piano nazionale riformePuntiamo
all’ultimo posto fra i 27 paesi europei nel 2020. Questa
è la considerazione possibile alla luce dei contenuti e
degli obiettivi del Piano Nazionale di Riforma del
Governo, e della comparazione con i Piani degli altri 26
partner europei. Se gli obiettivi che il Ministro
Tremonti ci propone saranno raggiunti, L’Italia occuperà
l’ultimo posto in quasi tutti gli ambiti della strategia
Europa 2020. E’ facile immaginarne l’effetto sul nostro
potenziale di crescita.
Da pochi giorni il Ministro
dell’Economia e delle Finanze Giulio Tremonti ha
presentato e fatto approvare in Consiglio dei Ministri
il “Programma Nazionale di Riforma”, sezione terza del
Documento di Economia e Finanza 2011 (PNR 2011)1. Questo
importante documento ha suscitato relativamente pochi
commenti; certamente pochi consensi. Alla maggior parte
degli osservatori è parso povero di concreti contenuti,
di idee praticabili nel breve termine per stimolare una
maggiore crescita nell’economia italiana. Forse ha
inciso anche quello che può apparire un difetto di
credibilità del Ministro, impegnato in una intensa
attività di comunicazione sui grandi obiettivi del
paese, dell’Europa e del mondo, ma forse a volte
dimentico della sua stessa azione recente. Un Ministro
che ad esempio proclama la centralità delle energie
rinnovabili salvo averne bloccato lo sviluppo grazie
alla forte incertezza sul sistema degli incentivi (e
sulla recente opzione nucleare, poi frettolosamente
smentita) o la necessità di un’azione incisiva per lo
sviluppo del Sud, dopo avere smantellato le politiche di
sviluppo regionale e disperso in mille rivoli le risorse
disponibili.
Nel documento ci sono spunti che
meriterebbero però una maggiore attenzione. All’interno
del PNR 2011 si ritrovano gli obiettivi che l’Italia si
è data nell’ambito della strategia Europa 2020 (per la
verità bisogna cercarli all’interno del documento, alle
pagine 18, 53, 61, 63, 69 e 70). Come noto, nell’ambito
di “Europa 2020” sono stati definiti grandi ambiti di
azione, con obiettivi quantitativi da raggiungere a
livello comunitario. Essi riguardano il tasso di
occupazione (75%), il rapporto spese di R&S/PIL (3%), la
riduzione degli abbandoni scolastici (al 10%), la quota
di giovani 30-34 con educazione “terziaria” (40%), la
riduzione del numero di poveri di 2 milioni, e i tre
obiettivi energetici 20-20-20 (riduzione delle
emissioni, aumento dell’efficienza energetica, quota
delle rinnovabili). Gli stati membri devono contribuire
a questa strategia; con i propri “Programmi Nazionali di
Riforma”, si sono dati propri obiettivi nazionali da
raggiungere.
Nel gennaio del 2011 la Commissione
Europea ha pubblicato il nuovo documento denominato
”Annual Growth Survey”2; il suo allegato 1 risulta di
particolare interesse: consente per la prima volta una
comparazione fra gli obiettivi 2020 dei singoli stati
membri, fra loro e con quelli comunitari. Con
un’avvertenza: l’analisi è svolta sugli obiettivi
presentati nei Piani di Riforma 2010; per l’Italia –
quel che più conta in questa sede - con il PNR 2011 sono
rimasti gli stessi; non si può escludere che sia mutato
qualche dato per gli altri stati membri. E’ una
comparazione interessante: mostra il futuro desiderabile
e possibile che i paesi europei si prefiggono di
raggiungere fra un po’ meno di 10 anni.
La comparazione è istruttiva. Se
gli obiettivi che il Ministro Tremonti si è dato per i
prossimi anni saranno raggiunti (cosa non garantita),
cioè se si delineerà il futuro migliore che ci propone,
l’Italia sarà l’ultima su 27 in molti ambiti di azione
di Europa 2020, decisivi per il rilancio della crescita
e per il miglioramento del benessere dei cittadini.
Naturalmente è possibile sostenere che gli obiettivi di
altri paesi siano irrealistici e non saranno raggiunti;
questo è però tutto da dimostrare. E certamente essi
indicano che – a differenza dell’Italia – gli altri
partner europei hanno quantomeno l’ambizione di
migliorare fortemente da qui alla fine del decennio.
Ma vediamo in dettaglio la
posizione italiana. Il primo obiettivo riguarda il tasso
di occupazione; obiettivo comunitario: il 75% degli
europei al lavoro. Il quadro è ovviamente diversificato.
La Svezia conta di superare questo limite, e di arrivare
all’80%; anche altri paesi (Austria, Bulgaria, Cipro,
Danimarca, Estonia, Finlandia) contano di superarlo;
alcuni, come Francia e Germania, di arrivare proprio al
75% nel 2010. L’obiettivo italiano è 67-69%. E’ il più
basso in Europa dopo quello di Malta (62,9%) La Romania
ha il 70%, la Polonia il 71%.
Il secondo obiettivo riguarda la
spesa in ricerca e sviluppo (espressa in percentuale del
PIL); l’Unione punta al 3%. Anche qui abbiamo i “primi
della classe”: Svezia e Finlandia contano di arrivare al
4%. Per quei paesi è più facile raggiungere un obiettivo
così ambizioso, perché partono già oggi da un’ampia
spesa in ricerca; ma certo Svezia e Finlandia continuano
a ritenere questa una grande priorità nazionale.
Francia e Germania, anche in questo caso, puntano a
raggiungere al proprio interno lo stesso obiettivo
comunitario del 3%, insieme a diversi altri, fra cui
Spagna e Portogallo. E l’Italia? Noi puntiamo all’1,53%;
un obiettivo più basso ce l’hanno solo Malta, Cipro e
Slovacchia. La Polonia, per esempio, punta all’1,7%; la
povera Romania al 2%.
La situazione è un po’ migliore nel
campo dell’energia. Qui gli obiettivi sono tre:
riduzione delle emissioni rispetto alla situazione del
2005; quota di produzione delle rinnovabili; efficienza
energetica (e cioè la riduzione dei consumi): i già
citati 20-20-20. E l’Italia? Nel primo casi ci
accontentiamo di ridurre le emissioni del 13%; qui siamo
a metà classifica perché in molti paesi dell’Europa
Orientale sono previste in crescita. Nel secondo caso,
l’obiettivo italiano è di portare le rinnovabili al 17%;
sempre sotto il target comunitario, ma anche in questo
caso meglio di diversi paesi dell’Est. Solo nell’aumento
dell’efficienza energetica, finalmente, abbiamo un
obiettivo più ambizioso di quello europeo: puntiamo al
27,9%, ben oltre il 20% e dietro Francia e Germania.
E veniamo all’istruzione; qui, la
situazione torna a peggiorare di molto. L’Europa vuole
ridurre la percentuale di quanti lasciano prematuramente
la scuola al 10%. I paesi europei più ambiziosi sono
Polonia, Slovenia, Repubblica Ceca, che vogliono
scendere intorno al 5%; i grandi puntano a stare sotto
il 10%. Noi abbiamo l’obiettivo più modesto di tutti
(tranne Malta!): puntiamo al 15-16%. E’ interessante
notare che questo obiettivo è molto inferiore al target
(10%) che l’Italia si è data, per le sole regioni del
Mezzogiorno (in cui la situazione è peggiore), con il
Quadro Strategico Nazionale per i fondi comunitari
2007-133. In questo fondamentale aspetto, quindi, non
solo puntiamo al ventiseiesimo posto in Europa, ma
riduciamo anche moltissimo i nostri obiettivi rispetto a
quanto abbiamo convenuto solo quattro anni fa con
l’Unione Europea. E’ un ottimo esempio dello scarso
impegno politico e strategico che il Governo sta
mettendo nelle politiche di coesione nazionali; un
campanello d’allarme ulteriore sulla nostra credibilità
in Europa.
Lo stesso accade per la percentuale
di laureati. L’Europa mira al 40%. L’Irlanda al 60%; la
Francia al 50%; la Polonia al 45%, la Spagna al 44%, la
Bulgaria al 36%, la Grecia al 32%. L’Italia ha
l’obiettivo più basso di tutti: se tutto va bene avremo
il 26-27% di laureati, e ce la giocheremo con la Romania
(26,7%) per l’ultimo posto. Solo nell’ultimo obiettivo
sbanchiamo tutti: quante persone usciranno da una
condizione di povertà: oltre 2 milioni di italiani su 20
milioni di europei. La comparazione è naturalmente
distorta dalla circostanza che questo indicatore è in
valore assoluto. Ma almeno qui miriamo in alto.
Il documento europeo ci fa
comprendere una triste realtà: il nostro governo si è
dato, come obiettivo per la fine del decennio, quello
di essere il paese peggiore fra i 27 europei; non solo
rispetto alla Germania, ma alla Romania.
1. Ministero dell’Economia e delle
Finanze, Documento di Economia e Finanza 2011, Roma,
aprile
2. European
Commission, Annual growth survey: advancing the EU’s
comprehensive response to the crisis, Brussel, gennaio,
COM (2011) 11 final
3. Ministero dello Sviluppo
Economico, Quadro Strategico Nazionale 2007-13, Roma,
2007 |