La perequazione si propone come
alternativa generalizzata all'espropriazione per
pubblica utilità, anche se in concreto siamo ancora ben
lontani da poter ritenere pienamente soddisfacenti gli
attuali modelli perequativi.
La perequazione urbanistica applica alla pianificazione
territoriale concetti di giustizia distributiva, in
quanto ha la finalità di limitare le sperequazioni che
si creano tra proprietà diverse nel momento
pianificatorio di attribuzione ai suoli delle
destinazioni urbanistiche.
Per superare tali sperequazioni, originate dalle scelte
discrezionali della P.A., si è reso indispensabile
sviluppare strumenti destinati a riequilibrare la
situazione di diseguaglianza determinatasi per i privati
interessati dall'intervento di trasformazione del
territorio, ridistribuendo i vantaggi edificatori anche
su chi si trova direttamente gravato da una destinazione
o vincolo pubblico.
La
perequazione consiste, in concreto, nell'attribuire un
valore edificatorio uniforme a tutte le proprietà che
possono concorrere alla trasformazione urbanistica di
uno o più ambiti del territorio, prescindendo
dall’effettiva localizzazione della capacità
edificatoria sulle singole proprietà e dalla imposizione
di vincoli d’inedificabilità ai fini di dotazione di
spazi da riservare alle opere collettive. Ne consegue
che i proprietari partecipano in uguale misura alla
distribuzione dei valori e degli oneri derivanti dalla
pianificazione ai fini della trasformazione, mentre le
amministrazioni pubbliche possono disporre, senza
ricorrere alle procedure espropriative e quindi senza
sobbarcarsi i relativi oneri patrimoniali, di un
cospicuo patrimonio fondiario pubblico. Ai proprietari
deve dunque essere riconosciuto il livello di
valorizzazione fondiaria necessario per incentivarne la
partecipazione, consensuale, all'attuazione del piano,
mentre la collettività deve poter beneficiare di
maggiori opere e servizi pubblici grazie ai risparmi
conseguiti con l'acquisizione gratuita dei suoli per le
opere e i servizi pubblici.
Le nuove esigenze hanno portato ad una innovativa
disciplina urbanistica, non essendo in grado la
preesistente pianificazione di supportare l'attuale
sviluppo delle città.
La perequazione ha avuto una serie di applicazioni
concrete differenti. Fra le più importanti possiamo
ricordare: 1) perequazione generale, applicata
all’intero territorio comunale, da utilizzare
soprattutto quando si deve costruire un nucleo urbano ex
novo; 2) perequazione mista, che differenzia le
espansioni (dove viene applicata una perequazione
generale) dai tessuti consolidati (dove viene applicata
una perequazione settoriale); 3) perequazione parziale,
limitata ad alcune parti del territorio, soprattutto
parti da riqualificare o di nuova espansione; 4)
perequazione atipica, applicata all’intero territorio
comunale ma declinata per comparti, con indici diversi
rispetto alle zone.
La perequazione urbanistica si sviluppa dunque come un
metodo che deve adeguarsi alle specifiche esigenze del
territorio. Da qui la nascita di diversi modelli di
perequazione da rendere quasi impossibile una
definizione unitaria.
Volendo tentare una schematizzazione possiamo dire che
la perequazione si realizza attraverso:
1) individuazione di comparti urbani omogenei, anche
come aggregazione di più subcomparti, composti da una
serie di terreni oggetto di trasformazione urbana
(riqualificazione o espansione);
2) classificazione delle aree interessate dalla
trasformazione urbanistica in categorie caratterizzate
da analoghe condizioni di fatto e di diritto, secondo
criteri chiari, oggettivi e trasparenti;
3) realizzazione di un disegno del piano indipendente
dall’assetto proprietario che prevede la concentrazione
dei diritti edificatori in una parte limitata di suoli
costituenti il comparto;
4) quantificazione di indici edificatori unitari per
l’intero comparto, calibrati sul valore di esproprio;
5) attribuzione di diritti edificatori di pari entità a
tutti i proprietari che si trovino in analoghe
condizioni di fatto e di diritto, indipendentemente
dalla destinazione urbanistica pubblica o privata
stabilita dal disegno del piano;
6) cessione gratuita al Comune dei terreni non
interessati dall’edificazione privata e realizzazione
privata delle opere di urbanizzazione o pagamento dei
relativi oneri;
7) utilizzazione delle aree in eccedenza agli standard
urbanistici per perseguire politiche urbanistiche mirate
al soddisfacimento di carenze pregresse di attrezzature
ed infrastrutture generali o di alloggi pubblici o
convenzionati.
Alcune varianti della perequazione comportano inoltre
l’assegnazione al Comune di una potenzialità
edificatoria aggiuntiva rispetto all’indice generale
attribuito ai privati.
La perequazione nasce dunque con l'ambizione di superare
l'istituto espropriativo, istituto quest'ultimo, a tutti
gli effetti, antitetico rispetto alla perequazione.
La localizzazione, nell'ambito di un piano realizzato
secondo il principio perequativo, non ha infatti valenza
di vincolo espropriativo, ma ha solo la funzione di
predeterminare gli obiettivi collettivi a cui è
subordinato il perseguimento dei vantaggi che i privati
possono ottenere con le trasformazioni edilizie, e
dunque si configura come un incentivo all'adesione
spontanea dei proprietari agli obiettivi collettivi. Non
a caso in dottrina si parla di superamento
dell'urbanistica vincolistica tramite l'urbanistica
perequativa.
L’elemento innovativo è così rappresentato dalla
possibilità di corrispondere all’espropriato
l’indennizzo tramite lo schema proprio della datio in
solutum, attribuendogli beni o diritti che nascono
all’interno di piani perequativi.
In concreto, il proprietario non subisce la perdita di
valore del proprio bene quale conseguenza della
realizzazione di opere pubbliche, bensì accetta il suo
controvalore in termini di altri beni o diritti,
partecipando attivamente all’operazione perequativa, a
fronte della rinuncia alla proprietà del bene di
interesse pubblico. La proprietà diviene così valore di
scambio e prescinde dall’ubicazione e dalle scelte
urbanistiche della pubblica amministrazione.
La ricerca di strumenti flessibili e certi nella
tempistica, qualità indispensabili per reperire consenso
e risorse private, ha portato il legislatore regionale
ad introdurre nuovi strumenti: la pianificazione
strutturale ed operativa, la perequazione, la
compensazione e i crediti edilizi: tutti meccanismi che
hanno permesso alla P.A. un maggior margine di
contrattazione e di collaborazione con il privato.
Nelle leggi di molte regioni, il vecchio Prg è stato
suddiviso in due momenti pianificatori: il Psc -Piano
strutturale comunale- di durata illimitata e il Poc
-Piano operativo comunale- (definito anche il piano del
Sindaco) con scadenza solitamente quinquennale e con
obiettivi rapportabili alla sua durata e alle risorse
finanziarie del Comune.
Il piano strutturale definisce dunque lo schema dello
sviluppo urbano, individua le infrastrutture e le
attrezzature di maggiore rilevanza, procede alla
classificazione del territorio e alla delimitazione
degli ambiti di cui vengono fissate le caratteristiche
urbanistiche e funzionali. Il Psc non può imporre
vincoli conformativi alla proprietà, che sono invece
riservati al Poc. Infatti i piani operativi delimitano i
nuovi insediamenti, stabiliscono le destinazioni d’uso e
gli indici edilizi, definiscono le dotazioni
territoriali e la localizzazione delle opere e dei
servizi pubblici. Il Poc permette, con la durata
quinquennale delle sue prescrizioni, di eliminare la
rendita di attesa che il Prg tradizionale conferiva ai
proprietari dei suoli, permettendo un notevole sviluppo
alla negoziazione urbanistica.
Infine i regolamenti edilizi disciplinano le modalità di
calcolo dei parametri edilizi ed urbanistici, il calcolo
degli oneri di urbanizzazione e delle monetizzazioni
delle dotazioni territoriali.
Nella nuova pianificazione regionale fondamentali poi
risultano essere gli strumenti attuativi che, in qualità
di piani urbanistici di dettaglio, assimilano le
caratteristiche dei Piani particolareggiati, dei Peep,
dei Pip, dei Piani di recupero, dei Programmi Integrati
di Intervento nonché dei Piani di Settore nella loro
parte attuativa.
La contrattazione dei diritti edificatori (sotto forma
anche di premi di cubatura) e le compensazioni con altri
beni sono oggi il mezzo alternativo usato per recuperare
risorse per il finanziamento delle attrezzature e
infrastrutture pubbliche e per veicolare e condurre il
consenso.
La perequazione viene sempre più intesa dal legislatore
regionale come lo strumento principale per la
pianificazione del territorio, strumento che permette
l'acquisizione delle aree per la costruzione della città
pubblica intesa come patrimonio di servizi pubblici ed
infrastrutture.
Per completezza non possiamo, tuttavia, a questo punto,
non evidenziare anche le molteplici criticità dei
modelli perequativi. In particolare:
a) l’indifferenza dei proprietari dei suoli di fronte
alle scelte urbanistiche degli enti territoriali sembra
essere spesso ancora un miraggio; frequentemente,
purtroppo, la pianificazione continua a generare una
discriminazione tra i proprietari delle aree di
trasformazione, di quelle agricole o di conservazione
ambientale;
b) permane il rischio di uno sconfinamento della
legislazione regionale nell’ambito della disciplina
della proprietà privata, ossia in materia di ordinamento
civile, che è riservata dalla Costituzione in via
esclusiva alla legislazione statale (art. 117, comma 2
lett. l) Cost.);
c) il sistema perequativo può privilegiare l’accordo con
il privato, a scapito dell’insieme di regole che
disciplina l’agire dell’amministrazione nell’interesse
generale, portando evidenti privilegi solo a quei pochi
proprietari in grado di ottenere dall’amministrazione il
necessario consenso alle trasformazione dei suoli;
d) l’invocazione della giustizia distributiva può di
fatto diventare il pretesto di forti interessi
economici, tanto individuali quanto di gruppo, per
approfittare della mancanza di risorse delle
amministrazioni locali e determinare uno smisurato
consumo di territorio;
e) l'accentuata discrezionalità delle amministrazioni
locali nel disciplinare la materia, che porta alcune
volte a travolgere i principi dettati dalla stessa
normativa regionale, e a moltiplicare i modelli
perequativi, che a loro volta possono creare
disuguaglianze fra proprietari di diverse realtà
territoriali;
f) i valori virtuali dei crediti edilizi risultano
essere normalmente assai lontani dal valore venale dei
beni che devono essere acquisiti dalla P.A. e quindi
dall'indennità che spetterebbe al privato in caso di
esproprio.
In definitiva, pertanto, possiamo affermare che ancora
oggi la perequazione è ben lontana dall'essere una
concreta e soddisfacente alternativa alle procedure
espropriative. Infatti le indennità di esproprio
previste dal testo unico sono di regola molto più
soddisfacenti rispetto ai calcoli (spesso artefatti)
utilizzati per determinare i crediti edilizi.
Del resto fino a poco tempo fa, quando l'indennità di
esproprio per aree edificabili era irrisoria (prima
della dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 37
testo unico espropri I e II comma che aveva recepito di
fatto l'art. 5 bis legge 359/1992), di applicazione
concreta dei modelli perequativi non vi era traccia (se
non in pochi casi sperimentali) e anche nei casi in cui
era prevista la possibilità di utilizzare il sistema
perequativo le amministrazioni preferivano attivare
senza esitazione le procedure espropriative. In seguito
alla riformulazione dell'art. 37 testo unico espropri,
che ora riconosce agli espropriati l'indennizzo delle
aree edificabili al valore venale, non è più conveniente
per gli enti l'espropriazione, ed allora ci si è
attivati per valorizzare il modello perequativo come
soluzione ottimale per risolvere tutti i problemi
(soprattutto di bilancio).
È evidente che applicare seriamente la perequazione
richiede un diverso approccio mentale al fine di
contemperare sul serio i diversi interessi in gioco. Una
sincera applicazione dei modelli perequativi porterebbe
veramente a risultati positivi per tutti, tenuto anche
conto che le procedure giudiziarie attualmente hanno
tempi inaccettabili per la determinazione del giusto
indennizzo espropriativo e questo porta i proprietari a
valutare con attenzione tutte le alternative che
potenzialmente possono configurare soluzioni definitive
in tempi brevi. |