Il TAR del Lazio dichiara
rilevante e non manifestamente infondata le questioni di
legittimita' costituzionale sollevate dall¿avvocatura ed
ha rimesso gli atti alla Corte Costituzionale.
Il Tar del
Lazio con l’ordinanza in esame ha dichiarato rilevante e
non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 24
e 77 della Costituzione, la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 5 del d. lgs. n. 28 del 2010,
comma 1, primo periodo (che introduce a carico di chi
intende esercitare in giudizio un’azione relativa alle
controversie nelle materie espressamente elencate
l’obbligo del previo esperimento del procedimento di
mediazione), secondo periodo (che prevede che
l’esperimento di mediazione è condizione di
procedibilità della domanda giudiziale), terzo periodo
(che dispone che l’improcedibilità deve essere eccepita
dal convenuto o rilevata d’ufficio dal giudice).
Ha
dichiarato altresì rilevante e non manifestamente
infondata, sempre in relazione agli artt. 24 e 77 della
Costituzione, la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 16 del d. lgs. n. 28 del 2010, comma 1,
laddove dispone che abilitati a costituire organismi
deputati, su istanza della parte interessata, a gestire
il procedimento di mediazione sono gli enti pubblici e
privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza.
In vigore
da pochi giorni, la nuova mediazione civile e
commerciale introdotta con D.lgs n. 28 del 4 marzo 2010,
rischia già di subire un drastico ridimensionamento.
Con questa
decisione, i giudici amministrativi hanno sospeso la
decisione del ricorso proposto dall’Oua ed alcuni ordini
forensi contro il regolamento attuativo sulla
mediaconciliazione obbligatoria.
La
decisione del Tar Lazio, tuttavia, in attesa del
pronunciamento della Corte costituzionale, non ferma la
mediazione.
Secondo i
giudici le disposizioni di cui agli artt. 5 e 16
risultano in contrasto con l’art. 24 Cost. nella misura
in cui determinano, nelle considerate materie, una
incisiva influenza da parte di situazioni preliminari e
pregiudiziali sull’azionabilità in giudizio di diritti
soggettivi e sulla successiva funzione giurisdizionale
statuale, su cui lo svolgimento della mediazione
variamente influisce.
Ciò in
quanto esse non garantiscono, mediante un’adeguata
conformazione della figura del mediatore, che i privati
non subiscano irreversibili pregiudizi derivanti dalla
non coincidenza degli elementi loro offerti in
valutazione per assentire o rifiutare l’accordo
conciliativo, rispetto a quelli suscettibili, nel
prosieguo, di essere evocati in giudizio.
Le
disposizioni in parola risultano altresì in contrasto
con l’art. 77 Cost., atteso il silenzio serbato dal
legislatore delegante in tema di obbligatorietà del
previo esperimento della mediazione al fine
dell’esercizio della tutela giudiziale in determinate
materie, nonché tenuto conto del grado di specificità di
alcuni principi e criteri direttivi fissati dalla legge
delega, art. 60 della l. 69/09, che risultano stridenti
con le disposizioni stesse.
In
particolare, alcuni principi e criteri direttivi [lett.
c); lett. n)] fanno escludere che l’obbligatorietà del
previo esperimento della mediazione al fine
dell’esercizio della tutela giudiziale in determinate
materie possa rientrare nella discrezionalità commessa
alla legislazione delegata, quale mero sviluppo o
fisiologica attività di riempimento della delega, anche
tenendo conto della sua ratio e finalità, nonché del
contesto normativo comunitario al quale è ricollegabile.
Significativo, infine, il passaggio della pronuncia ove
viene affermato che dall’analisi della disciplina della
media conciliazione emergono elementi che fanno emergere
due scelte di fondo che, in relazione ai diritti
disponibili e nelle materie considerate, in misura
inversamente proporzionale, ma biunivocamente, mirano,
con forza cogente, l’una, alla de-istituzionalizzazione
e de-tecnicizzazione della giustizia civile e
commerciale nelle materie stesse, e, l’altra, alla
enfatizzazione di un procedimento para-volontario di
componimento delle controversie nelle materie stesse,
che, però, per come strutturate, non risultano omogenee
con una ulteriore scelta pure ivi operata.
Tale
affermazione è di notevole importanza, atteso che quasi
tutti i commentatori avevano lamentato la disomogeneità
delle materia sottoposte al tentativo obbligatorio di
conciliazione e, soprattutto, avevano evidenziato una
profonda riduzione del diritto di difesa dei cittadini
ove non si fosse intervenuti a modificare la parte della
normativa afferente alla formazione del mediatore.
Da
evidenziare, però, che i giudici amministrativi respinto
altre importanti questioni di costituzionalità sollevate
dall’avvocatura.
In
particolare, sono state rigettate in quanto non
rilevanti ai fini del giudizio le eccezioni di
costituzionalità relative alla mancata previsione nel
procedimento di mediazione della obbligatorietà
dell’assistenza del difensore nonché alla mancata
esplicitazione in capo agli organismi di mediazione del
requisito della indipendenza.
La prima
in quanto priva di qualsiasi collegamento diretto od
indiretto con la domanda demolitoria del regolamento
impugnato; la seconda in quanto afferisce esclusivamente
allo scrutinio di legittimità dell’art. 4 del
regolamento stesso.
La
pronuncia in esame è destinata a tenere vivo il
dibattito sulla media conciliazione ancora per lungo
tempo e vedrà, certamente, una parte dell’avvocatura,
intensificare le iniziative di protesta contro la sua
introduzione nel nostro ordinamento.
(TAR ROMA, Ordinanza
12/04/2011, n. 3202)
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