Relazione al convegno “L’autonomia
privata”, Universita’ “Kore” di Enna, 13/4/2011
Si è appena concluso a Enna
l’incontro dal titolo “L’autonomia dei privati” tenuto
dal Prof. Pietro Rescigno.
L’incontro si è svolto nella
moderna e funzionale cornice dell’aula “Jean Monnet”
dell’Università “Kore” di Enna, che ha presto dimostrato
di essere insufficiente a contenere il gran numero di
astanti (soprattutto studenti, ma anche avvocati e
tecnici del diritto) accorsi ad ascoltare le parole del
Maestro.
Ha introdotto l’incontro il
Magnifico Rettore Salvo Andò, che dopo i saluti e
ringraziamenti di rito ha giustamente ricordato il
valore di una Università che, pur così giovane, ha già
raggiunto importanti traguardi numerici e qualitativi.
Ha introdotto il tema dell’incontro
il Prof. Galasso, che per sottolineare l’importanza
dell’argomento ha richiamato alla mente la disputa che
l’autonomia privata, e soprattutto l’autonomia
contrattuale, provocò tra Betti1 e Stolfi. Per il primo
la causa del contratto aveva una sua funzione economica
e sociale, quasi collettiva, e si rifaceva ad una
visione corporativistica della società, che ben si
confaceva a questa interpretazione del nuovo (allora)
Codice Civile. Per Stolfi, invece, la causa era lo scopo
ultimo, se non unico, del contratto; chiudeva un cerchio
in quanto la causa veniva considerata sia l’antecedente
logico sia il fine, e tale concezione era fortemente
influenzata dalle idee politiche di Stolfi, che era un
liberale-individualista, per cui la volontà del singolo
era al centro di tutto.
Tuttavia tale concezione era, ed è,
smentita dal diritto positivo: l’art. 1322 CC, infatti,
consente ai singoli di concludere contratti atipici,
purchè realizzino interessi meritevoli di tutela secondo
l’ordinamento giuridico, imponendo volta per volta
all’interprete un’interpretazione teleologica. Del
resto, neanche la conclusione di contratti tipici è
ammessa senza limiti, che sono anzi espressamente
richiamati2.
Alle norme codicistiche deve oggi
necessariamente dare una lettura costituzionalmente
orientata, in quanto anche la Costituzione, pur senza
fare mai riferimento espresso all’autonomia privata,
contiene delle norme che ineriscono al problema: l’art.
41 Cost., ad es., tutela l’iniziativa economica privata,
purchè non sia in contrasto con l’utilità sociale o in
modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà,
alla dignità umana.
Tale norma, a sua volta, deve
essere letta alla luce dell’art. 2 Cost., che tutela sia
il singolo sia le formazioni sociali dove si svolge la
sua personalità, norma che contiene, oltre
all’affermazione del principio pluralista, anche un
riferimento ad interessi che superano la sfera giuridica
economico-patrimoniale -ossia quella tipica
dell’autonomia negoziale dei singoli- per comprendere
anche interessi non valutabili patrimonialmente.
Il riferimento dell’autonomia dei
singoli anche ad interessi non patrimoniali è stato di
recente ripreso da Corte Cost. 438/2008, che ha sancito
la costituzionalità del principio di autodeterminazione
in riferimento al consenso informato, segno che il tema
dei confini dell’autonomia del singolo è sempre attuale.
Tali confini, infatti, si
dimostrano labili soprattutto in caso di atti di
disposizione particolarmente delicati, quali appunto gli
atti di disposizione del proprio corpo: l’art. 5 CC
vieta infatti gli atti di disposizione del proprio corpo
quando comportino una diminuizione permanente
dell’integrità fisica o quando siano altrimenti contrari
alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume. Tale
norma non fa riferimento alle eccezioni, che pure
abbondano nel nostro ordinamento: basti pensare alle
norme sui trapianti3, sulla trasfusione di sangue4,
sull’interruzione di gravidanza5, sul mutamento dei
caratteri sessuali6 etc.
Anche il legislatore comunitario si
è incidentalmente occupato dell’argomento, risolvendo
limiti ed eccezioni a tali atti di disposizione con un
criterio semplice ma efficace: il divieto di tali atti a
scopo di lucro. Infatti la Carta di Nizza sui diritti
fondamentali UE, dopo aver sancito l’inviolabilità della
dignità umana, all’art. 3 (diritto alla vita) regola
“l’uso” del corpo umano, purchè senza scopo di lucro.
Ciò è sufficiente a garantire la libertà e l’autonomia
decisionale, per esempio, di chi decida di donare
liberamente una parte del proprio corpo, senza che nel
processo decisionale entri il denaro o la sua mancanza.
Dalla lettura di tali norme sembra
che la Carta di Nizza, di per sé, non impedisca
l’introduzione di norme che rendano possibile
l’eutanasia, purchè nel rispetto della dignità umana.
In direzione contraria va il nostro
legislatore, se è vero che alla Camera giace un DDL che
sancisce l’assoluta indisponibilità del diritto alla
vita, svuotando sostanzialmente di contenuto qualunque
testamento biologico possa aver fatto l’interessato, che
viene così privato del potere di decidere della propria
vita autonomamente.
Dopo l’introduzione del Prof.
GALASSO interviene il Prof. RESCIGNO, che dopo aver
riassunto e ripreso i temi del precedente relatore fa
una premessa semantica sul termine “autonomia”.
La parola autonomia viene dal greco
e vuol dire legge di se stesso, ossia la coincidenza fra
chi crea la norma e chi la attua, contrapposto al
concetto di “eteronomia”, ossia di norma posta
dall’esterno, come, tipicamente, la norma statuale.
Nel nostro ordinamento il termine
assume diversi significati.
Nella Costituzione non è mai
utilizzato al singolare, ma sempre al plurale, in
riferimento alle autonomie pubbliche locali, soggette al
principoio di sussidiarietà, contrapposte all’autorità
centrale. Non quindi autonomia del singolo, ma semmai
formazione sociale.
Nel Codice Civile l’autonomia
dell’individuo è quella tipica negoziale-patrimoniale, e
specificamente l’autonomia contrattuale. Il contratto
-tipico o atipico che sia- è certamente la figura più
frequente che le parti pongono in essere grazie alla
loro autonomia, ma non l’unica, in quanto possono creare
anche assetti non contrattuali o addirittura non
patrimoniali, che devono quindi essere riuniti in una
figura unica che riunisca contratti e altre figure
diverse dai contratti: il negozio giuridico.
Tale concetto, come è ben noto, non
esiste nel nostro diritto positivo (a differenza di
altri ordinamente, come nel BGB tedesco) ma è un
presupposto del nostro sistema di diritto privato,
nonostante le contrarie opinioni di tantissimi nostri
autori che, se da un lato contestano la sua utilità,
dall’altro lamentano la sua eccessiva genericità nonché
la pretesa di riunire istituti eterogenei come il
contratto, il matrimonio e il testamento.
Nell’ottica del negozio giuridico
l’autonomia dunque non è solo quella di concludere
contratti, ma più genericamente la libertà di concludere
negozi giuridici; e tale libertà, oltretutto, non è solo
dell’individuo, ma anche delle formazioni sociali, degli
enti collettivi in genere e soprattutto dell’ente più
importante di tutti, lo Stato-Pubblica Amministrazione.
Quale è, per l’appunto, il rapporto
tra l’autonomia privata e l’ordinamento eteronomo
statuale? L’autonomia privata trova fondamento e
riconoscimento nella legge statuale (come se fosse la
sua grundnorm7) oppure l’autonomia privata ha tutti i
caratteri di un vero e proprio ordinamento a parte8? In
effetti il rapporto tra autonomia privata e legge
statale partecipa di entrambi i caratteri, perché la
legge riconosce e tutela l’autonomia privata, mentre per
il singolo le norme frutto dell’autonomia privata sono
leggi perfette e insuscettibili di interventi ab
externo, e del resto il contratto ha forza di legge fra
le parti.
Ma gli effetti del contratto non
sono solo quelli voluti dalle parti, ma anche quelli
voluti dalla legge, per cui anche l’espressione più
tipica dell’autonomia privata è inestricabilmente legata
all’eteronomia, tanto più che, con la firma, espressione
del consenso, anche gli effetti voluti dalla legge
risultano, almeno formalmente, espressione della volontà
delle parti.
Il contratto non è l’unico ambito
in cui il nostro ordinamento riconosce valore alla
volontà delle parti.
Prima dell’introduzione della L
218/1995 sul sistema di diritto internazionale privato,
le preleggi consentivano al gudice di attribuire il
valore di ”fonte” di diritto internazionale anche alle
convenzioni private -espressione volutanente generica-,
purchè nel rispetto dell’ordine pubblico.
L’autonomia privata non è mai senza
limiti; anche l’espressione più tipica dell’autonomia
negoziale, ossia l’autonomia di concludere contratti
tipici o atipici, deve essere comunque effettuata nel
rispetto della legge e realizzare interessi meritevoli
di tutela. Peraltro, in nome dell’autonomia si
effettuano negozi giuridici dove in realtà la vera
autonomia sta tutta da una parte, e l’altra parte non ha
alcuna libertà negoziale; basti pensare ai cd.
“contratti di adesione” o contratti di massa, dove al
singolo non è data altra scelta se non quella di firmare
o meno, e non ha alcuna possibilità di influire sul
contenuto del contratto.
Anche la possibilità di effettuare
contratti atipici per realizzare interessi meritevoli di
tutela è, a ben vedere, fortemente limitata. Al di là
del limite teleologico vi sono interessi che non possono
essere realizzati se non con le forme tipiche previste
dalla legge: nell’ambito più generale non esistono
alternative valide al matrimonio, al testamento,
all’adozione, così come vi è l’impossibilità di creare
società atipiche etc.
E ancora, sempre per restare
nell’ambito del diritto di famiglia, ciascuno dei
nubendi è libero di sposarsi o meno, ma non può
determinare il contenuto dei diritti e dei doveri
inerenti al matrimonio, tanto più in un ordinamento come
il nostro in cui la giurisprudenza, per tutelare lo
status familiare, si rifiuta di riconoscere valore a
qualunque convenzione pre-matrimoniale, anche se avente
contenuto meramente patrimoniale.
Ad ogni espressione –ad ogni
facoltà, potremmo dire- dell’autonomia negoziale
corrispondono altrettanti limiti imposti
dall’ordinamento.
Libertà di contrarre è anche
libertà di farsi sostituire, ma tale scelta non è senza
limiti, mentre a volte è addirittura imposta (basti
pensare ai minori e agli incapaci).
Un settore dove l’autonomia
costituisce ormai l’eccezione piuttosto che la regola è
quello delle forme. La libertà delle forme con cui
concludere un qualunque negozio giuridico, pure
contenuta espressamente nel codice civile, è ormai solo
un’affermazione di principio, smentita dai fatti e dalla
pratica quotidiana, così come la possibilità di
introdurre a piacimento clausole ed elementi
accidentali, possibilità preclusa nei cd. actus
legitimus.
Un ‘espressione relativamente nuova
dell’autonomia è invece quella di poter scegliere, nei
negozi che presentino elementi di estraneità, a quale
ordinamento sottoporre il contratto concluso, applicando
un’ordinamento straniero o anche la cd. lex mercatoria.
Anche tale scelta, naturalmente,
come tutto il sistema di diritto internazionale privato,
è sottoposto al limite del diritto pubblico, ma pur nel
rispetto di tale criterio la possibilità di scegliersi
da sé l’ordinamento ha provocato effetti perversi
imprevisti dallo stesso legislatore, come il fenomeno
del cd. forum shopping.
L’autonomia, comunque, non è solo
individuale, ma è anche delle formazioni sociali nei
quali si svolge la personalità dell’uomo (alcune delle
quali la Costituzione definisce, appunto, “autonomie”),
con la differenza che in tal caso ha contenuto ed
estensione diverse volta per volta, in attuazione del
principio di sussidiarietà, e così vi sarà un’autonomia
familiare, un’autonomia sindacale etc.
Tirando le fila del discorso si può
dunque affermare che l’autonomia è un concetto mutevole
quanto ad estensione e contenuto, sempre collegata a
doppio filo con l’eteronomia, rappresentata dalla legge
statuale.
L’uditorio presente ha mostrato
partecipazione ed apprezzamento alla lectio magistralis
del Prof. Rescigno, con vari interventi (tra cui quello
del Prof. Barcellona e del Prof. Di Maria, ma
provenienti anche da esponenti del mondo forense e
notarile) che hanno fatto riferimento a situazioni
estreme nelle quali più è sentito il problema
dell’autonomia privata e del suo contenuto, come ad es.
il biotestamento, o la possibilità, col consenso
informato del paziente, di cancellare parte della
memoria con un intervento chirurgico, o altre tematiche
con profonde implicaziopni bioetiche, a riprova del
fatto che il tema trattato all’incontro è sempre attuale
e passibile di spunti critici.
1 Betti, Teoria generale del
negozio giuridico, 1943
2 Le parti possono liberamente
determinare il contenuto del contratto nei limiti
imposti dalla legge
3 L 3/4/1957 n. 235
4 L 14/7/1967 n. 592
5 L 22/5/1978 n. 194
6 L 14/4/1982 n. 164
7 v. Kelsen, Lineamenti di dottrina
pura del diritto, Torino, 1952
8 v. Santi Romano, Lordinamento
giuridico, 1918 |