridica
albanese hanno scritto e pubblicato anche altri studiosi
italiani come G. Gaetano (19),
F.Castelletti (20),
Ernesto Cozzi (21),
F.Resta (22)
e molti altri.
Venendo
ai contenuti del Kanun, deve evidenziarsi come in esso
sono sanzionati i valori morali, giuridici e sociali più
risalenti del popolo albanese come la “besa” (la parola
data) (23),
l’onore, l’ospite, l’ospitalità e anche le regole sulla
vendetta di sangue (24).
È ben
noto che il fenomeno della vendetta di sangue è apparso
e scomparso in vari paesi, in vari momenti storici (25).
In
Albania diverse cause come le occupazioni straniere per
molti secoli, la particolare conformazione del terreno
(alcune zone del nord del paese sono talmente montuose
che sono tutt’ora quasi inaccessibili), la creazione
dello Stato Albanese soltanto nel 28 novembre 1912, la
prima e la seconda guerra mondiale, l’arretramento
economico-culturale e sociale, hanno determinato che
questo fenomeno si prolungasse nel nord d’Albania fino
ai giorni nostri (26).
Nonostante queste principali cause che hanno
indubbiamente favorito la sopravivenza della vendetta di
sangue in Albania, alcuni studiosi italiani, proposero
una loro posizione interpretativa notoriamente non
basata sulla realtà oggettiva del Paese.
All’
inizio questa opinione venne espressa dal padre della
famosa scuola antropologica Cesare Lombroso ed alcuni
dei suoi seguaci come G.Ascoli (27),
G.Baldaci (28)
e E.Cozzi (29).
In
seguito però anche altri giuristi di diversa estrazione
giuridico-scientifica come E. Ferri o come A. Crisafulli
e B. di Tulio (30)
sostennero che “questo
delitto della vendetta del sangue dipende certo in gran
parte dalla composizione razziale” e cioè “è
un fenomeno specifico biologico dei albanesi”,
dimenticando che la vendetta di sangue e un fenomeno
storico sociale che è esistito in molti altri popoli
dall’ antichità (anche in Italia): nel nostro Paese la
sua spiegazione si trova – come detto – nell’assenza
dell’autorità statale per un lungo, lunghissimo tempo.
Tuttavia, le opinioni espresse sopratutto dai
lambrosiani hanno avuto una certa influenza anche in
Albania nel secolo passato. Un autore anonimo, adoratore
di Lombroso, scriveva un articolo dove esprimeva che “Lombroso
era il creatore delle idee scientifiche e protettore
dell’umanità” (Sic!),
osservazione questa subito spedita al mittente da Kristo
Floqi il quale dal canto suo addirittura affermava che
non si possono esaltare i meriti di Lombroso senza
criticare le sue visioni antiscientifiche, poste al
centro dell’opera “L’uomo
delinquente”.
Naturalmente noi non possiamo essere d’accordo con l’una
o l’altra; non possiamo né sopravalutare la sua opera,
né negarle ogni merito.
Tuttavia, per quello che riguarda la vendetta di sangue
in Albania, le opinioni degli antropologi italiani non
sono fondate in argomenti scientifici e sono contrari
alla realtà dell’Albania.
A
riguardo è sufficiente rilevare che nel periodo che va
dagli anni ’60 agli anni ’90 del secolo scorso non si è
verificato alcun omicidio per vendetta di sangue, cosi
come non ci sono stati fatti di nessun tipo mossi dal
movente della causa d’onore (31).
Tuttavia, siamo coscienti che ancora ci sono casi
singoli di vendetta per causa d’onore secondo le usanze
del Kanun in alcune zone del nord; ma si tratta di
episodi isolati (32).
Nel 2009 si è verificato soltanto un caso: il fenomeno –
anche se ha conosciuto una ripresa dopo la caduta del
regime comunista – è molto meno preoccupante di quanto
non si pensi fuori dal paese.
Lo
stato democratico, le leggi penali e la società civile,
in un fronte comune, stanno svolgendo un’intensa
attività per prevenire e affrontare questa piaga
sociale, col fine di estirparla definitivamente il più
presto possibile (33).
5. La
tradizione giuridica italiana: un aiuto nel campo
teorico per lo sviluppo della dottrina penalistica in
Albania
Durante
il periodo del regime totalitario in Albania, i legami
culturali fra i nostri Paesi sono stati troppo limitati.
Nel
campo del diritto penale la chiusura da parte del regime
ha orientato – per ovvi motivi – i giuristi a prendere
quale modello sia sul piano ideologico che
contenutistico il sistema sovietico.
Tuttavia, negli ultimi anni l’Albania ha fatto dei
grandi passi in avanti: ha ripreso con vigore lo
sviluppo dei rapporti culturali con l’Italia anche nel
campo del diritto penale.
Le
relazioni intense fra le facoltà giuridiche, gli scambi
di professori e di letteratura giuridica penale, gli
studenti albanesi che svolgono gli studi nelle facoltà
giuridiche italiane ecc., mostrano la volontà comune di
rafforzare dei rapporti di viva e vera amicizia,
nell’ottica di avvicinare e conoscere la reciproca
cultura giuridica.
Simbolo
di questa cooperazione è la traduzione del codice penale
albanese in lingua italiana da Marilda Bertoli, e la sua
pubblicazione a cura del professor Sergio Vinciguerra (34).
L’opera
nasce come frutto dall’intensa attività di
collaborazione – e anche di amicizia – tra l’Università
di Tirana e l’Università di Torino ed ha un immenso
valore scientifico poiché viene accompagnata da commenti
di illustri penalisti di varie università italiane:
Prof. Paolo Pittaro, Associato di Diritto Penale
all’Università di Trieste; Prof. Elio R. Belfiore,
Ordinario di Diritto Penale all’Università di Foggia;
Prof. Adelmo Manna, Ordinario di Diritto Penale
all’Università di Foggia; Prof. Gabriele Fornasari,
Ordinario di Diritto Penale all’Università di Torino;
Prof. Desiré Fondaroli, Associato di Diritto Penale
all’Università di Bologna – Ravenna; Prof. Marco
Polissero, Straordinario di Diritto Penale
all’Università di Genova; Prof. Alessandra Rossi,
Associato di Diritto Penale all’Università di Torino.
Nelle
loro introduzioni sono rappresentati i principi
fondamentali e gli istituti del diritto penale di parte
generale, nonché i vari illeciti penali di parte
speciale
Le più significative caratteristiche di questi lavori si
possono riassumere in tre direzioni:
1.
Rappresentano con chiarezza ed obiettività scientifica e
dogmatica.il pensiero giuridico sul contenuto e sulla
costruzione del codice penale albanese.
2.
Nonostante la diversità delle tematiche svolte, tutte i
commenti hanno un grande valore teorico e metodologico
contribuendo allo sviluppo della dottrina penalistica
albanese: questi lavori sono importanti poiché servono,
inoltre, anche al miglioramento dello stesso codice
penale sia sul piano interpretativo che
dogmatico-concettuale.
3.
Anche se gli autori non hanno avuto la possibilità di
conoscere le ultime riforme legislative che hanno
attinto il codice penale e nemeno le opinioni, le
critiche e i propositi dei penalisti del paese delle
aquile (35),
i loro suggerimenti sono comunque utili e potranno
servire come base per una profonda discussione interna
tra i penalisti albanesi più illuminati (36).
Per
essere realistici, il nostro codice penale del 1995 è
fondato in principi fondamentali cardine della
democrazia: questo tuttavia – ne siamo coscienti anche
noi – non è sufficiente.
In
tanti punti il codice è stato fonte di aspre critiche da
parte dei nostri penalisti sia per il suo contenuto che
– in special modo – per le molte aggiunte e controverse
modifiche, non sempre accompagnate da un’attenta e
profonda meditazione.
Anche
se la dottrina del diritto penale albanese ha fatto
qualche passo in avanti, siamo coscienti che gran parte
di essa non si è ancora distaccata totalmente dal
passato comunista che ha dominato per quasi mezzo
secolo; questo periodo di totale isolamento ha portato
all’interruzione per diversi decenni dei contatti con le
varie teorie del diritto penale europeo.
Oggi,
noi siamo consapevoli delle difficoltà che siamo
chiamati ad affrontare nella lotta contro la criminalità
organizzata e la criminalità in generale senza perciò
perdere di vista lo scopo primario del diritto penale
ossia la tutela del cittadino dal potere statale, come
insegnava Von List ormai più di duecento anni fa.
Tale
obiettivo può essere raggiunto solo attraverso
consapevoli e ben ragionate riforme nel delicato settore
della giustizia penale, in modo tale da auspicare il
raggiungimento dei tanto ambiti
standart
europei.
L’impresa degli onorevoli professori italiani nel
commentate il nostro codice penale costituisce un
simbolo di solidarietà, di collaborazione e di amicizia
fra i penalisti dei due paesi; cosi come la cultura e la
tradizione giuridica italiana costituiscono un esempio
per il diritto penale albanese.
Sono
convinto che ricordare la grande cultura e l’immensa
tradizione giuridica italiana del passato, conoscerla,
capirla ed applicarla al presente insieme con le più
avanzate teorie e conoscenze proposte dagli illuminati
penalisti italiani odierni, può aiutare alla
realizzazione di un futuro migliore nel campo del
diritto e della giustizia penale anche in Albania, la
quale legittimamente aspira ad integrarsi con la realtà
europea, della quale fa parte non solo geograficamente
ma anche per cultura e tradizione.
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1 Prof. Dr. Ismet Elezi è Professore Emerito di Diritto Penale
all’Università “Madre Teresa” di Tirana, Albania. È
autore di decine di monografie e di oltre duecentottanta
pubblicazioni scientifiche non solo in Albania, ma anche
in Kosovo, Macedonia e in diversi altri paesi europei. È
presidente onorario dell’”Association
Internationale de Droit Pénal, Albanian National Group
and Collective Members of Kosovo”.
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Vinciguerra, Padova 2008.
3 Sul diritto penale in età greco-romana siano sufficienti le
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Historia e se drejtes penale mesdhetare midis mitit e shkences dhe
paralelet me te drejten zakonore shqiptare,
in Riv. Kosova,
n. 31/32, 2009, f. 351. L’autore porta a dimostrazione
dell’influenza del diritto penale romano su quello
albanese l’episodio del giudizio di Hamza Kastrioti:
giudicato per alto tradimento contro lo stato di Arberia
e condannato dallo zio, l’eroe albanese Gergj Kastrioti
Skenderbeu, alla pena di morte, Hamza Kastrioti verrà
solo incarcerato ed esiliato. Traendo spunto dalla
possibilità concessa al Re dal diritto consuetudinario
albanese di modificare le pene, l’autore individua una
interessante analogia con il processo ad Oreste,
all’epoca delle lotte intestine tra Orazi e Curiazi
nell’antica Roma monarchica.
5 B. UKAJ, Denimet ne te
drejten penale te shqiperise, Prishtine,
2006, p. 62 e ss ; R. HALILI,
Sanksionet penale
sipas te drejtes zakonore ne Kosove,
Prishtine, 1985, p. 41 e ss.
6 Sul punto A. LUARASI, E
drejta ne shtetin e Skenderbeut, in
Drejtesia Popullore, n. 3, 1982, p. 77 e ss. Sull’influenza
degli antichi ordinamenti del mediterraneo sul diritto
consuetudinario penale albanese v. I. ELEZI,
Zhvillimi historik i
legjizlacionit penal ne Shqiperi, cit. f. 6
e ss. V. anche E. BOZHEKU,
Historia e se drejtes
penale mesdhetare midis mitit e shkences dhe paralelet
me te drejten zakonore shqiptare, cit., p.
335 e ss.
7 A Lucia Nadin è dovuta sia una completa analisi del contenuto
dello Statuto di Scutari sia la pubblicazione del testo,
nel 2002, in lingua italiana e poi tradotto in albanese.
8 AAVV, Statuto di Scutari
della prima meta del sec.XIV, a cura di L.
Nadin, Roma 2002.
O.SCHMITT, (Introduzione), in
Statuto di Scutari della prima meta del sec.XIV,
cit.
9 Sullo statuto di Scutari v. I. ELEZI,
Kanuni dhe qytetet mesjetare – statutet e Shkodres, Hyrje,
Tirane, 2003, p. 1 e ss; I. ELEZI,
Statutet e Shkodres –
Dokument me rendesi historike dhe juridike,
in E drejta,
n. 4, Prishtine, 2003, p. 7 e ss; B. UKAJ,
Denimet ne te drejten
penale te Shqiperise, cit., p. 91 e ss.
10 Kodi Penal shqiptar, Tirane, 1928
11 Codice Penale del Regno d’Italia, 30 giugno 1889.
12 AAVV,
Il Codice Penale della
Repubblica d’Albania, cit.
13 AAVV,
Il Codice Penale della
Repubblica d’Albania, cit.
14 Per ovvi motivi
di spazio non posso essere richiamati tutti i noti
penalisti italiani
15 T. TOÇI,
E drejta ndeshkimore,
Parime te
pergjithshme, Shkoder 1926.
16 P. STEFANO cos.
GJECOV, Codice di
Leke Dukagjini ossia Diritto Consuetudinario delle
montagne d’Albania, Roma 1941.
17 Per una
illustrazione del “Kanun”
albanese v. I. ELEZI,
E drejta zakonore e
shqiptareve, Tirane, 1983.
18 S. VILLARI,
Le consuetudini giuridiche dell’Albania, Roma, 1920.
19 G. GAETANO,
Usi e costumi albanesi, 1899.
20 F. CASTELETTI,
Consuetudini e vita sociale albanese secondo il Kanun di Lek Dukagjini,
Roma, Vol. III-IV, 1933-34.
21 I manoscritti di
Cozzi, post mortem,
sono stati pubblicati da Giuseppe Valentini in Roma nel
1943.
22 F. RESTA,
Un popolo in cammino,
Migrazioni albanesi in Italia, Lecce, 1996.
23 Sul concetto di
“besa”, ovvero la parola data H. ISMAILI,
Besa ne te drejten
zakonore shqiptare, gjurmime albanologjike – folklor dhe
etnologji, I, Prishtine, 1971, p. 96 e ss;
E. ÇABEJ, Zakone
dhe doke te shqiptareve, vol V, Prishtine,
1975, p. 190 e ss.
24 Per approfondire
tali aspetti v. I. ELEZI,
E drejta zakonore e
shqiptareve, cit., I. ELEZI,
E drejta zakonore e
laberise ne planin krahasues, Tirane, 1994.
25 Per una
interpretazione più aggiornata del Kanun D. MARTUCCI,
Il Kanun di Leke
Dukagjini: le basi morali e giuridiche della società
albanese, Lecce, 2009.
26 Sulle radici e
le ragioni della vendetta in Albania v. I. SALIHU,
Vrasjet ne Kosove,
Prishtine, 1985, p. 224 e ss; R. HALILI,
Vrasjet per hakmarrje,
in Perparimi,
n. 5, Prishtine, 1969, p. 381 e ss; G. GJIKA,
Vrasjet, in Drejtesia
Popullore,
n. 1, Tirane, 1954, p. 29 e ss.; I. ELEZI,
Vrasjet per hakmarrje
dhe gjakmarrje ne Shqiperi, Tirane, 2000, p.
7 e ss.
27 G.ASCOLI,
La vendetta del sangue,
Milano, 1861.
28 G.BALDACI,
Noti statistiche nel
Vilajet di Scutari, Milano 1901
29 E.COZZI,
La vendetta del sangue
nelle montagne dell’Alta Albania,
“Anthropon”, 1872.
30 A. CRISAFULLI –
B. DI TULIO,
Aspetti della criminalita militare nel settore albanese,
Tirana 1942.
31 I. ELEZI, Vrasjet per
hakmarrje dhe gjakmarrje ne Shqiperi, cit,
p. 7 e ss.
32 Ibidem.
33 Sull’argomento della vendetta di sangue v. anche I. ELEZI,
Mbrojtja
juridiko-penale e jetes se njeriut ne RP te Shqiperise,
Tirane, 1962.
34 AAVV, Il Codice Penale della
Repubblica d’Albania, cit.
35 Per una forte critica sul codice penale albanese v. E. BOZHEKU,
Alcune riflessioni sul codice penale albanese, in
Diritto&Diritti, Rivista giuridica elettronica pubblicata su Internet",
URL
:
http://www.diritto.it,
ISSN :
1127-8579, luglio, 2010, www.diritto.it/docs/30027; E.
BOZHEKU, Parimi i legalitetit dhe nenparimet e tij, in
Jeta Juridike, n. 2, Tirane, 2009, p. 91 ss.; E. BOZHEKU,
Comparazione,
imposizione giuridica e diversità culturali: il
singolare caso dei “reati” contro la vita nel codice
penale albanese, in
Diritto&Diritti,
Rivista giuridica elettronica pubblicata su Internet",
URL
:
http://www.diritto.it,
ISSN :
1127-8579, febbraio, 2010
http://www.diritto.it/docs/28906. Per una
critica sulla legislazione penale albanese in generale
sono importanti le considerazioni di V. HYSI,
Ligji, shoqeria dhe
sistemi i drejtesise penale, in
Jus&Justicia,
n. 4, Tirane, 2010, p. 29 ss. Per una critica della
legislazione albanese in tema di responsabilità penale
delle persone giuridiche v. E. BOZHEKU,
Pergjegjesia penale e personave juridik. Probleme
interpretues dhe aspekte krahasuese me legjizlacionin
italian, in
Jus&Justicia,
4, Tirane, 2010, p. 187 ss. Interessante, sia per
l’analisi di alcuni profili critici sia per la sua
funzione in chiave comparativa e di armonizzazione del
codice penale albanese, è anche l’opera di A. SHEGANI,
E drejte penale e
krahasuar, III, Tirane, 2005.
36 Per una analisi del codice penale albanese nella prospettiva della
dottrina albanese v. I. ELEZI – S. KAÇUPI – M. HAXHIA,
Konentar i kodit
penal te Republikes se Shqiperise, Tirane,
2006; SH. MUÇI, E
drejta penale, pjese e pergjithshme, Tirane,
2007.
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