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1. E’ notizia di questi
giorni,riportata dalle principali testate di
informazione, che la Procura della Repubblica presso il
Tribunale di Brindisi ha disposto il sequestro
preventivo di diversi impianti fotovoltaici della
potenza di un megawatt ciascuno, autorizzati mediante il
procedimento semplificato di dichiarazione di inizio
attività (DIA) di cui all’articolo 3, comma 1, della
L.R. 31 del 2008 della Regione Puglia.
Questo episodio di cronaca
giudiziaria offre l’occasione per svolgere un’indagine
sugli effetti, sul terreno penalistico, della sentenza
della Corte Costituzionale n. 119 del 22 marzo 2010, in
ordine alle procedure autorizzatorie per la costruzione
degli impianti nella Regione Puglia sotto il vigore
della L.R. 31/2008, individuando - se possibile -
criteri che possano orientare i titolari di impianti
assentiti in base alla disciplina all’epoca vigente.
2. L’articolo 3, comma 1 della L.R.
31/2008 consentiva la realizzazione di impianti
fotovoltaici a terra, in zona agricola, di potenza sino
ad un megawatt “a condizione che l'area asservita
all'intervento sia estesa almeno due volte la superficie
radiante. La superficie non occupata dall'impianto deve
essere destinata esclusivamente a uso agricolo”.
Lo stesso articolo 3, inoltre, allo
scopo di impedire l’elusione del procedimento di
autorizzazione Unica necessario per impianti di potenza
superiore ad un megawatt, disponeva che gli impianti
collocati a terra in un'area agricola costituita da
terreni appartenenti a unico proprietario, ovvero
costituita da più lotti derivanti dal frazionamento di
un'area di maggiore estensione, effettuato nel biennio
precedente alla domanda, ai fini del calcolo della
potenza elettrica massima per ricorrere alla procedura
di DIA, sono considerati come un unico impianto.
La predetta norma individuava
pertanto, sia dei requisiti minimi (area asservita
all’impianto pari almeno al doppio della superficie
radiante e destinazione agricola della superficie non
occupata), sia determinati presupposti di fatto, al
ricorrere dei quali, non era ammessa la costruzione
mediante il procedimento semplificato della DIA di più
impianti di potenza sino ad un megawatt su suolo
agricolo (unicità di proprietà dei terreni interessati
dalla costruzione degli impianti ovvero il loro
frazionamento risalente a meno di due anni). In tale
ultima ipotesi, la legge regionale pugliese qualificava
i diversi impianti come un unico impianto di potenza
superiore al “limite-soglia” di un megawatt,
assoggettandolo al procedimento più complesso
dell’Autorizzazione Unica.
Questa, in estrema sintesi, era la
disciplina applicabile in Puglia sotto il vigore della
L.R. 31/2008.
3. La sentenza della Corte
Costituzionale n. 119 del 22 marzo 2010 ha dichiarato,
tra l’altro, l’illegittimità costituzionale della L.R.
31/2008, articolo 3, comma 1 e 2, ritenendo che tali
disposizioni incidano su materia della «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»
rientrante nella competenza legislativa concorrente
delle regioni, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma,
della Costituzione. In subiecta materia, infatti, i
“principi fondamentali” sono dettati dalla legislazione
statale e, attualmente, dal decreto legislativo 29
dicembre 2003, n. 387 (attuazione della direttiva
2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia
elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel
mercato interno dell'elettricità), che all’articolo 12,
comma 5, prescrive che maggiori soglie di capacità di
generazione e caratteristiche dei siti di installazione
assentibili mediante DIA possono essere individuate solo
con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, di
concerto con il Ministro dell’Ambiente e della Tutela
del Territorio e del Mare, d’intesa con la Conferenza
Unificata, senza che la Regione possa provvedervi
autonomamente.
Gli effetti della sentenza della
Corte Costituzionale sono destinati a riverberarsi sui
procedimenti ‘semplificati’ già avviati, con diverso
impatto, a seconda dello stadio delle relative procedure
e della realizzazione dei lavori: si pensi ad impianti
costruiti sulla base di DIA e già entrati in esercizio;
oppure agli impianti in corso di costruzione in base a
DIA rilasciata ex articolo 3 cit.; o, ancora, agli
impianti con lavori non ancora avviati ma autorizzati,
sempre tramite DIA.
Il nodo – almeno apparentemente – è
stato sciolto dall’articolo 1 quater della legge 13
agosto 2010 n. 129, volto a disciplinare gli effetti
della sentenza della Corte, con riguardo ai procedimenti
semplificati avviati ai sensi delle leggi regionali che
fissavano (in Puglia come in altre Regioni) limiti di
potenza superiori a quelli stabiliti dal D.Lgs. n.
387/2003. L’articolo 1 quater stabilisce, infatti, che
‘sono fatti salvi gli effetti relativi alle procedure di
denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23
del testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, per la realizzazione
di impianti di produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili che risultino avviate in conformità a
disposizioni regionali, recanti soglie superiori a
quelle di cui alla tabella A del decreto legislativo 29
dicembre 2003, n. 387, a condizione che gli impianti
siano entrati in esercizio entro centocinquanta giorni
dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto’; termine fissato al 16
gennaio 2011.
In data 15 dicembre, inoltre, è
stata emanata dal Ministero dell’Economia una circolare
interpretativa dell’articolo 1 quater, che distingue
quattro ipotesi:
DIA già definitive alla data di
pubblicazione delle suddette sentenze: non cadono
nell'ambito di applicazione dell'articolo 1-quater ed i
loro effetti sono comunque salvi, a prescindere dal
rispetto della condizione che gli impianti siano entrati
in esercizio entro il 16 gennaio 2010;
DIA che, alla data di
pubblicazione delle suddette sentenze, non si erano
ancora perfezionate, oppure non ancora ‘definitive’:
rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo
1-quater e, se l'impianto è entrato in esercizio entro
il 16 gennaio 2011, sono salvi gli effetti;
DIA in relazione alle quali
sono state proposte impugnative prima della data di
pubblicazione delle suddette sentenze: rientrano
nell'ambito di applicazione dell'articolo 1-quater e -
se l'impianto è entrato in esercizio entro il 16 gennaio
2011 e non sussistevano altre condizioni impeditive alla
loro ultimazione ed entrata in esercizio -i loro effetti
sono stati fatti salvi;
DIA presentate dopo la data di
pubblicazione delle suddette sentenze: in tale ipotesi
non si applica l'articolo 1-quater, poiché tale
disposizione riguarda le DIA "che risultino avviate in
conformità a disposizioni regionali". Poiché le DIA
avviate successivamente alla sentenza della Corte, in
relazione ad impianti di potenza superiore alle soglie
fissate nel D.Lgs. 387/2003, non potrebbero essere
disciplinate da leggi regionali ormai prive di effetti,
in quanto dichiarate incostituzionali, non trova
applicazione il citato articolo 1-quater.
Ebbene, la dichiarazione
d’incostituzionalità dell’art. 3 comma 1 della legge
regionale, che fissava un limite-soglia superiore,
produce un ampliamento del campo di applicazione della
fattispecie penale, rendendo punibili ai sensi
dell’articolo 44 DPR n. 381/2001 anche la realizzazione
di impianti che prima sarebbero stati asseverabili con
DIA (alla stregua della legge regionale) in luogo della
autorizzazione unica prescritta dalla legge statale. La
norma regionale abrogata, in altri termini, riconosce un
vero e proprio diritto alla costruzione di impianti
fotovoltaici, con le caratteristiche ivi indicate
attraverso il procedimento semplificato di cui agli
articoli 22 e 23 del DPR n. 381/2001; non a caso,
l’articolo 3 cit. qualificava gli interventi di
realizzazione di detti impianti come non riconducibili
all'elenco di cui all'articolo 10 del DPR citato e cioè
alla tipologia di costruzioni per le quali è richiesto
il permesso di costruire. Così facendo, la disposizione
in parola, esplicitamente, sottraeva le ipotesi predette
dalla sfera di applicazione della norma penale di cui
all’articolo 44 cit., concorrendo ad integrare l’area
normativa di quest’ultima norma penale in bianco. La
pronuncia di illegittimità, quindi, ha inciso su una
norma extrapenale di favore di fonte regionale,
integratrice del precetto penale, che aveva l’effetto di
ridurre l’area del penalmente rilevante[2]; la
disciplina di cui all’articolo 12 D.Lgs. n. 387 in
relazione all’articolo 44 non potrà trovare applicazione
a fatti pregressi, commessi sotto il vigore della norma
permissiva di cui all’articolo 3, comma 1 della legge
regionale, proprio in virtù del divieto di retroattività
di cui all’articolo 2 comma 1 c.p.[3]. Maggiori
perplessità sorgono in merito alla possibilità di
applicare, dopo la sentenza della Corte, ultrattivamente
l’articolo 3, comma 1, lettera b), della legge regionale
che, a ben vedere, introduce un criterio che amplia la
definizione di impianto, ai fini della determinazione
del limite-soglia; criterio non presente nella
legislazione statale in vigore al momento del fatto[4].
E allora sono due le possibili opzioni interpretative:
secondo la prima, la lettera b) stabilirebbe dei limiti
‘interni’ all’esercizio del diritto alla costruzione di
impianti tramite DIA in zona agricola, con la
conseguenza della inscindibilità della disciplina
regionale che dovrebbe continuare ad applicarsi in toto
alle DIA pregresse; in questo caso la sentenza della
corte escluderebbe la punibilità solo ove fosse stato
rispettato il criterio di cui alla lett. b) dell’art. 3.
Secondo altra soluzione interpretativa - che sembra
preferibile in quanto propone un’applicazione della
norma regionale in conformità alla legge statale[5] - la
norma di fonte regionale di cui alla lett. b)
dell’articolo 3 cit., nel definire la nozione di ‘unico
impianto’ ai fini del calcolo della potenza elettrica
massima per ricorrere alla procedura di DIA, avrebbe
determinato, in via mediata, un ampliamento della sfera
di rilevanza penale attraverso una modifica della
disciplina per il ricorso alla DIA; ciò comporterebbe,
come conseguenza, l’impossibilità di applicare la lett.
b) dell’art. 3 cit. ultrattivamente (dopo la sentenza),
e la non punibilità, ai sensi dell’art. 44, della
costruzione di una pluralità impianti tramite DIA, che
avessero superato cumulativamente la soglia di1 MWe, in
applicazione dell’anzidetto criterio di fonte regionale.
Alla luce di quanto precede - e se
si segue la prima soluzione ‘restrittiva’ – possiamo
riassumere i presupposti positivi per la legittimità
della costruzione di una pluralità di impianti assentiti
tramite DIA, tracciando alcune prime conclusioni:
(i) Assenza di vincoli (quali di
tipo ambientale, paesaggistico, sismico, idrogeologico
etc) sull'area interessata dalla costruzione
dell’impianto ovvero ottenimento preventivo dei
provvedimenti autorizzatori necessari.
(ii) Conformità del progetto alle
norme urbanistiche.
(iii) Disponibilità di suolo
agricolo asservito all’impianto, pari almeno al doppio
della superficie radiante.
(iv) Destinazione agricola della
superficie non occupata dall’impianto.
(v) Diversità dei danti causa
titolari di particelle contigue interessate dalla
costruzione degli impianti non derivanti dal
frazionamento di un unico lotto intervenuto negli ultimi
due anni.
(vi) Le pratiche ENEL avviate e
condotte sono differenti per ciascun impianto e le
cabine di consegna sono diverse.
Si può affermare che il ricorrere
dei requisiti oggettivi per l’assoggettabilità a DIA
della realizzazione di impianti fotovoltaici a terra su
suolo agricolo della potenza sino ad un megawatt ai
sensi dell’articolo 3 L.R. 31/2008, dichiarata
incostituzionale dovrebbe escludersi l’applicazione
della norma penale di cui all’articolo 44 cit. purché si
tratti di interventi, sul piano temporale, riconducibili
alle categorie indicate dall’articolo 1 quater.
Occorre porsi, però, un ulteriore
problema più generale: se la realizzazione di impianti
fotovoltaici in difetto di autorizzazione unica
regionale di cui all’articolo 12 DPR 387/2003 sia
riconducibile alla fattispecie di cui all’articolo 44,
alla luce della considerazione che, quest’ultima
disposizione assume solo il difetto del ‘permesso di
costruire’ quale elemento costitutivo del ‘tipo penale’.
Sicché il mutamento della disciplina per l’abilitazione
dell’intervento edilizio, in applicazione del principio
di tassatività delle norme penali (articolo 25 comma 2
Cost.) – che impone di interpretarle in maniera
‘stretta’ – renderebbe, a nostro avviso, non applicabile
la norma penale di cui all’articolo 44 cit.[6]
Infine, un’ultima valutazione da
compiere in concreto riguarda il fenomeno del project
financing di natura privata, che presuppone la
costituzione di società veicolo destinate a ricevere il
finanziamento bancario necessario per la realizzazione
dell’impianto di proprietà di ciascuna. Ogni società
veicolo è un soggetto autonomo di diritto che
normalmente (se non conduce in proprio la fase
autorizzatoria) acquista le autorizzazioni dai privati
che le hanno precedentemente ottenute.
L’orientamento delle recenti linee
guida nazionali e regionali è quello di cumulare la
potenza di più impianti che presentino connotati di
unitarietà, onde procedere alla valutazione istruttoria
delle iniziative, che può richiedere anche mesi.
[7]Ebbene, onde determinare la legittima procedura
autorizzatoria in considerazione di talune circostanze
di fatto (ad esempio, impianti di produzione
appartenenti allo stesso soggetto, ovvero facenti capo a
soggetti nei quali l’uno controlla un altro, ovvero in
cui le compagini societarie siano “per parti
significative composte da medesimi soggetti”…), occorre
a nostro avviso fare un distinguo rispetto a quelle
situazioni in cui gli impianti sono detenuti da società
veicolo - pur riferibili a un’unica holding di
partecipazioni – a causa di un acquisto avvenuto
successivamente alla presentazione e perfezionamento
della DIA. Ciò in quanto, il momento rilevante ai fini
della valutazione della legittimità dell’iniziativa
imprenditoriale dovrebbe essere quello iniziale (di
presentazione e perfezionamento delle DIA). Ricorrendo i
presupposti per la legittima formazione del titolo
abilitativo alla costruzione (ed esercizio)
dell’impianto fotovoltaico, il successivo acquisto da
parte di società di scopo riconducibili a un unico
centro di interessi non integra illecito.
[1] I pareri espressi dal co-autore
sono a titolo personale e non riflettono necessariamente
la posizione dello Studio Legale Norton Rose.
[2] Sull’idoneità della norma
regionale ad incidere sul precetto penale di rango
primario, attraverso l’eterointegrazione di elementi
normativi della fattispecie cfr. Ruga Riva, Regioni e
diritto penale, Milano, 2010, passim
[3] In tale ipotesi la Corte
Costituzionale, peraltro, non ha sottoposto la norma
dichiarata illegittima, ad un controllo di
ragionevolezza.
[4] Articolo 3 comma 2: ‘gli
impianti collocati a terra in un'area agricola
costituita da terreni appartenenti a unico proprietario,
ovvero costituita da più lotti derivanti dal
frazionamento di un'area di maggiore estensione,
effettuato nel biennio precedente alla domanda, ai fini
del calcolo della potenza elettrica massima per
ricorrere alla procedura di DIA, sono considerati come
un unico impianto’
[5] Cfr. sul punto Cass. 15.03
2002, Catalano, in CP 2003, 2411.
[6] Per completezza di
informazione, va detto, tuttavia, che la giurisprudenza
della Suprema Corte di Cassazione è stata di contrario
avviso, ritenendo, che ‘il mutamento della disciplina
per l’abilitazione all’intervento edilizio non incide
sulla disciplina sanzionatoria penale che non è
correlata alla tipologia del titolo abilitativo ma alla
consistenza concreta dell’intervento’ (Cass. Pen. sez.
III, 12.02.2009, n. 15921).
[7] Si vedano, segnatamente, quelle
della Regione Puglia approvate con DGR del 30 dicembre
2010, n. 3029 |