Uno dei problemi pratici che si
presenta nelle questioni relative all’adempimento delle
obbligazioni pecuniarie è quello relativo al pagamento
del debito in pendenza di ricorso per decreto
ingiuntivo.
E’ infatti notorio, che in molti
Uffici Giudiziari trascorra del tempo fra la
presentazione del ricorso in sede monitoria e
l’emissione del decreto richiesto.
E’ pacifico che dopo la notifica
del decreto ingiuntivo il debitore non possa liberarsi
dell’obbligazione corrispondendo solo la sorte capitale,
essendo tenuto al pagamento di interessi e spese
liquidati.
Caso differente è quello che si
verifica nell’ipotesi in cui il pagamento del dovuto
intervenga dopo l’emissione del decreto ingiuntivo ma
prima della sua notifica.
In tale ipotesi per essere liberato
da ogni ulteriore obbligazione il debitore dovrebbe
dimostrare la sussistenza di un eventuale accordo fra le
parti relativo all’accettazione del pagamento da parte
del creditore della somma capitale a tacitazione di ogni
e qualsivoglia pretesa dell’odierna opposta, alla luce
del disposto di cui all’art. 1326 c.c.
In mancanza di ciò la questione
dovrà quindi essere decisa in diritto, alla luce della
maggioritaria interpretazione giurisprudenziale sul
punto.
E’ di palmare evidenza che con la
proposizione di una domanda in sede monitoria, il
(preteso) creditore richieda il pagamento di una somma,
con il pagamento della quale perde l’interesse concreto
alla propria azione.
Pertanto, con il pagamento della
somma ingiunta, viene meno in capo a parte creditrice
l’interesse ad agire ed a contraddire in giudizio,
secondo il chiaro disposto di cui all’art. 100 c.p.c.,
condizione per l’azione
Infatti il venir meno
dell’interesse ad agire e a contraddire delle parti
comporta come naturale corollario il dovere del giudice,
anche per economia processuale, alla pronunzia di
cessazione del giudizio per definizione del medesimo1 .
Quindi la spontanea corresponsione
della somma, oggetto del credito, di parte debitrice al
proprio avente diritto, rappresenta una vera e propria
solutio giuridicamente rilevante nel rapporto
sostanziale credito-debito intercorrente tra le parti
processuali, nonché la causa del venir meno
dell’ontologico presupposto materiale dell’ingiunzione,
la cui mancanza non può non assurgere che a valida
ragione di revoca dello stesso.
Sul punto si è espressa la Suprema
Corte2:
Pertanto, secondo la visione che si
ritiene corretta dalla maggioritaria interpretazione
giurisprudenziale, ogni qualvolta il debitore
corrisponda il capitale in favore del creditore, si
dovrà dichiarare la cessazione della materia del
contendere con declaratoria di revoca del decreto
ingiuntivo opposto.
Permane pertanto la questione
relativa alle spese di lite che parte creditrice ha
sopportato.
Infatti parte creditrice col mero
pagamento della sorte capitale non viene ristorata delle
perdite economiche sopportate a seguito
dell’inadempimento, che possono comprendere gli
interessi e le spese sopportate.
Orbene, non si può non evidenziare
che, sempre per la costante lettura ermeneutica della
giurisprudenza di legittimità, il giudizio di
opposizione a decreto ingiuntivo si pone come un
“unicum” rispetto al procedimento monitorio, per cui
anche in sede di liquidazione di spese di giudizio
occorre tenere conto di tutta la fase dal deposito del
ricorso.
E’ infatti consolidato, tanto in
dottrina quanto in giurisprudenza l’orientamento secondo
cui il giudizio di opposizione, previsto e disciplinato
nell’art. 645 C.P.C., dà luogo ad un vero e proprio
procedimento ordinario di cognizione, il quale -
sovrapponendosi allo speciale e sommario procedimento
monitorio – investe il giudice adito del potere-dovere
di accertare non solo la sussistenza delle condizioni di
ammissibilità e validità del procedimento monitorio, ma
altresì la fondatezza della pretesa creditoria fatta
valere col decreto ingiuntivo, nel pieno rispetto del
contraddittorio tra le parti3. Ne deriva che
l’opposizione a decreto ingiuntivo – quale vero e
proprio procedimento di cognizione – non presenta
alcun’autonomia rispetto al giudizio monitorio.
Si rileva per inciso, che se è pur
vero che a norma dell’art. 643 c.p.c. la notificazione
del decreto ingiuntivo determina la pendenza della lite,
tale pendenza deve essere intesa in termini processuali
e non sostanziali, nel senso che la pendenza retroagisce
al momento della presentazione del ricorso in caso di
opposizione, come precisato dalle Sezioni Unite della
Suprema Corte4.
Stante l’unitarietà del giudizio,
la pronunzia sulle spese seguirà la cognizione piena
susseguente alla decisione sull’opposizione.
Le conseguenze in punto spese sono
state chiarite più volte dalla giurisprudenza di
legittimità5
Considerato il processo di
opposizione nella propria interezza il regolamento sulle
spese va determinato tenendo conto del complessivo
svolgimento del procedimento, con conseguente necessità
di un’autonoma pronuncia unitaria in punto spese.
Del resto, ragionando a contrario,
il creditore sarebbe ingiustamente penalizzato, in
quanto, nonostante il pagamento tardivo, successivo alla
messa in mora del proprio debitore, sarebbe gravato
delle spese legali della fase monitoria.
Infatti, una volta in mora, gravano
sul debitore tutte le conseguenze della propria
inadempienza.
Anche il semplice ritardo
nell’adempimento della obbligazione costituisce mora
debendi con la conseguenza per l’obbligato di dover
risarcire il danno ex art. 1223 c.c. e della perpetuatio
obligationis Nelle obbligazioni pecuniarie il creditore
ha diritto di pretendere dal giorno della mora gli
interessi, a prescindere dalla prova del danno
effettivamente sofferto, come precisa l’art. 1224 c.c.
Nel caso in esame, pertanto, non
può non ritenersi che il ritardo del pagamento della
obbligazione da parte della parte debitrice costituisca
una fattispecie di mora debendi.
E’ corretto ritenere, quindi, che
il debitore che abbia corrisposto al proprio creditore,
prima della notifica del decreto ingiuntivo, la somma
capitale omettendo il versamento dei relativi interessi
i quali possono assolvere due fondamentali funzioni: una
primaria, di natura corrispettiva, poiché frutti civili
della somma dovuta, ed una secondaria, ma non per questo
meno rilevante, di tipo risarcitorio nella forma dei
c.d. “interessi moratori
E’ appena il caso di rammentare che
in caso di transazioni commerciali maturano gli
interessi moratori di cui al D.Lgs. 231/2002 in favore
della parte creditrice.
Come rammentato, gli interessi
previsti nell’art.1224 C.C. hanno come presupposto il
ritardo nell’adempimento della prestazione pecuniaria o
la messa in mora del debitore, e finalizzati alla
riparazione del danno patito dal patrimonio del
creditore per il mancato godimento di quanto dovutogli
sulla scorta della obbligazione. Ne consegue che gli
interessi moratori costituiscono l’oggetto di
un’obbligazione conseguenziale a quella principale e non
accessoria.
In tema di imputazione del
pagamento degli interessi, l’art.1194, comma I, C.C.
stabilisce che “il debitore non può imputare il
pagamento al capitale, piuttosto che agli interessi e
alle spese, senza il consenso del creditore.; il
pagamento fatto in conto di capitale e d’interessi deve
essere imputato prima agli interessi”; l’unica deroga è,
quindi, rappresentata dal consenso del creditore ad un
diverso ordine del pagamento6
Ne consegue che il debitore che
abbia corrisposto la sorte capitale dopo il deposito del
ricorso per decreto ingiuntivo, dovrà essere condannato
al pagamento in favore dell’opponente dell’importo
residuo del credito originario in punto interessi e in
punto spese di lite.
La statuizione sulle spese di cui
all’art. 91 c.p.c. non ha carattere punitorio e può
prescindere dalla reale soccombenza nel giudizio.
Pertanto le spese sostenute dal
creditore devono essere ristorate, salva la valutazione
caso per caso che vorrà effettuare il Giudice di
merito7.
Del resto chiara risulta la volontà
del legislatore, che, con la riforma al codice di rito
ex lege 69/2009, ha consentito al giudice di compensare
le spese di giudizio, previa idonea motivazione, solo
per ragioni gravi ed eccezionali. Non può non essere
considerata quale espressa volontà del legislatore nel
limitare la compensazione delle spese di giudizio.
1 ex pluribus. : Cass. civile, sez.
I, 28 luglio 2004, n. 14194; Cass. civile, sez. III, 2
agosto 2004, n. 14775; Cass. civile, sez. III, 1 giugno
2004, n. 10478; Cass., sez. lav., 10 luglio 2001, n.
9332,; Cass., sez. unite, 28 settembre 2000, n. 1048;
Cass. civile sez. lav., 13 marzo 1999, n.; Cass. civile
sez. lav., 7 marzo 1998, n. 2572; Cass. civile sez. II,
15 maggio 1997, n. 4283; Cass. civile sez. III, 28
gennaio 1995, n. 1047; Cass. civile sez. III, 5 luglio
1991 n. 7413; Cass. civile, sez. I, 19 marzo 1990 n.
2267; Cass. civile, sez. I, 28 ottobre 1988 n. 5859
2 Il giudizio di opposizione a
decreto ingiuntivo non è limitato alla verifica delle
condizioni di ammissibilità e validità del decreto, ma
si estende anche all'accertamento dei fatti costitutivi,
modificativi ed estintivi del diritto in contestazione,
con riferimento alla situazione esistente al momento
della sentenza; ne consegue che la cessazione della
materia del contendere verificatasi successivamente alla
notifica del decreto - nella specie per avvenuto
pagamento della somma portata dal medesimo - travolge
anche il medesimo decreto che deve essere revocato,
senza che rilevi, in contrario, l'eventuale posteriorità
dell'accertato fatto estintivo rispetto al momento di
emissione dell'ingiunzione.
Cass. Sez. I 22 maggio 2008 n.
13085; Cfr. Cass. Sez. Un. 7448/93, Cass. 4531/2000
3 Cfr.: Cass. Civ. 28.01.1985
n.485; Cass. Civ. 23.10.1990 n.10280; Cass. Civ.
01.12.2000 n.15339; In dottrina: Garbagnati, Il
procedimento di ingiunzione, Pajardi, Il procedimento
monitorio. In giurisprudenza: Cass. 11.01.1989 n.63;
Cass. 07.04.1987 n.3355. Cass. Sez. I Ord 3 settembre
2009 n. 19120. Cass. Sez. III 9
agosto 2007 n. 17469.
4 Cass. Sez.Un.
Ord.1.10.2007 n. 20596.
5 Se il debitore, dopo il deposito
in cancelleria del ricorso per decreto ingiuntivo, paga
parte della somma, e la restante parte dopo la notifica
di esso, l'opposizione va accolta per cessazione della
materia del contendere e il decreto va revocato, mentre
l'onere delle spese va regolato tenendo conto che il
processo - da valutare avendo riguardo al complessivo
svolgimento di esso e all'esito del giudizio di
opposizione - è unico, con conseguente esclusione di
un'autonoma pronuncia sulla legittimità dell'ingiunzione
per regolare quelle della fase monitoria.
Cass. Sez. II
13.06.1999 n. 5336; Cfr. Cass. 7892/94, Cass. 3488/72;
Cass. 1338/69; Cass. Sez. II 27.03.2007 n. 7526.
Il giudizio di opposizione a
decreto ingiuntivo ha ad oggetto la cognizione piena in
ordine all'esistenza ed alla validità del credito posto
a base della domanda d'ingiunzione. Di conseguenza deve
escludersi una autonoma pronuncia sulla legittimità
dell'ingiunzione di pagamento agli effetti
dell'incidenza delle spese della sola fase monitoria,
dato che tale fase e quella di opposizione fanno parte
di un unico processo nel quale l'onere delle spese è
regolato in base all'esito finale del giudizio ed alla
complessiva valutazione del suo svolgimento
Cass. Sez. II 26.10.2000 n. 14126
Il giudizio di opposizione a
decreto ingiuntivo ha ad oggetto la cognizione piena in
ordine all'esistenza ed alla validità del credito posto
a base della domanda d'ingiunzione; pertanto, va esclusa
l'ammissibilità di una autonoma pronuncia sulla
legittimità dell'ingiunzione di pagamento agli effetti
dell'incidenza delle spese della sola fase monitoria,
dato che tale fase e quella di opposizione fanno parte
di un unico processo nel quale l'onere delle spese è
regolato in base all'esito finale del giudizio ed alla
complessiva valutazione del suo svolgimento
Cass. Sez. III 23.09.2004 n. 19126
Le spese legali liquidate per un
decreto ingiuntivo non notificato per intervenuto
pagamento della somma capitale successivo alla richiesta
di emissione sono causalmente ricollegabili alla mora
debendi dell'intimato e vanno da questo corrisposte a
titolo di maggior danno ex art. 1224 secondo comma cod.
civ.. 1
Cass. Sez II 10.01.1996 n. 164
6 Qualora il debitore convenga in
giudizio il creditore per l’accertamento dell’estinzione
del credito a seguito di pagamenti – come nel caso
pratico in esame – pretendendo di imputarli prima al
capitale e poi agli interessi ed alle spese, ha l’onere
di provare il consenso del creditore a siffatta
imputazione, trattandosi di condizione dell’azione la
cui esistenza o meno deve essere accertata d’ufficio dal
giudice, e con riguardo alla quale la deduzione del
convenuto creditore circa la mancanza del suo consenso,
configura una mera difesa a sollecitare il potere-dovere
da parte del giudice Cass. 14.03.1988, n.2434.
Nell’ipotesi di pagamento parziale,
il versamento va imputato agli interessi e non al debito
capitale, a meno che non ci sia la prova del consenso
del creditore ad una diversa ed espressa imputazione
Cass. 11.12.2002 n. 7661
7 Le spese processuali debbono
essere rimborsate da colui la cui pretesa e' dichiarata
ingiustificata.
Cassazione civile sez. III, 23
aprile 2001, n. 5977 in Giust. civ. Mass. 2001, 865
Le spese processuali sostenute dal
chiamato in causa debbono essere rifuse dalla parte
soccombente, e quindi da quella che ha azionato una
pretesa rivelatasi infondata, ovvero da quella che ha
resistito ad una pretesa rivelatasi fondata. Cassazione
civile sez. III, 9 aprile 2001, n. 5262 in Giust. civ.
Mass. 2001, 754
Il principio della soccombenza, cui
l'art. 91 c.p.c. collega il rimborso delle spese in
favore della controparte, trova fondamento nella
sopportazione dell'onere relativo da parte del soggetto
che, con le proprie domande o attraverso la resistenza a
quelle altrui, abbia causato la lite. Cassazione civile
sez. III, 12 novembre 1993, n. 11195 in Giust. civ.
Mass. 1993,fasc. 11 |