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Convenzione di Roma
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Regolamento Ce n. 593/2008
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Convenzione di Bruxelles e
Regolamento Ce n. 44/2001
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Il caso
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Soluzione della Corte di
Giustizia Ue
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Conclusioni
La Corte di Giustizia
dell'Unione europea ha chiarito che, qualora un
lavoratore svolga la propria attività in più Stati
membri e le parti non abbiano scelto la legge
applicabile al contratto di lavoro, per dirimere una
controversia relativa a quel contratto, si applica la
legge dello Stato dove si è svolta abitualmente la
prestazione
Convenzione di Roma
La Convenzione sulla legge
applicabile alle obbligazioni contrattuali nelle
situazioni che implicano un conflitto di leggi (1),
aperta alla firma a Roma il 19 giugno 1980 e per questo
conosciuta come Convenzione di Roma, prevede
innanzitutto la libertà di scelta dei contraenti.
In effetti l’art. 3 della
stessa, precisa che il contratto è regolato dalla legge
scelta dalle parti che deve essere espressa o comunque
risultare in modo ragionevolmente certo dalle
disposizione del contratto o dalle circostanze, fermo
restando la possibilità di designare la legge
applicabile a tutto il contratto ovvero ad una sola
parte di esso.
Con riferimento al
contratto individuale di lavoro, l’art. 6 della
Convenzione chiarisce che la legge applicabile ad opera
delle parti non può privare il lavoratore dalla
protezione assicuratagli dalle norme imperative di
legge che regolerebbero il contratto in mancanza di
scelta.
Per cui, in carenza di
scelta, ai sensi del punto 2 dell’art. 6, il contratto
di lavoro è regolato:
a)
dalla legge del Paese in cui il lavoratore, in
esecuzione del contratto, compie abitualmente il suo
lavoro, anche se è inviato temporaneamente in un altro
Paese,
oppure
b)
dalla legge del Paese dove si trova la sede che ha
proceduto ad assumere il lavoratore, qualora questi non
compia abitualmente il suo lavoro in uno stesso Paese.
Tuttavia, se dall’insieme
delle circostanze risulta che il contratto di lavoro
presenta un collegamento più stretto con un altro Paese,
allora in questo caso si applica la legge di quest’altro
Paese.
(1)
Convenzione di Roma, art. 1, comma 1, Campo di
applicazione.
Le considerazioni
contenute nel presente contributo sono frutto esclusivo
del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun
modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
12/04/2011
Regolamento Ce n. 593/2008
Il Regolamento Ce n.
593/2008 del 17 giugno 2008 sulla legge applicabile alle
obbligazioni contrattuali (Roma I), è applicabile ai
contratti conclusi dopo il 17 dicembre 2009 (2) e
sostituisce la Convenzione di Roma negli Stati membri
così come stabilito dall’art. 24 dello stesso
regolamento il quale precisa, tra l’altro, che ogni
riferimento alla Convenzione di Roma si deve intendere
fatta al Regolamento Ce n. 593/2008.
Innanzitutto occorre
chiarire che, in quanto regolamento, ci troviamo dinanzi
ad un atto che ha efficacia immediata per i paesi
dell’Unione, vincolante per gli Stati membri.
Il Regolamento in
questione conferma la libertà di scelta dei contraenti
in merito alla legge applicabile al contratto (3) sulla
scorta della constatazione che tale libertà dovrebbe
costituire una delle pietre angolari del sistema delle
regole di conflitto in materia di obbligazioni
contrattuali (4).
L’articolo relativo ai
contratti individuali di lavoro è il n. 8 ed è
supportato da alcuni considerando che vale la pena
analizzare.
Innanzitutto è
interessante il considerando n. 34per cui la norma sul
contratto individuale di lavoro non dovrebbe
pregiudicare l’applicazione delle norme di applicazione
necessaria del paese di distacco, prevista dalla
direttiva 96/71/Ce del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco
dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di
servizi.
Si segnalano altresì i
successivi considerando n. 35 e 36 in virtù dei quali:
· il lavoratore non
dovrebbe essere privato della protezione accordatagli
dalle disposizioni alle quali non è permesso derogare
convenzionalmente o alle quali si può derogare soltanto
a beneficio del lavoratore medesimo;
· per quanto riguarda i
contratti di lavoro individuali, il lavoro eseguito in
un altro Paese dovrebbe essere considerato temporaneo se
il lavoratore deve riprendere il suo lavoro nel paese
d’origine dopo l’esecuzione del suo compito all’estero.
La conclusione di un nuovo contratto di lavoro con il
datore di lavoro originario o con un datore di lavoro
appartenente allo stesso gruppo di società del datore di
lavoro originario non dovrebbe escludere che il
lavoratore esegua il suo lavoro in un altro paese in
modo temporaneo.
Posto quanto sopra, l’art.
8 del Reg. Ce 593/2008 conferma che un contratto
individuale di lavoro deve essere disciplinato dalla
legge scelta dalle parti anche se tale scelta non può
privare il lavoratore della protezione assicuratagli
dalle disposizioni alle quali non è permesso derogare
convenzionalmente in virtù della legge che, in mancanza
di scelta, sarebbe stata applicabile.
L’obiettivo di tale norma
è, come in passato, il voler assicurare al lavoratore
una tutela adeguata in quanto parte contraente più
debole.
La principale novità
rispetto al passato - e cioè alla Convenzione di Roma -
è costituita dal punto 2 il quale afferma che qualora
«la legge applicabile al contratto individuale di lavoro
non sia stata scelta dalle parti, il contratto è
disciplinato dalla legge del paese nel quale o, in
mancanza, a partire dal quale il lavoratore, in
esecuzione del contratto, svolge abitualmente il suo
lavoro».
Tale principio si applica
anche in caso di spostamento temporaneo ed infatti è
espressamente previsto che «il paese in cui il lavoro è
abitualmente svolto non è ritenuto cambiato quando il
lavoratore svolge il suo lavoro in un altro paese in
modo temporaneo».
Qualora, nonostante tutto
quanto detto la legge applicabile non possa essere
determinata, il contratto è disciplinato dalla legge del
paese nel quale si trova la sede che ha proceduto ad
assumere il lavoratore.
Infine, se dall'insieme delle circostanze risulta che il
contratto di lavoro presenta un collegamento più stretto
con un paese diverso, si applica la legge di tale
diverso paese.
(2) Reg. Ce n. 593/2008,
art. 28, Applicazione nel tempo.
(3) Reg. Ce n. 593/2008,
art. 3, Libertà di scelta.
(4) Reg. Ce n. 593/2008,
Considerando n. 11.
Convenzione di Bruxelles e Regolamento Ce n. 44/2001
La Convenzione di
Bruxelles del 27 settembre 1968, concernente la
competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle
decisioni in materia civile e commerciale all’art. 5
prevede che il convenuto domiciliato nel territorio di
uno Stato contraente può essere citato in un altro Stato
contraente:
- in materia contrattuale,
davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione
dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita;
- in materia di contratto individuale di lavoro, il
luogo è quello in cui il lavoratore svolge abitualmente
la propria attività;
- qualora il lavoratore non svolga abitualmente la
propria attività in un solo paese, il datore di lavoro
può essere citato dinanzi al giudice del luogo in cui è
situato o era situato lo stabilimento presso il quale è
stato assunto.
Il Regolamento Ce
n. 44/2001, del 22 dicembre 2000, ha sostituito la
Convenzione di Bruxelles ed il suo art. 19 stabilisce
che il datore di lavoro domiciliato nel territorio di
uno Stato membro può essere convenuto:
1) davanti
ai giudici dello Stato membro in cui è domiciliato o
2) in
un altro Stato membro:
a)
davanti al giudice del luogo in cui il lavoratore svolge
abitualmente la propria attività o a quello dell’ultimo
luogo in cui la svolgeva abitualmente, o
b)
qualora il lavoratore non svolga o non abbia svolto
abitualmente la propria attività in un solo paese,
davanti al giudice del luogo in cui è o era situata la
sede d’attività presso la quale è stato assunto.
Il caso
Un autotrasportatore, il
sig. K., residente in Germania, nel 1998 è stato assunto
da un’impresa di autotrasporti internazionali con sede
in Lussemburgo che si occupava di trasportare fiori e
piante dalla Danimarca verso diverse destinazioni
europee ma con una netta prevalenza verso la Germania.
Gli autocarri erano
immatricolati in Lussemburgo e stazionavano in Germania
ma in tale Stato la società non aveva né sede sociale né
tanto meno uffici, mentre i conducenti beneficiavano
della previdenza sociale lussemburghese.
In seguito all’annuncio di
ristrutturazione e riduzione dei trasporti in partenza
dalla Germania, i dipendenti hanno creato in Germania un
Consiglio aziendale di cui il lavoratore in questione è
stato eletto membro supplente.
Purtroppo la
ristrutturazione e la riduzione dei trasporti annunciata
c’è stata effettivamente e la società ha risolto nel
2001 il contratto con il sig. K. il quale ha impugnato
il suo licenziamento in Germania.
Tuttavia, il Tribunale
tedesco si è dichiarato incompetente ratione loci
ed allora il lavoratore, dopo che anche il suo appello è
stato respinto, ha citato l’azienda dinanzi al Tribunale
di Lussemburgo chiedendo il risarcimento dei danni per
il licenziamento illegittimo, il pagamento
dell’indennità sostitutiva del preavviso e gli arretrati
dello stipendio.
Le sue richieste si sono
fondate sull’analisi delle norme applicabili al caso di
specie, ritenendo per l’appunto che, nonostante il
diritto lussemburghese sia lex contractus, in
base alla Convenzione di Roma, art. 6, n. 1, alla
controversia dovrebbe, invece, essere applicabile il
diritto tedesco in mancanza di scelta operata tra le
parti, il quale, a sua volta tutela i membri dei
Consigli aziendali.
In virtù di quanto sopra,
il licenziamento sarebbe illegittimo perché la legge
tedesca, per l’appunto, vieta il licenziamento di membri
del Consiglio aziendale e, per giurisprudenza, tale
divieto si estenderebbe anche ai membri supplenti.
Nonostante tutto il
Tribunale di Lussemburgo e la Corte di Appello hanno
ritenuto che la controversia fosse soggetta solo al
diritto lussemburghese.
A questo punto il
lavoratore ha presentato ricorso contro il Granducato di
Lussemburgo per violazione della Convenzione di Roma da
parte degli organi giudiziari, chiedendo un risarcimento
sulla base della legge lussemburghese sulla
responsabilità civile dello Stato e degli Enti pubblici.
La Corte di Appello di
Lussemburgo ha deciso di sospendere il giudizio ed ha
sottoposto alla Corte di Giustizia Ue la seguente
questione pregiudiziale:
«Se la norma di diritto
internazionale privato definita (...) all’art. 6, n. 2,
lett. a), [della Convenzione di Roma], che enuncia che
il contratto di lavoro è disciplinato dalla legge del
paese in cui il lavoratore, in esecuzione del contratto,
svolge abitualmente il suo lavoro, debba essere
interpretata nel senso che, nell’ipotesi in cui il
lavoratore esegua la prestazione lavorativa in diversi
paesi, ma ritorni sistematicamente in uno di essi,
questo paese deve essere considerato come quello in cui
il lavoratore svolge abitualmente il suo lavoro».
12/04/2011
Soluzione
della Corte di Giustizia Ue
La Corte di Giustizia Ue,
analizzando la Convenzione di Roma e quella di Bruxelles
ha evidenziato come già in altre occasioni aveva avuto
modo di sottolineare che, qualora il lavoratore
svolgesse le proprie attività professionali in più Stati
contraenti, occorreva tenere in debito conto la
necessità di garantirgli una tutela adeguata in quanto
parte più debole del rapporto (sentenze Rutten e
Pugliese).
In effetti, come
sottolineato dall’Avvocato generale nelle sue
conclusioni presentate il 16 dicembre 2010, la regola
fondamentale stabilita dalla Convenzione di Roma per
individuare la legge applicabile alle obbligazioni
contrattuali è data dalla libertà di scelta delle parti
(art. 3 Convenzione) ma, in mancanza di scelta la legge
applicabile è quella stabilita dall’art. 4 che prevede
come criterio fondamentale l’applicazione della legge
del paese con il quale il contratto presenta il
collegamento più stretto.
Continuando nelle sue
osservazioni, l’Avvocato generale ha sottolineato come,
invece, l’art. 6 della Convenzione di Roma, che
disciplina la legge applicabile al contratto di lavoro,
sia lex specialis rispetto agli art. 3 e 4 della
Convenzione di Roma.
Rifacendosi poi alla
giurisprudenza della stessa Corte, è stato evidenziato
come, con riferimento, invece, alla convenzione di
Bruxelles, sia stato «affermato che i contratti di
lavoro, rispetto agli altri contratti, anche quando
questi riguardano prestazioni di servizi, hanno
determinate particolarità, in quanto creano un nesso
durevole che in qualche misura inserisce il lavoratore
nell’ambito di una determinata organizzazione del datore
di lavoro; il lavoratore è vincolato al luogo di
esercizio dell’attività. Essa ha inoltre stabilito che
nell’interpretare le disposizioni rilevanti della
convenzione di Bruxelles è necessario tener conto della
necessità di garantire un’adeguata tutela al lavoratore,
quale parte contraente più debole».
In conclusione la Corte di
Giustizia ha evidenziato come la sua giurisprudenza ha
stabilito che “qualora le prestazioni lavorative siano
eseguite in più di uno Stato membro, il criterio del
paese dell’esecuzione abituale del lavoro deve formare
oggetto di un’interpretazione ampia ed essere inteso nel
senso che si riferisce al luogo in cui o a partire dal
quale il lavoratore esercita effettivamente le proprie
attività professionali e, in mancanza di un tale centro
di affari, al luogo in cui il medesimo svolge la maggior
parte delle sue attività”.
Una tale interpretazione
ha l’indubbio vantaggio di essere anche conforme con le
nuove norme di diritto internazionale privato relative
ai contratti individuali di lavoro, introdotta dal
regolamento Ce n. 593/2008 del 17 giugno 2008 sulla
legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma
I), ed in particolare all’art. 8 dello stesso
Regolamento, relativo ai contratti di lavoro, le quali
tuttavia non sono applicabili al caso di specie
ratione temporis.
Inoltre, come la stessa
Corte mette in rilevo, bisogna tener presente il
“considerando” n. 23 del suddetto regolamento il quale,
ispirandosi al principio del favor laboratoris,
afferma che “per quanto riguarda i contratti conclusi da
soggetti considerati deboli, è opportuno proteggere tali
soggetti tramite regole di conflitto di leggi più
favorevoli ai loro interessi di quanto non lo siano le
norme generali”.
In definitiva, l’art. 6,
n. 2, lett. a), della Convenzione di Roma del 1980,
sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali,
deve essere interpretato nel senso che, nell’ipotesi in
cui il lavoratore svolga le sue attività in più di uno
Stato contraente, il paese in cui il lavoratore, in
esecuzione del contratto, compie abitualmente il suo
lavoro, ai sensi di tale disposizione, è quello in cui o
a partire dal quale, tenuto conto di tutti gli elementi
che caratterizzano detta attività, il lavoratore adempie
la parte sostanziale delle sue obbligazioni nei
confronti del suo datore di lavoro.
12/04/2011
Conclusioni
Conseguenza della
decisione analizzata della Corte di Giustizia Ue è che
nel caso di specie, tenendo conto della tipologia di
lavoro svolto, il Giudice del rinvio dovrà stabilire in
quale Stato si trovi il luogo a partire dal quale il
lavoratore effettuava le sue missioni di trasporto,
riceveva le istruzioni sulle sue missioni e organizzava
il suo lavoro, nonché il luogo in cui si trovavano gli
strumenti lavorativi.
Lo stesso dovrà anche
verificare quali sono i luoghi in cui il trasporto è
stato principalmente effettuato, i luoghi di scarico
della merce nonché il luogo in cui il lavoratore
ritornava dopo le sue missioni.
In definitiva stante
l’interpretazione della Corte, il Giudice del rinvio
dovrà risolvere la causa individuando il luogo abituale
di lavoro del prestatore.
Tuttavia è d’obbligo
evidenziare come la decisione della Corte di Giustizia
Ue vincoli anche tutti gli altri Giudici dei Paesi
membri ai quali verrà sottoposto un problema simile e
quindi non solo con riferimento agli autotrasportatori
ma anche con riferimento a tutti i lavoratori che
svolgano la propria attività in diversi Paesi membri,
cosa sempre più comune al giorno d’oggi.
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