La questione abitativa è tornata al
centro delle questioni sociali, e le motivazioni
sono principalmente tre. La prima è demografica
e si esprime nella ripresa di una domanda
primaria non prevista. La seconda è economica e
dipende dal boom speculativo del mercato
immobiliare, dall’eccezionale crescita del
numero delle compravendite e dei prezzi, dalla
quantità di nuove costruzioni che si sono
realizzate e si stanno ancora realizzando…
Come ormai tutti abbiamo scoperto, la crisi
immobiliare è alla base della piramide
speculativa finanziaria che è scoppiata
nell’economia mondiale, portando le economie
avanzate in una delle maggiori recessioni della
storia, con effetti sull’occupazione, sui
redditi e sulla capacità di pagare affitti e
mutui bancari.
La terza motivazione ha a che fare con la
politica abitativa: lo Stato e le
amministrazioni pubbliche a partire dalla fine
degli anni 80 hanno smesso di occuparsi di casa
e di abitazioni sociali, tagliando le risorse,
esaurendo nei piani regolatori la componente di
aree destinate all’edilizia economica e popolare
e abbandonando la politica dei Peep (piani di
edilizia economica e popolare).
Così nel corso degli anni 90 e poi negli anni
2000 la fascia più debole della domanda è
cresciuta. Il nodo del mercato è diventato
quello di rispondere a una domanda di affitto
che chiede prezzi moderati. Ma oggi si assiste
ad un altro paradosso: la grande produzione
mostra segnali rilevanti di invenduto, mentre
l’emergenza abitativa cresce.
Il ciclo immobiliare che abbiamo vissuto tra la
fine degli anni 90 e questi primi anni 2000 è
segnato da un sorprendente boom del mercato
immobiliare, che si traduce in due dati di
sintesi che ne dimostrano l’eccezionalità: nel
periodo 1997-2008 in Italia sono state
compravendute abitazioni pari al 37% dello stock
abitativo del nostro Paese; nello stesso periodo
i prezzi delle abitazioni sono cresciuti in
valori costanti del 51% in Italia e del 65% nei
grandi comuni; quelli degli affitti del 49% in
Italia e dell’85% nei grandi comuni.
Nel 2007 le compravendite si sono ridotte del
4,6%, nel 2008 e nel 2009 la flessione è stata
rispettivamente del 14,6% e del 10,9%. Con il
2008, anche i prezzi hanno cominciato a
scendere.
Nella serie storica si osserva la particolarità
dell’attuale ciclo immobiliare rispetto ai
precedenti, con una lunga fase ascendente
soprattutto per il numero di compravendite, ma
anche per il livello dei prezzi.
La crisi 2007/2010 ha, però, comportato una
forte flessione delle compravendite (-30%) e una
significativa riduzione dei prezzi (-15%),
ridisegnando lo scenario di mercato. Anche
l’incremento medio annuo dello stock è stato il
più alto dagli anni 60 ed è il frutto di una
grande produzione di nuove abitazioni, del
ritorno sul mercato di una quota di abitazioni
in precedenza tenute sfitte o utilizzate per
altri usi e di interventi di ampliamento del
patrimonio esistente.
Il confronto della dinamica puntuale degli anni
2000 mette in evidenza la significativa crescita
della produzione edilizia, con il picco toccato
nel 2007 di 339 mila abitazioni, ma questa
produzione si è confrontata con tassi di
crescita delle famiglie eccezionali.
Il carattare eccezionale degli anni 2000 ha,
quindi, una natura demografica che si traduce in
termini di domanda abitativa nella crescita
sorprendente del numero di nuove famiglie. I
fattori demografici che possiamo individuare
sono almeno tre e tutti molto importanti:
l’accelerazione dei flussi migratori verso il
nostro Paese, ovvero il cambio di scala nei
flussi di immigrazione negli anni 2000; la forte
crescita di nuove famiglie italiane, dovuta ai
“pigri” figli del baby boom della seconda metà
degli anni 60 e della prima metà degli anni 70,
che hanno lasciato le famiglie di origine con
ritardo rispetto alle precedenti generazioni; la
continua riduzione della dimensione media della
famiglia italiana.
La crisi economica ha reso sempre più complesso
lo scenario della domanda, accentuando
l’emergenza abitativa. La crisi economica incide
sugli elementi di incertezza e di difficoltà che
caratterizzano quote sempre più ampie di
domanda. In sostanza crescono le famiglie che
con difficoltà riescono a pagare l’affitto e i
mutui.
Un’analisi condotta da Federcasa sugli 11 grandi
comuni metropolitani italiani evidenzia come vi
siano 105 mila famiglie in attesa in graduatoria
per l’edilizia residenziale pubblica, per un
valore che è pari all’1,6% delle famiglie delle
aree metropolitane. In realtà la tensione
abitativa al di fuori delle aree metropolitane
è, pur sempre, minore. Quindi si potrebbe
considerare un valore di 300 mila famiglie che
possono essere interessate dal fenomeno.
La crisi abitativa non interessa solo fasce più
povere della domanda. Recentemente la
Commissione di indagine sull’escusione sociale
ha evidenziato il fatto che si sta creando un
segmento più ampio della popolazione interessato
da fenomeni di emergenza abitativa od
occupazionale.
Nel 2005 le famiglie con contratto di locazione
con privato erano 3,2 milioni, con un’incidenza
media del 24% del costo dell’affitto del reddito
netto. Per 670 mila famiglie, le fasce più
deboli, quelle con i redditi famigliari netti
inferiori a 10 mila euro annui, la percentuale è
drammatica: il 47% del reddito serve per pagare
l’affitto. I contratti di locazione nel nostro
Paese seguono le varie forme contrattuali oggi
disponibili e, analizzando la storia dei 3,2
milioni di contratti in essere, si può stimare
che in scadenza annua nel biennio 2006/2001,
abbia interessato circa 750 mila contatti. Il
boom del mercato immobiliare ha comportato una
crescita significativa del prezzo degli affitti,
e con il rinnovo contrattuale in due anni sono
cambiate le condizioni e l’incidenza degli
affitti per il 50% delle famiglie in locazione.
Negli anni 2000 la nuova produzione residenziale
è tornata sui livelli degli anni 70, soprattutto
in termini di promozione immobiliare
professionale. Le nuove abitazioni prodotte nel
2007 sono state 337 mila, quando nel 1999 erano
solo 193 mila.
La domanda abitativa, così, si articola rispetto
al passato evidenziando una gradualità di
domande che vanno dalle fasce più deboli a
quelle intermedie, che hanno incrementato il
numero di chi si trova a dover affrontare il
problema abitativo.
|