Nel 2012
scade la deroga che ha permesso alle banche italiane di
classificare tra i crediti in default quelli non
rimborsati dalle imprese da più di 180 giorni. Il nuovo
regime avrà riflessi sul costo dei finanziamenti bancari
alle aziende, ma nessuno ne parla. Forse perché si spera
in una proroga dell'ultimo minuto. Andrebbe invece
effettuata una ricognizione del fenomeno e della parte
che potrebbe essere gestita attraverso ristrutturazioni
del debito. E si dovrebbe provvedere alla promozione di
buone pratiche per la riduzione strutturale dei ritardi
nei pagamenti.
Dall’inizio del 2012 aumenterà il costo del
finanziamento bancario alle imprese. Scade infatti la
deroga quinquennale che ha permesso all’Italia di
classificare tra i crediti bancari in default quelli
alle imprese non rimborsati da oltre 180 giorni, anziché
90. (1) I debitori coinvolti sono le piccole e
medie imprese non incluse nel segmento retail (fino
a 5 milioni di fatturato annuo) e clienti dei gruppi
bancari e delle banche autorizzate a usare metodi
interni di determinazione del rischio di credito per la
definizione di requisiti patrimoniali secondo Basilea 2:
sono i gruppi Unicredit e Intesa oltre a Banca Monte dei
Paschi di Siena, Credem e Dexia, in base alle
informazioni sul primo semestre dello scorso anno tratte
dalla Relazione della Banca d’Italia.
La Banca d’Italia si è infatti impegnata con il
Financial Stability Board a riportare la soglia a
novanta giorni entro la data di scadenza della deroga,
ovvero tra poco più di un semestre. (2) Si
eliminerebbe così un elemento che ostacola un confronto
internazionale sull’incidenza dei crediti dubbi per il
sistema bancario italiano.
LA PRASSI
DEI RITARDI NEI PAGAMENTI
Perché
l’Italia aveva richiesto la deroga? La ragione
principale è la pratica dei ritardi nei pagamenti -
della pubblica amministrazione nei confronti delle
imprese e tra le stesse imprese: assieme a Portogallo,
Spagna e Grecia, il nostro paese registra i ritardi
massimi dell’Unione monetaria. Per le aziende, le
dilazioni nei pagamenti ricevuti si traducono
inevitabilmente in difficoltà a onorare nei tempi
contrattualmente previsti i propri impegni verso le
banche. Vi sono però legittimi dubbi che nel corso del
quinquennio di proroga, le pratiche nei pagamenti
commerciali si siano modificate. Fonti diverse mostrano
che i cambiamenti sono stati solo marginali. Anzi, a
seguito della crisi finanziaria, la lieve tendenza alla
riduzione dei ritardi che aveva iniziato a manifestarsi,
si è invertita e secondo l’ultima Relazione BdI, la
durata delle dilazioni è passata tra il 2008 e il 2009
da 97 a 102 giorni. Mentre per i crediti vantati
dai fornitori nei confronti del sistema sanitario i
ritardi superano anche i due anni.
UNA
SCOMMESSA RISCHIOSA
Per la
parte non coperta da garanzie dei crediti in default,
nel metodo standard di Basilea 2, è prevista una
ponderazione per il rischio di credito dell’esposizione
creditizia del 150 anziché del 100 per cento, con un
conseguente aggravio dei requisiti patrimoniali:
per ogni euro di esposizione creditizia sono richiesti
12 anziché 8 centesimi di capitale regolamentare. Se
dall’inizio del 2012 la soglia del ritardo si dovesse
abbassare a 90 giorni, ciò avrebbe prevedibilmente
conseguenze negative sul costo del credito bancario alle
imprese.
Sorprende che in un contesto economico in cui, da un
lato, cresce l’incidenza dei crediti dubbi nei bilanci
delle banche e, dall’altro, le imprese, specie quelle
piccole e medie, reiterano le loro preoccupazioni su
costo e disponibilità del credito bancario, non si
discuta pubblicamente sulle implicazioni dell'impegno
assunto in sede internazionale dalla Banca d’Italia. Il
silenzio, in particolare di banche e imprese, lascia
sospettare che si stia scommettendo sul fatto che, ormai
giunti a ridosso della scadenza della deroga e in una
fase in cui si sta avviando la transizione a Basilea
3, si riesca a strappare un’ulteriore deroga.
Tuttavia, una scommessa del genere appare altamente
rischiosa dati i costi reputazionali che avrebbe per la
banca centrale e per lo stesso Financial Stability
Board. Implicherebbe infatti il mancato rispetto di
un impegno della Banca d’Italia reiterato nello scorso
gennaio in occasione del varo dell’esame tra pari
dell’adeguatezza del sistema finanziario di un paese,
una delle nuove modalità di vigilanza
macroprudenziale internazionale proposte dal
Financial Stability Board, presieduto dal
governatore della Banca d’Italia.
Sarebbe quindi opportuno, anche se si è a pochi mesi
dalla scadenza, che il problema fosse messo a fuoco dai
diversi attori coinvolti, incluso il governo, anche per
evitare di scoprirlo mediaticamente a ridosso della fine
dell’anno, aggiungendo elementi di turbolenza ai
rapporti banche-imprese. Un primo passo necessario
sarebbe una dettagliata ricognizione statistica del
fenomeno e della parte che potrebbe essere gestita
attraverso ristrutturazioni del debito, anche se
le condizioni che non configurano un default sono, sulla
carta, ben precise. (3) Considerata poi la
rilevanza del fenomeno dei ritardi nei pagamenti, un
secondo passo dovrebbe essere la costituzione di un
osservatorio, come quello istituito da diversi anni
presso la banca centrale francese: oltre a occuparsi del
monitoraggio della situazione, dovrebbe diventare la
sede per la promozione di buone pratiche che
permettano una riduzione strutturale dei ritardi nei
pagamenti.
(1)
Per
esposizioni in default si intendono sofferenze, incagli,
crediti ristrutturati, crediti scaduti e/o sconfinanti.
Tra questi ultimi rientrano i crediti per cui il
debitore è in ritardo su una obbligazione creditizia
verso la banca o il gruppo bancario da oltre 180 giorni
- fino al 31.12.2011 - per i crediti verso le imprese
vantati nei confronti di soggetti residenti o aventi
sede in Italia.
(2)Vedi
http://www.financialstabilityboard.org/publications/r_110207b.pdf.
La Banca d’Italia avrebbe inoltre preso l’impegno di
ricondurre alla soglia dei 90 giorni anche i crediti nei
confronti delle amministrazioni pubbliche, per i quali
la soglia dei 180 giorni poteva essere adottata su base
permanente nell’ambito della procedura di determinazione
interna dei rating per Basilea 2.
(3)Il riscadenzamento dei crediti e la
concessione di proroghe, dilazioni, rinnovi o
ampliamenti di linee di credito non determinano un
default, ma non devono dipendere dal deterioramento
delle condizioni economico-finanziarie del debitore
ovvero non devono dare luogo a una perdita.
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