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LA PEREQUAZIONE URBANISTICA COME ALTERNATIVA ALL'ESPROPRIO” - Giuseppe SPANÒ-Persona e danno.it

 

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La perequazione si propone come alternativa generalizzata all'espropriazione per pubblica utilità, anche se in concreto siamo ancora ben lontani da poter ritenere pienamente soddisfacenti gli attuali modelli perequativi.
La perequazione urbanistica applica alla pianificazione territoriale concetti di giustizia distributiva, in quanto ha la finalità di limitare le sperequazioni che si creano tra proprietà diverse nel momento pianificatorio di attribuzione ai suoli delle destinazioni urbanistiche. 
Per superare tali sperequazioni, originate dalle scelte discrezionali della P.A., si è reso indispensabile sviluppare strumenti destinati a riequilibrare la situazione di diseguaglianza determinatasi per i privati interessati dall'intervento di trasformazione del territorio, ridistribuendo i vantaggi edificatori anche su chi si trova direttamente gravato da una destinazione o vincolo pubblico.

La perequazione consiste, in concreto, nell'attribuire un valore edificatorio uniforme a tutte le proprietà che possono concorrere alla trasformazione urbanistica di uno o più ambiti del territorio, prescindendo dall’effettiva localizzazione della capacità edificatoria sulle singole proprietà e dalla imposizione di vincoli d’inedificabilità ai fini di dotazione di spazi da riservare alle opere collettive. Ne consegue che i proprietari partecipano in uguale misura alla distribuzione dei valori e degli oneri derivanti dalla pianificazione ai fini della trasformazione, mentre le amministrazioni pubbliche possono disporre, senza ricorrere alle procedure espropriative e quindi senza sobbarcarsi i relativi oneri patrimoniali, di un cospicuo patrimonio fondiario pubblico. Ai proprietari deve dunque essere riconosciuto il livello di valorizzazione fondiaria necessario per incentivarne la partecipazione, consensuale, all'attuazione del piano, mentre la collettività deve poter beneficiare di maggiori opere e servizi pubblici grazie ai risparmi conseguiti con l'acquisizione gratuita dei suoli per le opere e i servizi pubblici.
Le nuove esigenze hanno portato ad una innovativa disciplina urbanistica, non essendo in grado la preesistente pianificazione di supportare l'attuale sviluppo delle città.
La perequazione ha avuto una serie di applicazioni concrete differenti. Fra le più importanti possiamo ricordare: 1) perequazione generale, applicata all’intero territorio comunale, da utilizzare soprattutto quando si deve costruire un nucleo urbano ex novo; 2) perequazione mista, che differenzia le espansioni (dove viene applicata una perequazione generale) dai tessuti consolidati (dove viene applicata una perequazione settoriale); 3) perequazione parziale, limitata ad alcune parti del territorio, soprattutto parti da riqualificare o di nuova espansione; 4) perequazione atipica, applicata all’intero territorio comunale ma declinata per comparti, con indici diversi rispetto alle zone.
La perequazione urbanistica si sviluppa dunque come un metodo che deve adeguarsi alle specifiche esigenze del territorio. Da qui la nascita di diversi modelli di perequazione da rendere quasi impossibile una definizione unitaria.
Volendo tentare una schematizzazione possiamo dire che la perequazione si realizza attraverso:
1) individuazione di comparti urbani omogenei, anche come aggregazione di più subcomparti, composti da una serie di terreni oggetto di trasformazione urbana (riqualificazione o espansione);
2) classificazione delle aree interessate dalla trasformazione urbanistica in categorie caratterizzate da analoghe condizioni di fatto e di diritto, secondo criteri chiari, oggettivi e trasparenti;
3) realizzazione di un disegno del piano indipendente dall’assetto proprietario che prevede la concentrazione dei diritti edificatori in una parte limitata di suoli costituenti il comparto;
4) quantificazione di indici edificatori unitari per l’intero comparto, calibrati sul valore di esproprio;
5) attribuzione di diritti edificatori di pari entità a tutti i proprietari che si trovino in analoghe condizioni di fatto e di diritto, indipendentemente dalla destinazione urbanistica pubblica o privata stabilita dal disegno del piano; 
6) cessione gratuita al Comune dei terreni non interessati dall’edificazione privata e realizzazione privata delle opere di urbanizzazione o pagamento dei relativi oneri;
7) utilizzazione delle aree in eccedenza agli standard urbanistici per perseguire politiche urbanistiche mirate al soddisfacimento di carenze pregresse di attrezzature ed infrastrutture generali o di alloggi pubblici o convenzionati.
Alcune varianti della perequazione comportano inoltre l’assegnazione al Comune di una potenzialità edificatoria aggiuntiva rispetto all’indice generale attribuito ai privati.
La perequazione nasce dunque con l'ambizione di superare l'istituto espropriativo, istituto quest'ultimo, a tutti gli effetti, antitetico rispetto alla perequazione. 
La localizzazione, nell'ambito di un piano realizzato secondo il principio perequativo, non ha infatti valenza di vincolo espropriativo, ma ha solo la funzione di predeterminare gli obiettivi collettivi a cui è subordinato il perseguimento dei vantaggi che i privati possono ottenere con le trasformazioni edilizie, e dunque si configura come un incentivo all'adesione spontanea dei proprietari agli obiettivi collettivi. Non a caso in dottrina si parla di superamento dell'urbanistica vincolistica tramite l'urbanistica perequativa.
L’elemento innovativo è così rappresentato dalla possibilità di corrispondere all’espropriato l’indennizzo tramite lo schema proprio della datio in solutum, attribuendogli beni o diritti che nascono all’interno di piani perequativi.
In concreto, il proprietario non subisce la perdita di valore del proprio bene quale conseguenza della realizzazione di opere pubbliche, bensì accetta il suo controvalore in termini di altri beni o diritti, partecipando attivamente all’operazione perequativa, a fronte della rinuncia alla proprietà del bene di interesse pubblico. La proprietà diviene così valore di scambio e prescinde dall’ubicazione e dalle scelte urbanistiche della pubblica amministrazione. 
La ricerca di strumenti flessibili e certi nella tempistica, qualità indispensabili per reperire consenso e risorse private, ha portato il legislatore regionale ad introdurre nuovi strumenti: la pianificazione strutturale ed operativa, la perequazione, la compensazione e i crediti edilizi: tutti meccanismi che hanno permesso alla P.A. un maggior margine di contrattazione e di collaborazione con il privato.
Nelle leggi di molte regioni, il vecchio Prg è stato suddiviso in due momenti pianificatori: il Psc -Piano strutturale comunale- di durata illimitata e il Poc -Piano operativo comunale- (definito anche il piano del Sindaco) con scadenza solitamente quinquennale e con obiettivi rapportabili alla sua durata e alle risorse finanziarie del Comune.
Il piano strutturale definisce dunque lo schema dello sviluppo urbano, individua le infrastrutture e le attrezzature di maggiore rilevanza, procede alla classificazione del territorio e alla delimitazione degli ambiti di cui vengono fissate le caratteristiche urbanistiche e funzionali. Il Psc non può imporre vincoli conformativi alla proprietà, che sono invece riservati al Poc. Infatti i piani operativi delimitano i nuovi insediamenti, stabiliscono le destinazioni d’uso e gli indici edilizi, definiscono le dotazioni territoriali e la localizzazione delle opere e dei servizi pubblici. Il Poc permette, con la durata quinquennale delle sue prescrizioni, di eliminare la rendita di attesa che il Prg tradizionale conferiva ai proprietari dei suoli, permettendo un notevole sviluppo alla negoziazione urbanistica.
Infine i regolamenti edilizi disciplinano le modalità di calcolo dei parametri edilizi ed urbanistici, il calcolo degli oneri di urbanizzazione e delle monetizzazioni delle dotazioni territoriali.
Nella nuova pianificazione regionale fondamentali poi risultano essere gli strumenti attuativi che, in qualità di piani urbanistici di dettaglio, assimilano le caratteristiche dei Piani particolareggiati, dei Peep, dei Pip, dei Piani di recupero, dei Programmi Integrati di Intervento nonché dei Piani di Settore nella loro parte attuativa.
La contrattazione dei diritti edificatori (sotto forma anche di premi di cubatura) e le compensazioni con altri beni sono oggi il mezzo alternativo usato per recuperare risorse per il finanziamento delle attrezzature e infrastrutture pubbliche e per veicolare e condurre il consenso. 
La perequazione viene sempre più intesa dal legislatore regionale come lo strumento principale per la pianificazione del territorio, strumento che permette l'acquisizione delle aree per la costruzione della città pubblica intesa come patrimonio di servizi pubblici ed infrastrutture.
Per completezza non possiamo, tuttavia, a questo punto, non evidenziare anche le molteplici criticità dei modelli perequativi. In particolare: 
a) l’indifferenza dei proprietari dei suoli di fronte alle scelte urbanistiche degli enti territoriali sembra essere spesso ancora un miraggio; frequentemente, purtroppo, la pianificazione continua a generare una discriminazione tra i proprietari delle aree di trasformazione, di quelle agricole o di conservazione ambientale;
b) permane il rischio di uno sconfinamento della legislazione regionale nell’ambito della disciplina della proprietà privata, ossia in materia di ordinamento civile, che è riservata dalla Costituzione in via esclusiva alla legislazione statale (art. 117, comma 2 lett. l) Cost.);
c) il sistema perequativo può privilegiare l’accordo con il privato, a scapito dell’insieme di regole che disciplina l’agire dell’amministrazione nell’interesse generale, portando evidenti privilegi solo a quei pochi proprietari in grado di ottenere dall’amministrazione il necessario consenso alle trasformazione dei suoli;
d) l’invocazione della giustizia distributiva può di fatto diventare il pretesto di forti interessi economici, tanto individuali quanto di gruppo, per approfittare della mancanza di risorse delle amministrazioni locali e determinare uno smisurato consumo di territorio;
e) l'accentuata discrezionalità delle amministrazioni locali nel disciplinare la materia, che porta alcune volte a travolgere i principi dettati dalla stessa normativa regionale, e a moltiplicare i modelli perequativi, che a loro volta possono creare disuguaglianze fra proprietari di diverse realtà territoriali; 
f) i valori virtuali dei crediti edilizi risultano essere normalmente assai lontani dal valore venale dei beni che devono essere acquisiti dalla P.A. e quindi dall'indennità che spetterebbe al privato in caso di esproprio.
In definitiva, pertanto, possiamo affermare che ancora oggi la perequazione è ben lontana dall'essere una concreta e soddisfacente alternativa alle procedure espropriative. Infatti le indennità di esproprio previste dal testo unico sono di regola molto più soddisfacenti rispetto ai calcoli (spesso artefatti) utilizzati per determinare i crediti edilizi. 
Del resto fino a poco tempo fa, quando l'indennità di esproprio per aree edificabili era irrisoria (prima della dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 37 testo unico espropri I e II comma che aveva recepito di fatto l'art. 5 bis legge 359/1992), di applicazione concreta dei modelli perequativi non vi era traccia (se non in pochi casi sperimentali) e anche nei casi in cui era prevista la possibilità di utilizzare il sistema perequativo le amministrazioni preferivano attivare senza esitazione le procedure espropriative. In seguito alla riformulazione dell'art. 37 testo unico espropri, che ora riconosce agli espropriati l'indennizzo delle aree edificabili al valore venale, non è più conveniente per gli enti l'espropriazione, ed allora ci si è attivati per valorizzare il modello perequativo come soluzione ottimale per risolvere tutti i problemi (soprattutto di bilancio). 
È evidente che applicare seriamente la perequazione richiede un diverso approccio mentale al fine di contemperare sul serio i diversi interessi in gioco. Una sincera applicazione dei modelli perequativi porterebbe veramente a risultati positivi per tutti, tenuto anche conto che le procedure giudiziarie attualmente hanno tempi inaccettabili per la determinazione del giusto indennizzo espropriativo e questo porta i proprietari a valutare con attenzione tutte le alternative che potenzialmente possono configurare soluzioni definitive in tempi brevi.

 

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