La Camera ha approvato la proposta di
legge d'iniziativa dei senatori Gasparri ed altri, già
approvata dal Senato, recante Misure per la tutela del
cittadino contro la durata indeterminata dei processi,
in attuazione dell'articolo 111 della Costituzione e
dell'articolo 6 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali (C. 3137-A), che ha assunto, a seguito
dell'approvazione di un emendamento della Commissione,
il seguente nuovo titolo: Disposizioni in materia di
spese di giustizia, danno erariale, prescrizione e
durata del processo. Il provvedimento torna ora
all'esame dell'altro ramo del Parlamento.
L'Assemblea della Camera
ha approvato il disegno di legge, già approvato dal
Senato, recante misure contro la durata indeterminata
dei processi (A.C. 3137).
Il provvedimento è volto
a dare attuazione al principio di ragionevole durata del
processo, contemplato dall'articolo 111 della
Costituzione e dall'articolo 6 della Convenzione europea
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
libertà fondamentali (CEDU).
Più in generale,
sull'attuazione di questo principio, la Commissione ha
deliberato una specifica indagine conoscitiva,
nell'ambito della quale ha svolto una serie di audizioni
di rappresentanti della magistratura, dell’avvocatura,
della Corte europea dei diritti dell’uomo, di professori
universitari.
I "termini di fase"
L'attività conoscitiva
si è concentrata in particolare sull'impatto del
meccanismo di prescrizione processuale.
Il testo approvato
conferma l'operatività dei "termini di fase" per ciascun
grado del giudizio, diversamente articolati in funzione
della gravità del reato:
- per i reati puniti con
pena inferiore a dieci anni:
tre anni per il primo
grado;
due anni per l'appello;
un anno e sei mesi in
fase di Cassazione;
un anno per ogni
ulteriore grado del processo nel caso di annullamento
con rinvio da parte della Corte di cassazione.
- Per i reati puniti con
pena superiore:
rispettivamente, quattro
anni, due anni e un anno e sei mesi e un anno.
- Per reati di
particolare allarme sociale, tra i quali quelli di mafia
e terrorismo:
cinque anni, tre anni,
due anni e un anno e sei mesi.
Al decorso di tali
termini, consegue una comunicazione da parte del capo
dell’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che
procede al Ministro della giustizia e al procuratore
generale presso la Corte di Cassazione.
L'interruzione della
prescrizione
Nel corso dell'esame in
Commissione è stato approvato un articolo aggiuntivo del
relatore che modifica l'articolo 161 c.p. in materia di
effetti dell’interruzione della prescrizione del reato.
Nell'ordinamento
vigente, gli atti giuridici indicati nell'articolo 160
c.p. interrompono il corso della prescrizione; nel caso
di interruzione, il termine di prescrizione già decorso
viene meno e comincia nuovamente a decorrere dal giorno
dell’interruzione.
L'articolo 161 c.p. pone
limiti al prolungamento del tempo necessario a
prescrivere che l’interruzione comporta, differenziati
in funzione sia delle delle tipologie dei reati sia dei
rei.
Con riferimento al primo
profilo, il testo vigente esclude dal suo ambito di
applicazione i reati di grave allarme sociale di cui
all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p.; con
riferimento al secondo profilo, prevede che in nessun
caso l’interruzione della prescrizione può comportare
l’aumento:
- di più di un quarto
del tempo necessario a prescrivere, com regola generale;
- della metà nei casi di
recidiva aggravata (art. 99, secondo comma, c.p.);
- di due terzi nel caso
di recidiva reiterata (art. 99, quarto comma, c.p.); del
doppio nei casi di abitualità e professionalità nel
reato (artt. 102, 103 e 105 c.p.).
Il testo approvato dalla
Commissione conferma il limite oggettivo dei reati di
grave allarme sociale di cui all’articolo 51, commi
3-bis e 3-quater, c.p.p.; con riferimento invece alla
condizione soggettiva dell'imputato, riduce da un quarto
ad un sesto il limite del prolungamento del tempo
necessario a prescrivere nel caso di imputati
incensurati e mantiene il limite di un quarto nel caso
di recidivi semplici (art. 99, primo comma, c.p.).
|