a.baiguera@alice.it
and.baiguera@libero.it
baiguera.a@hotmail.com
1.
Introduzione
Per un
giurista contemporaneo, è scontato e financo tautologico
asserire l' eguaglianza
giuridica tra uomo e donna. Tuttavia, nel Diritto
svizzero del primo Ottocento, tutte le ventisei
Normazioni cantonali prevedevano, salvo poche varianti,
l' interdizione della donna sposata, la
tutela
maritale e, addirittura, il
Geschlechtsbeistandschaft,
ovverosia la potestà di un curatore per le
nubili
maggiorenni e le vedove. Anche sotto il profilo
successorio, l' erede donna poteva gestire a
fatica
i propri beni. Soltanto negli Anni Ottanta del
Novecento, venne sancita la parità costituzionale
tra i
due sessi. Per il resto, nemmeno il nuovo Codice Civile
federale del 1912 introdusse libertà e
diritti
autenticamente tutelati
Anche
nel Diritto del Lavoro, i Cantoni, prima del Referendum
del 1981, retribuivano
maggiormente i soli lavoratori uomini. Soltanto nel
Novecento, l' opinione pubblica elvetica si rese
conto,
specialmente in àmbito operaio, che il Lavoro femminile
è ormai indispensabile ai fini della
sussistenza economica domestica
In data
24/03/1995, l' Assemblea federale promulgò la Legge
sulla Parità dei sessi ( LPar ).
A
prescindere dalle consuete declamazioni retoriche di
principio, la Lpar concentra
monotematicamente la propria attenzione sul tema del
Lavoro femminile. Gli Artt. 31 e 42 LPar
contengono in essi le
rationes
ed i
campi precettivi dell' intera LPar. Il primo comma dell'
Art. 3
LPar
focalizza in sé la tutela del Matrimonio e della
Gravidanza (
<< …
stato civile, situazione
familiare … gravidanza >>
). In
buona sostanza, La LPar del 1995 reca la consapevolezza
fattuale
1 Art.
3 Lpar
Divieto
di discriminazione
Nei
rapporti di Lavoro, uomini e donne non devono essere
pregiudicati né direttamente né indirettamente a
causa
del loro sesso, segnatamente con riferimento allo stato
civile, alla situazione familiare o a una gravidanza
Il
divieto si applica in particolare all' assunzione, all'
attribuzione dei compiti, all' assetto delle condizioni
di
lavoro, alla retribuzione, alla formazione e al
perfezionamento professionali, alla promozione ed al
licenziamento
Non
costituiscono una discriminazione adeguati provvedimenti
per la realizzazione dell' uguaglianza
effettiva
2 Art.
4 LPar
Divieto
di discriminazione in caso di molestia sessuale
Per
comportamento discriminante si intende qualsiasi
comportamento molesto di natura sessuale o
qualsivoglia altro comportamento connesso con il sesso,
che leda la dignità della persona sul posto di lavoro,
in
particolare il proferire minacce, promettere vantaggi,
imporre obblighi o esercitare pressioni di varia natura
su un
lavoratore per ottenere favori di tipo sessuale
del
timore, da parte del datore di Lavoro, che la giovane
Donna rallenti o sospenda la propria
mansione al fine di curare la prole. La protezione della
Maternità, anche nel Diritto del Lavoro
italiano, richiama il valore della vita così come tutt'
oggi sancito nei monoteismi ebraico, cristiano
ed
islamico
Nel
comma 2 dell' Art. 3 LPar è contenuto un elenco
catalogico degli strumenti
tradizionalmente impiegati per violare la sfera
familiare della lavoratrice Madre. In sintesi, il
comma
in esame si propone di impedire il declassamento
qualitativo del ruolo operativo prematrimoniale.
Infatti, l' autorità padronale tende a demotivare la
lavoratrice divenuta Madre, nella
speranza di un abbandono spontaneo del posto di lavoro.
Tali umiliazioni possono consistere in atti
espliciti, ma anche silenti e meramente fattuali (
<< non
devono essere pregiudicati né
indirettamente né direttamente … >> -
Art. 3
cpv. 1 LPar ). E' lodevole constatare che la LPar del
1995,
almeno in linea di principio, tutela il diritto alla
vita del nascituro, la cui esistenza prevale su
qualsivoglia impegno professionale
L' Art.
4 LPar, benché formato da un solo comma diviso in due
capoversi, affronta il
disgustoso tema delle molestie sessuali alla Donna
lavoratrice. In special modo, gli atti o le allusioni
si
concretano ( capoverso 2 ) in minacce e pressioni
psicologiche a sfondo intimo. Anche nella
fattispecie ex Art. 4 LPar, il Legislatore federale del
1995 prende atto di come, nella lavoratrice
Donna,
la sessualità è più fragile rispetto alle eventuali
goliardie dei colleghi maschi. Trattasi di un
ulteriore caso di differenziazione oggettiva e naturale
tra uomo e donna. Come prevedibile, l' Art. 4
LPar
del 1995 è stato successivamente puntualizzato e
contestualizzato da svariati Precedenti dell'
Autorità Giudiziaria. Purtroppo, il comma 3 Art. 53 LPar
, anziché esplicare una cogenza penale, si
limita
ad indicare, nel caso di molestia sessuale, un'
indennità pecuniaria, affidando
successivamente o contestualmente alla lavoratrice la
facoltà di sporgere querela. Pertanto, anche
nel
presente caso, la condizione di procedibilità è
volontaria ed opzionale, allorquando, viceversa, la
denuncia
ex
officio
aiuterebbe la Donna a superare la vergogna ed il timore
di rappresaglie
professionali
L' Art.
13 LPar 4 risulta impeccabile nel conferire all'
impiegato pubblico una serie di
strumenti rimediali constanti nell' indennità, nella
riassunzione coattiva o in forme varie di
conciliazione stragiudiziale. Ciononostante, chi scrive
non concorda con la distinzione elvetica tra
lavoro
in jure
privatorum
ed
impiego
in jure
publico
. Del
resto, negli ultimi 40 / 50 anni, la
Common
Law anglosassone nega anch' essa la separazione tra
diritto soggettivo ed interesse
legittimo all' assunzione. Infatti, in tutta Europa, non
si comprende, sotto il profilo dell' eguaglianza
democratico sociale, perché debba o possa esistere ,
anche nella LPar del 1995, una separazione
legislativa tra contratto di lavoro privato ed
ammissione al lavoro pubblico. Dal punto di vista
assiologico, una sperequazione tra lavoratore e
lavoratrice, a parere di molti Autori, non deve
3 Art.
5 LPar comma 3
Nel
caso di discriminazione mediante molestia sessuale, il
tribunale o l' autorità amministrativa può
parimenti condannare il datore di lavoro ed assegnare al
lavoratore un' indennità, a meno che lo stesso provi di
aver
adottato tutte le precauzioni richieste dall' esperienza
e adeguate alle circostanze, che ragionevolmente si
potevano pretendere da lui per evitare simili
comportamenti o porvi fine. L' indennità è stabilita
considerando tutte
le
circostanze, in base al salario medio svizzero
4 Art.
13 LPar
Protezione giuridica in caso di rapporti di lavoro di
diritto pubblico
La
protezione giuridica per i rapporti di lavoro di diritto
pubblico è disciplinata dalle disposizioni generali
sulla
procedura giudiziaria federale. Ai ricorsi del personale
federale si applica inoltre l' Art. 58 dell' ordinamento
dei
funzionari del 30 giugno 1927
Se una
persona è discriminata dal fatto che la sua candidatura
non è stata ammessa alla prima
costituzione di un rapporto di lavoro, si applica l'
articolo 5 capoverso 2. L' indennità può essere chiesta
direttamente con ricorso contro la decisione di non
ammissione
Gli
impiegati della Confederazione possono rivolgersi a una
commissione di conciliazione entro il termine
di
ricorso previsto dall' Art. 50 della Legge federale del
20 dicembre 1968 sulla procedura amministrativa. La
commissione di conciliazione consiglia le parti e cerca
di farle pervenire ad una intesa
La
procedura è gratuita; sono eccettuati i casi di ricorso
temerario. Nei procedimenti dinanzi al Tribunale
federale l' onere delle spese è disciplinato dalle legge
del 17 giugno 2005 sul Tribunale federale
possedere regole e procedure distinte, qualora il datore
di lavoro sia la Pubblica Amministrazione
anziché
un imprenditore ordinario
2.
Ipotesi dottrinarie
Sino
agli Anni Sessanta del Novecento, gli Autori
statunitensi, canadesi ed inglesi
prestavano fiducia al mito della famiglia intesa come
luogo della tranquilla ricomposizione dei
conflitti affettivi. Soltanto negli Anni Settanta del
Novecento, il movimento femminista, nonché i
Dottrinari più illuminati ( PIZZEY 1974 ; DEL MARTIN
1976 ) denunziarono apertamente che la
donna
subisce spesso violenza sia nell' àmbito familiare, sia
nel contesto sociale. Tuttavia, GELLES
( 1987
) denotò che, tutt' oggi, la violenza sulle mogli /
conviventi / fidanzate costituisce purtroppo,
a
livello ontologico, una cifra oscura. Ovvero, trattasi
di un fenomeno sommerso ed è stato difficile
creare
metodi statistici validi e credibili
STRAUS
et al. ( 1980 ) intervistò 2.143 coppie, scoprendo che,
nel 16% dei casi, esiste una
frequenza preoccupante della violenza domestica.
Addirittura, nel 1980, un 28% delle mogli subiva
un'
aggressività psicofisica quotidiana e sistematica.
Sempre STRAUS et al. ( 1985 ) denotò, in un
secondo
ciclo di interviste telefoniche, un lieve calo delle
percosse e delle lesioni, ma,
sostanzialmente, il problema rimaneva immutato.
STEINMETZ ( 1977 ) parlò anche di uomini
picchiati. Ciononostante ( STRAUS & GELLES 1990 ) si
tratta di reazioni difensive dalle quali si
evince
che la donna, nella vita domestica, è e rimane un
soggetto debole. Nel 1993, l' Ufficio
nazionale canadese di Statistica individuò coppie
moralmente disgregate dall' incesto e dall'
alcoolismo. WALKER ( 1977 ; 1979 ) parlava di una climax
ascendente delle violenze contro le
mogli /
conviventi / fidanzate. Infatti, dalla violenza verbale
in famiglia si passa, gradualmente, alle
vie di
fatto. Anche RÖMKENS ( 1992 ) censì che le donne europee
dai 20 ai 60 anni d' età
subiscono violenza extra-domestica ( 26,3 % del totale )
oppure aggressioni in casa ( 13% del
totale
). Svariati altri Autori ( ANDREWS & BROWN 1988 ; TROJER
1989 ) hanno individuato
dinamiche relazionali simili in Inghilterra, in Francia
e, soprattutto, nella nostra Confederazione.
Una
cospicua parte dei Dottrinari ha aderito, sotto il
profilo ermeneutico, alla Teoria dell'
approccio psicosociale
STRAUS
( 1973 ) asserisce che la violenza in famiglia è sintomo
dell' incapacità
sinallagmatica dei coniugi di comunicare tra di loro
senza aggressività. OWENS & STRAUS
(1975),
ma anche ROY ( 1977 ) nonché STRAUS et al. ( 1980 )
ipotizzano una trasmissione
intergenerazionale della violenza. In buona sostanza, a
parere di tali Autori, se il figlio maschio
vede la
propria Madre picchiata dal padre, egli, in età adulta,
farà altrettanto alla sposa /
convivente / fidanzata. WALKER ( 1977 ) afferma che
esistono molte donne che si adattano
passivamente alla violenza maritale. Esse nascondono la
situazione per vergogna ed esternano il
loro
malessere soltanto se le lesioni divengono gravi al
punto di richiedere un' ospedalizzazione.
STEINMETZ ( 1980 ) dichiara che lo stress quotidiano, l'
alcoolismo e le frustrazioni lavorative
trasformano il marito in carnefice.
Chi
redige rigetta l' approccio psicosociale o, perlomeno,
preferisce Dottrinari
maggiormente cauti e meno onnicomprensivi. Del resto,
tutti gli Autori summenzionati sono troppo
lombrosianamente deterministici. Ogni Teoria dev' essere
adattata al caso singolo, giacché non
esistono forme e modalità esegetiche universalmente
valide ( STRAUS & GELLES 1990 )
Nella
Dottrina criminologica ha rinvenuto spazio anche la
Teoria dell' approccio socioculturale.
Essa
postula che la violenze domestica sulla donna dipende
dal fattore
<<
gruppo >>
(o
<<etnia
>>
)
nonché dal bagaglio valoriale, civico o religioso che
sia, recato in se stesso dall'
uomo
violento.
Un
primo fattore di rischio criminogeno consta nell' età
degli sposi. Infatti, i coniugi dai 18
ai 30
anni d' età sono più esposti a violenze intra-familiari
( YLLÖ & BOGRAD 1988 ). E' vero
pure
che, nelle società fallocratiche, la donna subisce più
frequentemente lesioni e percosse. Anche
ACKERMANN ( 1988 ) non è nel torto allorquando postula
che il capo-famiglia alcoolizzato tende
con
maggiore frequenza alla violenza sulla moglie
La
tematica delle relazioni coniugali e del ruolo della
donna maltrattata risulta talmente
ampio
da poter citare Teorie, parti di Teorie e corollari vari
infiniti
GOODE (
1971 ) ipotizza che esiste, in capo ad ogni membro della
famiglia, una forza
morale,
ma anche una potenzialità fisica. Pertanto, il familiare
predominante ( di solito l' uomo )
potrebbe divenire violento verso i componenti meno
autorevoli del nucleo domestico
HOMANS
( 1961 ) e BLAU ( 1964 ) denotano che, dopo la
Rivoluzione Industriale inglese,
il
padre di famiglia sarà violento in caso di incapacità a
gestire le proprie frustrazioni lavorative.
Fortunatamente ( WOLFANG & FERRACUTI 1967 ) non è
mancato chi, giustamente,
punta
il dito verso le società teocratiche violente e
patriarcali
I
Criminologi contemporanei non recano certezze assolute
nell' àmbito delle Teorie psicosociali
o
socio-culturali. L' unica certezza è che la famiglia
contemporanea, almeno per ora, è assai
mutata.
A livello di ripartizione dei poteri, non esiste più lo
schema patriarcale ottocentesco. Anche
dal
punto di vista lavorativo, il reddito femminile è ormai
indispensabile per evidenti ragioni di
sussistenza economica. In ultima analisi, la Dottrina
nega l' androcentrismo prebellico. Tant' è che,
oltretutto, non sono rare coppie in cui la sposa /
fidanzata reca una scolarizzazione maggiore
rispetto al marito
Tuttavia, una donna non lavoratrice e non influente
nelle decisioni familiari sarà più
facilmente oggetto di percosse e lesioni. Con tutto il
rispetto dovuto, questa tipologia di moglie
prevale
purtroppo nelle società islamiche
3. La
Legge di aiuto alle vittime ( L.A.V. - 23/03/2007 )
Nel
Testo Normativo della LAV non è espressamente sancita
una tutela specificamente
indirizzata alle Donne vittime di violenza domestica.
Tuttavia, la LAV rappresenta la conseguenza
naturale della Riforma von Felten, grazie alla quale
oggi è statuita, in Svizzera, la procedibilità d'
ufficio
delle lesioni psico-fisiche ( anche ) lievi o lievissime
all' interno di un vincolo coniugale
stabile. Viceversa, molte Nazioni europee, compresa l'
Italia, richiedono, a titolo di condizione di
procedibilità, la querela della Parte Lesa
La LAV
contempla, per la donna vittima di violenza, non
soltanto aiuti materiali ( il
contributo alle spese processuali e l' indennizzo ) , ma
anche forme di aiuto morale e psicologico
( la
consulenza psichiatrica, l' aiuto dei Consultori e la
riparazione morale ). Trattasi, in ogni caso, di
un
sostegno gratuito. Oltretutto,
de jure
condito,
il
Legislatore federale ha sapientemente previsto l'
applicazione della LAV anche per le Parti Lese non in
possesso della cittadinanza svizzera, a
condizione che la vittima, al momento della consumazione
del reato, avesse stabile residenza in
territorio elvetico. E', a tal fine, previsto l'
eventuale intervento, in casi controversi, del Consolato
svizzero competente per territorio. Siffatta prevalenza
procedimentale della residenza, anziché della
cittadinanza, risulta assai illuminata in un Paese di
Migranti ed Asilanten quale la nostra
Confederazione.
I
Consultori di assistenza alla Donna maltrattata possono
essere sia pubblici sia privati
( Art.
9 comma 1 LAV5 ). Tali Enti hanno la facoltà di
esaminare gli Atti del Processo Penale
de quo
( Art.
10 comma 1 LAV6 ). Ora, dette statuizioni legislative,
come sottolineato in precedenza, non
sono
specificamente ginocentriche, ma, a livello fattuale,
mogli / conviventi / fidanzate
costituiscono l' àmbito precettivo privilegiato della
LAV.
Le
prestazioni mediche, psicologiche, sociali, materiali e
giuridiche del Consultorio
( Art.
14 comma 1 LAV7 ) comprendono sia un aiuto immediato (
si pensi al distacco dal domicilio
coniugale ) sia un aiuto di lungo termine. Ciò risulta
comprensibile alla luce delle conseguenze
mentali
devastanti derivate dalla convivenza con un marito /
compagno / fidanzato manesco e
dispotico.
La LAV
del 2007 statuisce che il Cantone e , se necessario, il
Consiglio federale, versano
alla
donna, salvo il caso di ricorso temerario o infondato
alla LAV, un indennizzo per i danni
materiali ( Art. 20 comma 3 LAV8 ) ma, soprattutto, per
i danni morali ( Art. 23 comma 2 LAV9 ). In
realtà,
come prevedibile, gli indennizzi erogati dal 2007 a
tutt' oggi hanno sempre mantenuto un
valore
simbolico. Pertanto, le pretese risarcitorie pecuniarie,
come accade nella Giusprocessualistica
italiana, vanno inoltrate all' Autorità Giudiziaria
Sotto
il profilo applicativo, i Cantoni rimangono gli
autentici Organi-applicatori della
LAV,
pur se la Pubblica Amministrazione federale reca il
compito di vigilare sulla cogenza effettiva
della
LAV e di aggiornare le cifre d' indennizzo di cui agli
Articoli 20 e 23 LAV
La LAV
non ha risolto il problema criminologico della tutela
della Donna in Svizzera.
Ciononostante, il Testo federale qui esaminato possiede
un valore simbolico ed etico mancante in
molti
Paesi europei
4.
Conclusioni
La
malizia dell' odierno femminismo esasperato pretende di
obliare che il Cristianesimo
ed il
Magistero hanno costituito due mezzi eccelsi di difesa
della dignità muliebre. LAMOUREUX
( 1991
) reca il merito dottrinario di aver scoperto gli
insostituibili ruoli affettivi e lavorativi della
Donna.
Anche in un' Opera del 1932, la Suora GERIN LAJOIE
proponeva , non senza destare
perplessità, una coniugazione tanto morale quanto
giuridica dei diritti e dei doveri della Madre di
5 Art.
9 comma 1 LAV
Offerta
I
Cantoni provvedono affinché siano a disposizione
consultori privati o pubblici autonomi nel loro settore
di
attività. Tengono conto al riguardo dei bisogni
particolari delle diverse categorie di vittime
6 Art.
10 comma 1 LAV
Diritto
di esaminare gli Atti
I
consultori possono esaminare gli atti delle autorità di
perseguimento penale e dei tribunali riguardanti
procedimenti ai quali la vittima o i suoi congiunti
partecipano, per quanto essi vi acconsentano
7 Art.
14 comma 1 LAV
Entità
delle prestazioni
Le
prestazioni comprendono l' assistenza medica,
psicologica, sociale, materiale e giuridica adeguata di
cui la
vittima
o i suoi congiunti hanno bisogno in Svizzera a séguito
del reato. Se necessario, i Consultori procurano un
alloggio d' emergenza alla vittima o ai suoi congiunti
8 Art.
20 comma 3 LAV
L'
importo dell' indennizzo è di 120.000 Franchi al
massimo; non è versato un indennizzo se risultasse
inferiore a
500
Franchi
9 Art.
23 comma 2 LAV
La
riparazione morale ammonta al massimo a:
a.
70.000 Franchi per la vittima
b
35.000 Franchi per i congiunti
famiglia. Anzi, la summenzionata religiosa giungeva ad
esaltare certune insostituibili capacità
gestionali che il maschio non può mettere in pratica
all' interno della famiglia e del luogo di lavoro.
Senz'
altro, specialmente dopo il Concilio Ecumenico Vaticano
II, non sono mancate Autrici
culturalmente intossicate dalla Teologia della
Liberazione ispanica e latino-americana.
Probabilmente, il 1996 ha costituito un punto di svolta
assai chiarificante. Ovverosia, il cardinal
Joseph
Ratzinger, pur negando, nella Chiesa Cattolica, il
Sacerdozio femminile, ciononostante egli
riconosceva l' eguaglianza tra i due sessi, incoraggiava
le Catechesi femminili ed ammetteva la
Donna a
svolgere compiti dirigenziali mai prima concessi. In
buona sostanza, la fine degli Anni
Novanta
del Novecento ha sancito un Femminismo cattolico sociale
ancorché non sacramentale
In
Francia ( SOUPA & PEDOTTI 2010 ) , il Tribunale
ecclesiastico di Parigi dovette,
in
epoca recente, distinguere, nella Liturgia, tra Lettore
/ Lettrice e Celebrante. Anche nel Québec
francofono ( DUMONT 2007 ) esistono forme di femminismo
cattolico invidiabili se paragonate al
ridicolo di certune sette protestanti americane. In
Belgio, nel Novecento, fu creata l' << Alleanza
Internazionale Giovanna d' Arco >>
Tuttavia, il femminismo cattolico ha il merito di
fondarsi su Dottrine serie, equilibrate e
credibili. Si pensi p.e. allo Studio accademico di
SCHÜSSLER ( 1983 ). Oppure, in Svizzera,
esistono serie dissertazioni universitarie afferenti
all' ineludibile intreccio tra Mariologia e dignità
della
Donna ( PARMENTIER 1998 ). Esistono luoghi, servizi e
posizioni in cui il paradigma
mariano
si traduce nella protezione e nella sana esaltazione
delle peculiarità femminili
Purtroppo, la Svizzera germanofona, negli Anni Sessanta
del Novecento, ha ospitato
Associazioni e Movimenti femministi astutamente pilotati
da varie correnti di pensiero politiche.
Anche
certuni Gruppi, in Canton Ticino, non hanno saputo
separare rivendicazioni salariali ed
istanze
politiche da una equilibrata analisi scientifica
Nonostante l' opposizione conservatrice, nel 1985 si
raggiunse un traguardo
fondamentale per tutto il Diritto federale. Infatti, il
Referendum del 22/09/1985, con il 54,7 di voti
favorevoli, rivoluzionò il Diritto di famiglia elvetico,
consacrando la parità autentica tra coniugi,
statuendo la potestà genitoriale congiunta ed espellendo
ogni diseguaglianza, cantonale e non, tra
vedovo
e vedova nel Diritto Successorio
E'
interessante notare anche che, nel 1994, la Corte
Europea dei Diritti dell' Uomo ha
respinto la proposta elvetica sulla preminenza
facoltativa del cognome materno. Il dibattito è tutt'
oggi
aperto. Chi redige non considera quest' ultimo
accadimento alla stregua di un divertente e
marginale dettaglio. Del resto, è sufficiente osservare
l' Istituto del Matronimico ebraico per
comprendere che il ruolo pedagogico di una Madre, da più
di 5700 anni, rimane insostituibile e,
anzi
preponderante nelle Civiltà Occidentali e Nord -
Americane
.
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