La norma sulla
prescrizione breve sposta la distinzione tra recidivi e
chi viola la legge occasionalmente dal momento della
decisione della pena a quello dell'accertamento
dell'illecito, riducendo la possibilità di condanna per
i criminali incensurati. Non serve a combattere il
recidivismo né a introdurre un garantismo efficace. Se
nel lungo periodo produrrà un numero inferiore di
condannati, ciò non sarà la virtuosa conseguenza di una
riduzione delle recidive, quanto il risultato di una
minore probabilità di punire chi ha commesso un reato,
ma non ha precedenti penali.
“È meglio prevenire i
delitti che punirgli”, scriveva Cesare Beccaria. A
questa finalità sembra venir meno la proposta di legge
C. 3137-A, ribattezzata dai media come “prescrizione
breve”perché, tra le altre cose, riduce i tempi di
prescrizione per gli incensurati, ovvero per coloro che
non risultino ancora condannati con sentenza di primo
grado.
Il progetto di legge e la sua tempistica sono stati
ascritti dall’opposizione tra le norme ad personam
ideate in questa e nelle precedenti legislature. Gli
argomenti usati invece dai promotori spaziano dalle
esigenze di garantismo (trattare con mano leggera
gli incensurati) alla lotta dura al crimine (niente
sconti per i recidivi). Si tratta di due argomentazioni
quantomeno contraddittorie, in quanto la finalità della
distinzione tra incensurati e recidivi viene di fatto
sottratta al suo ambito precipuo - quello ex-post della
definizione della sanzione -, per essere “esportata” a
un ambito del tutto diverso, quello ex-ante
dell’accertamento dei reati.
DAL REATO AL REO
Sotto il profilo
dell’analisi economica del diritto, occorre chiedersi in
primo luogo a cosa servano i termini di prescrizione.
Si applicano, in sostanza, a tutte le violazioni di
legge con l’esclusione dei delitti più gravi, punibili
con pene detentive più lunghe. Tali termini sono
previsti in tutti gli ordinamenti moderni e si spiegano,
da un punto di vista economico, con la necessità di
garantire la sicurezza delle transazioni, rimuovendo una
fonte di incertezza all’interazione sociale (essendo
queste interazioni esposte all’intervento legale
ex-post). Essenzialmente lo scorrere del tempo erode sia
il beneficio che l’attore o la vittima può estrarre dal
veder riconosciuta la sua pretesa in tribunale, sia
l’effetto deterrente che l’azione legale ha sul
particolare convenuto o sui potenziali delinquenti in
generale. (1) I diversi termini di prescrizione
vengono generalmente associati a diversi gruppi di
reati, riflettendone la gravità. Cosicché per
reati o violazioni con basso danno sociale si fa
prevalere l’esigenza di estinguere in fretta le
possibili pretese delle parti danneggiate, mentre per
reati gravi si tende a mantenere la possibilità di
ristorare o sanzionare il danno anche molto in là nel
tempo.
La norma proposta dal legislatore italiano, che riforma
l’articolo 161 codice penale, interviene sulla
possibilità di distinguere il termine di prescrizione
non in base alla gravità del reato o alla rilevanza del
danno sociale, cioè ai tipi di reati, ma in base ai
precedenti del convenuto, cioè alla tipologia del reo.
In particolare, si offrono termini più favorevoli all’incensurato,
distinguendolo dal recidivo. Una distinzione che,
tipicamente, avviene in sede di sanzione e non di
accertamento del reato.
L'ANALISI DEGLI
INCENTIVI
Uno dei punti più
dibattuti del diritto penale (e della sua analisi
economica) riguarda il diverso trattamento sanzionatorio
da riservare ai recidivi rispetto a coloro che solo
occasionalmente violino la legge. Nei diversi sistemi
giuridici vengono spesso individuati strumenti volti a
distinguere i due tipi di soggetti, generalmente per
reati non giudicati particolarmente gravi. Ciò non viene
fatto soltanto “riducendo” le pene per coloro che
violino occasionalmente la legge, ma soprattutto
individuando sanzioni crescenti per i recidivi e non già
prevedendo che agli incensurati vengano offerti degli
sconti sui termini di prescrizione. Vengono cioè
chiaramente distinti due piani, quello dell’accertamento
del reato (che non distingue tra incensurati e
recidivi) e quello del suo sanzionamento (che
invece può declinare la sanzione in funzione delle
caratteristiche del reo).
Sotto il profilo dell’analisi degli incentivi la
ragione è semplice. Supponiamo che, in principio, dato
il numero di poliziotti e tribunali di un paese vi sia
una probabilità del 30 per cento di essere condannati
per la commissione di un certo reato (le probabilità
sono del tutto ipotetiche). Tutti coloro che ritengono
conveniente commettere quel determinato reato, data la
sanzione prevista e la probabilità di essere condannati,
lo commettono. Di questi, solo una frazione pari al 30
per cento viene effettivamente condannata. Il restante
70 per cento di chi ha commesso il crimine rimane
incensurato. Ne consegue che ridurre il termine di
prescrizione diminuisce, di fatto, la probabilità di
condanna perché, almeno in alcuni casi, diminuisce
il tempo a disposizione della polizia e dei magistrati
per raccogliere le prove e dimostrare la colpevolezza
degli imputati. Così, nell’esempio considerato, una
prescrizione breve potrebbe ridurre la probabilità di
condanna dal 30 al 20 per cento.
La norma proposta, tuttavia, riduce il termine di
prescrizione solo per la popolazione incensurata,
dimenticando che di questa fa parte anche una porzione
di criminali, di coloro cioè che hanno commesso
il reato, ma che risultano ancora incensurati. Questi
ultimi troveranno ancora più conveniente commettere il
crimine, dal momento che la sanzione attesa sarà
diminuita proprio per effetto della prescrizione.
Inoltre, ciò attirerà altri individui che nella fase
precedente non ritenevano conveniente commettere alcun
crimine (e quindi erano incensurati). Questi ultimi,
infatti, proprio perché incensurati, potranno godere di
termini più favorevoli.
Il risultato a catena che si genera è che il livello di
crimine rimane invariato tra la popolazione di individui
già condannati (per loro si applica la probabilità del
30 per cento), ma aumenta tra la popolazione incensurata
(dove si applica il 20 per cento). Nel tempo si può così
generare il paradosso di avere un numero di
crimini superiore, in quanto la popolazione di
condannati sarà inferiore, dato che la probabilità di
essere condannati se incensurati è stata ridotta.
La nuova norma proposta sulla prescrizione breve quindi
non serve a combattere il recidivismo né a introdurre un
garantismo efficace. Se è vero che nel lungo periodo
produrrà un numero inferiore di condannati, ciò non sarà
la virtuosa conseguenza di una ridotta recidiva, quanto
piuttosto il perverso risultato di una ridotta
probabilità di condannare i criminali ancora
incensurati.
Per evitare il paradosso, riteniamo invece opportuno che
la distinzione tra le diverse tipologie di violatori
della legge avvenga in sede di decisione della pena
(incrementando le pene per i recidivi) e non in sede di
accertamento dell’illecito (riducendo la possibilità di
condanna per i criminali incensurati), come purtroppo
avverrebbe nel caso in cui la proposta di legge venisse
approvata.
(1)
Per una disamina di tutte le argomentazioni che
giustificano l’esistenza dei termini di prescrizione
rinviamo alla letteratura legale.
Si veda ad
esempio Ochoa, Tyler T.; Wistrich, Andrew J. “The
Puzzling Purposes of Statutes of Limitation”,28 Pac. L.
J. 453 (1996-1997). Oppure Lair Listokin, Efficient
Time Bars: A New Rationale for the Existence of Statutes
of Limitations in Criminal Law, 31 J. LEGALSTUD.
99, 100 (2002).
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